Vendita di tombe tra privati

Ci è pervenuto il quesito seguente:

Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?

I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?

No, la risposta è negativa.

Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).AAAA0049

Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.

Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:

· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione

· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.

L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.AAAA0028

Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.

L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.

In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.

Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.

Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.

Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.

Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.

Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:

Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.

Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.

Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.

Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.

Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.

Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro  o speculazione

Written by:

Carlo Ballotta

804 Posts

View All Posts
Follow Me :

210 thoughts on “Vendita di tombe tra privati

  1. Va, in primis, precisato come l’area cimiteriale e i sepolcri siano parte del demanio comunale, e ciò ne comporta l’inalienabilità, l’inespropriabilità, la non usucapibilità e la non commerciabilità.

    Tuttavia la “commerciabilità” ha un limite in riferimento alla perpetuità o meno della concessione, a seconda delle epoche e delle discipline normative in cui avvennero gli atti concessori; infatti prima del DPR 803/1975 (entrato in vigore il 10.2.1976) era prevista la trasmissione a terzi di tale diritto per acta inter vivos ex Art. 71 Regio Decreto n. 1880/1942, per cui per quelle concessione antecedenti, parte della giurisprudenza e della dottrina considerando la alienazione del sepolcro un diritto acquisito, e, quindi, la consentono

    Pertanto esistono, nel dibattito tra gli studiosi del diritto funerario, opinioni volte a sostenere che, in regime di concessione perpetua, la cappella gentilizia o di famiglia, se priva di salme, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi riesca a verificare l’assenza, nel trasferimento, sia di lucro, sia di speculazione.

    Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, in vero maggioritaria, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d?uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall?art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall?art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e speculazione.

    Visto e considerato che il concetto di lucro si riferisce ad ogni possibile incremento economico di un patrimonio, da ciò consegue il divieto per tutti i privati di conseguire tale vantaggio attraverso la cessione del diritto d?uso di un sepolcro.

    Si aggiunga poi, come, ai sensi dell?art.109 comma 2 del DPR 803/75, ogni disposizione contraria o incompatibile ad esso, sia stata abrogata dalla data del 10.2.1976, quindi anche il potere di cessione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture.

    In conclusione, l’unica procedura legittima consiste nella rinuncia (= retrocessione) alla concessione da parte del concessionario non più interessato, o dei suoi aventi causa, come nel caso da Voi illustrato, che il comune ha facoltà e non obbligo di accettare.

    Conseguentemente avverrà l’ingresso del bene nella disponibilità del Comune, il quale provvederà a nuove concessioni seguendo i criteri di scelta stabiliti dal regolamento di polizia mortuaria comunale.

    Tutti gli oneri per il ripristino della tomba (rimozione e trasferimento dei resti mortali in essa tumulati, sanificazione dei loculi, murature e smurature di lapidi…) sono a carico del concessionario.

  2. Mia sorella e io siamo gli unici eredi di una tomba nella citta’di Palermo. Noi siamo residenti negli Stati Uniti e vorremmo vendere la tomba.E’possibile.La tomba fu’ edificata nel 1960, l’unico sepolto e’ il nostro nonno(1962) e un un amico di famiglia(1965)

  3. X Enrico

    1) Il diritto alla sepoltura (= ad essere sepolti o a dar sepoltura) ha, comunque, un limite, quello dell’art. 93, 1 parte finale DPR n. 285/1990, esso, cioè, essendo, più che un vero e proprio potere, una mera aspettativa proiettata nel post mortem, si esercita sino al raggiungimento della massima capienza fisica del sepolcro: se non c’è più posto nella tomba lo JUS SEPULCHRI si comprime sino ad esaurirsi (da mera aspettativa quale egli è!).

