Non si può evitare di considerare che il termine: “piano regolatore cimiteriale” (art. 91 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. ed, altresì prima artt. 54, 55 e 56 precedenti) possa, in certe situazioni, apparire per quello che non è, per cui sembra utile qualche approfondimento, dal momento che questo strumento può avere livelli di elaborazione più o meno articolati, da quella più semplice, che potrebbe essere sufficiente per le realtà minori fino a livelli via via più complessi ed articolati a mano che la situazione locale richieda soluzioni di più ampio respiro, non trascurando che il suo livello di approfondimento e specificazione va valutato in relazione alle situazioni localmente rilevanti.
Il richiamo presente all’art. 91 sopra richiamato agli artt. 54 e ss. consente questo approccio differenziato, dove si può partire dal considerare le planimetrie dei cimiteri esistenti, estese anche alle zone circostanti comprendendo le relative zone di rispetto cimiteriale (in scala 1:500 e da aggiornare ogni 5 anni e, se del caso, anche più frequentemente) e, magari chiederci se questi aggiornamenti avvengano come sarebbero previsti.
Si potrebbe anche considerare se e quanto gli elaborati progettuali e la relazione tecnico-sanitaria (artt. 55 e 56) siano presenti ed in uso, dato che spesso, a volte in relazione all’epoca dell’impianto o dell’ultimo ampliamento del cimitero, possono costituire documenti non più presenti, in quanto versati all’archivio storico del comune (cosa che potrebbe portare a considerare la qualità di tenuta dell’archivio e connessa sua accessibilità agli atti e documenti ivi conservati).
Già questa documentazione potrebbe, a certe condizioni, costituire il piano regolatore cimiteriale. Tuttavia, esigenze di gestione cimiteriale e di sua programmazione nel tempo potrebbe richiedere di ricorrere a strumenti, per così dire, maggiormente raffinati ed elaborati, in cui alle mere rappresentazioni planimetriche si aggiungano studi sull’andamento della mortalità nel tempo, articolati per tipologie di “sepolture”, eventuali valutazioni sulle scadenze di alcune tipologie (rilevanti al fine di stimare disponibilità future), avendo presente che ogni proiezione, quali quelle sulla crescita demografica della popolazione, della composizione della “domanda” tra le diverse tipologie delle sepolture, ecc., possono essere oggetto di variazioni anche consistenti.
Se ci si colloca negli anni ’60 e ’70 del XX secolo, probabilmente non si poteva realisticamente, allora, stimare la crescita dell’accesso alla cremazione registratosi nell’ultimo decennio (o, anche, nell’ultimo quinquennio), crescita che ha modificato nettamente la “composizione” delle domande di tipologie di “sepolture”, portando presumibilmente a ridurre quella di posti feretro a tumulazione, spesso anche quella di fosse per inumazione, incrementando quella di nicchie cinerarie, per non sottovalutare quando possa influire il ricorso alla dispersione delle ceneri, scelte che non sono mai omogenee su base nazionale.
Queste variazioni, inclusa la “velocità” con cui possano avvenire, non devono essere di preoccupazione, in quanto non solo si tratta di stime probabilistiche ma si deve – sempre – tenere presente il fatto che il piano regolatore cimiteriale non è uno strumento rigido, immutabile una volta adottato, quanto, al contrario, uno strumento che deve essere gestito con flessibilità, potendosi aggiornarlo con la periodicità che possa risultare maggiormente adeguata.
Si considerino ad esempio, in contesto extra-cimiteriale, le stime sulle variazioni nella consistenza demografica, che possono essere influenzate dalla realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, ma anche dalle trasformazioni dell’economia, che possono determinare sia crescite, che cali nell’occupazione (e, connessa popolazione); trasformazioni che possono portare all’abbandono di alcune attività produttive storicamente radicate, magari con l’introduzione di altre, che, spesso, non coinvolge il medesimo territorio, ma si distribuisce su più ambiti territoriali, in ciò agevolata anche da condizioni di mobilità diverse dal passato).
