Ossario e cinerario

In mancanza, nel cimitero, del cinerario comune di cui al comma 6 AAAA0061dell’art.80 del D.P.R. 285/1990, è possibile la collocazione dell’urna cineraria nell’ossario comune?

Le norme di legge vigenti – Art. 80 D.P.R. n. 285/1990 – prevedono la necessità di destinare appositi spazi a cinerario comune per la raccolta e la conservazione in perpetuo e colettiva delle ceneri provenienti da cremazione.

Evidentemente tale disponibilità si deve riferire a tutti coloro che non optano per la concessione cimiteriale di nicchia muraria, ovviamente onerosa.

Le cellette ossario costituiscono una delle possibili tipologie di sepolcri privati presenti nel cimitero (si veda anche l’art. 85, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), così che la questione posta va affrontata in linea generale per tutti i sepolcri privati presenti nei cimiteri, indipendentemente dalla natura, funzione, durata e capienza (Sereno Scolaro, ISF n.4/2001).

La circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 1993 al punto 14 definisce cinerario comune un manufatto nel quale vengono disperse, attraverso un apposito rito, le ceneri per volontà del de cuius, cosicché l’urna
cineraria sarà aperta alla presenza di un incaricato dal cimitero per provvedere alla dispersione.

Ferma restando l’obbligatorietà del cinerario comune in ogni cimitero, non va trascurato il fatto che esso possa consistere in un fabbricato di lieve entità (ad esempio, una celletta ossario che sia destinata a tale funzione, una colonna cava forse anche realizzata con un tubo di cemento sistemato in verticale, un pozzetto ipogeo costruito con materiali lapidei di risulta, ovviamente ornati adeguatamente, sia in relazione allo scarso utilizzo attuale di tale impianto, sia per l’assenza di carichi, stress meccanico o di altre prescrizioni caratterizzanti, esclusa, forse, l’impermeabilità alle acque piovane.

In sede di definizione del piano regolatore cimiteriale dovrebbe essere sufficiente l’indicazione della previsione dell’impianto, ma, comunque, è del tutto comprensibile la richiesta di precisazione negli elaborati tecnici dell’ubicazione del cinerario comune. La realizzazione di un cinerario comune, comunque, richiede solo il parere dell’ASL e non il “Nulla Osta(Massimo Cavallotti, “Cinerario Comune e dispersoio”, ISF n. 4/2005 pag. 22 e segg.)

Secondo parte della dottrina ossario e cinerario, entrambi comuni, potrebbero coesistere in un unico luogo, purchè sigillato, per impedire eventuali infiltrazioni d’acqua o asportazione clandestina di ossa e ceneri per scopi non ammessi dalla legge.

Chi scrive non condivide tale interpretazione così minimale per queste tre semplici ragioni:

1) La norma evidenziata – art. 80, comma 6, del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con il d.P.R. del 10 settembre 1990, n. 285 – impone ai Comuni l’obbligo di dotare ogni cimitero di un cinerario comune per raccogliere e conservare le ceneri derivanti dalle cremazioni di cadaveri.

Non è, pertanto, comprensibile, a distanza di quasi 18 anni dall’emanazione del citato Regolamento, sostenere che non è stato possibile provvedere alla realizzazione di un cinerario comune all’interno di ogni cimitero in quanto trattasi di un intervento non eccessivamente difficoltoso e lungo. Alcune regioni come l’Emilia Romagna (Art. 5 Reg. Reg. n.4/2006) mitigano la cogenza del sullodato Art. 80 comma 6 DPR 285/1990 limitando tale obbligo ad al meno un camposanto del sistema cimiteriale comunale.

Ad ogni modo non è possibile collocare un’urna cineraria nell’ossario comune, eventualmente è consigliabile depositare tale urna all’interno del cimitero, in camera mortuaria di cui all’Art. 64 DPR 285/1990, nell’attesa di poter predisporre ed utilizzare il cinerario comune. Lo sversamento, infatti, è finalizzato alla conservazione promiscua, massiva ed indistinta, mentre le ceneri, quando sono racchiuse nell’urna, costituiscono pur sempre ununicum ben individuabile (Art. 80 comma 2 DPR 285/1990).