    2) La questione posta è un po’ complessa, siccome in linea di massima, la concessione fatta a più soggetti concessionari si configura come una comunione indivisibile, anche se possano esservi “regolazioni” pattizie tra diversi concessionari, sempre se ed in quanto previste o dichiarate ammissibili dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. Oltretutto questa situzione di comunione sembrerebbe sussistere fin dalla fondazione del sepolcro, dato che, come sembrerebbe, i 2 concessionari avevano agito congiuntamente. In tale ipotesi, l’utilizzo, pro-indiviso, si determina in conseguenza di eventi esterni alla volonta’ delle persone interessate, cioe’ all’evento del decesso di persone aventi diritto, in quanto concessionari od appartenenti alla famiglia del concessionario, e fino alla capienza del sepolcro stesso.
    Fermo il necessario rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (il quale, in questi casi, assume/svolge un ruolo importante, quando non esclusivo), potrebbe – forse – anche ammettersi un intervento giudiziale di “regolazione”, ciò comporterebbe, sempre che’ il giudice acceda a questa interpretazione del diritto di sepolcro, che, per altro, comporterebbe una sorta di limitazione dei diritti di ciascuno degli altri soggetti co-interessati, venendosi ad alterare il principio per cui il titolo ad essere sepolti va/andrebbe valutato in occasione del suo esercizio: insomma data la comunione indivisibile sorta all’atto della costituzione del sepolcro chi prima muore…meglio alloggia. Ironie macabre a parte è la cronologia degli eventi luttuosi a determinare l’accesso dei feretri al sepolcro.

    3) Se un’avvenuta tumulazione nel sepolcro gentilizio è “sine titulo” ossia ILLEGITTIMA le parti lese possono esperire dinnanzi all’Autorità Giudiziaria, in sede civile, le azioni di negazione e di manutenzione disciplinate dal Codice Civile, così il feretro “abusivo” sarà traslato o ad altra sepoltura privata con assunzione dei relaativi oneri da parte degli aventi diritto jure saanguinis a diporne, o in campo di terra, nello stesso cimitero di prima sepoltura, ex Artt. 75 comma 2 ed 86 comma 2 DPR n.285/1990. Senza titolo di trasporto, infatti, è vietato traslare il feretro in un cimitero diverso da quello di prima sepoltura (si consulti questo link, per maggiori approfondimenti: https://www.funerali.org/?p=648).

  4. Lo Jus Sepulchri (= diritto a dare e ricever sepoltura, nonchè il diritto secondario di sepolcro, cioè il potere di accedere da vivi ad una tomba per gli atti di pietas e culto verso i propri cari defunti) è diritto imprescrittibile che si acquisisce alla nascita per il solo fatto di trovarsi in un determinato rapporto di consanguineità con il fondatore (= concessionario) di un particolare sepolcro privato di cui al Capo XVIII DPR 10 settembre 1990 n. 285. Lo JUS SEPULCHRI è anche diritto di natura reale, cioè sulla “RES”, ma la proprietà sul manufatto sepolcrale e sugli elementi che lo compongono (masse murarie, lapidi, arredi votivi) ha natura intermedia e strumentale rispetto al fine ultimo di dare e ricever sepoltura.

    La mera proprietà del sepolcro si trasmette anche JURE HEREDITATIS e non solo JURE SANGUINIS, ossia quando i discendenti (quelli con lo stesso D.N.A del concessionario, oppure per JURE CONNNNUGII con il concessionario stesso ) subentrano a quest’ultimo; il sepolcro, infatti, secondo la Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000) da familiare ex Art. 93 DPR n. 285/1990 si trasforma in ereditario quando si sia estinta la prosapia, ovvero la stirpe del suo fondatore, così come individuata dal combinato disposto tra il regolamento comunale di polizia mortuaria vigente alla stipula dell’atto di concessione e lo stesso atto di concessione.

    Secondo alcuni giuristi, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, anzi PERSONALISSIMO, esso non ha carattere patrimoniale, con questa conseguenza: la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l?”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito.

    Una diversa opinione, in dottrina, vuole che anche gli eredi e non solo i discendenti se previsto dal Regolamento Municipale di Polizia Mortuaria, subentrino, in tutti i diritti e non solo in quello di proprietà del manufatto sepolcrale ex Art. 63 DPR n. 285/1990, al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.

