Nel nostro ordinamento vige questo fondamentale principio di civiltà funeraria: il diritto a disporre[1] del proprio corpo dopo la morte, nel solco tracciato dall’art. 5 Cod. Civile, è personale, di conseguenza, anche i due principali istituti “corollari” ed “alternativi” della cremazione (almeno nel mondo anglosassone), come:
* dispersione delle ceneri
* affidamento dell’urna
richiedono autonome manifestazioni di volontà del de cuius, previste dalla normativa nazionale[2], ed esclusivamente di tale portata rimane il rango di questa disciplina, nel sistema giuridico italiano, a norma dell’articolo 117 della Costituzione (diritti sociali e civili). Qualora sia stata espressa la volontà di cremazione, ma non il desiderio relativo allo spargimento delle proprie ceneri, preverrà la sepoltura tradizionale (inumazione o tumulazione), divenendo attivo il postulato secondo cui la destinazione inusuale del cadavere (e delle sue trasformazioni di stato) è d’esclusiva eleggibilità del soggetto interessato.
La dispersione[3], in effetti, richiede una procedura ulteriormente aggravata, perché configge pesantemente con l’interesse affettivo dei superstiti alla memoria del defunto, ravvivata dal culto della tomba attraverso le molli e deliquescenti catene d’amorosi sensi tanto care alla poetica foscoliana.
La volontà di esser cremati si perfeziona se formalizzata per iscritto (tribunale di Savona, 27/02(1965 e Corte d’Appello di Genova 39 giugno 1966), datata, scritta e sottoscritta di proprio pugno dal defunto nella forma testamentaria olografa, con atto notorio[4] dei parenti più prossimi o con l’attestazione del Presidente di associazione riconosciuta avente fra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati.
La destinazione delle ceneri può essere:
- Tumulazione[5] in cimitero[6], ma anche in sepolcri privati posti fuori dei cimiteri (capo XXI DPR 285/90) o in templi e colombari[7] costruiti da enti morali (Art. 343 Regio Decreto 1265/1934) o tumulazioni privilegiate[8] ex Art. 106 DPR 285/90.
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Dispersione in cinerario comune ex Art. 80 comma 6 DPR 285/90.
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Spargimento nel cosiddetto giardino delle rimembranze[9] (interno al muro perimetrale del camposanto).
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Inumazione[10] in campo di terra[11] ex Art. 3 lettera e) Legge 130/2001 (In Emilia Romagna è permessa, in altre Regioni no, poiché si configurerebbe come una velata dispersione nel terreno e, pertanto, occorrerebbe il palese desiderio del de cuius e la conseguente autorizzazione dello Stato Civile).
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Conservazione[12] presso un’abitazione privata.
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Dispersione in natura (fuori dei centri abitati[13])
L’autorizzazione al trasporto[14] prima del feretro da cremare, poi delle sue ceneri racchiuse in urna, è prodromica a qualsiasi pratica, funeraria ancorché “atipica” riguardante gli esiti da completa ignizione del cadavere (le ceneri stesse) essa è concessa in base a quanto stabilito dal DPR 285/90 (sindaco, ora dirigente competente del comune o suo delegato ex art. 17 D.Lgs 165/2001). Anche l’autorizzazione all’affidamento è firmata da chi è individuato dal regolamento interno di organizzazione del Comune ai sensi del Decreto Legislativo 267/2000; può esser lo stesso dirigente o delegato che autorizza il trasporto. Attualmente non è competenza esclusiva dello stato civile (Lombardia esclusa).
La dispersione delle ceneri è autorizzata dall’ufficiale di stato civile del comune ove è avvenuto il decesso secondo la volontà propria del defunto, espressa in forma scritta nelle modalità di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), numeri 1 e 2, della legge 130/2001. La validità di tale autorizzazione è, però, su base regionale[15].
La Lombardia si è pienamente uniformata a questo criterio che ha recepito quasi letteralmente con l’Art. 13 comma 1 del regolamento n.6/2004, mentre l’Emilia-Romagna ha optato per una norma più elastica, così come si evince dalla direttiva n.10 del 10 gennaio 2005.
