La competenza autorizzatoria, su base territoriale, per dispersione delle ceneri, o loro custodia presso domicili privati

La legge 130 30 marzo 2001 affida all’ufficiale del comune di decesso il compito di autorizzare dispersione e conservazione delle ceneri in base a questi due semplici motivi:

 

storicamente è il comune di decesso a predisporre tutti gli incartamenti inerenti ad un funerale, perchè, materialmente, il morto si trova lì, in quel preciso luogo.
la legge 130 30 marzo 2001 nasce come legge nazionale, valida da “Vipiteno a Trapani” e notoriamente lo Stato Civile è soggetto, ai sensi dell’Art. 117 della Costituzione, solo alla Legge Statale.
Sono, nel frattempo, intervenute leggi regionali per implementare i principi enunciati dalla Legge 130/2001, esse sconfinano tutt’ora nella materia dello Stato Civile, e suscitano più di un dubbio sulla loro reale applicabilità, almeno per i puristi del diritto; il Governo, però, non le ha impugnate e quindi, di fatto, anche se gravate da una pesante ombra di incostituzionalità, sono valide e producono pienamente i loro effetti.

 

Si veda, a tal proposito, la delibera n. 10 del 10 gennaio 2005 della regione Emilia Romagna.

 

Le leggi regionali presentano un “leggerissimo” difetto strutturale: sono in vigore solo entro i loro confini amministrativi, tuttavia esse mantengono l’impianto della Legge 130/2001, affidando all’ufficiale di stato civile del comune di decesso il compito di autorizzare dispersione ed affidamento delle ceneri.

 

Il problema è, però, l’effetto “arlecchino” con dispersione e conservazione possibili solo laddove siano intervenute specifiche norme regionali per la dispersione, oppure anche solo comunali per la conservazione delle ceneri ai sensi del Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, accolto con DPR 24 febbraio 2004 in cui la prima sezione del Consiglio di Stato ha legittimato la piena operatività della disciplina sull’affido famigliare o addirittura personale (come avviene in Emilia e valle d’Aosta) delle ceneri.

 

Ma quali sono le implicazioni procedurali se il funerale oltrepassa i confini regionali, magari con un trasporto che attraversi mezz’Italia?

 

Poniamo questo esempio: X decede in una città della Calabria dove nessuna decisione su affido e spargimento in natura è stata assunta dal legislatore locale, quindi, in questo centro, l’unica normativa di riferimento è il DPR 285/90 che, notoriamente, non contempla il diritto del de cuius e dei suoi famigliari ad optare per forme di sepoltura delle ceneri diverse dalla tumulazione in celletta ossario (Art. 343 REgio DEcreto n. 1265/1934 ecomma 3 Art. 80 DPR 285/90) o dalla dispersione in cinerario comune (Art. 80 comma 6 DPR 285/90).

 

Gli aventi causa di X chiedono la cremazione del cadavere e la dispersione delle ceneri presso un bosco nei pressi di Reggio Emilia (una città dell’Emilia Romagna dove la dispersione è già attiva da diversi anni).

 

Né il comune né l’ufficiale di stato civile di questa misteriosa città meridionale possono consentire dispersione o conservazione fuori del recinto cimiteriale perchè il DPR 285/90 ed il Testo Unico Leggi Sanitarie, ossia gli unici due riferimenti normativi cui debbano ancora attenersi, vietano espressamente tali pratiche funebri.

 

Addirittura la dispersione non autorizzata dallo Stato Civile si configura ancora come una fattispecie di reato.

 

Anche invertendo i termini la questione non cambia.

 

X decede a Reggio Emilia, lì la dispersione o la conservazione sono consentite, ma se la famiglia chiede di disperdere o conservare le ceneri a Reggio Calabria dove queste forme atipiche di sepoltura non sono ancora consentite nè il comune nè lo Stato Civile possono dettar legge in Calabria oppure intromettersi nell’ordinamento calabrese di polizia mortuaria.

 

Ci sono, allora, diverse soluzioni.

 

Un trasporto funebre, di urne cinerarie, feretri o cassettine ossario ha un senso solo se si individuano preliminarmente i punti di partenza e di arrivo.