    Quindi cosa è il diritto di sepolcro, per altro sempre rinunciabile, altro, invece è la titolarità di una tomba, dalla quale, per altro, si può sempre retrocedere senza, per questo, perdere lo JUS SEPULCHRI.

  5. Regione Veneto -Provincia Padova
    Buongiorno,
    mia mamma e sua sorella sono titolari di una concessione perpetua (concessa prima del 1975) per 8 loculi. Di questi, sei sono occupati da antenati e i restanti due in linea teorica erano previsti per ciascuna delle due contitolari, ma nulla di esplicito risulta dalla concessione.
    Alla morte del proprio marito, la zia lo ha fatto seppellire in uno dei due loculi e alla morte della zia stessa, i suo figli la hanno seppellita nell’ultimo loculo disponibile. Di fatto mia mamma resta quindi senza la possibilità di essere seppelita li.
    La domanda è la seguente: possiede il primo concessionario un “maggior diritto” rispetto ai discendenti dell’altro co-titolare ad essere seppellito nei loculi in concessione? nel concreto, può mia mamma imporre ai cugini di sostenere tutte le spese per l’estumazione degli antenati, in modo da liberare un posto a favore di mia mamma? grazie

  6. Regione Lazio
    Mia madre non ne vuole più sapere dei diritti di concessione ed uso della cappella di famiglia a causa del contenzioso giudiziario che si sta instaurando tra due fratelli e nel quale, suo malgrado, è coinvolta. Poichè ella non ha posto in essere alcun atto che possa configurare un’accettazione sia essa tacita che esplicita vorrebbe sapere se nell’udienza (o ancora prima) in cui è chiamata per dirimere la controversia può opporre il fatto di essere estranea non avendo accettato l’eredità. La domanda è: trattasi di diritto che si acquisisce con la nascita e, quindi, per subentrare nella concessione e nel diritto d’uso in una cappella di famiglia non necessita l’accettazione dell’eredità o è vero il contrario?

  7. Così per come è posto, il quesito è di difficile soluzione, Mancano troppi elementi e non è agevole rispondere.

    1) Il sepolcro privato per sua intima natura e funzione è gentilizio, ossia sibi familiaeque suae, ossia sorge per il concessionario e per la sua famiglia e, di conseguenza diventa ereditario solo se previsto all’atto della sua costituzione (cioè quando si stipula l’atto di concessione) ed all’estinguersi della famiglia del concessionario detto altrimenti “fondatore del sepolcro”.

    2) la famiglia del concessionario è, in primo luogo definita dal combinato disposto tra l’atto di concessione ed il regolamento comunale di polizia mortuaria. Il concorrere di queste due fonti definisce la cosiddetta “RISERVA” di cui all’Art. 93 DPR n. 285/1990, ossia il novero di persone alle quali è assegnato un posto feretro (ma anche una nicchia ossario oppure una celletta cineraria) nella cappella gentilizia per il solo fatto di trovarsi in rapporto di consanguineità con il fondatore del sepolcro, tuttavia l’accesso ai posti feretro, se non decisamente disposto nell’atto di concessione è legato alla cronologia degli eventi luttuosi (in buona sostanza finchè c’è posto chi prima muore…meglio alloggia) e tale diritto (= jus epulchri sdoppiato in jus sepeliendi e jus inferendi mortuum in sepulchrum) si esercita sino al completamento della capienza fisica e ricettiva della tomba.

