L’attività del necroforo

Diamo uno sguardo all’attività ed i compiti del NECROFORO.
Non è una materia di lavoro imprecisata e quasi banale, come accade per altre professioni che non godono di grande credito presso l’opinione pubblica, il mestiere di becchino è particolare, atipico e molto delicato In molte occasioni si arriva in questo settore così estremo perché si è praticato in passato la professione generica dell’infermiere o dell’addetto all’assistenza di base presso cliniche, ospedali o strutture protette. Spesso sono le stesse ditte di onoranze funebri ad avvalersi di personale paramedico che abbia prestato servizio nelle corsie dei diversi reparti dei nostri ospedali, magari anche per sopperire a qualche carenza del proprio organigramma, soprattutto quando si avvicinano ferie estive e festività e diventa più difficile assicurare copertura ai turni di lavoro più disagevoli, come accade per la reperibilità notturna.
Sono molti, infatti, gli infermieri che nel ritaglio del loro tempo, senza nulla togliere alla loro professionalità di dipendenti pubblici, lavorano sottobanco per imprese funebri, magari rendendosi disponibili per vestizioni ed interventi presso il domicilio del defunto, se il decesso è accaduto tra le mura domestiche. A questi operatori bisognerebbe, però, ricordare come l’infermiere e necroforo siano due universi molto distanti tra loro e difficilmente sovrapponibili, curare i malati è un compito prezioso e di grande umanità, ma trattare le salme è altra attività che richiede una particolare formazione tecniche e morale, per sapersi correttamente relazionare con il cadavere ed attraverso quest’ultimo con i dolenti. La centralità del necroforato, nel ciclo produttivo dell’impresa va assolutamente valorizzata anche perchè sono gli stessi necrofori, durante l’erogazione dei servizi funebri a rappresentare la serietà dell’azienda, la figura del necroforo, e non del semplice portantino, quindi,deve essere assolutamente rivista e messa in primo piano, in un generale processo di riqualificazione capace di coinvolgere gli stessi impresari. Tutte queste considerazioni, nei prossimi mesi, diventeranno senza dubbio oggetto per nuove e più approfondite discussioni anche per lo stesso imprenditore, che deve assolutamente ripensare il suo ruolo all’interno del sistema impresa così da doversi necessariamente mettere in discussione per affrontare un futuro destinato a cambiamenti ormai irrinunciabili. Il lavoro di necroforo, purtroppo, non viene quasi mai visto come una mansione molto edificante e come tale anche il personale che si adatta a fare tale lavoro nella maggiore totalità dei casi è di bassa elevatura sociale e culturale per non parlare di bassa manovalanza che fa questo lavoro perchè non trova di meglio proprio a causa della sua preparazione. Certo, sarebbe auspicabile trovare del personale diverso dal solito stereotipo che vuole il becchino brutto, cattivo e perverso; in effetti, occorrerebbero alle imprese collaboratori preparati, giovani, educati e, perchè no, anche in grado di sostenere moralmente i dolenti nel momento del funerale e nella ancor più dura fase della sepoltura ma, questa speranza, adesso, è ben più di una semplice illusione, è ancora pura utopia. In America, ad esempio, il direttore della casa funeraria assieme a tutti i suoi assistenti, per un singolare e non sempre condivisibile intreccio di ruoli, sa affiancare la famiglia in lutto proponendo percorsi psicologici di aiuto ed aiutando il ministro di culto ad organizzare la cerimonia religiosa. Gli addetti della casa funeraria, dunque, debbono conoscere molto bene le principali liturgie delle esequie così da muoversi con discreta disinvoltura tra Salmi del vecchio Testamento, aspersoi per l’acqua benedetta e preghiere del commiato. Quale necroforo italiano potrebbe garantire le stesse competenze’ Saprebbe forse egli suggerire qualche passo della Sacra Scrittura con cui corredare i necrologi, oppure, ancor meglio, mentre si sta allestendo la camera ardente ed i famigliari attorno alla salma recitano il santo Rosario quale operatore funebre di medie capacità avrebbe la delicatezza di sciorinare qualche ORA pro NOBIS senza cadere nel ridicolo in modo da testimoniare con un semplice gesto di buona educazione la vicinanza dell’impresa a parenti ed amici del de cuius’ La situazione, tuttavia, non è ancora sprofondata nel buio più cupo, ci sono interessanti realtà imprenditoriali, di nuova concezione, che disperatamente, contro tutti i luoghi comuni ed i facili profeti del disfattismo, cercano di portare avanti un progetto di rinascita per il necroforato italiano, puntando, come in una temeraria battaglia ideale, tutte le loro energie sulla formazione tecnica ed umana del proprio personale. Qualche lavoratore debitamente addestrato, anche grazie a stages e scambi d’informazione con l’estero è già all’opera con successo in diverse aziende, ma purtroppo, questa grande risorsa, per necessità numerica, viene riassorbita in quell’indistinta massa di mediocrità e pressappochismo di cui è formato, per gran parte, il lavoro nell’imprenditoria funeraria italiana, così, purtroppo viene svilito e dilapidato un patrimonio di preparazione e professionalità che andrebbe diversamente sfruttato. Il problema della formazione e molto spinoso e difficile per tante ragioni: il tessuto delle imprese è molto, forse troppo frammentato, fare formazione costa tantissimo in termini di tempo e denaro da investire, così molte imprese non possono attingere a quest’opportunità anche se sono state aperte sul territorio nazionale alcune scuole per gli operatori funerari. C’è poi un altro elemento di disturbo da non sottovalutare: il Italia il mondo delle onoranze funebri è maledettamente destrutturato a causa dell’irrisoria facilità con cui, dopo la liberalizzazione delle licenze, è possibile aprire ulteriori agenzie. Tanti pur bravi impresari sono colti da questo dubbio atroce: ‘Se gioco la carta di una seria ed approfondita formazione per i miei dipendenti non corro poi il serio rischio che quest’ultimi, una volta appresa l’arte si stacchino dalla mia azienda, costituiscano una nuova ditta e divengano miei spietati concorrenti proprio in virtù delle conoscenze apprese grazie a me ‘ Per uscire da questo empasse forse ci sarebbe una soluzione: se davvero le onoranze funebri, benchè gestite anche dai privati, rappresentano un servizio istituzionale e di generale utilità potrebbero esser le stesse istituzioni a finanziare iniziative serie volte alla crescita dell’intero comparto funebre. Ogni anno ci sono ricchissimi fondi comunitari, stanziati per lo sviluppo in aree deboli dell’Unione Europea, spesi per piani assolutamente velleitari ed inopportuni, soprattutto in tempo di crisi e stagnazione economica. Sarebbe auspicabile, anche per dare impulso ad un’occupazione vera e stabile la creazione di un ufficio con l’appoggio di psicologi,esperti di comunicazione preposto all’istruzione professionale per i lavoratori del post mortem e affinchè si riesca a rivalutare il profilo di pubblico servizio necroforato rendendogli giustizia. L’idea è così semplice e lineare da riuscire persino banale, chi avrà il coraggio di cogliere la sfida’

