Partendo dalla previsione dell’art. 2 C.C., occorre considerare come vi possano essere persone che, pur avendo compiuto l’età in cui sorge, normalmente, la capacità d’agire, si trovino in condizioni di non poterla, in tutto o solo in parte, esercitare, situazioni che sono riconducibili ai quelli che sono gli istituti di protezione degli incapaci maggiori di età.
In primis va considerata l’interdizione (artt. 414 e ss. C.C., che porta all’esercizio della tutela.
In secundis va considerata l’inabilitazione, che porta alla curatela, laddove il curatore “assiste” l’inabilitato per gli affari di straordinaria amministrazione, espressione che porta a considerare come l’inabilitato conservi la propria capacità d’agire, non solo per l’esercizio dei diritti personali (e, a maggiore ragione, dei diritti personalissimi), ma altresì per l’esercizio dei diritti patrimoniali che non abbiano natura di affari di straordinaria amministrazione.
L’amministrazione di sostegno
Vi è un terzo istituto, anche se il collocarlo tra gli istituti di protezione degli incapaci risulta decisamente eccedente, ma che va valutato con una specifica attenzione: si tratta dell’amministrazione di sostegno, dove l’elemento di eccedenza (o, se si vuole, di non assimilazione agli istituti di protezione degli incapaci) è dato dal fatto che la stessa legge istitutiva – espressamente – afferma che l’istituto abbia: “ … la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. …” (art. 1 L. 9 gennaio 2004, n. 6), al punto che la persona che ne sia interessata è definita quale beneficiaria/o.
Si tratta di un’impostazione che si riflette negli artt. 404 e ss. C.C., quali, per l’appunto, modificati dalla sopra ricordata legge istitutiva. Non dimenticando come l’amministrazione di sostegno comporti, ove ne ricorra il caso, la revoca della sentenza di interdizione o d’inabilitazione (art. 405, comma 3 C.C.), segno di netta incompatibilità tra questo istituto e gli istituti di protezione degli incapaci maggiori di età.
L’amministratore di sostegno assolve ad una funzione di “assistenza” (non di sostituzione o surroga) al “beneficiario” (il termine sembra un po’ voler privilegiare formulazioni ipocritamente politically correct, ma passi …) e viene nominato con decreto del Giudice Tutelare, decreto che deve contenere (art. 405, comma 4 C.C.) l’indicazione, testualmente:
1) delle generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno;
2) della durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;
3) dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;
5) dei limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità;
6) della periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Dalle disposizioni richiamate (se si vuole dell’intero corpus della legge istitutiva dell’amministrazione di sostegno) emerge il quadro per cui il “beneficiario”, pur con le “debolezze” e “fragilità” che abbiano portato all’amministrazione di sostegno, è e rimane persona capace, cioè titolare della capacità di agire.
Pare importante richiamare l’attenzione sull’art. 405, comma 74, nn. 3 e 4 (sopra riportati). Troppe volte, l’istituto dell’amministrazione di sostegno è trattato superficialmente come se fosse un istituto di protezione degli incapaci maggiori di età, magari, anche, non tenendo sempre presente che le funzioni dell’amministratore di sostegno, a differenza che nella tutela, non sono omnibus, ma dettagliatamente, puntualmente individuate nel decreto di nomina.
Anche se sia antecedente alla L. 9 gennaio 2004, n. 6, le considerazioni che precedono, incluse quelle riferite agli istituti di protezione degli incapaci maggiori di età, forniscono elementi che comprovano la coerenza col sistema ordinamentale (si è nella materia dell’“ordinamento civile”, considerata dall’art. 117, comma 2, lett. l) Cost.) delle disposizioni dell’art. 3, comma 1, lett. b), n. 4 della L. 30 marzo 2001, n. 130, dove, non casualmente, vi è riferimento unicamente a soggetti non titolari della capacità di agire (minori e interdetti).
In conclusione, la persona beneficiaria dell’amministrazione di sostegno (ovviamente, fatte sempre salve le indicazioni espressamente presenti nel decreto di nomina emesso dal Giudice Tutelare) è pienamente titolata all’esercizio delle “attività” che sono consentite alle persone generalmente capaci, anche per quanto attiene alle procedure e alla pratiche, anche meramente amministrative, che interessano la polizia mortuaria, incluse, ricorrendone la fattispecie, la stipula di regolare atto di concessione cimiteriale e, prima ancora, di quelle afferenti allo ius eligendi sepulcrum.