Ci è pervenuto il quesito seguente:
Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?
I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?
No, la risposta è negativa.
Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).
Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.
Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:
· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione
· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.
L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.
Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.
L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.
In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.
Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.
Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.
Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.
Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:
Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.
Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.
Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.
Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.
Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.
Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o speculazione
X Giacomo,
alla morte del concessionario di un loculo la sorte della concessione, cioè della titolarità del loculo stesso, e quella delle spoglie mortali in esso contenute segue due percorsi differenti “a rime parallele” che possono anche non intersecarsi, ma proseguire distintamente ed in modo autonomo.
1) In effetti, alla morte del concessionario, di solito, subentrano i suoi discendenti aventi causa jure sanguinis e, a certe condizioni hanche jure successionis nell’intestazione della sepoltura e divengono essi stessi titolari dello Jus Sepulchri il quale, ovviamente, si esercita, in senso attivo e passivo, sino alla naturale saturazione della capacità ricettiva del sepolcro ex Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990.
Il feretro già racchiuso nel loculo ha diritto a permanervi per tutta la durata della concessione (se essa è a tempo indeterminato il problema non si pone nemmeno), ma su quest’ultimo ex Art. 88 DPR n. 285/1990 i congiunti hanno il sacrosanto diritto, durante e dopo il periodo legale di sepoltura, di esercitare il loro diritto di disposizione, scegliendone la destinazione, magari traslandolo in un altro avello.
Attenzione: il concessionario potrebbe non sempre coincidere con chi vanti sulla spoglia del de cuius un diritto di disposizione, bisogna, infatti, tener sempre distinti questi due aspetti: a) titolarità del sepolcro b) la titolarità solo unicamente jure sanguinis e mai jure haereditatis a porre in essere atti di disposizione, in termini di pietas sui defunti
Di conseguenza Sua madre, come mi sembra di capire, se non è né co-intestataria della concessione né legata jure sanguinis al concessionario non vanta lo jus sepulchri in quel determinato loculo, per un futuro avvicinamento con il coniuge premorto, a meno di non ricorrere all’istututo della benemerenza di cui all’Art. 93 comma 2 DPR n. 285/1990, il quale, però, richiederebbe: a) una particolare autorizzazione del concessionario a tumularvi la salma di persona estranea al suo nucleo famigliare (la concessione sorge sempre sibi familiaeque suae ossia per il fondatore del sepolcro e per la di lui famiglia) b) l’autorizzazione di tutti coloro i quali avendo diritto di sepoltura in quel loculo vedrebbero compresso il proprio jus sepulchri
X Giacomo,
No, l’ipotesi non è proprio percorribile, in quanto l’istituto della rinuncia segue unicamente le modalità e le procedure del regolamento comunale di polizia mortuaria. La cugina, con atto scritto e debitamente firmato può senz’altro retrocedere la concessione, ma solo ed esclusivamente al comune (il cortocircuito tra privato e privato non è ammesso) il quale provvederà a riassegnarlo in base alle proprie graduatorie. Il posto feretro in oggetto, appartiene al demanio comunale specifico, e pertanto ex Art. 823 Cod. Civile non è né alienabile né, tanto meno, usucapibile. La cugina, poi, potrebbe, come extrema ratio, richiedere una novazione della concessione (sempre se ciò sia consentito dal regolamento comunale), cioè estinguere, con il placet del Comune, il precedente rapporto giuridico, così da instaurarne uno completamente nuovo, avente, però, per oggetto lo stesso loculo; con quest’operazione, laddove possibile, si potrebbe dilatare o comunque ridefinire, alla luce di criteri più ampli o, se si preferisce, meno selettivi, il concetto di “Riserva” ex Art. 93 DPR n. 285/1990, cioè il novero delle persone titolari dello jus sepulchri in quel particolare manufatto sepolcrale.
x Carlo
scusami ancora ,se mia cugina facesse domanda di rtnuncia e io contemporaneamente a lei ne facessi richiesta è ipotizabile che mi venga attribuito il loculo in quanto parente? se no perchè visto che al Verano di Roma sono vietati nuove sepolture a meno che nn abbiano gia il posto? grazie x la tua gentilezza
x Carlo
Allora il loculo del 1958 dove è seppellito mio padre può essere, in futuro lontano spero, aperto da me per tumulare mia madre anche senza interpellare gli eredi del concessionario per acquisito ius sanguiniis (in quanto dentro c’è mio padre) e se loro morissero prima di me mi sarebbe comunque concesso di aprirlo dalla direzione del Cimitero?