 

Il punto di arrivo coincide con la destinazione ultima (inumazione, tumulazione, dispersione in natura o entro il cinerario comune delle ceneri oppure loro conservazione a domicilio, deposito dell’ossame nell’ossario comune…).

 

Il comune di X, dove dispersione e conservazione sono ancora vietate, autorizza il trasporto verso il comune di Z, dove, invece, dispersione e custodia domiciliare delle ceneri sarebbero anche lecite, solo se particolare destinazione prescelta per le ceneri del de cuius, che si compirà, di fatto, nel comune di Z, è contemplata da Testo Umico Leggi Sanitarie e DPR 285/90, ovvero quelle ceneri possono SOLAMENTE esser tumulate in nicchia ossario o disperse nel cinerario comune.

 

 

In un secondo tempo le ceneri giunte a destinazione nel comune di Z sono ora sottoposte alla giurisdizione del comune di Z, quindi, con un successivo passaggio e le relative autorizzazioni, potranno esser sparse oppure uscire dallo spazio cimiteriale.

 

 

La procedura è abbastanza macchinosa perchè prevede due diverse destinazioni delle ceneri una provvisoria e strumentale per aggirare il divieto, l’altra definitiva.

 

Ci sarebbe però un modo per sintetizzare tutto l’iter.

 

La famiglia del de cuius chiede al comune dove avverranno conservazione o dispersione la formale autorizzazione per questa pratica funeraria, una volta ottenutala, chiede il trasporto dal comune di decesso in base a questo ragionamento: Il trasporto è autorizzato se al suo termine è individuata una destinazione autorizzata dal comune ove essa avverrà, nel comune di X dispersione o conservazione sono destinazioni delle ceneri ammesse dalla Legge, dunque il trasporto può avere luogo. Si segue, indicativamente, lo stesso procedimento logico necessario per individuare i luoghi di sosta intermedi, nei trasporti da comune a comune, in cui tributare speciali onoranze. A tale proposito potrebbe riuscir utile la consultazione dell’articolo: “Dove tributare le speciali onoranze di cui all’Art. 34 del DPR 285/90?” di liberamente reperibile nell’archivio di www.funerali.org

In questa fattispecie appena esaminata, però, l’autorizzazione alla dispersione o conservazione delle ceneri non è rilasciata dall’autorità amministrativa del comune di decesso, ma dalla municipalità dove dispersione o conservazione saranno poste in essere.

 

Quindi, ricapitolando: se dispersione o conservazione delle ceneri avvengono entro il territorio della regione, in cui sia intervenuta apposita legge regionale, competente al rilascio delle autorizzazioni è il comune di decesso, in caso contrario, ossia, quando trasporto e destinazione delle ceneri interessino più regioni paradossalmente le rispettive autorizzazioni a conservazione o dispersione dovrebbero esser accordate, per competenza territoriale, dal comune in cui esse avranno effettivamente compimento.

 

Per la dispersione, essendo quest’ultima un atto irreversibile, ci sono ancora notevoli perplessità operative, anche perchè, come rilevato in precedenza, si sconfina nel diritto penale, e manca ancora, almeno in molte regioni, una disciplina chiara ed omogenea, mentre per la sola conservazione delle ceneri a domicilio, già possibile su tutto il territorio nazionale in forza del DPR 24 febbraio 2004, parte della più autorevole dottrina si attesta sulle posizioni espresse e documentate in questo breve saggio, individuando, in ultima analisi, nel comune dove le ceneri verranno fisicamente custodite il soggetto legittimato ad autorizzare l’affido famigliare o personale.

 

Il TAR Toscana, sez. II, con sentenza n. 2583/2009 del 2 dicembre 2009 è, infine, intervenuto per chiarire come l’autorizzazione alla dispersione delle ceneri sia propria dell’Ufficiale di Stato Civile del Comune nel quale si attua la dispersione stessa.
Laddove questa giurisprudenza si consolidasse non resterebbe che modificare le norme di quelle Regioni le quali hanno, invece, stabilito la competenza del Comune di decesso.

