Autorizzazione alla cremazione: vi è ancora linearità? – 1/3

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All’inizio (più o meno) vi era l’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. che (comma 1) prevedeva che la cremazione fosse autorizzata dal Sindaco sulla base della volontà testamentaria espressa dal defunto, aggiungendo subito dopo (2° periodo) che “In mancanza di disposizione testamentaria, la volontà deve essere manifestata dal coniuge e, in difetto, dal parente più prossimo …. e, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da tutti gli stessi.
Come largamente noto, non si tratta di un’impostazione riferibile al Regolamento, bensì alla sintesi (breve e chiara) dell’elaborazione giurisprudenziale in materia di titolo a disporre delle spoglie mortali, sintesi di applicazione generale e non limitata questa specifica fattispecie.
All’epoca era altresì vigente l’art. 141 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, per cui l’autorizzazione alla cremazione si distingueva, per quanto riguarda la competenza funzionale, dall’autorizzazione alla “sepoltura”.
Successivamente, è intervenuta la L. 30 marzo 2001, n. 130 che (art. 1) si proponeva 2 obiettivi, cioè disciplinare:
(1) la pratica funeraria della cremazione, nonché,
(2) nel rispetto della volontà del defunto, la dispersione delle ceneri.
Dopo che l’art. 2 ha modificato l’art. 411 C.P., aggiungendovi 2 commi, il suo art. 3 ha previsto: “Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (leggansi: entro il 3 novembre 2001!), con regolamento adottato ai sensi …. , su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell’interno e il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sulla base dei seguenti princìpi:, principi individuati dalle lettere seguenti e sostanzialmente tutti ascrivibili alla materia dell’”ordinamento civile”, attenendo a diritti della persona.
Non si affrontano le diverse, e numerose, questioni sorte in conseguenza dell’inadempimento, non tanto solo sul termine, quanto proprio sul fatto che la previsione di questo incipit non ha trovato attuazione.
Si ricorda come questa disposizione sia stata interessata dal parere espresso dal Consiglio di Stato, Sez. 1^, 29 ottobre 2003, n. 2957 che, appunto, aveva riguardo agli effetti della situazione così determinatasi e se, e quanto, un tale inadempimento potesse dispiegare, o meno, effetti.
Ricordiamo che, tra i “principi” enucleati all’art. comma 1, vi è anche quello della lett. b), n. 3(, il cui tenore p: “ 3) in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza. Nel caso in cui la volontà sia stata manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso, questi inoltra immediatamente il relativo processo verbale all’ufficiale dello stato civile del comune di ultima residenza del defunto;.
Si tenga presente che
(i) quest’indicazione ha riguardo unicamente al procedimento di rilascio dell’autorizzazione alla cremazione di cadavere, cioè quella che ha luogo nell’immediato post mortem, e non ha alcuna valenza sul piano generale per quanto attiene agli atti di disposizione di spoglie mortali e
(ii) essa incide (nel caso di cremazione di cadavere) sulla disposizione di cui all’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. sia per ragioni di (a) prevalenza della norma di rango primario sulla norma di rango secondario, sia di (b) specialità della norma.
Non solo, ma incide altresì (e per le medesime ragioni) su quanto prevede lo stesso art. 79 testé citato al comma 2, dal momento che la manifestazione di volontà resa avanti all’Ufficiale dello stato civile si traduce in un processo verbale (in pratica ed operativamente provvedendosi in analogia alle modalità di formazione degli atti dello stato civile), che “supera” ogni necessità di autenticazione della sottoscrizione dal momento che il processo verbale è pur sempre un atto pubblico (art. 2699 C.C.).
Tuttavia, non sono mancate differenziazioni interpretative tra cui quelle che, non cogliendo la natura di atto pubblico del processo verbale, si sono posti la questione dell’autenticazione della firma (e relativo assoggettamento all’imposta di bollo), con disparità di trattamento che hanno fatto sì che il Ministero dell’interno, D.A.I.T., Dir. Centr. Serv. Dem., intervenisse con la circolare telegrafica n. 37 del 1° settembre 2004, in cui si considera che in relazione alle modalità di manifestazione di volontà per la cremazione di una salma, in relazione all’ art. 79, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 285/1990 ed alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 445/2000. (senza cenno alcuno all’art. 3, comma 1, lett. b), n. 3) L. 30 marzo 2001, n. 130 …!), con considerazioni di vario ordine, fino ad enunciare che “Sulla tematica è stata interpellata la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure, la quale ha ritenuto che – poiché il coniuge o i parenti del de cuius non esprimono in concreto un atto di volontà propria, ma riferiscono semplicemente un desiderio del defunto in merito alla cremazione della salma – debba trovare applicazione il disposto dell’art. 38, comma 3, del D.P.R. n. 445/2000.
Invero, il citato Dipartimento, ha rilevato che, in coerenza con l’art. 77-bis del D.P.R. n. 445/2000, il disposto dell’ art. 38, comma 3 dello stesso D.P.R., debba prevalere su quello dell’art. 79 del D.P.R. n. 285/1990, peraltro neppure ricompreso fra le norme rimaste in vigore in base all’art. 78 del medesimo D.P.R. n. 445/2000.
In relazione a tanto, per quanto riguarda le modalità di sottoscrizione, lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica ha ritenuto che le disposizioni ex art. 38, comma 3, prevalgano anche su quelle di cui all’art. 21, comma 2, del medesimo D.P.R. n. 445/2000.”

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Sereno Scolaro

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