X Giacomo,
In buona sostanza le questioni in esame sono due, così per mia per personalissima comodità parto dalla seconda (oggi mi riesce tutto a rovescio) ossia quella inerente alla cessioni per acta inter vivos (leggasi atti negoziali a contenuto privatistico) della titolarità su di un manufatto sepolcrale da parte di Sua cugina.
L’Art. 71 del Regio Decreto 21/12/42 n. 1880, in vigore sino al 9 febbraio 1976, consentiva la trasmissione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture. Ammessa la legittimità di cessione in sede locale (in quanto consentita dal regolamento municipale di polizia mortuaria), tale azione di “compravendita” è stata possibile fino alla entrata in vigore del DPR 21/10/1975 n. 803 (cioè fino al 10/2/1976…due giorni dopo il mio compleanno n.d.r.!).
Difatti il diritto d’uso delle sepolture venne regolato dal Titolo 18 del DPR 803/75, che non consente più dette cessioni, anzi esplicitamente (art. 93/4) fa divieto di nuove concessioni a chi mira a farne oggetto di lucro o di speculazione. Con l’art. 109/2 viene abrogata ogni disposizione contraria o comunque incompatibile col DPR 803/75. Circa il pregresso vale unicamente e fino al 10/2/76 quanto stabilito all’ultimo comma del citato art. 71 del R.D. 1880/42, ovvero per coloro che notificavano al Comune, la cessione o trasmissione del diritto d’uso il Comune era tenuto a dar riscontro entro 1 mese. Dopo l’entrata in vigore della nuova normativa (10/2/76) non possono più sussistere cessioni o trasmissioni del diritto d’uso di un sepolcro. E’ opinione dello scrivente che il Comune avesse tempo fino al 9/3/76 per esprimersi su notifiche pervenute fino ad un mese prima. Pertanto, in relazione al quesito posto, non si vede altra soluzione se non il ricorso a rinuncia dell’originale intestatario, con relativa retrocessione del loculo al comune e rilascio di nuova concessione. Quindi siamo abbondantemente fuori tempo massimo di circa 37 anni!!!!) per un’operazione di questo tipo. Eventuale avvicendamento nella titolarità della concessione per acta inter vivos e non per subentro amministrativo, sarebbe dunque nullo di diritto e NON rileva assolutamente se alcuni regolamenti comunali magari un po’ antiqui ed obsoleti, magari approvati in regione di Regio Decreto n. 1880/1942 contemplino ancora questa fattispecie negoziale, per il principio di gerarchia tra le fonti del diritto sono quest’ultimi a doversi adeguare alla normativa statale
Quanto, poi, al secondo problema vorrei puntualizzare quanto segue
1) Va premesso che la titolarità della concessione dovrebbe risultare da regolare atto di concessione e che il diritto di sepoltura nei sepolcri privati è definito dall’atto di concessione e dal regolamento comunale di polizia mortuaria, al quale spetta anche di individuare l’ambito delle persone da considerare quali familiari del concessionario. Occorre anche dire come molti regolamenti comunali, specie nel passato, non presentassero disposizioni particolarmente precise nell’’individuazione delle persone appartenenti alla famiglia del concessionario, in questo caso, allora, si dovrebbero seguire di “default”, cioè in automatico le disposizioni di cui all’Art. 93 DPR n. 285/1990
