L'attività del necroforo

Diamo uno sguardo all’attività ed i compiti del NECROFORO.
Non è una materia di lavoro imprecisata e quasi banale, come accade per altre professioni che non godono di grande credito presso l’opinione pubblica, il mestiere di becchino è particolare, atipico e molto delicato In molte occasioni si arriva in questo settore così estremo perché si è praticato in passato la professione generica dell’infermiere o dell’addetto all’assistenza di base presso cliniche, ospedali o strutture protette. Spesso sono le stesse ditte di onoranze funebri ad avvalersi di personale paramedico che abbia prestato servizio nelle corsie dei diversi reparti dei nostri ospedali, magari anche per sopperire a qualche carenza del proprio organigramma, soprattutto quando si avvicinano ferie estive e festività e diventa più difficile assicurare copertura ai turni di lavoro più disagevoli, come accade per la reperibilità notturna.
Sono molti, infatti, gli infermieri che nel ritaglio del loro tempo, senza nulla togliere alla loro professionalità di dipendenti pubblici, lavorano sottobanco per imprese funebri, magari rendendosi disponibili per vestizioni ed interventi presso il domicilio del defunto, se il decesso è accaduto tra le mura domestiche. A questi operatori bisognerebbe, però, ricordare come l’infermiere e necroforo siano due universi molto distanti tra loro e difficilmente sovrapponibili, curare i malati è un compito prezioso e di grande umanità, ma trattare le salme è altra attività che richiede una particolare formazione tecniche e morale, per sapersi correttamente relazionare con il cadavere ed attraverso quest’ultimo con i dolenti. La centralità del necroforato, nel ciclo produttivo dell’impresa va assolutamente valorizzata anche perchè sono gli stessi necrofori, durante l’erogazione dei servizi funebri a rappresentare la serietà dell’azienda, la figura del necroforo, e non del semplice portantino, quindi,deve essere assolutamente rivista e messa in primo piano, in un generale processo di riqualificazione capace di coinvolgere gli stessi impresari. Tutte queste considerazioni, nei prossimi mesi, diventeranno senza dubbio oggetto per nuove e più approfondite discussioni anche per lo stesso imprenditore, che deve assolutamente ripensare il suo ruolo all’interno del sistema impresa così da doversi necessariamente mettere in discussione per affrontare un futuro destinato a cambiamenti ormai irrinunciabili. Il lavoro di necroforo, purtroppo, non viene quasi mai visto come una mansione molto edificante e come tale anche il personale che si adatta a fare tale lavoro nella maggiore totalità dei casi è di bassa elevatura sociale e culturale per non parlare di bassa manovalanza che fa questo lavoro perchè non trova di meglio proprio a causa della sua preparazione. Certo, sarebbe auspicabile trovare del personale diverso dal solito stereotipo che vuole il becchino brutto, cattivo e perverso; in effetti, occorrerebbero alle imprese collaboratori preparati, giovani, educati e, perchè no, anche in grado di sostenere moralmente i dolenti nel momento del funerale e nella ancor più dura fase della sepoltura ma, questa speranza, adesso, è ben più di una semplice illusione, è ancora pura utopia. In America, ad esempio, il direttore della casa funeraria assieme a tutti i suoi assistenti, per un singolare e non sempre condivisibile intreccio di ruoli, sa affiancare la famiglia in lutto proponendo percorsi psicologici di aiuto ed aiutando il ministro di culto ad organizzare la cerimonia religiosa. Gli addetti della casa funeraria, dunque, debbono conoscere molto bene le principali liturgie delle esequie così da muoversi con discreta disinvoltura tra Salmi del vecchio Testamento, aspersoi per l’acqua benedetta e preghiere del commiato. Quale necroforo italiano potrebbe garantire le stesse competenze’ Saprebbe forse egli suggerire qualche passo della Sacra Scrittura con cui corredare i necrologi, oppure, ancor meglio, mentre si sta allestendo la camera ardente ed i famigliari attorno alla salma recitano il santo Rosario quale operatore funebre di medie capacità avrebbe la delicatezza di sciorinare qualche ORA pro NOBIS senza cadere nel ridicolo in modo da testimoniare con un semplice gesto di buona educazione la vicinanza dell’impresa a parenti ed amici del de cuius’ La situazione, tuttavia, non è ancora sprofondata nel buio più cupo, ci sono interessanti realtà imprenditoriali, di nuova concezione, che disperatamente, contro tutti i luoghi comuni ed i facili profeti del disfattismo, cercano di portare avanti un progetto di rinascita per il necroforato italiano, puntando, come in una temeraria battaglia ideale, tutte le loro energie sulla formazione tecnica ed umana del proprio personale. Qualche lavoratore debitamente addestrato, anche grazie a stages e scambi d’informazione con l’estero è già all’opera con successo in diverse aziende, ma purtroppo, questa grande risorsa, per necessità numerica, viene riassorbita in quell’indistinta massa di mediocrità e pressappochismo di cui è formato, per gran parte, il lavoro nell’imprenditoria funeraria italiana, così, purtroppo viene svilito e dilapidato un patrimonio di preparazione e professionalità che andrebbe diversamente sfruttato. Il problema della formazione e molto spinoso e difficile per tante ragioni: il tessuto delle imprese è molto, forse troppo frammentato, fare formazione costa tantissimo in termini di tempo e denaro da investire, così molte imprese non possono attingere a quest’opportunità anche se sono state aperte sul territorio nazionale alcune scuole per gli operatori funerari. C’è poi un altro elemento di disturbo da non sottovalutare: il Italia il mondo delle onoranze funebri è maledettamente destrutturato a causa dell’irrisoria facilità con cui, dopo la liberalizzazione delle licenze, è possibile aprire ulteriori agenzie. Tanti pur bravi impresari sono colti da questo dubbio atroce: ‘Se gioco la carta di una seria ed approfondita formazione per i miei dipendenti non corro poi il serio rischio che quest’ultimi, una volta appresa l’arte si stacchino dalla mia azienda, costituiscano una nuova ditta e divengano miei spietati concorrenti proprio in virtù delle conoscenze apprese grazie a me ‘ Per uscire da questo empasse forse ci sarebbe una soluzione: se davvero le onoranze funebri, benchè gestite anche dai privati, rappresentano un servizio istituzionale e di generale utilità potrebbero esser le stesse istituzioni a finanziare iniziative serie volte alla crescita dell’intero comparto funebre. Ogni anno ci sono ricchissimi fondi comunitari, stanziati per lo sviluppo in aree deboli dell’Unione Europea, spesi per piani assolutamente velleitari ed inopportuni, soprattutto in tempo di crisi e stagnazione economica. Sarebbe auspicabile, anche per dare impulso ad un’occupazione vera e stabile la creazione di un ufficio con l’appoggio di psicologi,esperti di comunicazione preposto all’istruzione professionale per i lavoratori del post mortem e affinchè si riesca a rivalutare il profilo di pubblico servizio necroforato rendendogli giustizia. L’idea è così semplice e lineare da riuscire persino banale, chi avrà il coraggio di cogliere la sfida’

