Cresce tra i giovani la propensione alla cremazione

Letta e riporatta da un blog di un giovane.

Viviamo in una valle di lacrime. Non c’è speranza alcuna di venirne fuori a testa alta. Al massimo irrigiditi, due metri sotto terra. Che poi ormai è un modo di dire. Essere sepolti due metri sotto terra è diventato un lusso. Più probabile è trovarsi infilati in una specie di cassetto di marmo. Tra altre migliaia di cassetti di marmo. Molto meglio la cremazione, se permettete. Che poi l’idea di essere mangiato dai vermi non è che mi faccia letteralmente impazzire. Per me, uno a zero per il mucchietto di cenere. Tra l’altro, la storia della cremazione mantiene un che di romantico. Tutti i grandi eroi sono stati bruciati. Da Giovanna d’Arco a Lord Fener. Tralascio Patroclo, che è diventato famoso solo perché se la faceva con Achille. Poi anche l’idea di spargere le ceneri nell’oceano. Non è male. Sempre se si pensa che la simpatica alternativa è essere mangiati da piccoli vermini bianchi. Tipo bigattini, quelli che si usano come esca. Se fossi un serial killer, aprirei un negozio di pesca. Ancora devo riflettere sul nome. ……

Fonte: bloggaccaso.spaces.live.com

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9 thoughts on “Cresce tra i giovani la propensione alla cremazione

  1. personalmente ritengo il caso di massa un episodio isolato che non intaccherà la fiducia nella cremazione a livello generale ma al massimo a livello locale.
    Nel nord la cremazione è molto più diffusa, a milano oltre il 50% dei defunti si fra cremare.
    Nei prossimi anni molto probabilmente il numero dei forni crescerà rendendo tutto il processo molto più rapido.

    Sulla distanza non escludo che il modello usa venga replicato anche qui da noi, ovvero crematori privati gestiti dalle O.F. …

  2. Pochi giorni fa, a Massa, è successo quello che lei ritiene poco probabile dati gli innumerevoli controlli. Ritengo che dovrebbe essere possibile, per legge, poter scegliere se essere o no presenti al controllo della integrità dei sigilli della bara e alla operazione della cremazione.
    Credo che sia un nostro diritto in quanto parenti del defunto e cittadini sovrani, paganti sia lo stato che le operazioni di cremazione.
    Credo anche che questa possibilità riduca di moltissimo i reati.
    Cordiali saluti L. Freschi Torino 16/08/08

  3. Pubblico la domanda inoltrataci da un nostro lettore (con relativa mia risposta).

    Buongiorno,
    navigando su Internet sono approdato sul Vs. sito, e devo complimentarmi per l’ottimo aspetto.
    Il motivo di questa e_mail è una richiesta di chiarimenti:
    Mia madre alla sua morte vorrebbe essere cremata, ma io non fidandomi dopo aver letto e sentito alla televisione di corpi che dovevano essere cremati e non sono stati cremati, avrei intenzione di assistere alla cremazione in tutte le sue fasi.
    La domanda che Vi rivolgo è la seguente: esiste in Italia un impianto che permette l’assistenza a tutte le fasi della cremazione?
    Nel restare in attesa di riscontro, invio distinti saluti.

    Lettera firmata.

    Per ragioni meramente tecniche e di opportunità, almeno in Italia (in Olanda e Giappone non è così e si assiste “live” a tutte le operazioni attraverso monitors a circiuto chiuso) non è consentito ai parenti del defunto l’accesso ai locali dove è situato il forno.

    Onestamente vedere la bara infilata in una cella incandescente è uno spettacolo orrorifico che ricorda molto i roghi del Medioevo (o le vampe dell’inferno?) e per qualche cuore poco resistente sarebbe l’infarto assicurato. Non escluderei anche episodi di nausea violenta o attacchi di isterismo. La polizia mortuatria è materia per stomaci forti (e cervelli sensibili!)

    Se non sussiste l’ipotesi di reato o di fatto illecito (quindi ci vogliono gli elementi della malafede o del dolo o della colpa grave da parte dei necrofori) lo scambio anche accidentale delle ceneri non è possibile perchè innanzi tutto l’incinerazione ex Art. 80 comma 1 DPR 285/1990 è effettuata da personale autorizzato e, dunque, debitamente formato ed istruito.