2) Nei pubblici registri cimiteriali sono annotate diligentemente tutte le sepolture, di conseguenza niente paura, perché la Legge, ossia il Comune può individuare in ogni momento il luogo preciso ed esatto in cui sono state collocate le spoglie mortali di Suo padre e Lei verso quest’ultime è sempre titolare di un diritto di disposizione, magari per traslarle verso un’altra destinazione e gli eventuali concessionari subentrati allo zio nel frattempo deceduto, non possono inibirLe l’esercizio di questo potere personalissimo legato allo jus sanguinis, da declinare sendo il principio di poziorità. Aggiungo, anche che all’atto della tumulazione il comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale, autorizza in base ad una verifica preliminare (magari, invero, nemmeno troppo strutturata) sullo jus sepulchri del defunto, appunto da tumulare in quel dato sepolcro privato. Il feretro di Suo padre aveva senz’altro diritto di accoglimento nella tomba di cui Lei mi parla, ad ogni modo si tenga sempre distinta la mera titolarità della concessione con la legittimazione a porre in essere atti di disposizione su salme, cadaveri, ossa, ceneri e resti mortali, poiché quest’ultima, a volte, è scissa dal contenuto patrimoniale dello jus sepulchri e segue unicamente la regola dello jus sanguinis
3) Quanto al sepolcro concesso nell’anno 1958 (quindi ancora in regime di possibile
concessione perpetua) dopo la morte dello zio originario titolare bisogna
appurare se vi sia stata la cosiddetta voltura nella titolarità della
concessione. Chi sono i nuovi concessionari? Consiglio una ricerca approfondita presso gli archivi comunali.
Colgo, poi, l’occasione per puntualizzare alcuni aspetti dell’istututo del subentro:
Un problema di non poco conto, in effetti, riguarda la necessità di assicurare l’adeguata manutenzione del manufatto sepolcrale, dovere che grava in primis sul fondatore concessionario del sepolcro al fine di assicurare la continuità dell’osservanza di tale obbligo anche in seguito alla morte del fondatore/concessionario del sepolcro, è opportuno che gli aventi causa del fondatore subentrino nella posizione del concessionario originario mediante il c.d. subentro o voltura della concessione amministrativa .
Autorevole dottrina ritiene che, ove l’istituto del subentro nella posizione del concessionario originario non sia contemplato in sede di regolamentazione comunale ovvero nell’atto di concessione del sepolcro, la morte del fondatore farebbe venir meno ogni figura di soggetto obbligato in base alla concessione.
Mentre il diritto al sepolcro in senso stretto, alla morte del concessionario, si trasferisce agli aventi diritto, non altrettanto accade per la concessione cimiteriale, cosicché si potrebbe determinare “una situazione per la quale il concessionario sia deceduto e non vi sia altro concessionario, mentre la proprietà” superficiaria dei manufatti si trasferisca agli aventi causa42 “i quali vengono ad avere l’onere della manutenzione, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno acquisito diritti sulla concessione cimiteriale, primo dei quali lo jus sepeliendi”.
Si è, quindi, condivisibilmente ribadita la centralità delle previsioni contenute nel regolamento comunale di polizia mortuaria, atteso che si potrebbero ipotizzare due soluzioni, tra loro alternative, dalla cui scelta discendono conseguenze assai diverse:
1. «la limitazione del subentro per il solo diritto di jus sepulchri, ferma restando la posizione del concessionario (leggi, fondatore del sepolcro) nella persona originariamente individuata, cosicché l’individuazione delle persone destinate alla sepoltura nel sepolcro privato è sempre valutata sulla base delle relazioni intercorrenti con il concessionario (fondatore del sepolcro) originario»;
2. ricorso al subentro nella posizione del concessionario, apparendo questa l’opzione da preferire poiché permette di ricondurre a unità il complesso di posizioni giuridiche che già facevano capo al concessionario originario.
Sarebbe pertanto opportuno che i regolamenti comunali così come i singoli atti di concessione prevedessero che, alla morte del fondatore, subentrino nella posizione di concessionario dello spazio cimiteriale uno o più dei titolari dello jus sepulchri in senso stretto.