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129 thoughts on “L'attività del necroforo

  1. Vorrei sapere dove trovare la normativa sulla mansione dell’operatore necroforo-necroscopo in ospedale. Mi sono iscritta a una chiamata del centro per l’impiego e non so come fare a prepararmi su questo per il colloquio. Chi mi può aiutare? Grazie

    1. X Elisa,

      primo consiglio: consulti avidamente questo blog, in tutte le Sue sezioni, qui potrà reperire moltissima dottrina e commenti specifici sulla normativa di polizia mortuaria che PURTROPPO varia molto da Regione a Regione (a tal proposito Lei da quale Regione ci scrive?). Per Suoi eventuali dubbi potrà sempre formularci domande e quesiti.

      seconda suggestione: Il Ministero della Salute ha recentemente pubblicato un documento ufficiale rubricato come: “Linee Guida nella prevenzione del rischio biologico per gli operatori di sala autoptica e delle pompe funebri”: Esso tratta tutta la materia sotto il profilo igienico sanitario ed è liberamente rintracciabile sul web. E’un testo alquanto importante, quasi un “must”, una tappa obbligata di studio per chi voglia accostarsi alla mansione della necroscopia.

      terza ed ultima imbeccata: la casa editrice di questo sito (si prega di controllare periodicamente nella pagina: “corsi di formazione”) alle volte organizza eventi mirati proprio di questo tipo per necrofori ed addetti ai servizi mortuari sanitari, con prove pratiche anche di vestizione salme e maquillage funerario.