    Per altro, poi,:

    1) all’arrivo del feretro all’impianto di cremazione vengono consegnati tutti i titoli (autorizzazione al trasporto ex Art. 23 DPR 285/1990 ed all’incinerazione ex Art. 79 DPR 285/1990 di quel particolare cadavere identificato attraverso gli estremi anagrafici che dovrebbero risultare dalla verifica feretro da parte dell’ASL ex paragrafo 9.7 Circ.Min. n.24/1993 (in verità molte regioni affidano, ormai, questo compito all’impresa funebre addetta al trasporto ex paragrafo 5.4 Circ.Min. n. 24/1993).
    La stessa autorizzazione alla cremazione, pur essendo atto amministrativo comporta certificazioni mediche (esclusione di morte sospetta o dovuta a reato), espressioni di volontà piuttosto strutturate ed eventuale provvedimento liberatorio della magistratura ex Art. 116 Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271.

    La cremazione non autorizzata integra la fattispecie di reato di distruzione di cadavere.

    2) il cofano è munito di una targhetta in materiale non termodeperibile su cui sono annotate le generalità del de cuius per rendere, così, possibile l’identificazione certa delle ceneri dopo l’incinerazione.

    3) Cadavere e cassa che lo contiene sono un unicun inscindibile e, dunque, vanno bruciati insieme. Ovviamente si crema un feretro per volta.

    4) le ceneri già racchiuse e sigillate in un urna recante gli estremi del de cuius ai sensi del paragrafo 14.1 Circ.Min. n. 24/1993, vengono consegnate a chi le prende in custodia attraverso redazione di apposito verbale di cui all’Art. 81 DPR 10 settembre 1990 n. 285, in cui si ricostruisce tutta la storia di quelle ceneri, dall’arrivo in crematorio sotto forma di cadavere sino al loro conferimento a chi è autorizzato a trasportarle.

    Così non c’è proprio pericolo anche perchè i crematori sono impianti pubblici ex Art. 6 Legge 30 marzo 2001 n. 130 e, quindi, soggetti ad una particolare vigilanza da parte del Comune

    Gli episodi cui Lei si riferisce sono capitati all’Estero (dove evidentemente il regime normativo è meno rigido ed efficace).

    I crematori italiani sotto quest’aspetto forniscono ottime garanzie di qualità e serietà, semmai sarebbe da rivedere l’aspetto del rito e del commiato, anche alla luce di una possibile riforma liturgica, per chi, ovviamente, scelga esequie cattoliche.

    Saluti

    Carlo

    (Giornalista-Necroforo)

  4. L’Art. 6 comma 2 Legge 30 marzo 2001 n.130 ha definitivamente risolto ogni dubbio a tal proposito, affidando ai comuni la gestione degli impianti di cremazione secondo le modalità dettate dall’Art. 113 Decreto Legislativo 18 agisto 2000 n. 267.
    Viene così tacitamente abrogato l’art. 343 comma 1 del T.U. delle leggi sanitarie che onerava le amministrazioni comunali alla concessione gratuita dell’area per l’erezione di crematori su iniziativa di privati.

    L’idea di un crematorio esterno al perimetro cimiteriale o, addirittura, mobile, non è del tutto priva di qualche fondamento, megari nelle esperienze estere, se la Regione Emilia Romagna con l’Art. 4 comma 4 della Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 ha ritenuto opportuno specificare come nel suo territorio l’unica opzione praticabile e possibile (anche e soprattutto in sede di pianificazione per il futuro) sia un sistema articolato di crematori fissi e stabilmente collocati su terreno cimiteriale e, quindi, di demanio comunale ex Art. 823 Codice Civile.

  5. Si, il crematorio deve stare nel cimitero (Art. 343 TU leggi sanitarie e Art. 78 DPR 285/90).
    Di che aree esterne al cimitero parla? In Italia ogni cimitero ha una zona di rispetto di 200 tutto intorno (salvo deroga, generalmente minima a 50 m. in particolari condizioni).

  6. fermo restando che la costruzione di un’area adibita a cremazione deve risiedere all’interno del cimitero, vero ?

    Possibilità di realizzare aree esterne al cimitero, un pò come succede in america, non è ancora percorribile ?

  7. Impianto (1 forno di ultima generazione per cominciare) con sistema filtrante costa sui 400.000 euro + IVA al 10%. Piazzale e immobile completo senza troppe pretese può costare 1,5 milione di euro, compresa IVA.
    La progettazione varia tra il 7 e il 10% dell’importo complessivo.
    Pertanto sopra i 2 milioni euro.

  8. curiosità :
    quanto può costare la realizzazione di un impianto di cremazione ?
    Su questo sito ho trovato pubblicità della ditta GEM e del relativo CRM-5.

  9. Molte imprese sono spaventate da una possibile crescita del fronte cremazionista, oppure da una ritrovata austera semplicità nella celebrazione delle esequie.

