Il Capo II del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. è rubricato: “Periodo di osservazione dei cadaveri” e in questo contesto l’art. 8 individua alcune operazioni che non possono trovare esecuzione prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, prevedendo, immediatamente di seguito, (a) salvo i casi di decapitazione o di maciullamento e (b) salvo quelli nei quali il medico avrà accertato la morte anche mediante l’ausilio di elettrocardiografo, la cui registrazione …ecc. . Trascuriamo, ora, la previsione del successivo art. 9 che prevede la protrazione del periodo di osservazione fino a 48 ore, anche in questo caso derogabile se ricorra la condizione sub–b). Si tratta di norme la cui origine è stata dovuta alla preoccupazione che vi sia un caso di morte apparente, dato che, in precedenza, era diffusa la pratica della sepoltura anche prima delle 24 ore, impostazione presente, a volte per motivi religiosi, spesso più per motivi di tradizione e costumi, di provvedere alla sepoltura, possibilmente, nello stesso giorno della morte, tendenzialmente prima del tramonto (o, in certe fasi storiche, dopo di questo, intervenuta l’oscurità), cosicché anche quelle componenti della popolazione che si riconoscono in questa impostazione, trovano arduo assoggettarsi al rispetto delle 24 ore (anche se, lo fanno, non essendovi alternative). Il termine delle 24 ore è presente altresì nell’art. 74, comma 2 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. per il quale: “2. L’ufficiale dello stato civile non può accordare l’autorizzazione se non sono trascorse ventiquattro ore dalla morte, salvi i casi espressi nei regolamenti speciali, e dopo che egli si è accertato della morte medesima per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario; questi deve rilasciare un certificato scritto della visita fatta nel quale, se del caso, deve indicare la esistenza di indizi di morte dipendente da reato o di morte violenta. Il certificato è annotato negli archivi di cui all’articolo 10.”, dove il rinvio di salvaguardia ai “regolamenti speciali” è proprio al Capo II d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. Precisiamo per altro che il termine delle 24 ore ai fini del rilascio dell’autorizzazione (all’inumazione o, distintamente, alla tumulazione, a seconda dei casi (comma 1 della medesima disposizione) non è derogabile se non nei casi in cui il termine (durata minima) del periodo di osservazione non sia a propria volta derogabile. Per quanto riguarda la visita da parte del medico necroscopico (il d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. considera anche la figura di “altro delegato sanitario”), occorre fare riferimento all’art. 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. che, tra l’altro, la prescrive (comma 5) da effettuare non prima delle 15 ore dal decesso, salvi i casi previsti dagli articoli 8, 9 e 10, e comunque non dopo le trenta ore (per inciso, la L. R. (Veneto) 4 marzo 2010, n. 18, all’art. 7 ha disposto diversamente questi termini (“2. La visita del medico necroscopo è effettuata entro trentasei ore e non prima di otto ore dalla constatazione del decesso”).
Per altro i casi previsti dai “regolamenti speciali” per la riduzione del termine di durata del periodo di osservazione dei cadaveri non sono sollo quelli sopra indicati, ma l’art. 10 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. ne considera altri. Infatti, il suo testo è: “1. Nei casi in cui la morte sia dovuta a malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della sanità (anche se sia venuto meno lo stato di emergenza, la pandemia da CoVid-19 è tutt’altro che … scomparsa dall’orizzonte) o il cadavere presenti segni di iniziata putrefazione, o quando altre ragioni speciali lo richiedano, su proposta del coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale il sindaco può ridurre il periodo di osservazione a meno di 24 ore. . Non consideriamo qui più di tanto le prime due fattispecie (morte dovuta a malattia infettiva e diffusiva (ecc.), nonché quando il cadavere presenti segni di iniziata putrefazione), per porre l’accento sulla terza ipotesi (“… quando altre ragioni speciali lo richiedano …”). Prima di considerare queste situazioni, va ricordato che l’intera disposizione, quali siano le situazioni in cui si applica, delinea un procedimento particolare, in cui vi è un soggetto “proponente” (l’ASL) e un soggetto “disponente” (il sindaco), rendendo questo percorso del tutto diverso da quanto previsto dall’art. 8 o dall’art. 9, dove vi è un’applicazione, per così dire, “automatica”. L’art. 10 richiede sempre, quale sia la condizione, l’adozione di un provvedimento che disponga per la riduzione del periodo di osservazione a meno di 24 ore.
La terza condizione prevista per l’applicazione dell’art. 10 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. costituisce una situazione definita, intenzionalmente, in termini sommari, lasciando ampia possibilità di applicazione: infatti altre ragioni speciali possono essere individuate anche discostandosi da valutazioni strettamente “sanitarie” (per quanto la proposta sia rimessa ad un soggetto “proponente” avente questa caratterizzazione). In date situazioni (e.g.) tra queste potrebbero esservi esigenze, a volte eccezionali, di ordine pubblico, esigenze (o opportunità) aventi natura di pubblica sicurezza od altre che consiglino nella specifica realtà e situazione del caso, di adottare un provvedimento di riduzione del periodo di osservazione a meno di 24 ore. Tenderemmo ad escludere che queste “altre ragioni speciali” possano essere connesse a pratiche in uso presso alcuni segmenti di popolazione che prevedano la sepoltura nel medesimo giorno del decesso, sulla base di un richiamo all’art. 3 Cost., anche se questo potrebbe essere un motivo per ri-proporre la questione, magari appellandosi all’art. 8, comma 1 Cost., il quale non può essere letto prescindendo dal successivo comma 2, almeno quando siano stipulate Intese ai sensi dell’ulteriormente successivo comma 3: non sembra un caso che la L. 8 marzo 1989, n. 101 (che riguarda, per l’appunto, un contesto che ne potrebbe essere stato interessato) non sia intervenuto minimamente su questi aspetti, cosa che, per analogia, può argomentarsi per contesti che presentino usi e tradizioni più o meno consimili e per i quali non sia (o non sia ancora) intervenuta Intesa.