  2. E’ terribile, sto cercando lavoro come necroforo da tre anni, ultimamente ho fatto anche un cioncorso per il cimitero Maggiorema nulla, non trovo nulla su Milano, tutti gli annunci sono per altre province della Lombardia ma nulla per Milano, ho lavorato per 6 mesi a chiamata per un agenzia a Brugherio, poi ha chiuso non solo l’agenzia ma anche l’attività di Pompe Funebri. Ho inviato, non ricordo piu’ quandti cv alle varie agenzie di Milano….se come in America ci fossero l’Università per questa facoltà mi sarei inscritto. Io voglio fare il necroforo, in agenzia di Pompe Funebri in un Osdpedale in un Obitorio. Ho un dipoloma di Geometra ma non mi interessa ho scelto di fare una volta diplomato e dopo un paio d’anni di praticantato, un corso di necroforo alla TSS AFOL di MILANO…..non trovo nulla nulla…..ho pensato di completare il tutto facendo acnhe la parte di direttore…..di Agenzia. Qualcuno mi dice se esiste ancora questo lavoro in Lombardia??????

  3. Salve

    sono titolare di una agenzia funebre mi hanno beccato con 2 lavoratori in nero e mi hanno fatto una multa di euro 6000, 3mila per ogni lavoratore, dal momento che mi hanno preso il giorno stesso ho regolarizzato i 2 operai con contratto intermittente, gli stessi ispettori mi hanno detto di fare un contratto a chiamata per almeno 3 mesi.

    Io faccio tutto quello che mi dicono poi a febbraio chiamano il mio commercialista dicendo che il contratto a chiamata non va bene per regolarizzarli ma bisogna fare un contratto pieno o un contratto con part time, altriemti non pago 3000 euro ma ne devo pagare 6000 perchè il contratto a chiamata non va bene.

    Dico io ma è vergognoso perchè devofare un contratto peiano o part time e non intermittente?

    se il lavoro intermittente non va bene nelle onoranze funebri ci dobbiamo suicidare e scandaloso vivere n questo paese: l’italia.

    Ditemi voi in un paese di 3000 abitanti con 20 morti l’anno io devo tenere per forza 3 mesi assunti il lavoratore con contratto pieno o part time, io a volte in 3 mesi non faccio un servizio mi dite voi come si fa

    aspetto una risposta

    grazie

    1. Magari fare a due cristiani un contratto decente potrebbe anche essere carino, visto che un contratto intermittente o a chiamata è una tagliola per chi lo riceve. Se non può permettersi i dipendenti ci sono un sacco di altri lavori nel mondo

  4. X Sandra,

    ahi! Questi aspetti di dettaglio sono, di solito, demandati al regolamento comunale.

    Chiarito come l’inumazione in capo comune non implichi né comporti nessun rapporto concessorio, che lascerebbe maggior libertà d’azione ai dolenti, ma solo il diritto d’uso della fossa (anche questo sottoposto a tariffazione, con i criteri contabili determinati dall’117 D.Lgs n. 267/2000) ed atteso che ai sensi dell’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 l’inumazione in campo comune è da intendersi come processo complessivo, sino all’esumazione ordinaria il cui punti salienti, a monte, sono:

    1) scavo della fossa,
    2) deposizione del feretro con conseguente riempimento della buca,
    3) fornitura del cippo identificativo,
    4) manutenzione della sepoltura (piantumazione del verde, sfalcio dello stesso, pulizia dei vialetti…) sino al naturale compimento del turno di rotazione.
    5) raccolta e smaltimento dei rifiuti

    le uniche norme di riferimento, applicabili in Regione Lombardia sono date dall’Art. 15 commi 2, 5 e 6 del Regolamento Regionale 9 novembre 2004 n. 6, così come novellato, in alcune sue parti (qui irrilevanti) dal Reg. Reg. n. 1/2007

    In buona sostanza, la normativa regionale, mutua quasi tutti i principi per una buona inumazione, dettati dall’Capo IX DPR n. 295/1990, così i campi comuni d’inumazione debbono esser suddivisi in quadre ed i vialetti d’ inter-fossa saranno provvisti di sistemi drenanti o fognari atti a convogliare le acque meteoriche.