X Carlo
Buonasera carlo ho due quesitie vorrei una spiegazione chiara il piu possibile ti prego…………Nel 1990 è deceduto mio padre giovanissimo 55 anni. Datosi che era il primo nipote che veniva a mancare, i suoi zii carnali (fratelli di mio nonno) di comune accordo decisero che sarebbe stato sepolto al Cimitero del Verano nel “fornetto” dove erano sepolti i nonni di mio padre. Questo fornetto fu acquistato nel 1958 da uno dei zii di mio padre (nominativo solo ed esclusivamente suo). All’atto della sepoltura di mio padre lui provvide a tutti gli atti burocratici (apertura del fornetto,raccolta delle salme dei nonni,tumulazione di mio padre e rispettivo pagamento delle tasse cimiteriali per tali operazioni) poichè lui eraintestatario del loculo. Allo stesso tempo disse a mia madre: ” il posto al fianco di tuo marito quando sarà ce l’hai”. Ora col tempo tutti i zii di mio padre compreso l’intestatario del loculo sono venuti a mancare …………….la domanda che io ti pongo è questa: Qualora venisse a mancare mia madre come faccio io a fare aprire il loculo dove è seppellito mio padre? io nn ho alcun documento in mano che attesti che dentro quel loculo c’è mio padre nè questo zio ha lasciato nulla di scritto x fare rispettare questa volontà!! Devo fare intervenire i suoi figli per farlo aprire? e se costoro dovessero morire prima di mia madre? come faccio?Devo farmi lasciare qualcosa di scritto? ti prego dimmi tu perchè sto pensiero mi angoscia un po……….
Seconda problematica……….al Verano uno zio di mio padre prima del 1975 acquisto un “fornetto” per seppellire i figlio morto a 10 anni. Col tempo lui al Verano si è costruito la tomba di famiglia dove è sepolto insieme alla moglie. Ora la figlia di questo zio vuole portare la salma di suo fratello nella tomba di famiglia e ha espresso la volontà di cedere il “fornetto” ad una persona della famiglia che abbia lo stesso cognome (nn a terzi) . Io ho lo stesso cognome e questa figlia è cugina mia di 2° grado……….Può cedermi il fornetto considerando che il padre lo ha acquistato prima del 1975 ? e che passi si devono fare?…………..ti ringrazio infinitamente e resto in attesa di una tua risposta.
X Giuseppe:
ribadisco, se necessario il concetto già in precedenza espresso: gli jura sepulchri sono, per la loro intima natura, extra commercium, ossia sottratti alla disponibilità, per acta inter vivos, dei loro rispettivi titolari. A nulla vale la loro cessione a titolo gratuito. Lo jus sepulchri si acquisisce con la nascita e si esercita, come riflesso sul futuro, una volta morti, forse è l’unico diritto a proiettarsi in un dimensione postuma, quando come è notorio, la morte estingue la capacità giuridica di un individuo.
Nella pagina di una vecchia rivista, alla voce “questionario”, ho letto quanto segue : La sepoltura di Famiglia “non cade nei bani economici ereditari”, ogni discendente “JURE SANGUINIS” del fondatore (e rispettivi coniugi), all’infinito, ne sono contitolari “PRO INDIVISO”, con diritto di eguale grado, che si attua man mano in ordine di premorienza, così salvo diversa disposizione del fondatore che abbia fatto tutto preventivamente assegnazione nominativa o salvo divisione concordata fra tutti i contitolari con assegnazione di quote.
In caso di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari. Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma non e’ ammesso che i concessionari regolino tra loro una sorta di “ripartizione” quantitativa dei posti, salvo che ciò non sia – espressamente – previsto dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ipotesi nella quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe regolare le forme e le modalita’ di “registrazione” di questa “ripartizione” da parte degli uffici comunali.
