Percorsi semantici ed universo simbolico nella sensibilità funeraria dell’Occidente cristiano

I primi simboli inventati dai cristiani erano più semantici che figurativi, alcuni, invece erano puramente verbali, perché la parola, quindi il VERBO, sopravvive alla corruzione della materia perché appartiene alla dimensione eterna dello spirito.
Spesso sulle lastre sepolcrali di moltissimi cimiteri europei campeggia ancor oggi questo misterioso simbolo XP, magari con i due elementi sovrapposti.
Secondo un equivoco ancora radicato tale segno sarebbe l’abbreviazione della parola latina PAX.
Si tratta, invece, di un monogramma composto dall’incrocio due lettere maiuscole dell’antico alfabeto greco: “CHI” assimilabile al suono gutturale “C” e RHO, che sarebbe divenuta nella trasposizione in lingua latina il fonema del suono “R” .
CHI-RHO, allora, è solo la semplice combinazione intrecciata tra le due iniziali del vocabolo greco “Crìstos”.

Sulle lastre che sigillavano i loculi spesso venivano incise due misteriose lettere dell’alfabeto greco, rispettivamente la prima e l’ultima: l’alfa e l’omega che riecheggiano le parole del Vangelo “Io sono il principio e la fine”.
Sovente, sulle lapidi dei loro morti, i cristiani disegnavano la rozza sagoma di un pesce.
La dottrina si è, per secoli, arrovellata sull’interpretazione di quest’emblema.
Potrebbe, infatti, metaforicamente rappresentare la balena che per tre giorni imprigionò Giona nelle proprie fauci, prefigurazione della permanenza del Cristo nel sepolcro prima del mattino di Pasqua.
Molto più probabilmente, invece quest’immagine così stilizzata è un acrostico: ovvero una sigla formata dalle prime lettere di diverse parole.
Pesce, infatti, secondo il codice grammaticale ellenico, si traduce con il vocabolo “ixthus”, le lettere che lo compongono non sono altro se non le iniziali di questa frase: Iesùs Xristos Theoù Uiòs Soter, ovvero Gesù Cristo, figlio di Dio e Salvatore del mondo.
Un elementare graffito esprimeva in modo così ermetico, ma efficace, la profonda fede nel Messia che animava le prime comunità cristiane.

Altri simboli, poi, si basavano su metafore letterarie, tratte dai sacri testi come: il tema dell’agnello, vittima sacrificale che cancella il peccato del mondo (Cristo stesso fu così definito dal Battista).
La figura del buon pastore, invece, già utilizzata in epoca pagana per rappresentare benevolenza e generosità si arricchì di un nuovo significato grazie alle parole di Cristo, che si proclamo, appunto, come il Buon Pastore, inviato dal Padre.
Un modo molto bello per indicare sulla lapide oppure sulla stele funeraria il giorno e morte dell’estinto è, tuttora, rappresentato dalla tradizione  grafica di far precedere le due date rispettivamente da due oscuri segni: α (alfa) ed ω (Omega).
Nulla di esoterico, per carità, siamo, infatti, dinnanzi alla prima ed ultima lettera dell’alfabeto greco.
Questa soluzione trasmette anche un fortissimo valore dottrinale perché rispecchia fedelmente le parole del Cristo riportate dagli evangelisti: “Io sono l’Alfa e L’Omega, il principio e la Fine”.

 

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Carlo Ballotta

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