2) L’ossario, ex Art. 67 DPR 285/1990, deve esser costruito in maniera tale da nascondere ai frequentatori del cimitero la vista piuttosto inquietante delle ossa, ma questa disposizione non si applica necessariamente alle ceneri (altrimenti non avrebbe senso il giardino delle rimembranze o la dispersione in natura, vitatissima, invece, per le ossa (in effetti si ritiene impossibile, dal punto di vista normativo, lo smaltimento all’esterno del cimitero di ossa umane depositate nell’ossario comune), ecco perché è bene che ossario e cinerario rimangano separati e divisi.

3) L’art. 67 del DPR 285/90 – Regolamento nazionale di polizia mortuaria – non contempal espressamente per l’ossario comune “la raccolta e la conservazione in perpetuo e collettiva” dei resti ossei, così come accade, invece, per il cinerario comune, nel caso delle ceneri (art. 80, comma 6 del DPR 285/90).

D’altra parte l’Art. 43 del medesimo DPR 285/1990 precisa come il solo motivo per il quale sia permesso asportare ossa dai cimiteri e’ quello per scopi didattici o di studio, ragion per cui si suggerisce di trovare all’interno del cimitero altro manufatto che possa essere destinato ad ossario comune, essendo, quest’ultimo incompatibile con il cinerario.

Le ossa, poi, ex paragrafo 6 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10 possono esser rimosse dall’ossario comune per la loro calcinazione in forno crematorio (mentre le ceneri non possono esser nuovamente bruciate o subire ulteriori trasformazioni di stato, essendo esse il prodotto incomprimibile della perfetta mineralizzazione di un cadavere ex Art. 343 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265).

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Carlo Ballotta

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8 thoughts on “Ossario e cinerario

  1. Buongiorno, chiedo conferma se la scelta del cinerario comune rappresenta una forma di dispersione ceneri e se come tale necessità di apposita autorizzazione del soggetto competente.
    Regione Emilia Romagna.

    1. X Matteo,

      lo sversamento delle ceneri in cinerario comune, può alternativamente essere la destinazione ultima:

      di default, quasi inerziale, per ceneri non richieste, provenienti dalla calcinazione delle ossa prima contenute in ossario comune, per le quali vi sia disinteresse da parte degli aventi titolo a disporne…
      scientemente e consapevolmente scelta dal de cujus, attraverso disposizione testamentaria o iscrizione ad apposita società cremazionista.
      Nel primo caso, come facilmente intuibile, l’autorizzazione ad aprire l’urna spetta alla figura di cui all’art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs n. 267/2000 (dirigente di settore o chi ne assolva la funzioni), nel secondo frangente,trattandosi di velata dispersione sui generis, dove seppur sparpagliate in luogo chiuso e protetto, le ceneri perdono, nella massa e nell’anonimato, la loro unicità individuale, autorizza il soggetto competente per la dispersione sottesa da un preciso ed inequivocabile volere della persona defunta: vale a dire l’Ufficiale dello Stato Civile, secondo l’art. 11 della Legge Regionale n. 19 del 29 luglio 2004, che rinvia a sua volta alla L. 30 marzo 2001 n. 130.