    L’unica grande novità è, forse, rappresentata dallo spazio di 30 cm tra una fossa e l’altra che aumenta la capacità di ricavare nuove sepolture, cioè un numero maggiore di fosse, nei campi di terra, sfruttando maggiormente la superficie disponibile (per il DPR n. 285/1990 la distanza minima sarebbe, invece, di 50 cm).

    La cura delle tombe (es. coltivazione dei fiori) è rimessa alla diligenza della famiglia, così come l’apposizione della lastra sepolcrale, vedrei, però, bene una “normetta” ad hoc, laddove si disciplinano tipologia ed ingombri massimi dei monumenti funebri da installare, in cui specificare se sia lecito o meno stendere uno strato di ghiaino attorno al perimetro della sepoltura o nelle sue vicinanze, comportamenti contra legem, a questo punto, saranno puniti con le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’Art. 7-bis D.Lgs n. 267/2000, ossia da quelle contenute nel regolamenti comunali ed addebitando ai famigliari del de cuius (meglio se dopo diffida o certo preavviso) le spese sostenute dall’amministrazione per il ripristino dello status quo ante, anche con eventuale iscrizione a ruolo, per i più riottosi, in difetto sorgerebbe la responsabilità patrimoniale per danno erariale ex Art. 93 D.Lgs n. 267/2000.

    Rammento poi come – ad oggi – la procedura di adozione o modifica/integrazione dei regolamenti comunali di polizia mortuaria sia divenuta molto più snella e facile, in quanto con un recente orientamento del competente Ministero, formalizzato con semplice circolare (e su quest’aspetto, da purista del diritto funerario quale sono, avrei non poche rimostranze e proteste!) – è venuta meno la necessità di omologare, ex Art. 345 TULLSS, come procedimento integrativo di efficacia, i prefati regolamenti comunali di polizia mortuaria, nelle regioni che si siano dotate, autonomamente, di un proprio corpus normativo in materia funebre e cimiteriale.

    1. Il problema è proprio questo: che il Comune non ha espressamente vietato nel Regolamento la stesura di ghiaia intorno le fosse comuni, così che ora non ho una norma a cui fare riferimento per diffidare queste persone che si portano da casa la ghiaia e la spargono.
      Inutile precisare che il Comune non intende modificare il suddetto Regolamento.

      1. X Sandra,

        Strano Comune il Suo! In effetti l’Ente Pubblico dotato di potestà regolamentare, deve parlare il linguaggio del diritto, declinando norme giuridiche, altrimenti scadremmo nell’arbitrio e nel capriccio più sfrenato.

        allora non ho capito io: dov’è il problema? Se lo strato di ghiaino (ma arreca davvero fastidio? Perché?) è parte dell’arredo funebre al pari di piante e fiori (purché, magari, non debordi eccessivamente dal perimetro della fossa) non si rilevano ragioni ostative alla sua permanenza e lo si lasci pure, altrimenti, per vietare questa pratica, secondo me, almeno, innocua, occorrerebbe pur sempre una norma scritta e valida.

        Nelle more di un adeguamento al regolamento comunale, il quale è silente su tali aspetti, avete pensato ad un provvedimento ad hoc per tamponare la situazione, come ad esempio un’ordinanza, direi anche dirigenziale, a questo punto, senza scomodare più di tanto il sindaco.

        Un’altra soluzione potrebbe esser un intervento in tal senso, cioè di proibizione (ma…cui prodest veramente?), da inserire negli strumenti d’attuazione del piano regolatore cimiteriale, di cui, ogni Comune Lombardo deve necessariamente dotarsi secondo la più evoluta normativa regionale che, in questo caso, supera lo stesso dettato del DPR n. 285/1990.

        Saluti by Carlo

        1. Buongiorno,
          la ghiaia è stata posata oltre i confini della fossa di inumazione e quindi interessa una buona parte del campo comune. Questo ovviamente andrebbe a costituire un procedente nel caso non si intervenisse a che chiunque possa portare materiale all’interno del cimitero e provvedere ad occupare spazi comuni o comunque non di loro concessione. Tant’è vero che i familiari di una tomba vicina hanno chiesto a questo signore di posare ghiaia anche nei pressi della sua fossa.
          Mi chiedo, a questo punto, se fosse possibile provvedere con una diffida appellandosi al fatto che il regolamento non prevede la posa di ghiaia nel campo comune (quindi un’interpretazione contraria, se vogliamo). Lei lo riterrebbe “corretto”?
          L’intento della scrivente sarebbe mantenere lo stato dei campi comuni così come li ha mantenuti il Comune, prima dell’affidamento della gestione cimiteriale alla nostra società partecipata.
          Grazie.