Nella legislazione funeraria dell’Emilia Romagna il volere del de cuius, in ordine allo spargimento delle proprie ceneri, può esser certamente provato mediante dichiarazione ritualmente resa dal coniuge ove presente e da tutti[16] i parenti di primo grado di fronte a pubblici ufficiali e la cui sottoscrizione sia appositamente autenticata.
Altra importante novità della delibera emiliano romagnola di cui sopra è la competenza delle autorizzazioni in base alla residenza del de cuius, quindi in deroga al più generale presupposto “cardine” secondo cui è il comune di decesso a dover predisporre tutti gli incartamenti per un cittadino dell’Emilia Romagna deceduto fuori regione è lo Stato Civile del comune di residenza anagrafica a dover istruire tutti i passaggi amministrativi finalizzati all’ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni. L’affidamento familiare di un’urna cineraria, invece, deve essere autorizzata dal Comune ove l’urna viene stabilmente collocata, sulla base della volontà espressa per iscritto in vita dal defunto[17] o della volontà espressa verbalmente in vita dal defunto manifestata, nella forma di autodichiarazione ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo individuato secondo gli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile o, nel caso di concorso di più parenti dello stesso grado, dalla totalità di essi.
S’impone, quindi, sovrano, il volere del de cuius quando non in contrasto[18] con la legge (ad es. deve essere un familiare, se il de cuius non individua un familiare, non ha valore); – a seguire il familiare, con precedenza del coniuge, poi degli altri parenti pari grado e se ve ne sono più d’uno la totalità; – chi è individuato dal de cuius può rifiutarsi per iscritto (l’urna torna quindi nella disponibilità per la sepoltura o per l’affidamento familiare).
Con il preventivo accordo del coniuge superstite e di tutti i parenti di grado superiore l’affidatario, quando non nominato esplicitamente dal de cuius, potrebbe esser anche un diverso congiunto (ad esempio un nipote) oppure una persona legata all’estinto da particolari rapporti affettivi, di amicizia o di benemerenza. E’il caso dell’affido personale[19]
La possibilità di affidare l’urna ad individuo diverso da familiare è consentita anche a chi manifesta la volontà del de cuius (quando invece la L. 130/2001 la limita solo al de cuius)? La normativa vigente se si eccettua la legge 29/2004 varata dalla regione Toscana è piuttosto lacunosa.
Con questa soluzione, ante legge “Cirinnà” sulle unioni civili, si ritenne di poter risolvere molte situazioni oggi difficili, quali i casi di convivenza di coppie eterosessuali e omosessuali, ma si potrebbe aprire la strada all’affidamento delle urne cinerarie a persona, ente o associazione che offrono tale tipo di prestazione a pagamento.
Mentre, infatti, la L. 130/2001 ha reso la dispersione delle ceneri attività non lucrativa, nulla il legislatore dice sull’affidamento delle stesse, se non che deve essere familiare (e per tale motivo, a maggior ragione, non lucrativo) a tal proposito la regione Emilia Romagna, subodorando il reale pericolo, ha assunto con la delibera n. 10 del 10 gennaio 2005 una posizione precisa e forte con l’invito verso tutti i suoi comuni a vigilare per scongiurare il rischio di operazioni speculative, mentre la Lombardia con l’Art. 14 comma 8 del proprio regolamento, specifica come l’affidamento delle ceneri ai familiari non possa mai costituire in nessun caso implicita autorizzazione alla realizzazione di sepoltura privata.
La formula dell’affido personale legittimato da Emilia Romagna (Art. 11 comma 4 L.R. n.19 del 29 luglio 2004) sembra, tuttavia, travalicare gli stessi limiti stabiliti dalla Legge 130/2001.
L’attribuzione di competenza per il rilascio dell’autorizzazione essendo materia specifica del Comune (con regolamento per l’organizzazione degli uffici ex artt. 48 comma 3 e 89 Decreto Legislativo 267/2000) non può che essere individuata in capo al personale del Comune, siccome lo Stato Civile, ex Art. 117 Cost. attiene solo alla legislazione statale (attualmente DPR 396/2000), si veda anche l’art. 14 D.Lgs n. 267/2000.
