Giungono spesso, in redazione, domande sull’annoso e poliedrico problema della voltura nelle concessioni cimiteriali: per una trattazione specifica del problema si rinvia preliminarmente a questo link: https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html
L’incipit di questo breve saggio riassuntivo, necessario all’inquadramento dogmatico dell’affaire: “voltura della concessione disgiunta dallo jus sepulchri: i possibili effetti distorsivi” è formato da una citazione d’autore, tratta da “Cessione giudiziale di sepolcro a ristoro di debito: condizioni di ammissibilità ed effetti”
di Sereno Scolaro (I Servizi Demografici n. 10/2009)
La disponibilità dei sepolcri.
[….]Se fino al 9 febbraio 1976 (in quanto al 10 febbraio 1976 era entrato in vigore il d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803) si sarebbe potuto discutere se i sepolcri potessero, o meno, essere oggetto di disposizioni per atti tra vivi o per causa di morte, sulla base della previsione dell’art. 71, commi 2 e ss. r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880 1, il quale prevedeva, a certe condizioni neppure tanto ampie, simili ipotesi, anche in relazione al fatto che, essendo tale previsione in contrasto con la previsione dell’art. 824, comma 2 c.c. 2, si veniva a porre, tra l’altro, l’ulteriore questione se il predetto r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880 avesse natura di norma di rango primario oppure di rango secondario (questione che, se risolta nel primo senso consentiva di qualificare tale disposizione come norma speciale rispetto alla pari-ordinata, e previgente, disposizione del codice civile, mentre se risolta nel secondo senso, portava a concludere per l’inefficacia del predetto art. 71, commi 2 e ss. r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880), a partire dalla data del 10 febbraio 1976, risulta divenuto fuori di dubbio come il diritto di sepolcro non sia proprio suscettibi le di atti di disposizione tra vivi o per causa di morte, tanto più che il diritto di sepolcro, per sua natura ha carattere personale e, come tale, deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario (o dell’appartenenza all’ente, per queste concessioni), appartenenza familiare che prescinde dalla proprietà, materiale, del manufatto sepolcrale.
Non altrettanto netta è la preclusione alla disponibilità della componente “patrimoniale” del (o, meglio, sul) manufatto sepolcrale, che conservando, fino alla scadenza della concessione (o a tempo indeterminato, se la concessione dell’area sia stata rilasciata a tempo indeterminato) il contenuto “patrimoniale”, pur cui può anche (e forse) ritenersi ammissibile un mutamento nella proprietà del manufatto sepolcrale medesimo.
Ciò potrebbe portare il gestore del cimitero a ritenere ammissibile il fatto di provvedere alle registrazioni conseguenti all’atto giudiziale, quale esso sia purché definitivo, di soddisfacimento di crediti vantati nei confronti del precedente titolare della proprietà sul manufatto sepolcrale medesimo, non tanto sotto il profilo del soddisfacimento del credito (non rilevante dal punto di viste delle registrazioni cimiteriali), quanto dal punto di vista di prenderne atto degli effetti sulla titolarità del manufatto sepolcrale.
Solo che non si può prescindere dal considerare come tale titolarità sul manufatto sepolcrale costituito dalla cappella funeraria comporta che il soggetto subentrante ne abbia acquisito gli aspetti disponibili, cioè sia venuto a trovarsi, accettandola, nella condizione di assumere le obbligazioni che riguardano la cappella funeraria, ma senza che ciò possa minimamente comportare che il soggetto subentrante acquisisca anche il diritto di sepolcro, in quanto esso è collegato all’appartenenza alla famiglia o, per le concessioni fatte ad enti, all’appartenenza all’ente, secondo quanto previsto, in concorso tra loro, dall’atto di concessione e dall’ordinamento dell’ente 3. Non solo, ma tra le obbligazioni che sorgono dalla titolarità della componente patrimoniale del manufatto sepolcrale, vi è anche quella della conservazione in essa dei feretri già tumulativi, nonché dell’accoglimento di quelli di altre persone che, appartenendo all’ente, rientrino nella riserva per cui sussiste il diritto di sepoltura”.
Sembrano, così, necessarie alcune premesse di ordine generale.
Il diritto di sepoltura in un sepolcro privato ex art. 93 comma 1 I Periodo D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, cioè in concessione a singola persona, famiglia (od ente – persona giuridica -, ma qui si trascura l’ipotesi in quanto non pertinente) è “riservato” alla persona del concessionario nonché alle persone appartenenti alla famiglia di questi, si trascura volutamente la fattispecie, qui residuale, del sepolcro ereditario.