    Se aumentano le incinerazioni o s’impone una nuova ritualità “francescana” d’ umile ritorno delle spoglie mortali alla nuda terra, con una logica da “cortocircuito” si potrebbe pensare che, per conseguenza diretta, diminuirà certamente anche il valore del cofano fornito per la cerimonia: si venderanno solo casse “leggere” d’abete o frassino, paventano alcuni operatori, mentre spariranno i legni pregiati.

    Questi legittimi dubbi meritano alcune considerazioni
    • Le onoranze funebri si configurano come un’attività imprenditoriale che assicura alla clientela sì forniture e beni, attraverso una commercializzazione degli stessi, ma soprattutto servizi
    • Alle volte l’incinerazione si presenta proprio come una scelta di obbligata economicità.
    • In un mercato in cui il prezzo è letto dalla clientela come una componente concorrenziale, se l’incinerazione consente di risparmiare bisogna adeguarsi: ecco un esempio: In un mondo di utilitarie ha fortuna chi produce la Fiat Panda, se si ha la pretesa di vender solo Ferrari si rischia di perder il treno della competitività.

    Alla luce di questi argomenti, che abbiamo cercato di enucleare, in modo piuttosto schematico, non si rileva da parte da parte dell’imprenditoria funeraria quest’opposizione preconcetta.

    La scelta cremazionista, oppure l’orientamento verso cerimonie più semplici e spartane è semplicemente un fenomeno da gestire.

    E’interessante un dato su cui riflettere: nei paesi anglosassoni dove il comparto funerario è florido e si è fortemente strutturato in grandi gruppi, anche finanziari, la pratica cremazionista raggiunge picchi di oltre il 60%.

    Come riescono allora i nostri colleghi d’oltre manica o d’oltre oceano a sopravvivere: semplice si sono specializzate nell’erogazione di servizi complessi alla persona (dolenti e de cuius) e prestazioni davvero avanzate come cosmesi funeraria, gestione di propri impianti crematori ed allestimento d’eleganti camere ardenti nei locali delle proprie case funerarie.

    La vera maledizione del comparto funebre italiano è l’eccessiva frammentazione:, la chiave del successo, in futuro, sarà, invece, rappresentata dalla razionalizzazione dei servizi funebri, sul modello della grande distribuzione, non dimentichiamo, infatti, che dopo tutto, viviamo in un contesto culturale e civile di massa ed anche il funerale è pur sempre un atto di consumo, anche se estremo.

    In questo nuovo schema di valori e rapporti di forza alle SoCrem oppure all’associazionismo funerario in genere (misericordie e confraternite) si potrebbe riconoscere uno specifico ruolo di attività basata sul volontariato, quindi no profit per l’esercizio delle pratiche cremazionista o sepolcrali, in un regime di aperta concorrenza secondo le regole di un libero mercato.

    Le SoCrem assieme altre realtà mutualistiche, anche le più piccole, potrebbero, allora, davvero proporsi come disinteressate garanti della qualità del servizio, oppure potrebbero assumersi il compito di organizzare l’aspetto rituale dell’evento funerale , anche in prospettiva di una cittadinanza sempre più multietnica.

    In un periodo storico, in cui istituzioni e pubblici poteri vedono comprimersi, per ragioni di bilancio, le loro capacità di rispondere, sul territorio, alle richieste sempre più individuali e personalizzate dell’utenza, forse bisogna davvero creare un nuovo spazio anche per l’associazionismo.

    Le formazioni sociali legate alla solidarietà funeraria, dopo tutto, sono anche un’espressione d’alto profilo della cittadinanza.

    Non dimentichiamo come ogni civiltà si caratterizzi principalmente per un proprio modo di vivere e, di conseguenza, di elaborare la condizione di mortalità che grava sull’esistenza fisica.

    Quest’idea fondativa del pensiero filosofico e, quindi, dell’essere stesso non può certo estinguersi nelle sole, fredde norme della polizia mortuaria.

    Il concetto della morte, il dolore di chi resta, il culto della memoria potrebbero allora esser l’obiettivo di iniziative del terzo settore funerario, soprattutto oggi, quando si preferisce sempre più rimuovere questo scomodo spauracchio del morire, mentre la letteratura dell’Ottocento ci riserva pagine splendide, si penso al pessimismo cosmico leopardiano, dove l’idea della fine, del nulla eterno si materializza nelle ansie del grande autore recanatese.
    In fondo guardarsi allo specchio e capirsi significa anche porsi questi quesiti.

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