Anche se numerosi Regolamenti comunali di polizia mortuaria, forse pressoché tutti, prevedono che, in caso del decesso del concessionario/fondatore del sepolcro così come di decesso di persone che abbiano, dopo il sorgere di un sepolcro privato nei cimiteri, acquisito la qualità di concessionari, gli aventi titolo provvedano entro un certo tempo a darne comunicazione richiedendo contestualmente l’aggiornamento dell’intestazione della concessione, in verità questo obbligo è frequentemente non osservato, con la conseguenza che in molte occasioni si pone l’esigenza di una ricerca delle persone che, nel momento attuale, abbiano titolo sulla concessione, a volte come titolari dello ius sepulchri, altre volte come concessionari, altre volte ancora quali persone tenute agli obblighi manutentivi (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), persone queste ultime che non sempre, o non necessariamente, coincidono con le prime.
In altre parole, vi sono plurime occasioni per effettuare ricerche (che, con temine a-tecnico, si permettiamo di chiamare “caccia”), le quali comportano un complesso di attività spesso laborioso, oneroso e lungo.
Al punto di far sorgere il dubbio se si tratti di attività efficaci, anche in termini di efficienza e di economicità, termini enunciati quali principi all’art. 1, comma 1 L. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.
Cioè se vi sia proporzionalità tra queste attività di ricerca e il risultato cui si può giungere: altrimenti se “il gioco valga la candela”, per utilizzare un’espressione di linguaggio comune.
Era stato detto “complesso di attività spesso laborioso, oneroso e lungo”, in quanto spesso, partendo dal regolare atto di concessione (aspetto questo spesso altrettanto difficile da conseguire, per più ordini di motivi, tra cui, anche, la carenza di strumenti idonei per il suo reperimento), occorre spesso “ricostruire” la famiglia per cui la concessione cimiteriale era sorta.
A volte, molte poche, questa “ricostruzione” può rendersi necessaria non a partire dall’erezione del sepolcro, ma da un qualche evento a partire dal quale ha avuto luogo il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione indicato all’inizio.
L’istituzione dell’A.N.P.R., attraverso precise modifiche al C.A.D., D.Lgs. 7 marzo 2005, n.82 e s.m., viene, oggi, a costituire uno strumento del tutto utile per una ricerca (che era, per alcuni versi, stato anticipato dall’apertura dell’accesso ai comuni dell’Anagrafe tributaria), anche se questo strumento presenta dei limiti, che non portano ad una de-valorizzazione dell’A.N.P.R. (per inciso, ricordando come in A.N.P.R. sia confluito anche l’A.N.S.C. – Archivio Nazionale informatizzato dei registri dello Stato Civile).
Infatti, l’A.N.P.R. presenta la caratteristica di essere una “banca dati” avente ad oggetto le “registrazioni” del momento, attuali e non, allo stato attuale, uno strumento per la “ricostruzione” delle famiglia, cioè le registrazioni, per così dire, “storiche”.
L’art. 30, comma 3 D.P.R. 31 gennaio 1958, n. 136 prevedeva: “Il certificato di stato di famiglia deve rispecchiare la composizione familiare quale risulta dall’anagrafe all’atto del rilascio del certificato”, cosicché qualche comune, anche non tra i minori, ricusava, sgravandosi di ricerche nei propri atti pregressi, il rilascio (e/o) comunicazione di notizie riferentesi a momenti precedenti, i c.d. certificati storici” (linea di comportamento che per altro non era universale).
Col successivo art. 35, comma 4 D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 e s.m. è stato previsto: “4. Previa motivata richiesta, l’ufficiale di anagrafe rilascia certificati attestanti situazioni anagrafiche pregresse”, superando le criticità che alcune delle interpretazioni della norma antecedente generavano.
Va però sottolineato come le “ricerche” sugli atti degli archivi anagrafici (in certe situazioni si potrebbero aggiungere quelle sui registri dello stato civile, dotati di indici annuali (art. 33 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238), nonché di indici decennali (art. 34 R. D. luglio 1939, n. 1238, disposizione quest’ultima venuta meno dal 30 marzo 2001, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. – Cfr.; art, 109, comma 2 di questo ultimo) consentissero la “ricostruzione” delle famiglie nel loro evolversi nel tempo.
In tutti i casi, anche il ricorso alla consultazione degli atti anagrafici (fogli di famiglia, schede individuali – queste riportanti le numerazioni dei fogli di famiglia in cui il singolo individuo era stato nel tempo iscritto – cartelle di casa – fino a che tenute – ecc.) presentava dei limiti, nel senso che le ricerche effettuabili in un dato comune non andavano oltre alle vicende anagrafiche svoltesi nel comune, per cui quando la famiglia o alcuni componenti di questa si trasferivano in altro comune la sola notizia che risultava reperibile era quella del comune di avvenuto trasferimento e la relativa data (trascuriamo, anche perché molto risalenti, le epoche in cui, a causa delle prescrizioni normative allora vigenti, la data di “uscita” da un comune e quella di “ingresso” in altro non erano coincidenti).
Ovviamente, non si può ignorare come non sempre gli atti anagrafici “storici” siano sempre e dovunque stati tenuti con la cura e regolarità che avrebbe dovuto essere osservata.
Nei casi in cui la famiglia o taluni componenti della stessa risultino trasferitisi in altro comune, diviene necessario corrispondere con questo ultimo (o, con questi ultimi), percorrendo i diversi spostamenti.
In tutti i casi, cioè sia quando si tratti di un unico comune o di più comuni, anche eventualmente in conseguenza di mutamenti delle abitazioni, elementi utili, se e per quanto disponibili, per la ricerca sono:
(a) cognome,
(b) prenome (o, prenomi),
(c) (se risultanti, anche: il soprannome ove presente),
(d) luogo di nascita,
(e) data di nascita (tenendo presente che negli atti di stato civile fino a tutto il 1958, non veniva indicata la data di nascita, quanto l’età compiuta, la quale poneva il dubbio su quale fosse l’anno di nascita, in relazione al giorno e mese di nascita, aspetto per cui il ricorso agli indici annuali e decennali (Cfr.: supra ) si prestava a dare soluzione pertinente,
(f) indicazione della maternità e della paternità (Rif.: art. 3 D.P.R. 2 maggio 1957, n. 432), indicazioni utili per la “ricostruzione” della famiglia, oppure
(g) e qualora noto e ritenuto di un qualche rilievo anche la data di matrimonio,
(h) (unicamente per gli anni più recenti) codice individuale (leggi: codice fiscale),
(i) indirizzo, laddove noto.
Attualmente, molte di queste notizie vengono poco utilizzate (es.: quando si utilizzi, tra gli altri, l’Anagrafe tributaria, possono essere sufficienti – essendo dati individuali – il cognome, prenome, luogo e data di nascita, codice fiscale, dati che non sono sempre sufficienti a cogliere le relazioni familiari.