La legge 30 marzo 2001 n. 130 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”, quale legge di principi, detta criteri generali in materia di cremazione, ma contiene anche disposizioni alle quali può riconoscersi efficacia precettiva per compiutezza di disciplina e pertanto immediata applicazione, anche ove non sia intervenuta apposita riforma su scala regionale.
Il Consiglio di Stato, Sezione Prima, con il recente parere n. 2057 del 2003, ha chiarito alcuni ambiti di efficacia della legge n. 130/2001. In particolare il Giudice Amministrativo si è pronunciato nel corso dell’iter procedimentale inerente ad un ricorso al Presidente della Repubblica presentato dal congiunto di un defunto contro il diniego di autorizzazione, da parte di un Comune, alla dispersione delle ceneri e alla conservazione delle stesse presso l’abitazione del familiare.
La disciplina dell’affidamento ai familiari dell’urna cineraria, precisa il Consiglio di Stato, risulta già applicabile in quanto è compiutamente regolata dalla lettera e) del comma 1 del citato articolo 3 della legge 130/2001 che enumera, quali presupposti per l’affidamento, l’obbligo di sigillare l’urna, l’apposizione dei dati anagrafici del defunto sull’urna e la collocazione sicura e stabile, poichè il luogo confinato e chiuso, quindi assimilabile ad un vano, in cui l’urna viene conservata deve garantito da ogni profanazione (e sottrazione).
Si tenga conto che l’articolo 343 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, Testo Unico delle leggi sanitarie, già disponeva che le urne cinerarie potessero essere collocate, oltre che nei cimiteri o in cappelle e templi appartenenti ad enti morali, anche in colombari privati che avessero destinazione stabile e fossero garantiti contro ogni profanazione. Inoltre, l’articolo 81 del D.P.R. 285/90, Regolamento di Polizia Mortuaria, ha dato attuazione alla disposizione citata stabilendo che la consegna dell’urna cineraria, deve risultare da apposito verbale redatto in tre esemplari, dei quali uno deve essere consegnato al responsabile del servizio cimiteriale, uno a chi prende in consegna l’urna e il terzo verbale deve esser trasmesso all’ufficiale di stato civile.
Dall’insieme delle disposizioni vigenti, si può individuare, quindi, una completa disciplina delle modalità di affidamento a privati delle urne cinerarie. In particolare:
- – le modalità di espressione della volontà[1] del defunto sono disciplinate dall’art. 79 DPR 285/90;
- – l’obbligo di sigillare[2] l’urna e l’obbligo di apposizione su di essa dei dati anagrafici del defunto sono previsti dall’articolo 3 comma 1 lettera e) della legge 130/2001;
- – le modalità di verbalizzazione della consegna sono fissate dall’articolo 81 D.P.R. 285/90;
- – la garanzia da ogni profanazione dei luoghi in cui le urne vengono collocate è definita dall’articolo 343 R.D. 1265/1934.
Anche in Emilia Romagna per effetto dell’Art. 11 comma 3 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 la consegna delle ceneri se il defunto non ha espresso la volontà di dispersione avviene secondo la procedura dettata dall’Art. 81 DPR 285/90 e ribadita in dettaglio dal paragrafo 14.1 della Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 ossia con la redazione in triplice copia di un verbale di cui una resta al responsabile stesso per la conservazione, una è rilasciata a colui che prende in consegna l’urna e la terza da trasmettere all’ufficio di stato civile del comune nel quale è avvenuto il decesso.
La seconda copia in questione vale come titolo di accompagnamento dell’urna e va consegnata al servizio di custodia del cimitero ove le ceneri vengono custodite.