Incaricati di questo compito possono essere indifferentemente il Dirigente dei Servizi funebri e cimiteriali, così come il dipendente nominato Ufficiale di Stato civile. Al momento, dunque, non è quindi obbligatorio il conferimento di questa mansione unicamente all’Ufficiale di Stato civile.
In analogia con l’istruttoria per ottenere l’autorizzazione alla cremazione di cadavere ex Art. 79 DPR 285/90 (almeno per le regioni che, come l’Emilia Romagna[20] ritengono ancora pienamente in vigore il sullodato Art. 79 DPR 285/90), così come chiarito dalla circolare del Ministero degli Interni n. 37 del primo settembre 2004, poiché il coniuge o i parenti del de cuius non esprimono in concreto un atto di volontà propria, ma riferiscono semplicemente un desiderio del defunto in merito alla cremazione del suo corpo[ed alla conseguente sistemazione delle ceneri] – dovrebbe trovare applicazione il disposto dell’art. 38, comma 3, del D.P.R. n. 445/2000.
Nel caso in cui l’affidatario[21] o i suoi aventi causa jure sanguinis, intendano recedere dall’affidamento dell’urna, possono avviare le ceneri alla conservazione perpetua, in modo promiscuo ed indistinto, nel cinerario comune (di cui ogni cimitero deve esser dotato ex Art. 80 comma 6 DPR 285/1990 o provvedere alla loro tumulazione in cimitero di loro scelta.
In caso di vertenza tra gli aventi titolo il comune rimane estraneo alla contesa.
Se applichiamo l’articolo 50 del D.P.R. 285/1990, si giunge a questa conclusione: il cimitero in questione non può che essere ordinariamente quello di decesso o quello di residenza del de cuius.
Possono essere scelti altri cimiteri solo laddove vi sia un preciso Jus sepulchri dell’urna cineraria (dentro un sepolcro per il quale tale diritto già sussista, o in manufatto concesso per la circostanza).
Ai sensi del paragrafo 3 circ. regione Lombardia n.21 del 30 maggio 2005 il cambiamento di residenza (purché nell’ambito dello stesso comune o almeno della stessa regione) o il decesso dell’affidatario non comportano nessuna comunicazione al comune che autorizzò l’affidamento, ferma restando la facoltà di retrocessione delle ceneri da parte degli aventi causa dell’affidatario stesso.
Ci pare, invece di cogliere che il Legislatore lombardo intenda dare rilevanza non tanto al luogo di conservazione delle ceneri, bensì al soggetto affidatario, dunque una volta registrate le generalità, eventuali violazioni di legge afferiscono all’ultima persona affidataria, che ne risponde in tutte le sedi.
Per la regione Emilia Romagna, invece (direttiva n.10 del 10 febbraio 2005) l’atto di affidamento esaurisce i propri effetti nell’ambito del comune che lo ha adottato, pertanto, ove l’affidatario decida di trasferire le ceneri in altro luogo, sarà necessaria una seconda autorizzazione da parte del nuovo Comune, mentre il Comune a quo dovrà rilasciare un decreto di trasporto per permettere il trasferimento dell’urna verso il nuovo domicilio deputato (ed autorizzato) ad accoglierla.
I soggetti legittimati ad eseguire la dispersione sono: ovviamente:
- il coniuge, o altro famigliare avente diritto,
-
l’esecutore testamentario,
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il rappresentante legale dell’associazione per la cremazione a cui il defunto risulta iscritto,
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l’impresa funebre incaricata del servizio,
-
o, in mancanza, il personale autorizzato dal Comune. (può coincidere con gli incaricati del servizio di custodia cimiteriale),
Lo spargimento compiuto con modalità diverse da quelle determinate dal de cuius e dichiarate all’Ufficiale di Stato Civile integra la fattispecie delittuosa di cui all’ultimo capoverso dell’articolo 411 C.P.