  2. X Daniele,

    sì, tecnicamente è proprio così, ossario e cinerario, entrambi comuni possono coesistere in un unico manufatto, anche di lieve entità architettonica (un parallelepipedo epigeo, un pozzetto ipogeo?) sotto il profilo funzionale, però, converrebbe tener separate le due strutture, perché nel cinerario comune (oltre che nel giardino delle rimembranze) gli aventi diritto possono effettuare la dispersione delle ceneri del de cuius ex Art. 80 comma 6 DPR n. 285/1990, per le quali si sia esplicitamente scelta questa forma di sepoltura così atipica ed estrema, o per cui non sia stata avanzata nessun altra richiesta di destinazione individuale e dedicata, e questo ben prima della promulgazione della Legge n. 130/2001 e delle conseguenti legislazioni regionali in materia di polizia mortuaria (ante, quindi, Legge Cost. n. 3/2001), poiché l’istituto dello sversamento delle ceneri in cinerario comune è una piccola grande rivoluzione introdotta, appunto, con l’emanazione del DPR n. 285 del 10 settembre 1990. Ora non è edificante né esteticamente bello disperdere le ceneri, con apposito rito del commiato, laddove, magari, siano state gettati alla rinfusa ed in modo promiscuo nonché massivo ed indistinto tibie, femori, mandibole e teschi…insomma tutto l’ossame prodotto dalle operazioni cimiteriali di esumazione ed estumulazione. Se davvero vogliamo puntare sulla qualità del servizio cimiteriale questa delicatezza gestionale, dai costi tutto sommato modesti ed accessibili, può essere davvero importante, si tratta di una carta in più da giocare anche nell’ottica del marketing cimiteriale, anche perché pure la dispersione delle ceneri in cimitero ex D.M. 1 luglio 2002 è divenuta prestazione a titolo oneroso per l’utenza.

  3. Buongiorno, scrivo dall’Emilia Romagna; in base alla normativa regionale (art 5 comma 2 regolamento regionale 4 del 23-5-2006 ) l’ossario e il cinerario comune possono essere costituiti da un unico manufatto.
    Questo vuol dire che dove è presente l’ossario comune, basta aggiungere la funzione di cinerario comune e siamo a posto ?

  4. X Fabrizio,

    In questo tema funerario, troppe volte vi sono ‘nominalismi’ locali (forse non si ha l’idea di quanti sinomimi e di quante denominazioni di possano riscontrare) che portano a fraintendimenti (tanto che preferirei parlare di posti a tumulazione individuali o collettivi (per famiglie, per collettività) senza altre distinzioni.

    Idem per le nicchie (in sostanza, ‘buchi’ della dimensione per l’accoglimento di cassette ossario o di urne cinerarie).

    1) Il paragrafo 13.2 della circolare Min. San. n. 24/1993 si riferisce a nuove costruzioni, qualunque esse siano, indipendentemente che si tratti di colombari realizzati in serie o tombe realizzate da privati. È però da chiarire che si tratta di semplici indicazioni (” …. è preferibile” dice la circolare”),le quali devono trovare cogenza in un regolamento comunale di polizia mortuaria per essere applicate (o anche per dettare anche misure diverse ). Una semplice circolare esplicativa, infatti, è solo un atto di carattere istruttivo e non è propriamente una fonte del diritto, come, invece, accade per i regolamenti comunali di polizia mortuaria

    Salvo eventuali leggi regionali intervenute in tema di cremazione e successiva destinazione delle ceneri, le norme di più antica data sono previste dall’Art. 343 Regio Decreto n. 1265/1934 ripreso, poi, dall?’Art. 80 del D.P.R. 285/90 (identificazione nel comma 2, dell’obbligo di capacità dell?’urna tale da contenere tute le ceneri di una cremazione).

    Il comma 4 ? letteralmente ? stabilisce che sia il Comune nel proprio regolamento a definire le dimensioni limite delle urne, ma leggendo il contesto si comprende come sia un errore del legislatore, che invece si riferisce al vano che contiene le urne.

    In effetti l?unico vero riferimento dettagliato è una circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 24/6/1993, che al paragrafo 14.1, lettera d) definisce con esattezza le caratteristiche tecniche delle urne,le qualipoi sono riportare integralmente nei vari regolamenti comunali: cioè materiale resistente ed infrangibile, tale da essere soggetto a chiusura, anche a freddo a o a mezzo di collanti di sicura e duratura presa, portante all’?esterno nome, cognome, data di nascita e di morte del defunto. L?urna deve essere sigillata.

    Poi il D.M. Interno 1/7/2002, all’?art. 2, comma 1, lettera f) ha previsto la caratteristica dell’?urna minimale: deve essere di materiale resistente, chiusa, riportante all?’esterno l?identificazione delle ceneri.