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Carlo Ballotta

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6 thoughts on “La competenza autorizzatoria, su base territoriale, per dispersione delle ceneri, o loro custodia presso domicili privati

  1. Avrei intenzione di cremare i resti di mia moglie deceduta 22 anni fa e di conservare le ceneri nell’attuale tomba nel cimitero di Quarto (Na).Quale è l’iter burocratico da seguire e quali potrebbero essere i costi da sopportare?

    1. X Donato,

      in estrema sintesi occorrono:

      autorizzazione al disseppellimento dei resti mortali ed alla loro cremazione, sono due atti distinti che promanano, sempre più spesso, da due diversi uffici, occorrono pertanto le rispettive marche da bollo sulle istanze, cui seguirà il rilascio dei relativi provvedimenti.
      Per la cremazione dei resti mortali si adotta una procedura semplificata e meno costosa, anche sotto il versante tariffario (D.M. 1 luglio 2002).
      Competente al perfezionamento delle autorizzazioni de quibus, è il Comune, nel cui territorio insiste il cimitero di prima sepoltura.
      Se detto cimitero non è dotato, al proprio interno, di impianto di cremazione si renderà necessario predisporre anche il trasporto al più vicino e conveniente tempio crematorio, poichè, sovente, vi è una certa modulazione del regime tariffario, in quanto la Legge fissa solo un tetto massimo per la determinazione dei costi legati all’incinerazione di spoglie umane.
      Una volta compiuta la cremazione e verificato il titolo di accoglimento in quella particolare tomba privata si potrà procedere alla tumulazione, o alla ri-tumulazione, ovviamente a titolo oneroso.

  2. X Maria,

    il “si dice” per fortuna non fa ancora diritto (non so, però, sino a quando, dati i tempi bui di anarchia dissoluta e la confusione che regna sovrana nella materia funeraria). L’istituto dell’affido è regolato su più profili e gradi, ed in particolare:

    1) Dalla Legge Statale n. 130/2001 (norma quadro nazionale, invero piuttosto incompleta e lacunosa)

    2) dalla Legge Regionale di implementazione della stessa Legge n. 130/2001, altrimenti inapplicabile.

    3) dal Regolamento comunale di polizia mortuaria

    4) dallo stesso atto di affido, il quale, come rilevato anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, da cui deriva anche il DPR 24 febbraio 2004, può e deve dettate le regole operative e di dettaglio.

    Molto, allora, dipende del combinato disposto tra queste 4 fonti del diritto le quali s’intersecano variamente tra loro creando un sistema di riferimento ora a maglie più larghe e tollerante, ora più stringente e restrittivo.

    Le ceneri sicuramente sono conferite nel cimitero presso cui vantino titolo di accoglimento in caso di: a) morte dell’affidatario. b) rinuncia di quest’ultimo all’affido stesso. In verità il de cuius, quando non in contrasto con la legge, potrebbe pure aver disposto che le sue ceneri siano conservate ” a rotazione” da parte di una pluralità di affidatari, individuati attraverso volontà testamentaria. Vale, comunque, il principio dell’unità di spazio e tempo di aristotelica memoria, secondo cui le ceneri, rappresentando un unicum indivisibile, debbono esser conservate in un luogo ben preciso ed conosciuto dall’Autorità Amministrativa da parte di una determinata persona, titolare dell’atto di affido, affinché l’urna abbia stabile destinazione e non sia coinvolta in assurdi giri di valzer tra parenti litigiosi.

    Il diritto di sepolcro (= facoltà, per i congiunti del de cuius, di accedere al luogo di conservazione delle ceneri per compiere atti di suffragio come la visita, la preghiera, l’apposizione di fiori e suppellettili votive) non va letto in termini di mera cortesia discrezionale (= mi va/non mi va) poiché esso ingenera in capo all’affidatario un vero e proprio obbligo giuridico, tutelabile, da parte degli interessati, in sede di giudizio civile. Il diritto secondario di sepolcro è un potere, sancito dalla LEGGE, personalissimo ed intrasmissibile, se non jure sanguinis, ossia per consanguineità, esso, tra l’altro, non si prescrive mai e può sempre esser esercitato, estinguendosi solo con la morte del proprio titolare.

