Si informa che in data 20 maggio 2022, ad opera della Legge n. 51 (in G.U. 20/05/2022 n. 117) è stata ottenuta la conversione con modificazioni del Decreto Legge 21 marzo 2022 n. 21 (in G.U. 21/03/2022 n. 67), con la quale sono state introdotte modifiche all’art. 79 del D.P.R. n. 285/1990.
Ecco il testo:
Art. 36-bis del DL 21/2022 come introdotto dalla legge di conversione in legge 51/2022
(Misure urgenti in materia di semplificazione amministrativa).1. In considerazione dell’incremento delle attivita’ richieste al personale amministrativo degli enti locali con riferimento alle attivita’ di soccorso, accoglienza e assistenza alla popolazione ucraina in conseguenza della grave crisi internazionale in atto, nonche’ allo smaltimento delle pratiche pregresse accumulate a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, al fine di velocizzare e semplificare le attivita’ dell’ufficiale di stato civile degli enti locali, all’articolo 79, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
“, ovvero da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’ ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.
Da tale testo si evidenziano due questioni:
1) Le pratiche in questioni riguardano l’attività dell’ufficiale di stato civile
2) Le integrazioni aggiunte impattano sul comma 2 dell’art. 79 del D.P.R. n. 285/1990, introducendo la possibilità che la volontà alla cremazione, resa dal coniuge o dai parenti, possa risultare da sottoscrizione autenticata da notaio o pubblici ufficiali abilitati o – e qui sta la novità – da DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI ATTO DI NOTORIETA’ giusta l’art. 47 D.P.R. n.445/2000. (relativo alla documentazione di fatti, stati e qualità personali, ma non di manifestazioni di volontà)”.
La L. n. 130/2001 non ragiona, però, per i familiari aventi titolo, di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà quanto di processo verbale …. Di una dichiarazione sostitutiva vi era cenno nella circolare telegrafica del Min. Interno n. 37 del 1/9/2004, oltretutto il Dicastero si paludò dietro ad un Parere dell’ufficio Legislativo della funzione pubblica.
Difatti, il prefato atto istruttivo fu emanato per “sottrarsi” alla questione dell’imposta di bollo che, oltretutto, neppure avrebbe potuto porsi, tenendo conto, appunto, del “processo verbale” come forma ordinaria della dichiarazione, da parte dei familiari.
Allora, detto in modo cervellotico:
il Min. Salute con semplice circolare del 30.05.2016, n. 14991, rubricata come: “Applicazione di principi statali contenuti nell’art. 3, comma 1, Legge 30 marzo 2001, n. 130”, dichiara applicabile in toto l’art. 3 comma 1 L. n. 130/2001 almeno in tutto il procedimento istruttorio e sotto il profilo delle competenze funzionali (Uff. Stato Civile).
Ora con l’articolo 36-bis citato lo Stato ribadisce (con legge) la competenza piena dell’ufficiale di stato civile per le autorizzazioni alla cremazione (alla dispersione già la competenza era piena dell’ufficile di stato ciivle per l’articolo 2 della L. 130/2001).
Ma l’art. 79 D.P.R. n. 285/1990 rimane stranamente ancora in vigore…
E sono altre le incongruenze:
Pandemia——>procedura d’urgenza——> polizia mortuaria avocata d’imperio alla potestà del Governo, si segue il dettato della normativa statale, si veda ad es. Circ.Min. Salute n. 818/2021.
Nel frattempo l’art. 12 del c.d. Decreto “Rilancio” è convertito finalmente in legge, ma continuano, ad oggi, pervicacemente a mancare i decreti attuativi.
Dopo, in stato di perenne affanno, si addiviene all’ordinanza “ponte” emanata dalla Protezione Civile che “sana” transitoriamente la burocrazia funeraria e la prassi d’emergenza formatasi sotto la minaccia del CoVid-19, sino a tutto il 2022. Poi:
appena una frazione di secondo prima del baratro amministrativo (dove tutto è autorizzabile da chiunque ed in qualunque modo) dovuto al bailamme regionale, il Legislatore si ricorda del problema polizia mortuaria ed accesso alla pratica funebre della cremazione ed attua (?) la reviviscenza dell’art. 79 D.P.R. n. 285/1990, che essendo appunto un D.P.R. per cedevolezza soccombe alla fonte primaria gerarchicamente sovraordinata, per altro per materia specifica (L. n.130/2001).
Provo a mettere in ordine le cose confuse che si rilevano dal come il legislatore è intervenuto in questa materia:
- Sul D.P.R. n. 285/1990 così novellato prevarrebbe pur sempre la L. 130/2001, a fortiori se recepita negli ordinamenti regionali di servizi funebri, necroscopici e cimiteriali.