La legge lombarda n.22/2002 all’Art.7 comma 2, nella sua vecchia formulazione, almeno, (ora il riferimento di rigore è al T.U. LL.RR. n. 33/2009, recentemente, per altro, riformato, parla di dispersione autorizzata dall’avente titolo (lasciando prefigurare una seconda (sub)autorizzazione), mentre la Legge n.130/2001 consente la dispersione unicamente se la persona che spargerà le ceneri agisce dietro autorizzazione dell’Ufficiale di Stato Civile[22].
Questo soggetto terzo può anche aver ricevuto l’incarico di portare a termine la dispersione da parte dell’avente titolo (potrebbe esser la stessa impresa funebre ad esser investita di questo mandato) ma deve pur sempre esser autorizzato nominativamente, dall’Ufficiale di Stato Civile.
Allo stato attuale, la situazione generale è piuttosto controversa in quanto vi è chi prevede la sola possibilità di affido familiare su espressa volontà (scritta) del de cuius. Determinati comuni contestano un’interpretazioni troppo apeturista del DPR 24/02/2004.[23]
Tutta questa nuova casistica (dove alto potrebbe essere anche il tasso di conflittualità tra i congiunti del de cuius) dovranno essere, finalmente, governate in sede nazionale, in Parlamento si potrebbe pensare anche l’affido o alla dispersione senza la necessità di uno scritto del de cuius, con regole ben chiare e prestabilite, al momento occorrerà conformarsi a quanto regolato in sede regionale e/o comunale, finché non intervenga norma nazionale finalmente unificante.
[1] È ovvio constatare che il seppellimento attraverso l’incenerimento del proprio corpo richieda una espressa manifestazione di volontà del defunto.
[2] La norma costituzionale in materia non presenta alcun stato di cedevolezza rispetto alla normativa regionale
in merito alla diversa determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di esclusiva competenza statale. Per tale ragione la Lombardia con il paragrafo 6 della Circ. n.7 el 9 febbraio 2004 ribadisce a parziale smentita dell’Art.3 punto 3 lettera b) L.130/2001 richiede l’unanimità tra i congiunti di pari grado.
[3] È evidente che se il de cuius manifestò la volontà alla dispersione implicitamente abbia considerato la volontà di farsi cremare che potrà essere dimostrata anche con atto notorio del congiunto.
[4] Si veda a tal proposito la Circolare del Ministero degli Interni n 37 del 01/09/2004
[5] Naturalmente il tumulo può esser epigeo o ipogeo ( a sterro)
[6] Ai sensi dell’Art. 340 Regio Decreto 1265/1934 la sepoltura dei cadaveri deve avvenire in cimitero. Si veda per maggiori approfondimenti sulla differenza tra ossame umano e ceneri la sentenza del Consiglio di Stato n. 515 emessa dalla Sez. I, il 24 maggio 1938
[7] Il colombario è da intendersi, nell’accezione più ampia del termine, soprattutto dopo il DPR 24 febbraio 2004, quale luogo confinato nel quale l’urna sia racchiudibile, a vista o meno. L’indicazione degli estremi del defunto (nome, cognome, data di nascita e di decesso) ove non visibili chiaramente dall’esterno, devono essere riportati anche sul colombaro. Quest’ultima richiesta, però, diventa particolarmente critica se il “colombario” è una teca, un piccolo tabernacolo realizzato in un’abitazione privata.
[8] Per la tumulazione privilegiata delle urne non occorre propriamente una relazione igienico sanitaria della competente autorità sanitaria, poiché ex Art. 80 comma 5 DPR 285/90, paragrafi 8.1 e 13.2 Circ.Min. 24/1993 ed Art. 11 Convenzione di Berlino il trasporto e la tumulazione delle urne non sono soggette a nessuna delle cautele igienico sanitarie previste per il trasporto dei cadaveri e la loro sepoltura. L’unico vero problema “igienico-sanitario” su cui possa pronunciarsi l’autorità sanitaria è, in senso lato, la preservazione delle urne da gesti empi e di profanazione.
[9] Quest’opzione non contemplata dal DPR 285/90 per esser esercitata deve esser prevista quanto meno dal regolamento comunale di polizia mortuaria, meglio se dopo una legge regionale in materia di servizi necroscopici, funebri e cimiteriali che abbia recepito gli istituti della Legge 130/2001.