Si nota subito una palese contraddizione, la formulazione del suddetto Art. 81 DPR 285/90 pare non prendere in considerazione l’ipotesi che le ceneri possano uscire dal circuito cimiteriale e sembra negare la legittimazione a collocare le ceneri, in “altro sito” oltre al cimitero, in quanto il luogo di stabile destinazione, o meglio “l’edificio”, secondo una lettura molto formale della norma in parte novellata proprio dal pronunciamento del Consiglio di Stato dovrebbe comunque trovarsi all’interno del cimitero, anche quando esso dovesse sorgere su area cimiteriale in concessione ad enti morali (oggi: associazioni riconosciute). e non potrebbe essere altrimenti, se consideriamo come l’art. 340[3] TULLSS ponga il divieto di sepoltura al di fuori dei cimiteri con una norma che ha rilevanza di ordine pubblico (cioè, inderogabile) dal momento che la sua violazione non solamente è soggetta a sanzione, ma che importa il ripristino della situazione alterata, ammettendo, del tutto eccezionalmente, la sola deroga del successivo art. 341 TULLSS (e, in sua attuazione, dell’art. 105 dPR 285/1990) cioè la tumulazione privilegiata, che importa la valutazione di “giustificati motivi di speciali onoranze”, con la conseguenza che la sepoltura al di fuori dei cimiteri non può divenire pratica ordinaria.
C’è, però, una sentenza su cui riflettere: Consiglio di Stato, Sez. I, 24 maggio 1938 n. 515 La regola, stabilita dall’art. 340 T.U. 27 luglio 1934 n. 1265 della obbligatorietà di seppellire i cadaveri nei cimiteri, ha carattere generale ed assoluto e non si può ad essa derogare se non per esplicita disposizione di legge; pertanto, è da ripudiarsi il principio secondo il quale i resti mortali delle persone decedute da oltre un decennio possono equipararsi, per il trasporto e la conservazione, ai residui della cremazione: tale principio urterebbe anche col disposto dell’art. 343 secondo comma T.U. cit., il quale esige che la cremazione sia completa perché le ceneri possano trovare sede altrove, che nei cimiteri; se dovesse attuarsi il concetto che le ossa umane dopo dieci anni o più dal seppellimento possano essere trasportate e definitivamente sistemate fuori dei cimiteri, questi perderebbero il carattere che la legge ha voluto loro imprimere; l’art. 340 avrebbe valore limitato nel tempo, il che è escluso dalla lettera della legge.
Quindi secondo l’interpretazione più conservatrice della norma enunciata dall’Art. 80 DPR 285/90 le ceneri avrebbero unicamente due sistemazioni possibili, e conformi alla legge, cioè:
l’accoglimento in apposito edificio, in sostanza una tumulazione “dedicata” in nicchia o loculo sia o meno presente un feretro ex paragrafo 13.1 Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 la dispersione nel cinerario comune, quest’ultima ammessa ai sensi dell’Art. 80 comma 6 nell’evenienza di espressa volontà del defunto per tale modalità di dispersione o di mancanza di richiesta (da parte dei familiari) di altro trattamento (che può essere unicamente quella della sepoltura in tumulo).l
L’incoerenza tra l’Art. 11 comma 3 della legge regionale emiliano romagnola e gli Artt 80 e 81 del DPR 285/90 è patente, tra l’altro L’Emilia Romagna individua nei famigliari, nell’esecutore testamentario o nel rappresentante di un’associazione cremazionista i soggetti cui possa esser consegnata l’urna attraverso le modalità dell’Art. 81 DPR 285/90, quest’elencazione, però, pare non considerare l’ipotesi che sia l’impresa funebre su incarico degli aventi diritto a presentarsi presso l’impianto di cremazione per ritirare l’urna sigillata.
Spesso, infatti è l’impresa a curare tali operazioni, evitando così ai dolenti questo tipo di dolorose incombenze. Certo dispersione ed affido delle ceneri sono pratiche funerarie molto personali che in qualche modo dovrebbero favorire una corrispondenza di amorosi sensi tra i congiunti del de cuius e le ceneri dello stesso attraverso un rapporto anche piuttosto fisico e vissuto tra il corpo del defunto ridotto in polvere e la realtà quotidiana dei famigliari, con le ceneri che condividono quello stesso spazio domestico un tempo del de cuius.
Tuttavia i sentimenti dei dolenti non sono sindacabili e non si può negare loro il diritto di demandare a terzi il ritiro delle urne cinerarie.