- La novella al D.P.R. n.285/1990 ha natura di legge, che, dopo tutto, per criterio temporale e rango nella tassonomia dell’Ordinamento Italiano, essendo successiva “ABROGA”, o meglio integra nella parte del procedimento autorizzativo/manifestazione della volontà la precedente L. 130/2001 (qui ci vuole della fantasia perversa eh!)
Sappiamo di esser provocatori ma il bug di sistema non è poi il frutto avvelenato del nostro solo astrologare, anzi è dietro l’angolo.
Ad es. In una data realtà, per certo, autorizza la cremazione genericamente la polizia mortuaria comunale (art. 107 comma 3 lett.) f D.Lgs n. 267/2000, in applicazione dell’art. 79 cit. comma 1; nel Comuni limitrofi, d’altro canto autorizza lo Stato Civile, secondo L. 130/2001; altrove non so.
Nella Regione in questione, dulcis in fundo, si nascondono dietro un salomonico “Si autorizza secondo normativa immediatamente applicabile”.
Come poi possa un semplice atto istruttivo (leggasi circolare) rendere self executing l’art. 3 comma 1 L. n. 130/2001 non è dato sapere…ma tant’è, e con questi orientamenti governativi bisogna pur sempre confrontarsi.
Dunque, adesso, chi è competente ad autorizzare la cremazione?
il soggetto di cui all’art. 107 comma 3 lett. f) nelle regioni che non hanno ancora attuato la L.130/2001 o l’Uff. Stato Civile giusta art. 3 comma 1 l. 130/2001, per chi invece ritiene valida la circolare ministeriale 30.05.2016, n. 14991, a maggior ragione oggi dopo la modifica data dalla motivazione della modifica di cui al comma 2 dell’art. 79 DPR 285/1990 ad opera del citato art. 36-bis della L. 51/2022?
E, visto che si è cambiato il comma 2 dell’articolo 79 DPR 285/1990, perché non si è cambiato il riferimento al sindaco che autorizza la cremazione, contenuto nel comma 1 dello stesso articolo 79?
Questa la domanda pe ri nostri legislatori!
E con quali modalità manifestare il volere cremazionista (rispettivamente atto sostitutivo di atto notorietà o processo verbale reso fisicamente avanti l’uff. stato civile?
Riteniamo entrambe, o meglio, il procedimento più veloce e meno impegnativo in quel momento per l’ufficio comunale interessato. E così, alla fine, decide l’ufficiale di stato civile il cosa fare.
Ma infine si pone una ulteriore questione. Vale ancora il criterio della maggioranza assoluta tra gli aventi titolo (previsto dalla legge 130/2001 se attuata regionalmente), o ex art. 79 D.P.R. n. 285/1990 occorre l’unanimità, nel frangente di una pluralità di aventi diritto posti su un livello di pari ordinazione e legittimazione a pronunciarsi?
Nella articolazione del volere cremazionista potremmo avere teoricamente e nell’ ordine piramidale una volontà:
- IN PRIMIS
- propriamente manifestata dal de cuius con scelta testamentaria (art. 587 comma 2 Cod. Civile)
- iscrizione a So.Crem.
- Registro Comunale per le cremazioni, laddove la legge regionale abbia istituito questo discutibile istituto
- qualsiasi altro strumento (norma “in bianco”, senza specificazione alcuna come risulta dalla stessa L. n.130/2001)
- IN SECUNDIS
- Propria del de cuius, ma espressa solo verbalmente e quindi in maniera fedele riportata dai più stretti congiunti
- stabilita dal Giudice dopo averne acquisito prova certa…
- INFINE
- Esercizio di un autonomo diritto (privato e non patrimoniale o personalissimo?) di disposizione da parte degli aventi titolo jure coniugii o jure sanguinis.
E un quesito su tutti, infine: il famigliare riporta quale solo nuncius una volontà del de cuius o agisce motu proprio, disponendo la scelta cremazionista? La forma juris cambierebbe non poco…la sostanza certo no!
Aggiungiamo, come se non bastassero, ulteriori elementi di incertezza che rendono sempre più evidente e necessario un intervento del legislatore statale, finalmente attuativo dell’articolo 3 della L. 130/2001.
La Circ.Min. Salute n. 14991/2016 sembra non tenere debitamente presente quanto considerato dal Consiglio di Stato, Sez. 1^, 29 ottobre 2003, nel proc. N. 2957, sulle differenze applicative in relazione alla “dispersione delle ceneri” rispetto a quelle dell’”affidamento delle urne ai familiari”.
Ricordiamo che anche recentemente il Consiglio di Stato (Sez. IV, 3 gennaio 2022, n. 14) ha dato atto dell’inattuazione della L. 130/2001, anche se in questo caso con riguardo al suo art. 8.
