Il Patriarca di Venezia, con nota pastorale della Diocesi, è intervenuto in maniera decisa sullo svolgimento dei funerali, da cambiare radicalmente rispetto alla piega che stavano prendendo.
Ha così dato precise istruzioni ai parroci e ai fedeli per vivere e celebrare i funerali. Un richiamo, oltre che alle famiglie, pure alle imprese di pompe funebri locali.
Il patriarca Francesco Moraglia è contrario ai funerali che «celebrano il defunto per descriverne la figura»; servono invece esequie più vicine al «congedo cristiano, dove al centro ci deve essere la Parola di Dio».
L’omelia deve essere breve, «ben preparata evitando la forma e i contenuti della commemorazione e dell’elogio funebre».
Le preghiere dei fedeli non devono indugiare troppo solo sul ricordo dello scomparso.
I canti devono essere quelli religiosi e se possibile, meglio evitare troppi interventi all’inizio e alla fine della messa.
Per fare tutto questo però i preti non bastano, tanto che la Diocesi di Venezia vuole formare alcuni fedeli che affianchino i presbiteri nell’accompagnare i familiari anche nella gestione dei momenti rituali.
«Occorre far conoscere ai fedeli che la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti», prosegue la nota pastorale.
E così, una volta celebrato il funerale, le ceneri devono essere deposte nella tomba e non tenute a casa o ancor più disperse o convertite in oggetti, come viene stabilito dalla Congregazione per la Dottrina della fede.
«Per questo — sottolinea il Patriarca Moraglia — si dimostra fondamentale l’incontro con le persone cercando di mettere in luce le buone ragioni della proposta cristiana e vagliando eventuali motivi di contrarietà».
E non poteva mancare anche l’attenzione del Patriarcato su aspetti più terreni: dalla data del funerale, non sempre concordata tra impresa funebre, famiglia e parroco, alla decisione di raccogliere le offerte, dentro o fuori la chiesa («Quando la destinazione di esse è unicamente di competenza della parrocchia»).
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