[10] In questo caso ai sensi dell’Art. 75 DPR 285/90 (divieto di immettere nelle quadre di inumazione materiali non biodegradabili) l’urna deve esser costituita da materiale facilmente decomponibile e non deve esser provvista di anima interna in metallo o plastica.
[11] Può trattarsi anche di una tomba terranea data in concessione e basata sul sistema di inumazione.
[12] In caso di affidamento familiare l’urna deve essere contenuta in colombaro che abbia destinazione stabile e sia garantito contro ogni profanazione, avente le dimensioni capaci di contenere l’urna cineraria prescelta
[13] Sono definiti dall’articolo 3, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada)
[14] Ai sensi dell’Art.26 DPR 285/90 il trasporto del feretro ed, in un secondo momento delle sue ceneri può esser autorizzato con un unico decreto.
[15] Quando vi siano rapporti di extraterritorialità prevale sempre la normativa statale (DPR 285/90) non è ancora chiaro, in dottrina, se sia possibile una sorta di provvedimento “transitivo” per raccordare la normativa di due regioni in cui sia permesso lo spargimento delle ceneri, cosicché lo stato civile di un comune della regione A possa autorizzare direttamente la dispersione in un luogo autorizzato da un comune della regione B.
[16] Se si segue l’impostazione del criterio di poziortà espresso dall’Art. 79 DPR 285/90 in merito agli atti di disposizione per il post mortem il pronunciamento del coniuge in favore del trattamento “atipico” delle ceneri dovrebbe esser titolo necessario e sufficiente per procedere alla dispersione, senza richiedere il consenso degli altri congiunti.
[17] La consegna dell’urna cineraria può avvenire anche per ceneri precedentemente tumulate o provenienti dalla cremazione di esiti di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi, derivanti da esumazioni o estumulazioni, purché in attuazione della volontà espressa per iscritto dal defunto.
[18] l’antigiuridicità del delitto non è esclusa dal fatto che si esegua la volontà del defunto, giacché una volontà privata non può disporre dell’applicazione della legge, e detta volontà escluderebbe il delitto solo se fosse ammessa dalla legge. Tuttavia è un’importante sentenza su cui ragionare: Tribunale Roma, 28 novembre 1994 “Pur dovendosi rilevare che il reato di cui all’art. 411 c.p. è integrato, sotto il profilo psicologico, dal dolo generico, va evidenziato che non ogni condotta vale a configurare l’elemento materiale del delitto “de quo”, ma solo quella che lede l’interesse giuridico tutelato dalla norma e cioè il sentimento di pietà verso i defunti. (Fattispecie relativa alla dispersione in mare delle ceneri di una salma, in esecuzione delle ultime volontà del defunto stesso)”.
[20] Emilia Romagna; delibera n. 10 del 10 gennaio 2005:” …omissis… occorre tutt’ora rifarsi all’Art. 79 del DPR 285/90…”
[21] Per Lombardia ed Emilia Romagna l’affidatario è unico, la legge regionale toscana n.29/2005 aammette, invece, possibilità di affidamento congiunto di un’urna cineraria a più soggetti, contenuta nel secondo capoverso del comma 4 dell’articolo 2 della L.R. 29/04. La norma si ritiene di non semplice attuazione, tranne nel caso che l’affidamento sia:a) due o più persone che sono domiciliate nello stesso luogo, dovendo identificare con chiarezza il posto di conservazione dell’urna cineraria; b) più persone, in sequenza temporale. Ad es. l’urna viene affidata alla consorte del de cuius e alla sua morte al figlio primogenito. In tal modo si avrebbe una sorta di scala nell’affidamento, anche se resta il problema della successiva dichiarazione del luogo di conservazione, laddove si volesse procedere in tal senso.
[22] L’Ufficiale di Stato Civile deve registrare gli estremi identificativi di chi prende in consegna l’urna
[23] Ai sensi dello stesso DPR 24 febbraio 2004 l’affido delle ceneri può esser disciplinato con regole e modalità inserite nello stesso atto di affidamento, se manca una disciplina di grado superiore, adottata con una delibera del consiglio comunale o un’integrazione al regolamento comunale di polizia mortuaria.