Informiamo che in data 4 maggio 2023 è stata presentata interrogazione al governo, con risposta scritta al Senato, circa le emissioni e le localizzazioni dei crematori.
Di seguito i firmatari e il testo.
(4-00432)
MAZZELLA, PIRONDINI, ALOISIO, CASTIELLO, GUIDOLIN, CATALDI, BEVILACQUA, LOPREIATO, NAVE, DI GIROLAMO
Ai Ministri della salute e dell’ambiente e della sicurezza energetica.
– Premesso che:
l’attività di cremazione è molto diffusa in Italia e conta circa 80 impianti operativi.
Tuttavia i forni, anche se dotati delle migliori tecnologie, immettono inevitabilmente nell’ambiente sostanze tossiche e cancerogene dannose per la salute umana e per l’ambiente. Atteso che la temperatura di un forno crematorio può raggiungere anche 1.000 gradi, l’incenerimento del corpo, della bara, dei vestiti e di altri accessori genera diverse sostanze tossiche e l’emissione di diossine;
uno dei principali problemi ambientali associati ai forni crematori, infatti, è l’inquinamento atmosferico: durante il processo di cremazione, le sostanze chimiche presenti nei tessuti umani, come il mercurio dei denti (dall’amalgama presente nelle otturazioni dentarie), vengono rilasciate nell’atmosfera. In particolare, l’Agenzia per la protezione ambientale americana (EPA) stima che ogni 100 salme incenerite si generi quasi un chilo di mercurio, responsabile di danni al sistema nervoso in via di sviluppo, tra i quali una riduzione del quoziente intellettivo, alterazioni del comportamento, disordini dello spettro autistico, turbe dell’attenzione, dislessia;
inoltre, i forni crematori emettono anche sostanze chimiche come il biossido di carbonio, l’ossido di zolfo e l’ossido di azoto, unitamente ai composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti che contribuiscono all’effetto serra e all’inquinamento dell’aria.
Col trascorrere del tempo, la concentrazione di inquinanti nel terreno potrebbe aumentare, contaminando perpetuamente il suolo e le falde sottostanti impattando negativamente sugli ecosistemi e sulle colture agricole;
la conoscenza dei danni all’ambiente e alla salute umana generati dai forni crematori spinge sempre più le popolazioni che risiedono in prossimità a prendere coscienza dei possibili rischi di malattia o anche di morte, causando proteste e malumori. Da ultimo, si segnala una marcia di protesta contro la costruzione di un forno crematorio nel comune di Sant’Egidio di Monte Albino (Salerno), svoltasi nel mese di aprile 2023 e organizzata, tra l’altro, dal comitato “No Forno” presieduto dall’attivista Alessandra Petrosino;
considerato che:
l’attività di cremazione deve rispondere a una serie di esigenze igienico-sanitarie: in alcuni Stati, come il Giappone, le autorità hanno adottato misure per ridurre drasticamente l’impatto ambientale dei forni crematori;
in Italia, invece, la materia è stata recentemente normata, anzitutto, dalla legge n. 130 del 2001, in materia di pratica funeraria della cremazione.
In particolare, il testo ha demandato alle Regioni l’elaborazione dei piani di coordinamento per la realizzazione dei forni crematori da parte dei Comuni, confermando che “la gestione dei crematori spetta ai comuni” e rinviando ad un futuro decreto interministeriale la definizione delle “norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione” (art. 8);
le autorizzazioni delle emissioni derivanti dall’attività di cremazione sono poi state disciplinate dall’allegato I, alla parte V, del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante “Norme in materia ambientale”, ai sensi del quale gli impianti che producono emissioni in atmosfera devono essere autorizzati in base alle migliori tecnologie disponibili, tenendo conto dei valori e degli obiettivi fissati per la qualità dell’aria;
nonostante appaia chiaro che i forni crematori debbano essere muniti di autorizzazione per le emissioni in atmosfera e che la loro gestione rientri nell’ambito delle competenze comunali, va evidenziato che non è mai stato emanato il decreto interministeriale che dovrebbe individuare le norme tecniche relative ai limiti consentiti per le emissioni;
a parere degli interroganti, al fine di garantire una gestione responsabile dei resti mortali e salvaguardare la salute umana e l’ambiente, anche nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione e del principio di precauzione, andrebbe favorito l’utilizzo di tecnologie avanzate per la pulizia dei gas di scarico dei forni crematori, così da ridurre notevolmente le emissioni di sostanze chimiche inquinanti nell’aria. A tal proposito, l’utilizzo di combustibili alternativi, come il gas naturale o l’energia solare, potrebbe ridurre l’impatto ambientale. Un’altra soluzione sarebbe il recupero e il riciclo dei metalli non combusti, come le protesi dentarie, riducendo così la quantità di rifiuti e l’impatto ambientale della cremazione,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo intendano adottare normative più stringenti per: favorire una gestione più sostenibile dell’attività di cremazione; disporre, nel perimetro delle proprie competenze, un incremento del monitoraggio delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria in prossimità degli impianti; vietare l’introduzione, nei forni, di sostanze potenzialmente tossiche o inquinanti, come l’amalgama a base di mercurio, presenti nelle otturazioni dentarie;
se condividano l’opportunità di dar seguito alla legge n. 130 del 2001, definendo le norme tecniche per la realizzazione dei forni, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione;
se condividano infine l’opportunità di prevedere incentivi o agevolazioni per promuovere l’adozione di tecnologie a basso impatto ambientale da parte dei forni crematori.
(4-00433)