Premessa
Per quanto il tema possa prestarsi, almeno dal titolo, a fornire una diversa impostazione, occorre premettere che, in via generale, l’osservanza delle disposizioni non deve aversi in ragione delle sanzioni previste per il caso di loro violazione, ma – in positivo – a motivo del fatto che esse sono poste in funzione di un ordinato svolgimento delle attività da queste regolate.
Inoltre, la questione delle sanzioni che comporta, implicitamente, altra, quella della “probabilità” che la violazione sia accertata ed applicata, aspetto che a volte può divenire maggiormente rilevante rispetto alla sanzione in sé, nonché alla sua entità, cosa che potrebbe anche indurre a indulgere a porre in essere violazioni, quando un eventuale beneficio che ne consegua sia percepito come maggiore che non la “probabilità” di applicazione e, quando ciò avvenga, altresì maggiore rispetto alla sanzione irrogata.
Tuttavia, ciò non esime dall’opportunità di tracciare un quadro attorno al sistema sanzionatorio e, nello specifico, nel caso di violazioni alle disposizioni del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
La norma di riferimento
La questione, come noto, trova concretezza nell’art. 107 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. [1], che “apre” sollevando un’ulteriore questione, quella del rapporto tra violazioni soggette a sanzione amministrativa, generalmente pecuniaria, e violazioni costituenti reato.
Un esempio, è rinvenibile nello stesso D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., all’art. 87. Per altro la questione va anche vista ponendo la domanda “se” (eventualmente, anche: “quando”) la sanzione penale sostituisca (o prevalga, o escluda), oppure concorra rispetto alla sanzione amministrativa.
Nel primo caso, trova applicazione solamente la sanzione penale, nel secondo caso trovano applicazione sia l’una che l’altra.
Data la formulazione cui è stato fatto ricorso (…. Salva l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti costituenti reato …), nella fattispecie, nel caso di fatti che costituiscano reato, trova applicazione la sola sanzione penale.
Non mancano, per altro, casi, specie in normative regionali, in cui, avendosi altre formulazioni, sussiste il concorso delle due distinte tipologie di sanzioni.
Forse pochi, per ragioni di datazione, ricordano come la violazione alle disposizioni dettate dall’art. 339 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m. [2] (nel testo modificato dall’art. 30, comma 1 del D.P.R. 10 giugno 1955, n. 854; D.P.R. emanato ai sensi dell’art. 77 Cost.) costituisse reato, tanto ché al comma 3 è ancora presente il termine: “ammenda” (Cfr.: Art. 26 C.P.), sanzione applicabile alle fattispecie (da non confondere con la “multa” applicabile ai delitti).
Il richiamo all’”ammenda” porta a ricordare le ormai numerose leggi in materia di c.d. depenalizzazione, variamente susseguitesi nel tempo, fino ad arrivare alla L. 24 novembre 1981, n. 689 e s.m. (tralasciando per motivi di brevità qui di richiamare le successive norme di depenalizzazione), in cui, confermando una “linea” già introdotta (es.: con la L. 24 dicembre 1975, n. 706 e, ancora una volta, tralasciando per i medesimi motivi di citare le norme antecedenti in materia di depenalizzazione, ma non omettendo di ricordare la L. 12 luglio 1961, n. 603, influente anche sulla determinazione delle “misure” delle sanzioni, anche se in questo ambito vi siano stati ulteriori aggiornamenti) in precedenza, è stato previsto (art. 32 “(Sostituzione della sanzione amministrativa pecuniaria alla multa o alla ammenda)”) che non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda, salvo quanto disposto, per le violazioni finanziarie, dall’articolo 39”.
[1] – D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. – Art. 107.
1. Salva l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti costituenti reato, la violazione delle disposizioni del presente regolamento è soggetta a sanzione amministrativa pecuniaria, a norma degli articoli 338, 339, 340 e 358 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, come modificati per effetto dell’art. 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603, e degli articoli 32 e 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
[2] – R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m. – Art. 339.
[I] Il trasporto di salme da Comune a Comune della Repubblica è autorizzato dal sindaco.
[II] L’introduzione di salme dall’estero è autorizzata dal prefetto, sotto la osservanza delle norme stabilite nel regolamento di polizia mortuaria.
[III] Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquecento.
[IV] Della concessione dell’autorizzazione deve essere dato avviso al sindaco del Comune nel quale la salma è trasportata.