Una discesa nell’abisso dei sensi proibiti, tra devastazione emotiva e spirituale, culto della morte, negazione dell’esistere – 1h 18′
La necrofilia, il peccato del cuore più celato e mostruoso, osteggiato fin dall’antichità, è la deviazione raccontata in Kissed, film ispirato all’omonimo racconto di Barbara Gowdy.
Per una volta una pellicola molto coraggiosa, che c’introduce, con rara eleganza, nell’inferno delle perversioni affettive, non si avvale di sensuali e procaci Vampirelle, ritratte in abiti discinti o appena velate da succinti ed attillati costumi, magari realizzati in pelle nera o conturbante lattice.
I protagonisti di questo racconto cinematografico non hanno bisogno di mostrarsi con il giubbotto torchiato, assieme al solito corredo d’ossame e vessilli mortiferi, per marcare la loro tragica differenza dalla massa indistinta della mediocrità.
Nessun indugio, però, è concesso nemmeno alla magrezza estrema di membra nodose e sofferenti in stile Heroin chic o al bisogno d’icone neometallare e sfigurate come il sulfureo Marylin Manson.
In questo film, infatti, per narrarci il Calvario interiore di un’aberrante ma dolcissima inclinazione amorosa, non servono i soliti pandemoni tenebrosi codificati negli stereotipi horror che sono ormai parte del nostro inconscio cinematografico.
Gli autori hanno scelto un linguaggio volutamente minimalista, terribile proprio perché “normale”.
Personaggio principale del film non è un uomo, non il solito maniaco psicotico in preda ad un sanguinario delirio cannibalico, ma una ragazza semplice, dal volto acqua e sapone, quasi il ritratto di un’Albachiara e questo stridente contrasto, nel nostro mondo ormai avvezzo alle più terribili, razionali atrocità, è ancora più difficile da accettare.
Alla regista Lynne Stopkewich, infatti, è bastata una ragazza come tante, una donna giovane, con quel fascino strano, che è proprio di un’apparente semplicità, per trasformare una piccola produzione canadese, nel film scandalo che sconvolse l’edizione ’97 del Festival di Cannes.
Presentato alla Quinzaine des Realizateurs 1997, Kissed è ben lontano dalle esagerazioni truculente e stradaiole di opere crasse, efferate come CRASH [1].
Se il vampiresco film di Cronenberg considerato ormai dalla critica un classico dell’estremo, esaltava il tetro connubio tra la velocità e l’odore della morte con mutilazioni ed incidenti cruenti, qui al profumo dolciastro del sangue che stilla si preferiscono gli acri vapori dell’aldeide formica mentre penetra con sadico piacere nei corpi ormai stesi sul tavolaccio dell’obitorio.
Lo sviluppo della trama è molto lineare: Sandra, la protagonista, fin da bambina, mostra un’insana attrazione verso i riti funebri e nutre una strana passione per gli animali deceduti.
Questo macabro gusto la conduce a trasformarsi in un vestale dell’oltremondo, siccome, ogni volta, dinnanzi ad un corpo di uno scoiattolo o di un passerotto senza vita celebra inconsciamente una sorta di rituale pagano, danzando con gioia intorno al cadavere e strofinandosi la piccola salma su tutto il corpo per respirarne ed assaporarne l’essenza mortifera.
Sandra, poi, cerca di realizzarsi nel vellutato ambiente delle onoranze funebri, mentre si iscrive all’Università per studiare i trattamenti conservativi sui cadaveri e, naturalmente, mostrerà una certo non comune attitudine per la tanatoprassi.
Scopre, così in seguito alla sua particolare professione d’addetta alla morgue che anche gli uomini defunti (soprattutto giovani) non le dispiacciono affatto.
Il film è una turbinosa navigazione tra sentimenti esasperati e contraddittori, un primo amore salutato con stupore infantile, e un’angosciata solitudine si sovrappongono a provocazioni trucide ed angelico candore, mentre Sandra modella sulle labbra cristalline e livide dei suoi adorati cadaveri espressioni maledette e disperate.
Un giovane studente (vivo) però si innamora perdutamente di lei, ma la necrofilia poetica di Sandra sarà per Matt, questo è il suo nome, motivo di dissociazione mentale e foriera di perdizione, siccome il ragazzo giungerà sino all’atto estremo del suicidio pur di veder corrisposto il proprio amore da una donna che, invece, è votata alla carne morta di chi non può più sentire nulla, come lei stessa confessa in un intenso dialogo tra i due.
Kissed è un’incontestabile, anche se stravagante, storia sentimentale, perché la perversione necrofila è pur sempre filtrata dallo sguardo sincero di una ragazza profondamente innamorata, anche se questa passione si traduce in una surreale liturgia cruenta del lutto.
Kissed rappresenta un colpo formidabile, vibrato contro la morale dei benpensanti.
Questo urto è costruito su disgusto e repulsione, siccome ha la forza di suscitare un fascio di emozioni violente che spaziano dalla dolcezza amara dell’amore sofferto all’energia dirompente di una chi vive un’esperienza assoluta, al di là del bene e del male, non più come orgogliosa bandiera di ribellione, ma quale sfida introspettiva, ritorta su se stessa.
[1] Crash, di David Cronemberg, Usa, 1996