Certificato successorio europeo

Come primissima asserzione va fatta quella per cui quanto segue non costituisce un qualche approfondimento, ma, unicamente, un piccolo pro memoria circa la presenza di istituti che possono non essere sempre di larga conoscenza in quanto le occasioni della loro applicazione richiede la presenza, o la concorrenza, di alcuni fattori, che possono aversi come accidentali.

Si ritiene nota la conoscenza del fatto che il C.C. dedichi il Libro I alle persone e famiglia, ed il Libro II alle successioni.
In linea di massima, la regolazione delle successioni trova applicazione quando la persona defunta sia di cittadinanza italiana, così come gli eredi, e i beni ereditari si trovano in Italia. Il ché non sempre avviene, potendosi avere, in difetto, quelle che sono denominate come “successioni transfrontaliere”.
Non si tratta di evenienze nuove, solo se si consideri il “Trattato di stabilimento e consolare tra la Svizzera e l’Italia” del 22 luglio 1868 (R.D. 5 maggio 1869, n. 5052), il cui art. 17, comma 3 recita: “Le controversie che potessero nascere tra gli eredi di un Italiano morto in Svizzera riguardo alla eredità da lui relitta, saranno portate davanti al giudice dell’ultimo domicilio che l’Italiano aveva in Italia”, proseguendo col comma 4.
La reciprocità avrà luogo nelle controversie che potessero nascere tra gli eredi di uno Svizzero morto in Italia”: è solo uno tra i tanti possibili effetti che possono aversi quando non vi siano nettamente tutte le condizioni di applicazione della legge italiana, in questi casi in materia di successioni.
Un tentativo relativamente più recente di affrontare le situazioni di pluralità di leggi (nazionali) applicabili a questa o quella fattispecie si è avuto con la L. 31 maggio 1995, n. 218 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in cui il Titolo III, Capo VII è dedicato, per l’appunto, alle Successioni.
Per altro, allorquando ricorre l’espressione “diritto internazionale privato” (D.I.P.) merita di chiarirsi come si debba evitare di incorrere nell’equivoco che potrebbe originarsi per la presenza dell’aggettivo: internazionale, dato che il D.I.P. è sempre un “diritto interno”, cioè il diritto che un dato Stato si da, al proprio interno (la ripetizione è intenzionale), per definire i criteri che esso intenda applicare quando con il suo ordinamento giuridico interagiscano soggetti che non sono pienamente soggetti all’ordinamento stesso, sia per essere cittadini di altro Stato oppure per trovarsi nel territorio di altro Stato.
In altre parole, è quella parte dell’ordinamento “interno” con cui si dettano le c.d. regole di conflitto.

Data la pluralità e diversità di ordinamenti nazionali in materia di successioni tra i numerosi Stati membri dell’Unione europea, si è avuta l’emanazione del Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, che costituisce norma di rango primario (al pari delle leggi nazionali), applicabile in tutti gli Stati membri (nella specie, con la sola eccezione di Danimarca, Irlanda e, fino a che sia stato membro dell’Unione europea, Regno unito, che non hanno concorso alla sua formazione).
Con l’entrata in vigore (17 agosto 2015) del predetto Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012, vengono a non trovare applicazione, quando trovi applicazione questo Regolamento, le norme nazionali sia quelle del C.C., sia quelle della L. 31 maggio 1995, n. 218 sopra citata, in materia di successione, qualora si tratti di disposizioni contrastanti.
Ad es. l’art. 458 C.C. (it) pone un divieto netto al c.d. “patti successori”. Anche ordinamenti di altri Stati membri prevedono divieti consimili e la figura dei patti successori è tutt’altro che regolata in modo omogeneo.
Ma il predetto Regolamento li ammette e ne da una regolazione ben precisa (sempre: quando esso trovi applicazione).
Altrettanto, per quanto riguarda le norme in materia di successioni della L. 31 maggio 1995, n. 218, considerandosi che il Regolamento (UE) n. 650/2012 non è norma “estranea”, ma norma dell’ordinamento dell’Unione europea e, per questo, norma “interna” (all’Unione europea).

Tra le disposizioni di una certa quale innovazione vi è anche l’istituzione di un certificato successorio europeo, previsto dal Capo VI, artt. 62 – 73.
A questo punto appare opportuno segnalare come con atto di esecuzione (e qui questo non ha natura di atto legislativo) adottato dalla Commissione europea, cioè col Regolamento di esecuzione (UE) N. 1329/2014 della Commissione del 9 dicembre 2014 che istituisce i moduli di cui al regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo sia stato provveduto alla definizione anche della modulistica.
L’uso del certificato non è obbligatorio (art. 62, par. 2) e (par. 3). Il certificato non sostituisce i documenti interni utilizzati per scopi analoghi negli Stati membri. Tuttavia, una volta rilasciato per essere utilizzato in un altro Stato membro, il certificato produce gli effetti di cui all’articolo 69 anche nello Stato membro le cui autorità lo hanno rilasciato in forza del presente capo.
Lo scopo del certificato successorio europeo è di essere destinato all’utilizzo da parte degli gli eredi, legatari che vantano diritti diretti sulla successione ed esecutori testamentari o amministratori dell’eredità che, in un altro Stato membro, hanno necessità di far valere la loro qualità o di esercitare, rispettivamente, i loro diritti di eredi o legatari e/o i loro poteri come esecutori testamentari o amministratori dell’eredità.
Il Regolamento (UE) n. 650/2012 si applica alle successioni a causa di morte, ma non concerne la materia fiscale, doganale e amministrativa.
All’art. 1, par. 2 si elencano un’ampia serie di elementi che sono esclusi dall’ambito di applicazione del Regolamento, che non si elencano, inviandovi, in considerazione delle premesse iniziali, ma anche per lasciare a chi sia interessato gli opportuni approfondimenti.
Tuttavia, un aspetto merita di essere segnalato, cioè il fatto che l’art. 75 del Regolamento/UE n. 650/2012 prevede che esso non pregiudichi l’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parte al momento dell’adozione dello stesso Regolamento e che riguardano materie da questo disciplinate.

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Sereno Scolaro

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