L’individuazione delle persone che siano da considerare quali afferenti (cioè membri) alla famiglia del concessionario, è, di norma, oggetto di definizione da parte del Regolamento comunale di polizia mortuaria ed in subordine dall’atto di concessione, il quale – naturalmente, avendo natura para-contrattuale (ha valore di legge tra le parti contraenti ex Art. 1372 Cod. Civile) non può certo violare la norma amministrativa da cui trae, pur sempre legittimità, in effetti il regolamento comunale di polizia mortuaria si pone come logica premessa fondamentale e sovraordinata rispetto a tutti i procedimenti di polizia mortuaria dell’Ente Locale, quando, ovviamente, quest’ultimo non agisca d’ufficio.
Per altro, è legittimo che il concessionario, al momento della stipula dell’atto di concessione (ma solo ed unicamente in questo momento costitutivo del rapporto giuridico) possa indicare alcune proprie specifiche volontà integrative, come, esempio, l’ampliamento della rosa di soggetti viventi portatori dello jus sepulchri, di escluderne alcuni potenzialmente titolari, se operasse di default l’art. 93 comma 1 D.P.R. n.285/1990 o simili, decisione irrevocabile che deve, comunque, risultare esplicitamente dall’atto di concessione.
Per quanto riguarda un secondo aspetto strategico nella gestione cimiteriale, ovvero la questione se il coniuge superstite del concessionario abbia diritto automaticamente alla successione del sepolcro o meno, va osservato come si tratti anche di questo caso di materia che è oggetto di regolazione, in via esclusiva, da parte del Regolamento comunale di polizia mortuaria: infatti, tale situazione può essere affrontata con diversi approcci metodologici, anche di ampio respiro, vale adire in proiezione di A volta anche in modo differenziato, nello stesso ambito comunale, per tipologie di sepolcri.
Ne consegue che è imprescindibile un rinvio alle norme di tale Regolamento comunale di polizia mortuaria.
Rimando che si rende, ulteriormente, necessario per gli esiti del rapporto concessorio in conseguenza del decesso del concessionario primitivo (cioè del fondatore del sepolcro).
Infatti, anche per questa evenienza nefasta (comunque certa, poichè è giocoforza che il concessionario, persona fisica, prima o poi abbia a decedere, specie se la concessione si protrarrà per tempi molto lunghi o, addirittura, indeterminati), il Regolamento comunale di polizia mortuaria potrebbe prevedere, ma potrebbe anche escludere, che vi sia un c.d. “subentro” al concessionario primo in seguito al suo decesso, individuando quali persone appartenenti alla famiglia vi abbiano titolo (nonché le eventuali altre conseguenze, come ad esempio l’imputazione degli oneri manutentivi o anche la stessa titolarità dello jus sepulchri, compressa o dilatata a nuovi fruitori dello spazio sepolcrale).
Non si può nemmeno negare, a priori (cioè senza fare riferimento alle norme dello specifico Regolamento comunale di polizia mortuaria), che possa sussistere la previsione di una cessazione della concessione per causa estintiva, ma non patologica, nel qual caso, invece, interverrebbe la dichiarazione di decadenza sanzionatoria (https://www.funerali.org/cimiteri/la-decadenza-delle-concessioni-cimiteriali-915.html).
Per altro, e – sempre – facendo salve le norme di questa fonte regolamentare, potrebbe anche essere ammissibile che “terzi” (ossia persone che non abbiano titolo sulla concessione in quanto non appartenenti alla famiglia del concessionario ai fini del diritto di essere sepolte nel singolo sepolcro), possano assumere – a questo punto, unilateralmente – obbligazioni di ordine patrimoniale, come gli oneri relativi alla manutenzione, ordinaria e straordinaria, del manufatto tombale (almeno, fino a quando esso non rientri nella piena e libera disponibilità del comune).
Questo farsi carico di obbligazioni (in sostanza aventi carattere di liberalità) originariamente non proprie, richiederebbe, sotto il profilo della forma, un atto pubblico, registrato; per il quale va corrisposta l’imposta di registro in misura fissa (D.M. (Fin.) 15 dicembre 1977, n. 13348) (a rigore, dovrebbe essere esclusa la trascrizione nei registri immobiliari presso l’Agenzia del territorio ex D. Lgs. 30 luglio 1999 n. 300, ora confluita, da 2012 in avanti, nell’Agenzia delle Entrate, in quando il diritto sull’area cimiteriale non ne è soggetto) e debitamente depositato agli atti del comune.
Per altro, prima che le persone interessate ad accollarsi quest’obbligazione unilaterale a carattere patrimoniale procedano in questo senso, risulta del tutto opportuno (per non dire necessario) un approfondimento volto a verificare l’effettiva portata delle previsioni dello specifico Regolamento Comunale di polizia mortuaria.