Spostati ad altro incarico dipendenti AMA indagati per salme non cremate nel 2007

Sono stati destinati al altro incarico i dipendenti dell’Ama di Roma che a fine ottobre scorso vennero raggiunti da un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sulle salme non cremate al cimitero Flaminio. Lo precisa la stessa Ama in una nota, spiegando che l’iniziativa e’ stata presa ”a loro tutela e a tutela dell’azienda, in attesa -si legge- di conoscere gli sviluppi dell’indagine di cui ancora l’Ama non e’ stata informata ufficialmente e in cui si ritiene, in ogni caso, parte lesa”. L’azienda tiene anche a ricordare che ”le indagini sulle salme non cremate nel cimitero Flaminio partirono proprio da una segnalazione di Ama all’Arma dei Carabinieri nell’ agosto 2007”.

”La vicenda -riferisce il comunicato- venne alla luce in seguito alla decisione dell’azienda di informatizzare, a inizio anno, tutti i processi di registrazione delle salme in entrata e in uscita dai cimiteri capitolini. Un sistema che garantisce l’impossibilita’ che fatti del genere si ripetano”. L’Ama comunica, infine, che ”tutte le salme coinvolte nell’inchiesta sono state cremate a meta’ luglio dopo il nulla osta della magistratura e dopo aver ricevuto la regolare domanda da parte delle famiglie dei defunti”.

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One thought on “Spostati ad altro incarico dipendenti AMA indagati per salme non cremate nel 2007

  1. Riportiamo, per meglio comprendere la notizia, l’articolo “Sabbia al posto delle ceneri nelle urne: sei indagati, anche due funzionari Ama” a firma di Valentina Errante, riportato sul Messaggero del 6 dicembre 2008:


    Abuso d’ufficio e corruzione. Arriva all’Ama, la truffa delle finte cremazioni: casse accatastate da anni al cimitero di Prima Porta e sabbia nelle urne consegnate ai parenti dei defunti.

    I nomi di due funzionari dell’azienda municipalizzata per l’ambiente, delegata ai servizi cimiteriali, sono stati iscritti sul registro degli indagati insieme a quelli di altre quattro persone. L’ipotesi dei carabinieri della Compagnia Cassia, coordinati dal pm Marcello Cascini, è che i dipendenti pubblici non solo sapessero, ma che abbiano intascato mazzette per chiudere un occhio. A mettere nei guai i funzionari sono una serie di intercettazioni telefoniche, disposte quando il titolare di un’agenzia di pompe funebri, coinvolto nella vicenda, ha deciso di collaborare con gli inquirenti.

    Lo scandalo era scoppiato lo scorso anno, l’Ama aveva chiesto spiegazioni ai familiari di alcuni defunti: le casse dei loro congiunti erano in deposito. Gli operai si erano accorti di quelle bare messe a turno che non finivano mai nell’altoforno. Ma tutte le persone contattate avevano già ricevuto le urne con le presunte ceneri dei parenti e le avevano seppellite. Così i carabinieri sono partiti con le indagini. Ventitrè casse, tutte lasciate in deposito, e altrettante urne cinerarie sono state esaminate. Ed è emerso che nelle urne c’era soltanto sabbia. Il professore Olloni, dell’Istituto di Medicina legale della Sapienza, ha analizzato invece i corpi nelle bare, per stabilire se i cadaveri “depositati” fossero effettivamente delle persone che dovevano essere cremate e a quale epoca risalisse la morte. Le casse non avevano subito alcuna manomissione. Nomi e corpi corrispondevano.

    E’ emerso così che il primo deposito risaliva addirittura al 1976. Individuare l’azienda di pompe funebri che aveva curato l’iter per la cremazione per conto delle famiglie di quei defunti non è stato difficile. Il titolare della ditta è stato indagato con l’ipotesi di occultamento di cadavere e truffa. Si sarebbe messo in tasca poche centinaia di euro lasciando le bare al deposito. A quel punto sono state controllate tutte le pratiche curate dall’agenzia. Ed è anche mancato un cadavere. Il corpo di un uomo seppellito a Napoli che doveva essere cremato a Roma, insieme a quello della moglie. Dagli accertamenti dei carabinieri è emerso che la bara, uscita dal cimitero di Napoli, non è mai arrivata a Prima Porta.

    L’inchiesta dalla Capitale è finita alla procura di Civitavecchia, competente per i reati commessi a Fiumicino. Ma poi una tranche è tornata a Roma, perché il titolare dell’azienda, messo alle strette dagli inquirenti e perseguitato dai parenti di defunti mai cremati, ha deciso di collaborare. E ha raccontato che quello delle finte cremazioni era un fenomeno largamente diffuso. Anche all’Ama sapevano. Così sono cominciate le intercettazioni e i funzionari sono finiti sul registro degli indagati. Incastrati dalle conversazioni telefoniche.Fonte: http://www.messaggero.it

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