Vendita di tombe tra privati

Ci è pervenuto il quesito seguente:

Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?

I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?

No, la risposta è negativa.

Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).AAAA0049

Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.

Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:

· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione

· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.

L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.AAAA0028

Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.

L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.

In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.

Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.

Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.

Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.

Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.

Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:

Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.

Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.

Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.

Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.

Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.

Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro  o speculazione

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Carlo Ballotta

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210 thoughts on “Vendita di tombe tra privati

  1. Spesso, su questa rubrica, ci ostiniamo (si spera non invano) a ribadire questo concetto: il diritto sul sepolcro “non puo’ essere parimoniale”, e “la sua cessione a terzi per atto inter vivos o mortis causa non è nulla di diritto solo per il fatto di essere in presenza di una concessione amministrativa su beni demaniali ma anche per la violazione delle limitazioni cui la concessione deve rispondere per assolvere alla funzione di sepolcro privato” (così nel volume: Sereno Scolaro – “La polizia mortuaria”, Maggioli Editore, ed. 2000 e ribadito in diverse occasioni nel tempo).

    Secondo il Consiglio di Stato con sentenza n. 3739/2012: “il diritto sul sepolcro già costituito è un diritto soggettivo perfetto di natura reale assimilabile al diritto di superficie, suscettibile di possesso e soprattutto di trasmissione sia inter vivos che per via di successione mortis causa, e come tale opponibile agli altri privati, atteso che lo stesso nasce da una concessione amministrativa avente natura traslativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (Cass. civ. sez. II, 30 maggio 2003, n. 8804, e 30 maggio 1984, n. 3311)”[…]

    […omissis] Altro discorso, poi – continua il giudice amministrativo- è che tale diritto nei confronti della Pubblica Amministrazione sia suscettibile di affievolimento, degradando ad interesse legittimo, nei casi in cui esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongano o consiglino all’Amministrazione di esercitare il potere di revoca della concessione (Cass civ., SS.UU., 7 ottobre 1994, n. 8197): aspetto che tuttavia, come si è già detto, nella presenta vicenda non viene in rilievo. …”

    Questo secondo passaggio del pronunciamento giurisprudenziale ci è molto utile per evidenziare come il rapporto di concessione dell’area cimiteriale giuochi su diversi “versanti”, quello sul rapporto che sorge tra comune e concessionario, e quello che s’instaura tra concessionario e soggetti terzi.

    Altro elemento che, spesso, viene trascurato, e’ il rapporto giuridico che è, nella sostanza, riconducibile, ad un diritto di superficiale, mentre rispetto al manufatto sepolcrale su di questa eretto, ha, per la durata della concessione, una natura patrimoniale, tant’è che l’art. 63 dPR 10/9/1990, n. 285 usa, non a caso, l’espressione “proprietari”.

    Ma, il punto da considerarsi ulteriormente è quello che ha riguardo al diritto d’uso, il quale, a prescindere dalla titolarità formale del manufatto sepolcrale, è oggetto di “riserva” nei riguardi del concessionario e delle persone appartenenti alla famiglia di questi, l’appartenenza non ha, infatti, natura patrimoniale, bensì personale, tanto da non cedere, secondo un certo filone della dottrina, neppure di fronte all’indegnità (art. 463 e ss. Cod. Civile), la quale opera sul piano patrimoniale della successione. Anche quando il discendente indegno possa essere escluso dalla successione mortis causa egli rimane pur sempre… un discendente jure sanguinis, in quanto appartenente alla famiglia del de cujus).
    Obiettivamente, può essere non semplice discriminare tra i diversi aspetti che si hanno nel caso di concessioni cimiteriali.
    _________________