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96 thoughts on “L’attività del necroforo

  1. Sono un necroforo con contratto di lavoro intermittente/chiamata.(3kin/autista necroforo). Sono reperibile a settimane alterne, ma la reperibilità non mi viene pagata. Volevo sapere se ciò è regolare o se mi deve essere riconosciuta.

  2. Salve, sto cercando da mesi un lavoro come necroforo e addetto al trasporto, ho un diploma di geometra e un attestato di necroforo e addetto al trasporto conseguito presso la [… omissis …] di Milano. Non trovo nulla nei dintorni di Milano, peggio in Milano stesso, Ho lavorato per qualche mese a Brugherio a chiamata presso un Centro Servizi…..poi ha chiuso. Rispondo quotidianamente ad offerte di lavoro..ma la maggior parte sono in altre regioni..non so piu’ cosa fare. Io desidero fare questo lavoro. Mi aiutate?

  3. X Monica,

    quali passaggi formali, allora, intraprendere per candidarsi alla gestione della manutenzione ordinaria di un cimitero (immagino di piccole dimensioni)?

    Ora: pulizie in generale e sfalcio del verde, almeno nelle parti comuni di proprietà demaniale ex Art. 824 Comma 2 Cod. Civile , se escludiamo le scabrose operazioni cimiteriali e la tenuta dei pubblici registri, attengono comunque ai servizi cimiteriali stessi e di solito sono prestazioni erogate dal medesimo personale cimiteriale, mentre per le tombe erette su suolo dato in concessione è il concessionario stesso ex Art. 63 comma 1 DPR n. 285/1990 a dover garantire il solido e decoroso stato del manufatto.

