L’Associazione italiana dei medici per l’ambiente (Isde) ha pubblicato, per quanto da loro affermato, “il primo position paper italiano sui possibili effetti ambientali e sanitari della realizzazione di forni crematori in aree urbane“.
Secondo l’Isde l’aumento dell’incidenza della cremazione può determinare effetti sull’ambiente e possibili rischi per la salute.
In Italia “oggi ci sono 87 forni crematori (NdR: in realtà a tutto il 2022 sono 91), soprattutto nel Centro-Nord, mentre il fenomeno è meno diffuso al Sud.
La moltiplicazione delle richieste di nuovi impianti, spesso sovradimensionati rispetto al fabbisogno del territorio su cui dovrebbero installarsi“, preoccupa l’Isde per il “possibile impatto di un numero rapidamente in crescita di cremazioni e quindi di punti di emissioni da combustione“.
Il position paper dell’Isde costituisce un approfondimento scientifico di parte, che spiega come il processo della cremazione
“comporta l’incenerimento attraverso trattamento termico a temperature elevatissime. Questo rende indispensabile considerare il rischio ambientale e sanitario correlato alle emissioni di questi impianti”.
Secondo l’Isde “Tale rischio è aggravato dall’assenza di una specifica normativa di settore, e dalla carenza di efficienti e adeguate misure di monitoraggio per numerosi degli inquinanti emessi. Questi due aspetti, normativo e tecnico, vanno necessariamente colmati“.
“Gli agenti inquinanti derivanti dalla combustione ad elevate temperature – evidenziano i medici dell’Isde – si diffondono nell’aria anche per lunghe distanze e nel corso del tempo si depositano sul suolo, accumulandosi in questa matrice e causando un’alterazione dell’equilibrio chimico-fisico e biologico del terreno. Le particolari caratteristiche di alcune sostanze non facilmente biodegradabili possono determinare contaminazione di un terreno per periodi variabili, con possibile passaggio degli inquinanti nelle falde acquifere e nella catena alimentare“.
Il documento è ricco di argomentazioni e tabelle, spesso non correlate con la realtà italiana visto che si citano risultati di studi cinesi, giapponesi, inglesi, di Taiwan, tedeschi, difficilmente congruenti con la realtà italiana, che è caratterizzata da impianti di ultima generazione, poiché nel nostro Paese la diffusione della cremazione è stata tardiva rispetto ad alte nazioni.
Questo position paper ha l’indubbio merito di porre al centro dell’attenzione pubblica la necessità di regolamentare le emissioni degli impianti di cremazione e la loro localizzazione.
Sono aspetti su cui da anni anche la SEFIT Utilitalia incalza il Ministero della salute ed elabora studi, unitamente ad ISPRA.
Bene venga quindi un confronto tra esperti di gestione dei crematori e di tecnica di combustione, con esperti di ambiente e della salute, per valutare l’effettivo apporto inquinante di un crematorio, consapevoli che il servizio deve essere fornito, con adeguate garanzie per la popolazione e a costi gestionali proporzionati.
funerali.org darà spazio a questo argomento e invita gli esperti del settore ad illustrare il loro pensiero.
La lettura di quanto già codificato nei Funeral Requirements EN15017:2019 e del Libro bianco sulla cremazione e l’ambiente dell’ECN, può aiutare a mettere nella sua giusta dimensione il problema e ad attuare soluzioni già vigenti in altri Paesi.