  2. X Paola,

    La situazione soggettiva di stato civile di Suo suocero (matrimonio da annullare, divorzio e relativi procedimenti in atto) non rileva minimamente ai fini di dirimere la questione in oggetto, in quanto la concessione cimiteriale (di area, edificio o porzione dello stesso) attiene ad un bene demaniale (il cimitero, infatti, ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile, appartiene al demanio comunale) ed è, pertanto, sottratta ad atti negoziali inter vivos di contenuto privatistico, ai sensi dell’Art. 823 Cod. Civile.
    Così, dal 20 ottobre 1941, quando, cioè entrano in vigore gli Artt. 823 ed 824 Cod. Civile, è implicitamente vietata la trasmissione o, meglio ancora, la commerciabilità dello jus sepulchri. Nello jus sepulchri, allora, si succede unicamente jure sanguinis, cioè per diritto di consanguineità e mortis causa, laddove, come ha giustamente notato la Suprema Corte di Cassazione, una volta estintasi la dinastia del primo concessionario il sepolcro s’intenda trasformato da familiare (sibi familiaeque suae) in ereditario.
    Ogni cessione dello jus sepulchri (= diritto d’uso sul sepolcro) per acta inter vivos è, pertanto, nulla di diritto e non può esser fatta valere in nessuna sede. Anche una ipotetica donazione, così da evitare il fine di lucro o di speculazione ai sensi dell’Art. 92 comma 4 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria , non sortirebbe gli effetti sperati, poichè l’avente causa subentrerebbe solo negli obblighi manutentivi del sepolcro ex Art. 63 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285, e non nel diritto d’uso, fondamentale invece, per ricevere sepoltura in quella data tomba. Non è, dunque, possibile un cambio di intestazione nella titolarità del loculo.

    L’unica soluzione legale, allora, è la retrocessione del loculo al comune, il quale provvederà a riassegnarlo secondo le modalità stabilite nel proprio regolamento comunale.

  3. Buongiorno,
    Mio suocero ha acsuisito una concessione dal comune di Napoli per un loculo. Premesso che lui ha già un altro loculo libero dove dciamo “soggiornare” quando avverrà, il mio quesito è questo.
    Si vorrebbe dare la possibilità di trasferire alla attuale moglie la concessione del loculo.
    C’è da dir eperò che è in corso un procedimento di annullamento del martimonio e divorzio civile, entrambi i procedimenti ancora non completati.
    Può a questo punto mio suocero trasferire la concessione alla sua prima moglie subordinando il diritto di sepoltura in caso di sua morte o di quella della prima moglie, insicando quindi la stessa come titolare di un diritto di sepoltura? in tal caso quale forma deve essere utilizzata?
    Non si farebbe per lucro naturalmente ma senza interesse.
    Grazie mille saluti Paola

  4. Il fatto che alcuni regolamenti comunali di polizia mortuaria del Comune ammettano ancora, almeno nominalmente, la commerciabiltà di manufatti ed aree (essendo essi vetusti e del tutto superati) non determina degli obblighi da parte dell’Amministrazione Comunale di accogliere o legittimare la compravendita tra terzi di sepolture, quest’eventualità, infatti, sarebbe nulla di diritto e, a rigore, dovrebbe comportare la pronuncia di decadenza, in quanto ogni norma in contrasto con il regolamento di polizia mortuaria nazionale viene abrogata dal momento che il nuovo regolamento nazionale acquista efficacia e per il principio di cedevolezza, implicito e, quindi, fondativo, interno ad ogni ordinamento giuridico è la vecchia norma locale a soccombere dinnanzi a quella Nazionale testè novellata…dopo tutto come dicevano gli antichi giuristi romani UBI MAIOR MINOR CESSAT!

    Le disposizioni sulla possibilità di contratti inter vivos o mortis causa di trasferimento di sepolture, sono contenute nell’Art. 71 del vecchio regolamento di polizia mortuaria nazionale approvato con Regio DEcreto n 1880/1942.

    Questo regolamento risalente all’epoca del Fascismo è da considerarsi del tutto caducato (e in particolare è stata cassata proprio la norma in questione) in forza del DPR 803/1975, che negli ultimi articoli prevede l’espressa abrogazione di ogni norma incompatibile con questo.

    Attualmente è vigente il DPR 10/9/1990, n. 285, e anch’esso non contempla la possibilità di compravendita diretta tra privati attraverso atti a contenuto privatistico.

    Anzi permette l’impiego di area per sepoltura in cimitero solamente a coloro i quali la ottengano in concessione dal Comune e vi costruiscano il monumento funerario entro un tempo determinato, sancendo chiaramente che non è consentito il lucro e la speculazione (art. 92 comma 4) e limitando l’uso della cappella familiare alla sola famiglia e fino al completamento dei posti (art.93).

    É quindi interdetto al concessionario in questione vendere il manufatto o trasferire la concessione a terzi diversi dal Comune.

  5. Va subito precisato che, oggi, l’area cimiteriale e, quindi, i sepolcri fanno parte del demanio comunale ai sensi dell’Art. 824 Cod. Civile, e ciò ne comporta l’inalienabilità, l’inespropriabilità, la non usucapibilità e la non commerciabilità, si tratta, pertanto, di beni extra nostrum patrimonium, giusto per usare una formula tanto cara agli antichi giuristi romani.