    Questo, ad oggi, è quanto regolato in materia in Italia.

    Ai termini dell’Art. 94 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria i posti disponibili in un sepolcro debbono esser espressamente contemplati nel progetto da sottoporre alla preventiva approvazione del comune.

    L’atto di concessione dovrebbe fare riferimento al diritto d’uso della cappella, indicandone il numero dei loculi (eventualmente, distinguendo tra tipologie di spazi sepolcrali).

    In linea astratta, le indicazioni della circolare 24 giugno 1993 n. 24 al paragrafo 13 altro non fanno se non riconfermare una possibilità già preesistente, specie laddove il regolamento comunale di polizia mortuaria individuasse l?ambito dei soggetti destinatari del diritto passivo ad essere sepolti nelle tumulazioni riferito ai singoli sepolcri privati, magari senza particolari distinzioni circa la capienza o indipendentemente dal fatto che questi siano tumulazioni individuali o tumulazioni per famiglie.

    Sulla possibilità concreta di tumulare più urne cinerarie o cassette ossario nello stesso vano, sia o meno presente un feretro (ma pur sempre uno ed uno solo ex Art. 76 DPR n. 285/1990) il rinvio di rigore è alla dirimente centralità del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, per risolvere situazioni di questo tipo, il Comune, in effetti, avrebbe tutto l’interesse a massimizzare la capacità ricettiva di ogni singolo sepolcro, oltre la quale si estingue lo stesso jus sepulchri ex Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990.

  5. Buongiorno, io dovrei invece progettare un’ edicola cimiteriale che possa ospitare due celle ossario e due urne cinerarie. Com’ è possibile che ci siano imprese che commercino celle ed urne con dimensioni non conformi alla normativa vigente, smentendo poi noi tecnici che dobbiamo far rispettare la normativa nella redazione del progetto da presentare in Comune? Inoltre ho constatato che in alcuni Comuni è vietato posizionare cella ossario ed urna cineraria nello stesso vano, senza alcuna separazione che delimiti il vano destinato alla cella ossario dal vano destinato ad ospitare l’ urna cineraria, mentre in altri è consentito. C’ è una normativa vigente che regoli questo? Grazie.

  6. X Cristina Salvadori
    I luoghi di dispersione delle ceneri in natura (tra cui rientra anche il mare) sono tassativamente elencati dalla Legge n. 130/2001, si tratta, pur sempre di un’enumerazione minimale e generale, così la regolamentazione di dettaglio con cui disciplinare meglio una materia così complessa è affidata alla regione con norma di rango primario o secondario o, ancor meglio al regolamento comunale di polizia mortuaria di cui ogni municipalità deve necessariamente disporre ex Artt. 344 e 345 Testo Unico Leggi Sanitarie e soprattutto ai sensi dell’Art. 117 comma 6 III Periodo Cost, con cui il legislatore ha affidato ai comuni, quali cellula fondamentale della società politica italiana, potestà regolamentare. I comuni, quindi fanno pienamente parte dell’architettura costituzionale italiana, sono corpi a rilevanza politica e non costituiscono più semplici elementi di decentramento amministrativo (L’Art. 119 Cost., infatti, è stato abrogato!) Nel nostro “pazzo” ordinamento nazionale di polizia mortuaria l’istututo della dispersione in nautura delle ceneri ex Legge n.130/2001 ed Art. 411 comma 2 Cod. Penale è stato attuato con leggi regionali e non con regolamento nazionale in modifica del DPR n.285/1990, come, invece, avrebbe richiesto la stessa Legge n. 10/2001, di conseguenza sconta il pesante e perverso limite dell’efficacia territoriale,ovvero l’autorizzazione a sversare in natura le ceneri provenienti da cremazione è sì rilasciata dall’Ufficiale di Stato Civile, ma parallelamente, e per converso, è solo regionale ed esaurisce la propria validità entro i confini della regione che la consente. Non esiste, ad oggi, una sorta di proprietà transitiva tra le diverse regioni che pure hanno implementato la Legge n.130/2001: ad esempio: l’autorizzazione a disperdere le ceneri accordata dall’Ufficiale di Stato Civile di un comune toscano produce i suoi effetti solo in Regione Toscana, lo stesso dicasi per la Regione Emilia Romagna.
    Certo, le ceneri possono sicuramente esser disperse nelle acque marittime, naturalmente nelle Regioni dotate di coste. In uno slancio di furore mistico (tipico degli ubriachi) anche la Lombardia ha autorizzato la dispersione delle ceneri in mare, copiando pedissequamente il dettato della Legge n.130/2001….è ancora fatto oscuro sapere di preciso dove si trovi il mare lombardo!!!!!