Per inciso, la circolare citata pare inquadrarsi, anche sotto il profilo temporale, nella logica italianissima del “Ponzio Pilato” (noto igienista ante litteram, che dinnanzi a problemi cristologici preferì lavarsi le mani), rimuovendo l’inadempienza di fondo (le modifiche al d.P.R. n. 285/1990 avrebbero dovuto essere adottate entro il 3 agosto 2001, operazione che avrebbe potuto anche aversi e con esito positivo (un testo in proposito, poco fantasioso, ma ormai redatto, avrebbe dovuto essere sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni l’11/7/2001, poi, invece, fu ritirato dal Ministro allora in carica, in vista di altre idee applicative.
Ma, a titolo assolutamente personale, ci chiediamo sempre se i principi cui si sarebbero dovute conformare le modifiche al d.P.R. n. 285/1990, quali enunciati dall’art.3 L. 130/2001, attengano, o possano inerire, alle potestà normative regionali, siccome è valutazione della dottrina maggioritaria che in essi non vi siano elementi tali da anche solo avvicinarsi alla materia della “tutela della salute”.
Al contrario quest’ultimi sono tutti abbastanza chiaramente pertinenti alla categoria dell’”ordinamento civile” (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.), rappresentando una sfera di diritti sociali e civili di spettanza – esclusiva – dello Stato Centrale, nella quale non deve esservi ingerenza da parte delle Regioni, a pena di incostituzionalità.
Tornando alla sciarada di fondo, pare che la titolarità al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione sia comunque ben definita, sia per il versante funzionale, sia per quello geografico (= U.S.C. del luogo di decesso).
Sulle modalità da parte dei familiari (se la persona defunta non abbia disposto in precedenza), per formalizzare la volontà sembra che esse siano altrettanto abbastanza ben individuabili, sia alla luce dell’art. 3, comma 1, lett. b), n. 3 L. 130/2001, sia in forza del novellato art. 79, comma 2 d.P.R. n. 285/1990. Questo NON appare in contrasto col primo, ma, in qualche modo, è ad esso estensivo. In altre parole, quest’ultima modifica non preclude il ricorso al “processo verbale” che è atto ricevuto da pubblico ufficiale legittimato.
E’ vero: si potrebbe – a ragione – sostenere che quest’ultima modifica possa aver caducato la previsione sulle modalità indicate al cit. art. 3, comma 1, lett. b), n. 3 (poichè l’istituto del “processo verbale” non comporta l’autenticazione, ma solo la formazione della manifestazione di volontà “verbalizzata” avanti all’U.S.C.), e comunque è pur sempre un atto pubblico (art. 2699 Cod. Civile.).
Sullo spinoso dilemma maggioranza/unanimità la soluzione dovrebbe esser più semplice, nel senso che la recete modifica è intervenuta sul comma 2 dell’art. 79 d.P.R. 285/1990, non sul comma 1.
La facilitazione della espressione della volontà solo dalla maggioranza dei parenti di pari grado vale unicamente nelle Regioni nelle quali sia stata implementato tutto l’art. 3 comma 1 della L. 130/2001
Quanto, poi, al potenziale quesito che definiremmo “rovente”, ossia “di chi è davvero la volontà di cremare la salma: del de cuius o dei suoi famigliari?”: sia l’art. 79, comma 1 d.P.R. N 285/1990, sia l’art. 3, comma 1, lett. b), n. 3 L’ n. 130/2001 testualmente riportano queste parole: “volontà manifestata dal coniuge e in difetto … ecc.”, o “volontà del coniuge e in difetto … ecc.”.
Una simile scelta linguistica conduce ad una soluzione poco equivoca, mentre il fattore che ha prodotto criticità è stato la circolare telegrafica del Min. Interno n. 34 del 1/9/2004 (citata precedentemente).
Quest’ultima ha fornito un’ altra impostazione, aderente ad una tesi (e comportamenti di prammatica) molto dibattuta in dottrina, sulla reale opportunità di intelligere la sottile distinzione che potrebbe intercorrere tra volontà dello stesso de cuius (magari resa solo VERBALMENTE), o atto di disposizione autonomo degli aventi diritto.
Il Legislatore, seppur mosso dal volenteroso intento di ammodernare il circuito informativo della polizia mortuaria, non avrà per caso preso un abbaglio modificando non la L. n. 130/2001 ma il vetusto art. 79 D.P.R. n. 285/1990, il quale per altro: nei fatti almeno (e per inerzia!) è ancora in vigore, non è mai stato formalmente abrogato, ma dovrebbe esser misteriosamente disapplicato, se non per la parte nuovissima, inserita testè dalla L. n. 51/2022, art. 36-bis, da leggersi integralmente.