Alcune considerazioni sui “convogli” funebri

In apertura facciamo uso, nel titolo, ad un termine oggi inconsueto, presente in un testo normativo, non in italiano nell’originale (ma poi in parte “importato”), risalente ad oltre due secoli addietro ed avente il significato attuale di “trasporti” (funebri), in cui erano presenti elementi che oggi sono in larga parte ancora presenti.
Da un lato si parla che questi trasporti si eseguono con “carrozze” (tanto che talvolta si parla di “carri funebri”), si considerano le situazioni in cui siano disagevoli, se ne indicano i fattori di gratuità/onerosità, nonché i criteri di regolazione. Laddove si prenda in esame (e.g.) l’art. 49, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. recita:
2. I comuni che abbiano frazioni dalle quali il trasporto delle salme ai cimiteri del capoluogo riesca non agevole per difficoltà di comunicazione devono avere appositi cimiteri per tali frazioni., laddove è (ancora) presente l’ipotesi per cui il trasporto riesca non agevole quale pre-condizione per l’impianto di cimiteri frazionali, dando per implicita una loro precedente esistenza, considerando unicamente le “difficoltà di comunicazione” e non le ipotesi che le frazioni possano essere comunità di popolazione, magari dotate di luoghi di culto e, anche per questo, di possibili cimiteri.

Ma la condizione de quo porta a valutare:
a) le condizioni delle strade (vie di comunicazione),
b) i mezzi con cui si eseguono i trasporti funebri, in relazione alle prime.
Si ravvisa che nel 1990 (ma si potrebbe anche citare il 1975-76 o il 1942-43) siano mutate le condizioni di entrambe …

Sotto il profilo della disciplina dei trasporti funebri va ricordato l’art. 22 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. l’attribuisca al comune per quanto riguarda:
(A) l’orario per il trasporto dei cadaveri,
(B) le modalità,
(C) i percorsi consentiti, nonché
(D) il luogo e
(E) le modalità per la sosta dei cadaveri in transito.

Sia permesso un inciso non secondario: la disposizione qui citata reca l’indicazione di “sindaco”, cosa che porta a sostituire il termine con “comune” in quanto il richiamato Regolamento (nazionale) è stato formulato con l’impianto di competenze risultante dal T.U.L.C.P., mentre dal 13 giugno 1990 era entrata in vigore la L. 8 giugno 1990, n. 142 (oggi: T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.), con cui, tra l’altro, erano intervenute sostanziali modificazioni alle competenze degli organi comunali, oltretutto con attribuzioni ad organi distinti da quelli presenti nel precedente T.U.L.C.P.
Dopo questo inciso, valutiamo gli oggetti della disciplina, in particolare quelli indicati con le lettere (A), (B), (C), anzi con maggiore attenzione agli ultimi due.
Rispetto all’orario, possono usarsi differenti criteri, quali l’individuazione di un orario di “partenza”, oppure di un orario di “arrivo” al cimitero, oppure ancora un orario per la “sosta” per le onoranze/ritualità funebri caso per caso richieste dalle famiglie.

Per quanto riguarda la lettera (B) questo può essere disciplinato tenendo conto dei mezzi di trasporto – e.g. l’uso dell’auto funebre (aggiorniamo così il termine: “carro funebre”) – oppure di altri mezzi, quali i trasporti con mezzi a trazione animale, fino al trasporto “a spalle”, oppure, a secondo delle situazioni locali, altri mezzi (si pensi ai comuni in cui siano presenti spazi acquei, da percorrere dal luogo in cui si trova il feretro al cimitero, o luoghi più o meno intermedi tra questi).
Sulla lettera (C) non può evitarsi di costatare la diffusione del criterio riassumibile nella formula “per il percorso più breve, che spesso contrasta con impostazioni che portino la brevità ad essere computata unicamente in termini di misurazione della lunghezza dei percorsi.
Basti pensare come nei centri urbani spesso vi siano regolazioni viarie, coerenti con il Codice della Strada (e.g.: sensi unici, vie c.d. tangenziali od altro) per cui il percorso “migliore” (sia in termini di lunghezza, oppure di tempi di percorrenza) può non essere esattamente quello che si avvicina al concetto di maggiore brevità.

A questo punto, torniamo alla lettera (B) sulle modalità, laddove si considerano le “modalità”, per cui è già stato fatto cenno al trasporto (funebre) “a spalle” (che, a certe condizioni, apre la questione dei cortei effettuati a piedi, spesso al seguito di un qualche mezzo), che in alcune realtà può essere di consolidata tradizione locale, a volte dovuto anche alla “raggiungibilità” del cimitero.
Si ha conoscenza di un cimitero in cui la strada (ordinariamente percorribile) non raggiunge il cimitero, avendosi una tratta di prato, segno come – specie nel passato – l’accesso al cimitero avvenisse senza mezzi, situazione che solleva criticità quando debba accedervisi con mezzi, magari d’opera, per eseguire interventi.
Si tratta di situazioni che, a volte, con le differenziazioni locali del caso, possono essere variamente presenti), al punto da suggerire anche ipotesi di trasporto funebri eseguiti con modalità plurime (con autofunebre per una tratta, altrimenti per altra tratta).

In particolare, quando il trasporto “a spalle” sia negli usi e nelle tradizioni locali, questo può costituire fonte di un qualche disagio, quando intervenga in centri urbanizzati.
Si pensi alle disposizioni del T.U.LL.P.S., R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m. dove l’art. 27 (l’art. 25 è stato oggetto di pronuncia d’illegittimità costituzionale, l’art. 26 prevede altro [1]), che recita:
“[I]Le disposizioni di questo capo non si applicano agli accompagnamenti del Viatico e ai trasporti funebri, salve le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti di sanità pubblica e di polizia locale.
[II] Il questore può vietare che il trasporto funebre avvenga in forma solenne ovvero può determinare speciali cautele a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini..”
Ne deriva un quadro per il quale la disciplina delle modalità per il trasporto funebre viene a richiedere il soppesamento di una pluralità di fattori, e che non porta ad un’indicazione univoca, quanto sempre al fatto di tenere presente la necessità di un bilanciamento di aspetti spesso anche tra loro contrastanti.


[1] – T.U.LL.P.S., R. D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m. – Art. 26
[I] Il questore può vietare, per ragioni di ordine pubblico o di sanità pubblica, le funzioni, le cerimonie, le pratiche religiose e le processioni indicate nell’articolo precedente, può prescrivere l’osservanza di determinate modalità, dandone, in ogni caso, avviso ai promotori almeno ventiquattro ore prima.
[II] Alle processioni sono, nel resto, applicabili le disposizioni del capo precedente.
Si osserva come queste possano essere tra le possibili altre ragioni speciali, che possano essere motivo di riduzione del periodo di osservazione, ai sensi dell’art. 10 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (Incidentalmente, Cfr.: TAR Campania, Napoli, Sez. V, 25 ottobre 2024, n. 5646).

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