    Il TAR Toscana, sez. II, con sentenza n. 2583/2009 del 2 dicembre 2009 è intervenuto per chiarire che l’autorizzazione alla dispersione delle ceneri è propria dell’Ufficiale di Stato Civile del Comune nel quale si attua la dispersione stessa.
    Laddove questa giurisprudenza si consolidasse non resterebbe che modificare le norme di quelle Regioni che hanno, invece, stabilito la competenza del Comune di decesso.

    In caso di dispersione, terminata la sua precipua funzione di contenitore per trasporto non è chiaro quale debba esser la destinazione dell’urna ormai svuotata, alcuni commentatori la parificherebbero a rifiuto cimiteriale (forse con un’interpretazione molto rigida del DPR 15 luglio 2003 n. 254), altri invece, fanno notare come per la dispersione in natura l’urna non rientri per nulla nel ciclo dell’attività cimiteriale (anzi, essa vi esce fisicamente proprio perchè lo spargimento delle ceneri avverrà esternamente rispetto al perimetro del camposanto. Sussistono, pertanto, diverse interpretazione del problema e delle sue possibili soluzioni.

    L’urna cineraria di solito è costituita da due recipienti: l’uno interno compreso nel prezzo della cremazione e definito in gergo tecnico “sistema di raccolta delle ceneri” (può esser un bussolotto rigido o un sacchetto di plastica purchè debitamente sigillato), l’altro esterno, con funzione estetica di solito realizzato in materiale pregiato finemente decorato. Ci sono urne molto eleganti dal design raffinato, mentre altre, alle volte hanno forme più bizzarre. Ai sensi del combinato disposto tra l’Art. 2 comma 1 Lettera e) del D.M. 1 luglio 2002, adottato dal Governo ex Art. 5 Legge n.130/2001 ed il paragrafo 14.1 lettera d) della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 il cosiddetto sistema di raccolta delle ceneri deve risolversi in un’urna semplice, resistente ed infrangibile opportunamente chiusa (= sigillata) per evitare profanazioni delle ceneri o sversamenti accidentali delle stesse durante il trasporto recante all’esterno gli estremi identificativi ed anagrafici del defunto.
    Questa è la Legge Nazionale di riferimento per tutti, sono quindi vietate quelle urne molto glamour e fascinose, ma perfettamente inutili realizzate con pasta di pane, carta velina… Laddove, però, sia prevista la possibilità di inumare (ex Art. 75 comma 1 DPR n.285/1990 qualsiasi cosa debbe esser sotterrata, in ambito funerario, deve esser composta da materiale biodegradabile) o disperdere le ceneri in natura, magari in acqua, le Regioni, ai sensi dell’Art. 117 Cost, così come novellato dalla Legge di Revisione Costituzionale n.3/2001, potrebbero autorizzare per le urne cinerarie destinate ad inumazione o sispersione l’impiego di materiali biodegradabili a basso impatto ambientale.

  7. La legge consente di disperdere le ceneri in Mare?
    SE invece gettate nel cinerario comune (e comunque in ambedue i casi) L’urna vuota come può essere gestita ? gettata insieme alle ceneri ? restituita ai parenti ? obbligatoriamente messa in un cimitero ? come è possibile smaltirla ?
    VIVO IN TOSCANA A PRATO. ma questa volontà e di mia madre che vive in Emilia Romagna (bologna)
    Grazie per la risposta

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