    E se il de cuius non si è pronunciato in merito alla conservazione delle proprie ceneri presso un domicilio privato? Le correnti maggioritarie della dottrina ritengono sia possibile procedere ugualmente all’affido su volontà espressa dai famigliari dello stesso. L’elemento essenziale è l’assoluto rispetto dei desideri del defunto per il proprio post mortem.

    Ricordo, infine, come occultare o sopprimere un testamento al fine di disattenderne le disposizioni, anche se di natura extrapatrimoniale, costituisca una condotta antigiuridica (Artt. 620 e 443 Cod. Civile, Art. 490 Cod. Penale) passibile di sanzione.

  3. Caro Carlo, grazie della risposta: mi sembrava di aver letto o sentito che dopo un certo periodo, non so quanto lungo, le ceneri dovessero essere trasferite in un cimitero. Quanto al cimitero domestico, cosa fare se l’affidatario(che nel caso che mi interessa è la moglie, quindi una persona con la quale noi, fratelli e sorelle del defunto, non intendiamo entrare in conflitto), non segue alcuna regola pur invitandoti, genericamente, a “vedere l’urna”? Preciso che mio fratello non ha espresso assolutamente alcuna volontà su questi argomenti. Tra l’altro, anche se avesse lasciato qualcosa di scritto non ci sarebbe comunicato e questo è un altro punto su cui vorrei chiarimenti, magari in altra sede. Grazie ancora.

  4. X Maria,

    almeno nello spirito della Legge n. 130/2001, poi diversamente implementato dalle diverse Leggi Regionali, anche con indubbie forzature velleitaristiche, l’affido delle ceneri è di tipo familiare o secondo altre legislazioni locali, addirittura personale. Si tratta in ogni caso di un atto autorizzativo ad personam che produce i suoi effetti a tempo indeterminato, sino a quando l’affidatario non rinunci o deceda. E qui si aprirebbe lo spinoso problema del subentro nella titolarità dell’atto di affido con relativa ed ulteriore destinazione delle ceneri.

    In ogni caso, anche nelle modalità di conservazione delle ceneri presso un domicilio privato, magari con designazione dell’affidatario attraverso disposizione testamentaria prevale sempre la volontà del de cuius, quando, ovviamente non in contrasto con la Legge,

    L’affidatario, comunque, dinnanzi al Comune quale titolare ultimo ed istituzionale della funzione cimiteriale ex artt. 337, 343 e 394 R.D. 1265/1937 ed art. 51 D.P.R. 285/90) contrae i seguenti obblighi:

    deve, infatti:

    1) allestire un colombario con le caratteristiche di sicurezza ex Art. 343 R.D. 1265/1934 (l’autorizzazione all’affidamento non costituisce, in sé, autorizzazione alla realizzazione di quest’ultimo, costruzione soggetta ad altra e diversa normativa);

    2) Permettere l’accesso, (anche se tra parenti, spesso, sbollita l’emotività “buonista” tipica dei funerali, non intercorrono quasi rapporti proprio idilliaci, anche e soprattutto per motivi di successione mortis causa) ai congiunti del de cuius perché essi possano esercitare il loro diritto secondario di sepolcro (visita alla tomba del defunto per atti rituali e di suffragio); Si tratta, in altre parole di tutelare il cosiddetto diritto secondario di sepolcro, poiché a tutti gli effetti, il luogo di sistemazione definitiva delle ceneri diverrà un piccolo sepolcro “domestico”.

    3) Sottoporsi attraverso ispezioni e controlli presso il proprio domicilio alla vigilanza da parte del personale comunale all’uopo preposto;

    4) Rispondere penalmente di eventuali profanazioni delle ceneri se tale sacrilegio si dovuto a sua colpa grave o inadempimento.

    5) se, per qualsiasi motivo, intende rinunciare all’affidamento dell’urna, è tenuto a conferirla, per la conservazione provvisoria in cimitero previa acquisizione dell’autorizzazione al trasporto da parte del Comune nel quale si trova l’urna affidata.

  5. Vorrei sapere se le ceneri possono essere conservate in casa a tempo indeterminato e se chi ne è affidatario deve seguire determinate norme per consentire le visite dei parenti del defunto. Grazie.

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