    I loculi, secondo le Leggi Vigenti non possono esser oggetto di vendita, tanto meno tra privati, ma solo di concessione.

    Tuttavia la trasferibilità dei titoli di sepoltura per acta inter vivos, ossia attraverso atti negoziali a contenuto privatistico, ha un limite in riferimento alla perpetuità o meno della concessione, a seconda delle epoche e delle discipline normative in cui furono perfezionati gli atti concessori; infatti prima del DPR 803/1975 (entrato in vigore il 10.2.1976) era prevista la trasmissione a terzi di tale diritto (infatti l’art.71 del R.D. 21/12/1942 n.1880 consentiva la cessione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture).

    Ragion per cui per quelle concessione antecedenti al DPR n.803/1975, parte della giurisprudenza e della dottrina considerano la alienazione e, dunque la compravendita, del sepolcro un diritto acquisito, e così la consentirebbero ancora tutt’ora, (il condizionale è d’obbligo) ma si tratta di un’opinione, invero, piuttosto minoritaria.

    Trattandosi il cimitero di bene demaniale (art. 823 e art. 824 c.c.) gli eventuali diritti sono regolati dalle norme speciali su questi beni ed in particolare, se vi sono, da quelle del regolamento di polizia mortuaria del Comune e dal contratto di concessione

    Il dirigente comunale preposto all’ufficio della polizia mortuaria, potrà attraverso apposito atto ricognitivo riconoscere la legittimità del titolo di sepoltura formato con semplice scrittura privata qualora questa modalità (dopo tutto tempus regit actum) trovi una sua piena corrispondenza al regime normativo vigente negli anni ’20 dello scorso secolo.

    Il semplice uso, ancorchè continuativo, di un manufatto non dà alcun titolo al privato cittadino, a meno che non sia riconosciuto dall’E. L. attraverso l’istituto dell’immemoriale.

    E’ necessario, però, che sia Lei a dimostrare tale compravendita al comune.

    Occorre, allora, valutare il regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sulla successione nel diritto d’uso sul loculo. Se la cessione non venne comunicata da parte degli interessati e se il Comune ora non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune (in genere la G.M. o i dirigenti ove questi abbiano tali poteri).

  6. Buongiorno…
    Ho trovato casualmente questa pagina ricca di informazioni che potrebbero servirmi…, purtroppo però sia la mia ignoranza in materia, sia l’unicità di ogni situazione, non mi permettere di avere una risposta esauriente in merito al mio problema:

    sono in possesso di una scrittura privata datata 27 luglio 1924 in cui la mia bisnonna acquistò tramite scrittura privata un forno in un cimitero locale…: che validità ha ?

    Grazie a chi vorrà aiutarmi…

  7. Marcella,

    in calce alla presente missiva Ti allego un fac-simile della dichiarazione di rinuncia da presentare all’ufficio della polizia mortuaria del comune nella cui giurisdizione amministrativa insiste il cimitero dove si trovano i due loculi oggetto del Tuo quesito. Ovviamente l’atto ai sensi dell’Art. 38 DPR n.445/2000 dovrà esser sottoscritto da tutti gli interessati con firma autenticata da pubblico ufficiale, perchè trattandosi gli jura sepulchri di diritti personalissimi una semplice scrittura privata potrebbe ravvisarsi come non idonea a disciplinare l’istututo della rinuncia. In caso contrario, varrebbero, comunque, le comuni disposizioni del C.C. in materia di diritti.

    Nel caso di sepolcri in concessione ad enti, vi e’, spesso, un duplice rapporto, l’uno intercorrente tra il comune e l’ente (confraternita od altra denominazione) e l’altro costituito tra l’ente e le persone che appartengono all’ente stesso.
    La durata di questo secondo rapporto, e’ regolata dall’ordinamento dell’ente.

    Il diritto di sepoltura nei sepolcri privati (loculi mono o biposto, cappelle gentilizie, tombe terranee…) nei cimiteri è riservato al concessionario ed ai componenti della di lui famiglia, il ché esclude che possano trovarvi sepoltura le salme di altre persone. La definizione dell?ambito della famiglia del concessionario va, od andrebbe, definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale dovrebbe altresì regolare il cosidetto subentro nella concessione in caso di decesso del concessionario (fondatore del sepolcro), dato che la fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).

    In altre parole, sia la definizione di famiglia del concessionario sia gli effetti che si abbiano in conseguenza del decesso del concessionario (fondatore del sepolcro) sono rimessi alla fonte regolamentare locale.

