Riportiamo da Famiglia Cristiana http://www.famigliacristiana.it/Chiesa/il-teologo/articolo/la-cremazione-e-la-dispersione-delle-ceneri.aspx la risposta del teologo ad un quesito posto da una lettrice, pubblicata il 25/10/2010:
Domanda: La Chiesa ammette la cremazione dei defunti? E cosa prevede circa la dispersione delle ceneri, come sta diventando di moda?
Anna B. – BresciaRisposta: La cremazione del corpo del defunto non è di per sé contraria alla fede cristiana né contrasta la verità della risurrezione.
Se i cristiani hanno progressivamente preferito l’inumazione (dal latino humus = terra), cioè la sepoltura nella terra, è in riferimento alla sepoltura di Cristo e ad alcune immagini bibliche che presentano la vita oltre la morte come quella che nasce da un seme nascosto nella terra (cf Gv 12, 24; 1Cor 15, 35-38).
L’esplicita condanna della cremazione da parte della Chiesa risale al 1886 poiché tale prassi era stata assunta dalla massoneria in funzione anticattolica.
Superata la polemica, tenendo conto delle nuove esigenze sociali e nel rispetto delle diverse culture, pur mantenendo la preferenza per l’inumazione, nel 1963 l’autorità ecclesiastica tolse il veto nei confronti della cremazione.
Oggi la norma si esprime così: «La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» (can. 1176).
Tuttavia, la cremazione non è priva di ambiguità, non meno di qualsiasi altro tipo di funerale dove sovente la “religione civile” e la vanità prendono il sopravvento sulla fede. Infatti, a partire dalla legge 130 del 2001, che non solo permette la conservazione delle ceneri nelle case private, ma anche la loro dispersione in spazi legalmente stabiliti, l’incinerazione rischia di trasformarsi in una “moda” che finisce per banalizzare il grande mistero della morte.
La conservazione delle ceneri fra le mura domestiche privatizza una memoria che, soprattutto per i cristiani, è eloquente e pubblico richiamo alla precarietà di questa vita e al mistero dell’aldilà. Non possiamo poi nasconderci che questa “presenza” nelle case private potrebbe, con il tempo, diventare imbarazzante per gli eredi.
La dispersione delle ceneri non ha di per sé nulla di anticristiano, ma sorge il dubbio che oggi tale prassi, nel nostro particolare contesto culturale, esprima una vaga religiosità new age, naturalistica, cioè in un dio cosmico e impersonale. Per questo essa è fortemente sconsigliata.
Non mancano poi alcuni aspetti commerciali che suscitano un certo disagio come le proposte di conservare parte delle ceneri in monili da portare al collo o al dito… Da qui alcuni saggi orientamenti della Chiesa che, più che imporre, fanno appello alla responsabilità e al buon senso di ciascun cristiano per evitare la banalizzazione del grande evento della morte al limite talvolta del ridicolo.
In attesa del Rito delle esequie aggiornato, un sussidio dei vescovi italiani, pubblicato nel 2007, non solo offre testi e orazioni adatte per il funerale in caso di cremazione, ma prevede anche la celebrazione esequiale in presenza dell’urna cineraria. Quindi non è proibito il funerale alla presenza delle sole ceneri. Si tratta di una novità nella prassi della Chiesa, determinata da ragioni pratiche e ovviamente eccezionali legate alla mobilità odierna: morte all’estero, rimpatrio dell’urna cineraria dopo la cremazione, eccetera.
Gli orientamenti pastorali del sussidio, con molta delicatezza e per ovvie ragioni di buon gusto, si permettono di sconsigliare la processione al cimitero con l’urna cineraria. «Di comune accordo con i familiari, si preveda invece l’accompagnamento liturgico della deposizione dell’urna cineraria nelle aree a ciò appositamente destinate secondo la normativa civile».
Silvano Sirboni
Leggo con un certo rammarico il commento di don Silvano Sirboni a riguardo la cremazione e la dispersione delle ceneri nella parte riguardante “presunti aspetti commerciali che suscitano un certo disagio come le proposte di conservare parte delle ceneri in monili da portare al collo o al dito…” La mia mente non può che interpretare come una velata critica all’attività che porta avanti la Società dove lavoro, Algordanza, che è quella di trasformare le ceneri di cremazione in diamante: il Diamante della Memoria.
Non posso occultare che ho sentito una certa amarezza nel riscontrare che il risultato del nostro lavoro che per alcuni è meraviglioso perché trasforma il buio in luce, sia stato banalmente visto come un “monile” da portare al dito. Vi assicuro che non è così. Non c’è mai stato nessuno che non si sia avvicinato al Diamante della Memoria, con profondo afflato mistico, con intima devozione. Molti fedeli peraltro in occasione della morte vedono in questo Diamante l’essenza ultima della persona cara cui rivolgersi per una preghiera più intensa. Una sorta di esito finale della vita umana che tuttavia non vuole nascondersi, occultarsi fino a “scomparire” nei cimiteri, e neppure vuole stordirsi in una società dei consumi, civiltà dell’apparenza, che tende a nascondere la morte, a truccarla, per renderla estranea o irriconoscibile.
Ritengo che in questa occasione il commento di don Silvano Sirboni non sia stato all’altezza della profonda conoscenza dell’animo umano che ha sempre mostrato di avere. E’ probabile che ne abbia sentito parlare di sfuggita; sicuramente non avrà avuto il tempo di approfondire e perciò si sarà fatto un’idea imprecisa del Diamante della Memoria. Del resto non sarebbe la prima volta che ciò accade. Già in passato ci siamo avvicinati con molta umiltà a prelati di cui avevamo sentito critiche più o meno velate anche sulla falsariga di presunti “aspetti commerciali”. Tuttavia nonostante ci siamo offerti per dare una spiegazione, per avere un confronto, non abbiamo mai ricevuto alcun invito in tal senso. Con questa lettera aperta, desideriamo ardentemente spiegare le nostre ragioni che sono prettamente cristiane e genuinamente ispirate alla fede.
In questa prospettiva, le assicuro che non c’è alcuna banalizzazione della morte. Faccio mie le parole del Cardinal Bagnasco: “oggi è diffusa la consapevolezza dell’urgenza di aiutare i nostri fratelli a pensare in maniera meno evasiva alla prospettiva dell’appuntamento con la morte come di una tappa non estirpabile dall’orizzonte concreto, comunque incombente sulla vita di ciascuno”. Proprio per rendere meno evasiva la prospettiva della morte, per aiutarci a comprendere che la sua scomparsa dalla nostra vita non la rende più allegra ma solo più superficiale, il Diamante della Memoria è esattamente il contrario di un monile. E’ invece una occasione straordinaria per lasciar emergere interrogativi, per addentrarci nei meandri del Mistero, per sperimentare la crisi delle proprie certezze e delle proprie esuberanze, per meditare sulla possibilità di dare una impronta diversa al resto della propria esistenza; per contare i giorni, per apprezzare i doni, per non sprecare né gli uni né gli altri; per interiorizzare la fragilità della vita. Un luogo di attesa della resurrezione finale; un santuario della memoria, un ponte che ci unisce con l’aldilà, che infonde una dimensione diversa alla nostra vita: ce la profuma, ci rinfresca le giornate, ci riempie l’anima, ci mette in contatto con Dio.
Walter J. Mendizza