          1. X Sandra,

            un vecchio slogan liberale spesso sulle labbra di personaggi purtroppo discutibili, nel nostro panorama politico così recita: “E’ lecito tutto ciò che non è espressamente vietato dalla Legge” e poi ricorderei anche il sempiterno principio del neminem laedere, cui si deve necessariamente improntare e conformare l’azione amministrativa.

            Argomentare “a contrariis” ricavando la norma non scritta per logica deduzione negativa, può esser foriero di guai ermeneutici da cui, poi, scaturiscono facilmente contenziosi, tuttavia non credo proprio che qualcuno vi trascinerà in giudizio per un po’ di ghiaia sparsa per terra, data la pochezza intrinseca all’oggetto del contendere.

            Le fonti normative di jus positum da cui trarre ispirazione possono essere:

            1) piano regolatore cimiteriale, e suoi strumenti attuativi di dettaglio “ a cascata”, in cui solitamente si regolamenta, anche per i campi di terra dimensione e tipologia degli arredi funebri da applicare o apporre, se c’è scritto che le quadre ad inumazione debbono restar libere, solo con l’erba nelle zone non immediatamente a ridosso delle fosse, o lungo i vialetti d’inter-fossa il problema è già risolto.
            2) la stessa natura del campo comune ad inumazione che non prevede, certo, concessione, ma solo il diritto d’uso sulla singola buca. La differenza sembra sottile, ma è fondamentale, nel rapporto concessorio posto in essere, anche per i campetti, a questo punto“PRIVATI” a sistema di inumazione il concessionario vanta, infatti, diritti più ampi e compositi, tra cui una maggior libertà di scegliere le suppellettili funebri (copri-tomba, lastre sepolcrali, oggetti votivi, iscrizioni…), mentre a mente dell’Art. 62 DPR n. 285/1990 solo sulle aree avute in concessione quest’operazione sarebbe legittima, in quanto in campo comune d’inumazione dovrebbe esser distinto (salvo deroghe contemplate da regolamento comunale e piano regolatore cimiteriale e dettate da ovvi sentimenti di pietas) dal solo cippo identificativo posto ad individuare ogni singola fossa.
            3) Il regolamento municipale o quale (si spera, almeno!) di solito contiene una “normetta” lungimirante di tal tenore: “Tutti i lavori di manutenzione sulle tombe (eccetto coltivazione dei fiori e pulizia delle lapidi, naturalmente, o comunque piccoli interventi ordinari) deve esser preventivamente autorizzato dall’ufficio cittadino della polizia mortuaria”, questo per evitare che qualcuno, con spirito un po’ troppo intraprendente s’improvvisi “padrone del cimitero”, magari proprio mutando la fisionomia originaria delle parti comuni nel camposanto, quali – e l’esempio è quanto mai calzante, i campi comuni d’inumazione. Lo stesso regolamento comunale può specificare i comportamenti legittimi di cura delle sepolture, proibendone, per converso altri, perchè ritenuti, a ragione, contra legem: esempio: se sulle tombe a terra è consentita la piantumazione dei fiori, come pratica rituale è, invece, inibito piantare nei campi comuni…UNA SEQUOIA (esagero volutamente, così almeno ci capiamo!) o comunque un albero d’alto fusto che ecceda la superficie della singola fossa, i motivi sono sin anche scontati e non sto ad enumerarli.

            Con un pizzico di fantasia giuridica la questione si risolve sicuramente, la via maestra, comunque, consiste nell’adozione di una norma ad hoc, di una disposizione d’imperio, magari dotata di un proprio impianto sanzionatorio, così da scongiurare atteggiamenti eccessivamente garibaldini e libertari da parte dell’utenza.