    Ora diventa fondamentale enucleare bene il concetto di “riserva” ai sensi dell’Art. 93 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. La cosidetta “riserva” consiste nel novero dei soggetti esclusive titolari e, quindi “RISERVATARI” dello jus sepulchri primario e secondario (= diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura) in quanto legati jure sanguinis o per vincolo coniugale con il fondatore del sepolcro (= il primo concessionario che ha stipulato il regolare atto di concessione). Il sepolcro privato e gentilizio sorge infatti, secondo la celebre formula latina “sibi familiaeque suae” ossia per il concessionario e la di lui famiglia.

    Nel caso in esame, con ogni probabilità, nel contratto di concessione che Tua madre concluse con il comune (o con la confraternita) si verifica la fattispecie del “loculo dedicato”, cioè la tomba biposto fu presa in concessione solo e solamente per accogliere le spoglie mortali dei tuoi genitori, la “riserva”, quindi è strettamente nominativa, individuata e perfetta, e, così, non ammette deroghe o ampliamenti. Ecco, perchè per Te (quando sarà il momento e senza nessuna fretta…per carità!) sia inibito lo jus sepulchri

    E’infatti al perfezionarsi del rapporto concessorio che si estrinceca la volontà del fondatore del sepolcro in ordine all’assegnazione dei posti feretro, dopo egli non ha più alcun potere di disposizione in quanto il contratto di concessione è rigido e già predeterminato nei suoi contenuti

    Astrattamente, una modifica dell’atto concessorio non potrebbe essere considerata ammissibile neppure se il concessionario fosse vivente, se non ricorrendo ad una novazione, cioè estinguendo il rapporto giuridico sorto in origine e sostituendolo con altro nuovo, e previo versamento delle tariffe attualmente vigenti. Altrettanto va operato rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda le forme, incluse quelle relative alle autorizzazioni? dei membri della famiglia subentrati per successione legittima o testamentaria

    Atto di rinuncia alla concessione cimiteriale.

    Al Comune di

    ….. ……..

    Oggetto: Atto di rinuncia a concessione cimiteriale.

    … l … sottoscritt… ……………………………………., nat… a …………, il ……….., residente a ……., ………, nella sua qualità di |_| concessionario |_| co-concessionario della concessione cimiteriale insistente nel cimitero di ………………………… e contraddistinta quale …………………………………………………,

    con il presente atto, rinuncia per sé e per i propri aventi causa alla anzidetta concessione cimiteriale.

    ([1]) Dichiara di avere già provveduto a dare diversa sistemazione ai defunti già accolti e di avere provveduto alla regolare esecuzione delle opere eventualmente necessarie per consentire il normale utilizzo del sepolcro, come risulta da certificato di collaudo, che si allega.

    …………., …………………………

    ………………………………………

    ——————————————————————————–

    [1] – Se si tratti di sepolcro in cui erano precedentemente accolti feretri o spoglie mortali; altrimenti depennare.

  8. Buon giorno! Carlo,

    Ho chiamato la Confraternita dove il loculo e’ locato e il Comune.
    Ho spiegato la situazione della donazione del loculo che la mamma mi intesto’. L’impiegato del Comune, signor R.,
    mi raccomando’ che, prima di venire in Italia, di avere una rinuncia del loculo di mia madre notorizata, per ogni sorella e fratello vivente incluso la mia rinuncia.
    Dopo di che, posso ricomprare il loculo, per la mia salma quando il giorno arrivera’ per me.
    Il loculo di mia madre, fu pagato completamente, piu’ di 45 anni fa.
    La tassa annua, per il loculo vuoto per la mamma e’ stata pagata puntualmente ogni anno.
    Perche’ devo comprare il loculo gia’ pagato vicino a mio padre ?
    Perche’ richiedono questa rinuncia?.
    Se tutto questo e’ corretto, come si scrive questa rinuncia?
    Grazie mille,
    Marcella.