    Il concessionario potrebbe demandare ad impresa esterna questi compiti (come ad esempio avviene nei condomini), naturalmente in possesso dei requisiti assicurativi ed antinfortunistici e delle necessarie autorizzazioni, per poter operare in cimitero.

    In ogni caso il rapporto che s’instaurerebbe dovrebbe esser pur sempre contrattualizzato, per escludere lavori in nero o sottobanco soprattutto in un impianto di proprietà pubblica, quale è il camposanto comunale.

    Quindi il privato deve iscriversi in Camera di Commercio e ovviamente essere una impresa (individuale, società, ecc..)

    Poi occorre vedere se il regolamento comunale di polizia mortuaria preveda obblighi per le imprese che operano dentro i cimiteri (ad es. assicurazione obbligatoria minimale per eventuali danni, ecc.).

    O ancora se è richiesto dal Comune la iscrizione in un elenco degli operatori che intendono prestare la propria opera nei cimiteri.

    Ovviamente sono i cittadini i quali si rivolgono alla ditta a pagare le prestazioni, esattamente come fanno con i marmisti, i giardinieri.

  4. Mi piacerebbe moltissimo dedicarmi alle manutenzione dei cimiteri ma non so s come iniziare, nel senso, posso mettere un cartello fuori del cimitero , o devo andare in comune a chiedere permesso a anche e se la cosa è individuale all’interno di esso?

  5. X Davide,

    chiedo, anticipatamente scusa per il RITARDO MOSTRUOSO con cui rispondo, ma mi sono accorto solo oggi del quesito proposto:

    La formazione professionale è, per Costituzione, oggetto di legislazione regionale concorrente.

    L’art. 15, comma 3 L. R. (Puglia) 15 dicembre 2008, n. 34, attribuisce ad apposito regolamento comunale la determinazione delle modalità generali e dei requisiti per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività funebre.
    Il successivo comma 5 individua alcuni di questi requisiti, che, quindi, vanno considerati come “minimi” o non derogabili. Senz’altro, accanto (o, in aggiunta) ai parametri formativi individuati dalla legge regionale, il comune può / potrebbe individuare titoli e materie “integrativi”.

    Per inciso, ho qualche perplessità, in tale comma 5, in relazione alla lett. c), dal momento che la legge regionale non affronta, neppure rinviando eventualmente a regolamento regionale, la questione della c.d. formazione professionale (che, invece, trova riscontri in norme di altre regioni, oltretutto con “livelli” di formazione del tutto differenziati (si va da un minimo di 24 ore di formazione fino a 600 ore di formazione), Ciò è incoerente perché si dovrebbe fare riferimento a norme in materia di formazione professionale di altre regioni, ma anche (materialmente) appare abbastanza poco proponibile che un titolare di attività funebre e tutto il proprio personale acquisiscano il “diplomino” di formazione professionale in altra regione, perché, tra l’altro mancherebbe una norma transitiva sulla validità del titolo conseguito presso un diverso ordinamento regionale. E’ questo (= la competenza territoriale) il limite insormontabile di una polizia mortuaria riformata su base locale.

    E’ possibile ipotizzare che la legge regionale non si sia addentrata in questi aspetti, per evitare di intervenire ” a gamba tesa” e, così, invadere la sfera di attribuzioni proprie di altra Direzione regionale (ed Assessorato), cioè di quella dedicata, specializzata in formazione professionale.

    Ad esempio, il comune potrebbe definire, con il regolamento di cui al comma 3, qualche aspetto di maggiore dettaglio su queste “sufficienti conoscenze teorico-pratiche”, ad esempio prevedendo una soglia minima di durata della formazione professionale, con l’inciso, “… anche acquisita in altra regione, e fino a ché la regione non definisca specificatamente ….”
    2) Il regolamento comunale dovrebbe (non sembri una tautologia) stabilire le norme, di rango regolamentare, proprie dei comuni (vedi, anche, l’art. 117, comma 6, terzo periodo Cost.), non può esser un surrogato di una norma primaria ancora inesistente, anche perché lo studio della materia funeraria avrebbe un senso se praticato in modo omogeneo sul territorio e non con effetti “arlecchino”, a macchia di leopardo.

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