Le stesse condizioni, caratteristiche di flessibilità del piano regolatore cimiteriale, sono presenti fin dagli artt. 54 e ss. già richiamati, anche solo riferendosi alla forma più elementare delle planimetrie, come emerge dalla previsione dei tempi previsti per gli aggiornamenti, cioè quello quinquennale o più breve quando vi siano ampliamenti o modifiche.
Dal momento che le variazioni nella “quantità” e nella “composizione” della domanda delle diverse tipologie di “sepolture” non emergono in corso dell’anno (leggi: di un solo anno), ma richiedono un valutazione sugli andamenti riferita ad un certo numero di anni, già la prospettiva quinquennale per l’aggiornamento può costituire un criterio cui fare ricorso, oltretutto avendo l’accortezza di farsi condizionare da situazioni che possano costituire “picchi” limitati nel tempo in conseguenza di situazioni contingenti, cercando di individuare gli andamenti medi che costituiscano una, più o meno seria, linea di tendenza.
Infatti, lasciarsi condizionare da eventi di “picco” potrebbe portare a sopravalutare alcune componenti nella domanda e sottostimarne altre.
Quello che va valutato in via generale è il tenere conto che lo strumento del piano regolatore cimiteriale non è uno strumento rigido, ma che va utilizzato in termini ragionevoli di flessibilità, possibilmente sottraendosi, per quanto possibile, da pressioni che, a volte possono aversi, a favore o contro determinate soluzioni.
Quante volte si è dovuto far fronte a questo o quel “comitato” di cittadini, petizioni od altro, volti a richiedere una qualche realizzazione o a contrastarne altra? Questi riferimenti alla flessibilità, o, meglio, alla modificabilità dello strumento dato dal piano regolatore cimiteriale non siano percepiti come in contrasto con gli indirizzi, a volte presenti, secondo cui esso dovrebbe avere un “orizzonte temporale” di una certa portata (e.s.), ventennale con previsioni di aggiornamento almeno decennali, essendo necessario tenere presente come in ambito cimiteriale non si possa in alcun caso sottrarsi dal fatto di avere visions di lunga durata.
Si pensi che l’inumazione ha un turno ordinario di rotazione decennale, ma che, dopo questo, le fosse sono ri-utilizzabili per nuove inumazioni solo una volta eseguite le esumazioni, le quali sono regolate successivamente e ciò può intervenire, a seconda delle esigenze locali, anche un buon numero di anni (vi sono realtà dove ciò avviene anche 20 – 30 o più anni, in relazione alle disponibilità superficiarie e alle variazioni nella domanda di questa tipologia di sepoltura) dopo che sia decorso il turno ordinario di rotazione; oppure alle tumulazioni in cui la durata della concessione cimiteriale può arrivare anche a 99 anni e, a prescindere dalla durata, alla loro scadenza vi è l’utilizzo dei campi ad inumazione.
In altre parole, tutta la gestione cimiteriale si sviluppa su più “mandati amministrativi” (sia permesso utilizzare questo riferimento temporale per sottolineare come decisioni assunte in una dato momento possano lasciar constatare quali effetti abbiano prodotto su tempi decisamente lunghi, pressoché sempre ben superiori ad ogni altra tempistica propria dell’attività delle amministrazioni locali).
Basterebbe considerare come per alcune concessioni cimiteriali la durata possa essere tale che, alla loro scadenza, non sia più in servizio il dirigente, o chi assolve alle funzioni dirigenziali, che ha sottoscritto il regolare atto di concessione non sia più presente semplicemente per raggiunti gli anni di “vita contributiva” per il collocamento a riposo, per cogliere come atti posti in essere in un dato momento, abbiano effetti in momenti del tutto successivi ad ogni valutazione attorno all’atto originario.
Per questo si condividono appieno le impostazioni rispetto a previsioni di tali durate di validità del piano regolatore cimiteriale, cosa che non confligge proprio con la possibilità di interventi purché coerenti e non condizionati da valutazioni di breve periodo che rischiano di essere fallaci.