  9. X Gianfranco,,

    1) Il diritto di sepolcro, anche se si configura come mera aspettativa proiettata nel post mortem (solo con la morte, infatti, cessa la capacità giuridica), è imprescrittibile ed il suo esercizio si esaurisce solo: a) con l’avvenuta sepoltura nella tomba gentilizia per tutto il tempo della concessione (se la concessione è perpetua il problema non si pone) b) con l’estinzione della famiglia ed in questo caso avremmo la figura dell’abbandono amministrativo normata dall’Art. 25 comma 3 lettera c) del REgolamento Regionale Lombardo 9 novembre 2004 n. 6; c) con la soppressione del cimitero ai sensi dell’Art. 92 comma 2 II periodo DPR n.285/1990, d) per revoca o decadenza del rapporto concessorio instauratosi tra il comune ed il concessionario, mentre si comprime sino ad esaurirsi in relazione alla capacità ricettiva del sepolcro stesso ex Art. 93 comma 1 II periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285, vale a dire se non c’è materialmente spazio per immettere nuove tumulazioni il diritto si perde. Pertanto, dopo questa doverosa premessa, posso confermare che se c’è ancora posto nella cappella per Sua madre lo jus sepulchri rimane intangibile ed inalterato, in quanto origina jure sanguinis, cioè dal rapporto di consanguineità con il fondatore del sepolcro stesso.

    2) L’istituto del subentro è materia squisitamente di regolamento comunale di polizia mortuaria, perchè attiene al buon governo del camposanto cui sovrintende pur sempre il sindaco ex Art. 49 DPR n.285/1990 ed è uno strumento prezioso di una seria e consapevole politica cimiteriale, volta a favorire un uso (e soprattutto un ri-uso) responsabile delle sepolture, in base agli usi ed alle tradizioni locali; su di esso, dunque, l’ente locale ha potestà pressochè esclusiva ex Art. 117 comma 6 III Periodo Cost, qualificandosi il comune, in ultima analisi, come il vero e proprio titolare ex lege della funzione cimiteriale ai sensi del combinato disposto tra l’Art. 824 comma 2 Cod. Civile e gli Artt. 337, 343, 394 Regio DEcreto n.1265/1934.

    3) Il subentro, per successione mortis causa, nella proprietà di un manufatto (o nel nostro caso negli oneri manutentivi), di un edificio il quale, altrimenti, diventerebbe res nullius, è un principio generale dell’Ordinamento Italiano, come quello di imputazione del resto, altrimenti a chi potrebbero esser adebitato il risarcimento dei danni per un eventuale crollo dello stabile che rovini, con grave nocumento, sui frequentatori del camposanto?. Più complessa è la questione se la voltura dell’atto di concessione a favore del nuovo titolare produca oltre al trasferimento degli obblighi alla buona e decorosa conservazione della cappella (e questi sono certi…come la morte) anche la titolarità dello jus sepulchri inteso come duplice potere di esser sepolti o dar sepoltura ai propri famigliari in un determinato tumulo. In tale evenienza, definita anche in gergo tecnico “rapporto concessorio a concessionario scorrevole e mobile” con il tempo, a forza di subentri si dilaterebbe a dismisura la platea dei potenziali fruitori del sepolcro, ipotesi che invece, non si verificherebbe mai nella fattispecie conosciuta come “concessione a concessionario fisso”, perchè il riferimento obbligato al solo fondatore del sepolcro (= il primo concessionario) permetterebbe di delineare meglio e con maggior sicurezza le persone titolari della cosidetta “riserva”, ossia quel novero di soggetti, i quali per jure sanguinis sono portatori attivi e passivi dello jus sepulchri.

    4) Per quanto riguarda lapidi funerarie di particolare valore storico-artistico, si fa richiamo alle disposizioni del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (in supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 229/L
    Ne consegue che la lapide è soggetta ad interventi (demolizione, rimozione, modifica, restauro, ecc.) previa acquisizione del Ministero dei beni culturali ed ambientali, attraverso i propri organi periferici. Tali interventi possono essere imposti al “nuovo” concessionario, compreso il loro mantenimento in loco, dato il vincolo di destinazione cimiteriale cui soggiacciono gli arredi votivi.

  10. Egregio Carlo,
    la ringrazio per la sua risposta esaustiva e completa.
    Quindi se ho capito bene, per mia madre il diritto è ancora “famigliare” mentre per la mia defunta zia è diventato “ereditario”.

    Andando oltre, riguardo alla questione del subentro, non ho trovato indicazioni a riguardo nel Regolamento di polizia mortuaria di Milano e quindi non so dire se il “successore” divenga concessionario.
    La questione immagino sia riferita alla possibilità del successore, in caso positivo, di sfruttare i diritti tipici del concessionario, e quindi dilatare o meno il diritto al sepolcro, mi corregga se sbaglio.
    Nel caso non si trasmettesse il diritto in tale maniera, il diritto patrimoniale di disporre di arredi votivi etc. resta comunque indisponibile per l’ente?

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