Il diritto di sepolcro e’ riservato ai concessionari e alle persone appartenenti alla famiglia dei concessionari, famiglia che, a questi fini, è stabilita nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, altrimenti, per default opererebbero gli Artt. 74, 75 76 e 77 Cod. Civile.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di utilizzo (decesso delle persone rientranti nella riserva), aspetto non prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro). Infatti, i diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di pari-ordinazione e l’uso e’ connesso solo al verificarsi dell’evento (certo, ahnoi, ma non prevedibile, come comprensibilmente noto).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha titolo, una volta stipulato l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno ancora ha il potere consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qaulita’ di persone benemerito per il concessionario, trrattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale qualita’).
Quando venga a decede il concessionario (o, uno di essi, in caso di co-intestazione) spetta al Regolamento comunale di poliza mortuaria tregolare gli effetti, potendo questo sia prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Al di fuori dei casi dell’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non e’ ammissibile lòa tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo stesso art. 93, 1, cosa che se richiesta comporta, di èper se’ stesso, la dichiaarzione di didecadenza dalla concessione.
E’ sempre inammissibile una tumulazione in sepolcro di terzi, seppure temporanea, ipotesi che determina la decadenza dalla concessione, quando fosse evenmtualmente richiesta (per altro, in alcuni comuni, e’ – erroneamente – tollerata questa indebita prassi, ipotesi nella quale potrebbe agire unciamente il concessionario).
Di conseguenza l’unico atto unilaterale di disposizione consiste nella rinuncia, che va inoltrata e formalizzata all’ufficio comunale della polizia mortuaria, pertanto, essendo la concessione un rapporto paracontrattuale non gestibile in piena autonomia tra privati, una semplice scrittura privata non è elemento di diritto e lascia estraneo il comune, quale ente concedente, all’eventuale bonaria ripartizione, la quale non rileva se non per tacito accordo tra le parti in giuoco.
Si trasmette qui di seguito una possibile impostazione dell’atto di retrocessione (si badi: al comune non tra privati) della propria quota di jus sepulchri, ovviamente chi rinuncia perde per sempre per sè ed i propri aventi causa l’uso della tomba per il proprio post mortem.
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Atto di rinuncia alla concessione cimiteriale.
Al Comune di
….. ……..
Oggetto: Atto di rinuncia a concessione cimiteriale.
… l … sottoscritt… ……………………………………., nat… a …………, il ……….., residente a ……., ………, nella sua qualità di |_| concessionario |_| co-concessionario della concessione cimiteriale insistente nel cimitero di ………………………… e contraddistinta quale …………………………………………………,
con il presente atto, rinuncia per sé e per i propri aventi causa alla anzidetta concessione cimiteriale.
([1]) Dichiara di avere già provveduto a dare diversa sistemazione ai defunti già accolti e di avere provveduto alla regolare esecuzione delle opere eventualmente necessarie per consentire il normale utilizzo del sepolcro, come risulta da certificato di collaudo, che si allega.
…………., …………………………
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[1] – Se si tratti di sepolcro in cui erano precedentemente accolti feretri o spoglie mortali; altrimenti depennare.
Gent.mo Carlo, la ringrazio per la risposta tempestiva. Credo comunque di non aver esposto il problema in maniera chiara, pertanto provo a farlo adesso. La famiglia di mio nonno possiede una cappella gentilizia all’interno di un cimitero comunale. All’interno della cappella sono seppelliti madre e padre di mio nonno e altri due parenti di famiglia. Mio nonno ha due fratelli, uno dei quali è defunto. Nella divisione bonaria si è stabilito che i due loculi occupati dai mie bisnonni, ( padre e madre di mio nonno) andassero uno a mio nonno e l’altro a uno dei fratelli, il terzo fratello ha rinunciato.
Adesso, il fratello di mio nonno a cui è spettato il loculo vuole cedere, a titolo gratuito, il suo loculo a mio nonno. Può consigliarmi una scrittura privata per questo tipo di operazione?
La ringrazio per la disponibilità.