            Attenzione, dunque, se una regolamentazione troppo lassista e lacunosa può provocare l’anarchia (male sommo ed assoluto nel governo di un bene pubblico e demaniale) anche una disciplina troppo capillare può risultare, per eterogenesi del fini, persino controproducente o a volte criminogena, si rimarca, in ultima istanza, l’importanza della funzione di sorveglianza e controllo, da parte del responsabile dei servizio di custodia su quanto avviene entro il sacro recinto cimiteriale, le situazioni anomale vanno segnalate alla competente autorità comunale, spettando a quest’ultima l’adozione di specifiche (contro-)misure, anche di diritto punitivo, ma molto, come sempre, dipende del contratto di servizio stipulato tra amministrazione e gestore dell’impianto.

  5. Buongiorrno,
    mi occupo dei servizi cimiteriali e desideravo sapere se esiste una qualche normativa (Regione Lombardia) che spiega come mantenere i campi comuni decennali negli spazi tra una fossa e l’altra. Il Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria e Cimiteriale non dice nulla in proposito, ma di fatto l’Amministrazione Comunale non fa alcuna manutenzione, lascia la nuda terra e se cresce erba la taglia e di conseguenza alcuni cittadini di propria iniziativa e senza chiedere alcuna autorizzazione hanno posato del ghiaietto attorno alla fossa del proprio defunto.
    Naturalmente sono stati invitati ad asportarlo, non ottemperando è stato fatto d’ufficio, e loro lo hanno rimesso.
    Io non ho trovato alcun riferimento normativo se non l’art. 15, comma 1, del Regolamento Regionale della Lombardia n. 6/2004 che non dice molto, a cui potermi appellare.
    Grazie.

  6. X Ettore,

    Il profilo professionale in grado di ricoprire il ruolo di operatore di sala settoria è stata individuato nel tecnico di laboratorio biomedico.

    Già a partire dagli anni ‘30 fu emanata una serie di Decreti con lo scopo di riconoscere le figure ausiliarie in ambito sanitario, ma tali norme erano prevalentemente volte a definire il ruolo di infermiere oppure ostetrica.

    Dopo tali tali decreti si sono succedute diverse norme, di differente grado gerarchico e di specialità, che hanno introdotto nuove figure professionali ancillari, tra cui quella del tecnico di laboratorio medico.

    Tra queste, la norma che ha dato un primo inquadramento organico è stata il D.M. 745 del 1948 che riconosceva nel tecnico sanitario di laboratorio biomedico “l’operatore sanitario, in possesso del diploma universitario abilitante, responsabile degli atti di sua competenza, che svolge attività di laboratorio di analisi e di ricerca relative ad analisi biomediche e biotecnologiche ed in particolare di biochimica, di microbiologia e virologia, di farmacotossicologia, di immunologia, di patologia clinica, di ematologia, di citologia e di istopatologia”.

    Più recentemente, tutte le professioni sanitarie paramediche, ed in particolare quelle ad indirizzo tecnico, sono state, ulteriormente, considerate e “messe a fuoco” con la legge n. 251 del 10 agosto 2009 e dal D.M. 29.03.2010, che specificano gli obiettivi formativi e più in generale i compiti degli operatori delle professioni sanitarie. A tali fonti del diritto si opera, pertanto, un proficuo rinvio.

    Per il rapporto di lavoro molto dipende dall’Ente che eroga il servizio necroscopico nelle strutture di medicina legale (Dipartimento di medicina legale, Clinica Universitaria, obitorio comunale…)

    1. Attualmente in italia esistono infermieri con master in infermieristica legale e forense il primo master è stato istituito nel 2006 nei maggiori atenei italiani (roma firenze milano) esistono inoltre da alcuni anni corsi universitari di perfezionamento in tecnica sanitaria autoptica (ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE DI MILANO) e master specifico in tecnica autoptica organizzato dall’universita’ Sapienza di Roma, quindi la figura piu’ idonea per poter operare in SALA SETTORIA sia universitaria che ospedaliera e’ L’INFERMIERE LEGALE E FORENSE.

  7. X Monica,

    quali passaggi formali, allora, intraprendere per candidarsi alla gestione della manutenzione ordinaria di un cimitero (immagino di piccole dimensioni)?

    Ora: pulizie in generale e sfalcio del verde, almeno nelle parti comuni di proprietà demaniale ex Art. 824 Comma 2 Cod. Civile , se escludiamo le scabrose operazioni cimiteriali e la tenuta dei pubblici registri, attengono comunque ai servizi cimiteriali stessi e di solito sono prestazioni erogate dal medesimo personale cimiteriale, mentre per le tombe erette su suolo dato in concessione è il concessionario stesso ex Art. 63 comma 1 DPR n. 285/1990 a dover garantire il solido e decoroso stato del manufatto.