C’è poi un aspetto ancor più problematico: l’Art.. 81 DPR 285/90 prevede un passaggio obbligato nel cimitero di sistemazione definitiva delle ceneri, individuato dall’Art. 26 con un’unica autorizzazione, per la consegna del secondo esemplare del verbale
Paradossalmente se dovessimo seguire in modo pedissequo la procedura in esame omettendo il doveroso controllo critico di razionalità ed efficienza anche in caso di affido personale le ceneri provenienti dal crematorio dovrebbero prima sostare nel cimitero del comune di arrivo in quanto il cimitero è il luogo istituzionalmente deputato ad ricevere, quale presidio igienico-sanitario i cadaveri umani e le loro trasformazioni di stato come le ossa ed appunto le ceneri (con relativo verbale di cui all’Art. 81), poi in un secondo tempo con un nuovo decreto di trasporto le ceneri potrebbero muovere dal cimitero alla volta dell’abitazione dove saranno custodite previa produzione alle competenti autorità dell’autorizzazione all’affido da parte del comune nel cui distretto l’urna verrà effettivamente depositata.
Si tratterebbe di un inutile aggravamento dell’iter amministrativo stigmatizzato dall’Art. 1 comma 2 della Legge 241/1990 sul procedimento amministrativo.
Al di là di un impianto estremamente positivo della Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 questa incongruenza, con ogni probabilità sfuggita al legislatore emiliano romagnolo, sconta l’intrinseca difficoltà nel omogeneizzare e raccordare con la normativa nazionale vigente, spesso troppo arretrata una nuova disciplina locale che data la sua limitatezza territoriale e di potestà legislativa concorrente solo in materia sanitaria non può completamente prescindere dal DPR 285/90, mettendone in luce, come una cartina tornasole, tutte le debolezze ed i ritardi concettuali proprio in tema di cremazione.
La pregevole azione riformatrice in campo funerario di Emilia Romagna e Lombardia paga un’ambiguità di fondo, perchè né la Legge lombarda 18 novembre 2003 n. 22 con relativo regolamento 9 novembre 2004 n. 6, nè quella emiliano romagnola possono completamente emanciparsi dall’articolato del DPR 10 settembre 1990 n. 285, che, infatti, rimane in vigore per le parti non esplicitamente variate o abrogate (Art. 16 comma 3 Legge Regionale Emiliano-Romagnola 29 luglio 2004 n. 19)
Questa tecnica legislativa potenzialmente può divenire causa di parecchi contenziosi e dubbi.
In ogni caso l’impasse burocratico qui descritto può esser semplicemente risolto, adottando la stessa filosofia degli Artt 13 comma 2 e 14 comma 6 del regolamento regionale lombardo, con la parte del verbale che secondo il DPR 285/90 sarebbe di pertinenza del cimitero affidata, invece, come titolo di accompagnamento a chi prende in consegna le ceneri per spargerle o custodirle presso la propria abitazione.
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[1] la situazione è controversa in quanto vi è chi ritiene legalmente corretta la sola possibilità di affido familiare su espressa volontà (scritta) del de cuius. La situazione però deve essere regolamentata (in sede nazionale, regionale o comunale) e in quella sede si potrebbe prevedere anche l’affido senza scritto del de cuius, con regole ben chiare e prestabilite, che potrebbero essere le seguenti: Prevale: – il volere del de cuius non in contrasto con la legge (ad es. deve essere un familiare, se il de cuius non individua un familiare, non ha valore); – a seguire il familiare, con precedenza del coniuge, poi degli altri parenti pari grado e se ve ne sono più d’uno la totalità; – chi è individuato dal de cuius può rifiutarsi per iscritto (l’urna torna quindi nella disponibilità per la sepoltura o per l’affidamento familiare); – d’accordo il coniuge e tutti i parenti di grado superiore (ad es. i figli), potrebbe essere affidatario unico anche il nipote.
[2] Tale vincolo sussiste solo se gli esiti da completa cremazione del feretro debbono uscire dal recinto del camposanto ove sorge l’impianto di cremazione.
[3] Il DPR 24 febbraio 2004 fonda la sua motivazione con parere esattamente contrario poiché le ceneri possono uscire dal circuito cimiteriale.