X Giuseppe,
i cedenti, o presunti tali, non possono cedere un bel nulla, perchè lo jus sepulchri è sottratto alla disponibilità per acta inter vivos e poi, semmai, è il concessionario ad autorizzare, attraverso apposita istruttoria degli uffici comunali, volta a verificare la pre-esistenza del titolo, ovvero del diritto di sepolcro, di volta in volta l’immissione di nuovi feretri nella sepoltura privata di cui è intestatario, in quanto la sepoltura privata e gentilizia nasce sibi familiaeque suae, ossia per il fondatore del sepolcro e per la di lui famiglia.
La scrittura privata autenticata, registrabile in caso d’uso è assieme all’atto pubblico una delle due modalità idonee a formare e perfezionare quel regolare atto di concessione (formula linguistica sì aulica, ma ufficiale perchè adottata dal legislatore nella stesura dell’Art. 98 DPR n. 285/1990) senza del quale nessun privato può legittimamente vantare diritti ex Art. 823 Cod. Civile su area (diritto di superficie) o costruzione cimiteriale (diritto d’uso) essendo il cimitero un bene afferente al demanio comunale.
Con l’atto di concessione si costituisce il rapporto concessorio tra il comune, ente di diritto pubblico ed il privato, da questa relazione giuridica sorge lo jus sepulchri che non può esser ceduto in alcun modo, a pena di decadenza della concessione stessa a causa di grave violazione unilaterale delle obbligazioni sinallagmatiche contratte dal concessionario, per acta innter vivos.
Quindi: è nullo di diritto ogni atto di disposizione volto a trasmettere lo jus sepulchri (= diritto alla tumulazione in cappella gentilizia) che si acquisisce unicamente jure sanguinis (e per certi versi anche jure haereditatis), ossia per il solo fatto di trovarsi in rapporto di consanguineità con il concessionario. L’unico atto di disposizione ammesso dalla Legge sullo jus sepulchri, con riflessi indiretti (accrescimento delle rispettive quote) sulla sfera giuridica di soggetti terzi coo-titolari dello stesso jus sepulchri è la rinuncia, atto unilaterale che necessita della forma scritta e preferibilmente autenticata, trattandosi, dopo tutto, pur sempre di un diritto personale o, secondo alcuni, addirittura personalissimo. Altrimenti, salvo patti interni tra gli aventi diritto da notificare, comunque, all’amministrazione comunale (regolamento su cosa comune???) data la natura di comunione indivisibile che assume la concessione, l’ingresso dei defunti nel sepolcro si esercita sino all’esaurimento della capacità ricettiva della tomba stessa (se non c’è materialmente spazio per tumulare nuovi feretri lo jus sepulchri, da mera aspettativa qual’è proiettata nell’incertezza post mortem si estingue) ed in ordine alla cronologia degli eventi luttuosi, di per sè del tutto imprevedibili (insomma, citando il Santo Evangelo: “Vegliate perchè non sapete nè il giorno nè l’ora”. Insomma chi prima muore, tra gli aventi titolo, meglio alloggia!
Si tratta solamente di appurare se:
1) ci sia ancora nel sepolcro un posto feretro disponibile
2) la salma della persona interessata abbia diritto di accoglimento in quel dato saccello gentilizio
Salve,
mi trovo a dover redigere una scrittura privata per la cessione di un loculo, o meglio di un posto all’interno di una cappella, all’interno del quale sono tumulati gli avi di mio nonno.
I cedenti del sopracitato loculo sono la nipote di mio nonno, e il fratello di mio nonno.
Il subentrante è mio nonno.
Ci tengo a precisare che ne mio nonno, ne i cedenti sono titolari della concessione. Le domande sono due:
1 Posso redigere una normale scrittura privata per cessione quote di jus sepolcrhi all’interno della cappella? Se no, cosa dovrei fare?
2 Potreste gentilmente consigliarmi un modello di scrittura privata che potrebbe fare al caso mio?
Faccio i complimenti per l’articolo, esaustivo e chiaro.
Grazie