    Il concessionario potrebbe demandare ad impresa esterna questi compiti (come ad esempio avviene nei condomini), naturalmente in possesso dei requisiti assicurativi ed antinfortunistici e delle necessarie autorizzazioni, per poter operare in cimitero.

    In ogni caso il rapporto che s’instaurerebbe dovrebbe esser pur sempre contrattualizzato, per escludere lavori in nero o sottobanco soprattutto in un impianto di proprietà pubblica, quale è il camposanto comunale.

    Quindi il privato deve iscriversi in Camera di Commercio e ovviamente essere una impresa (individuale, società, ecc..)

    Poi occorre vedere se il regolamento comunale di polizia mortuaria preveda obblighi per le imprese che operano dentro i cimiteri (ad es. assicurazione obbligatoria minimale per eventuali danni, ecc.).

    O ancora se è richiesto dal Comune la iscrizione in un elenco degli operatori che intendono prestare la propria opera nei cimiteri.

    Ovviamente sono i cittadini i quali si rivolgono alla ditta a pagare le prestazioni, esattamente come fanno con i marmisti, i giardinieri.

  8. Mi piacerebbe moltissimo dedicarmi alle manutenzione dei cimiteri ma non so s come iniziare, nel senso, posso mettere un cartello fuori del cimitero , o devo andare in comune a chiedere permesso a anche e se la cosa è individuale all’interno di esso?

  9. X Davide,

    chiedo, anticipatamente scusa per il RITARDO MOSTRUOSO con cui rispondo, ma mi sono accorto solo oggi del quesito proposto:

    La formazione professionale è, per Costituzione, oggetto di legislazione regionale concorrente.

    L’art. 15, comma 3 L. R. (Puglia) 15 dicembre 2008, n. 34, attribuisce ad apposito regolamento comunale la determinazione delle modalità generali e dei requisiti per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività funebre.
    Il successivo comma 5 individua alcuni di questi requisiti, che, quindi, vanno considerati come “minimi” o non derogabili. Senz’altro, accanto (o, in aggiunta) ai parametri formativi individuati dalla legge regionale, il comune può / potrebbe individuare titoli e materie “integrativi”.

    Per inciso, ho qualche perplessità, in tale comma 5, in relazione alla lett. c), dal momento che la legge regionale non affronta, neppure rinviando eventualmente a regolamento regionale, la questione della c.d. formazione professionale (che, invece, trova riscontri in norme di altre regioni, oltretutto con “livelli” di formazione del tutto differenziati (si va da un minimo di 24 ore di formazione fino a 600 ore di formazione), Ciò è incoerente perché si dovrebbe fare riferimento a norme in materia di formazione professionale di altre regioni, ma anche (materialmente) appare abbastanza poco proponibile che un titolare di attività funebre e tutto il proprio personale acquisiscano il “diplomino” di formazione professionale in altra regione, perché, tra l’altro mancherebbe una norma transitiva sulla validità del titolo conseguito presso un diverso ordinamento regionale. E’ questo (= la competenza territoriale) il limite insormontabile di una polizia mortuaria riformata su base locale.

    E’ possibile ipotizzare che la legge regionale non si sia addentrata in questi aspetti, per evitare di intervenire ” a gamba tesa” e, così, invadere la sfera di attribuzioni proprie di altra Direzione regionale (ed Assessorato), cioè di quella dedicata, specializzata in formazione professionale.

    Ad esempio, il comune potrebbe definire, con il regolamento di cui al comma 3, qualche aspetto di maggiore dettaglio su queste “sufficienti conoscenze teorico-pratiche”, ad esempio prevedendo una soglia minima di durata della formazione professionale, con l’inciso, “… anche acquisita in altra regione, e fino a ché la regione non definisca specificatamente ….”
    2) Il regolamento comunale dovrebbe (non sembri una tautologia) stabilire le norme, di rango regolamentare, proprie dei comuni (vedi, anche, l’art. 117, comma 6, terzo periodo Cost.), non può esser un surrogato di una norma primaria ancora inesistente, anche perché lo studio della materia funeraria avrebbe un senso se praticato in modo omogeneo sul territorio e non con effetti “arlecchino”, a macchia di leopardo.

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