    3) L’entrata di un feretro nel sepolcro è pur sempre subordinata ad una qualche forma di istruttoria amministrativa dalla quale deve emergere, per soli titoli formali, la precisa ed inequivocabile volontà del fondatore del sepolcro, ovviamente nei limiti di legge e del buon costume funerario. DEtto in parole povere: io posso esser il concessionario di una tomba, ma il mio potere di disposizione sulla stessa non può travalicare i “paletti” fissati dal regolamento di polizia mortuaria (statale e comunale) e dallo stesso atto di concessione. Tanto per capirci non posso trasformale il sacello familiare del quale sono titolare in un sepolcro…per gatti, perchè quest’ultimi, per quainto felini simpaticissimi e maestosi, non rientrano nella “RISERVA” di cui sopra, siccome essa è pur sempre…RISERVATA alle persone umane legate a me da questioni di D.N.A.

    4) Alla morte dei titolari della concessione (dico “titolari” al plurale, perchè essi possono ben essere più di uno) si possono verificare due possibilità: a) subentro degli aventi diritto jure sanguinis, in quanto discendenti, del de cuius nella titolarità della concessione. b) mantenimento della titolarità della concessione in capo al primo concessionario anche se defunto. Se non c’è il subentro la “RISERVA” rimane sempre la stessa, ovvero quella dell’originario atto di concessione ed il numero delle persone riservatarie non è più ampliabile in alcun modo. SE, invece, c’è il subentro i consanguinei del de cuius assumono, a loro volta, la qualifica di concessionario, sino al crearsi, tra di loro, di una comunione indivisibile originata dalla frazione (o…frammentazione?) in quote dello jus sepulchri esercitabile, su quella determinata sepoltura secondo i criteri precedentemente delineati.

    5) I nuovi concessionari, pur sempre legati, da vincoli di sangue, con il primo fondatore del sepolcro, possono notificare al comune un eventuale patto tra di loro per gestire e spartirsi (mi si consenta la brutalità empia del termine tanto caro alla partitocrazia italiana) i loculi rimanenti, anche attraverso una semplice scrittura privata, ma a questo fatto, jure privatorum, l’amministrazione municipale rimane estranea in caso di lite, e si premurerà di mantenere inalterato lo status quo ante sinchè non intervenga una composizione, anche giudiziale, tra gli interessi (o le legittime aspettative) in causa.

    6) Per impedire l’intruduzione nel sepolcro di salme prive di legittimazione in quanto non titolari attive o passive dello jus sepulcrhi si può sempre esperire l’azione negatoria disciplinata dal Codice Civile.

    7) La sepoltura nella cappella gentilizia di cadaveri mncanti di legittimazione jure sanguinis, in quanto non titolari attive o passive dello jus sepulcrhi, potrebbe persino produrre la decadenza della concessione (o della rispettiva quota di concessione con conseguente accrescimento a vantaggio degli altri contitolari della concessione stessa) per mutamento unilaterale dei fini nel rapporto concessorio.

  8. PROVINCIA DI PALERMO

    Ciao
    mi chiamo nino,vorrei conoscere i diritti su una cappella che mio padre e mia madre a constuito,per loro e anche per i figli,mia mamma e papa gia sono morti da tre anni,e sono nella cappella,hanno fatto anche 6 posti per i figli,nella cappella,questa cappella e composta da 8 posti,una delle miei sorelle gli e morto il marito,e lo a messo nel posto che gli toccava a lei,mia mamma,questi posti non gli ha fatto per gli estranie,ma per i figli,io non sono daccordo su quello che hanno fatto,alcune dei miei sorelli si,tutto questo secondo me e per risparmiare ,di comprare un posto per il marito,a me l’unica cosa che mi interessa e rispettare,quel idea che mio padre aveva”un luogo per me e mia moglie,e miei figli”ed io la vedo una mancanza di rispetto che mia sorella ha avuto verso i miei genitori,ed io penso che non e giusto che una figlia possa decidere di trasferire il suo posto,a suo marito,perche e lei la figlia non il marito,addirittura era un uomo il marito di mia sorella che non aveva nessun rispetto per mia mamma,e papa,per favore ditevi quali sono i miei diritti.

  9. 1) L’istituto del subentro nella titolarità dell’atto di concessione fa sorgere in capo ai concessionari aventi causa rispetto all’originario fondatore del sepolcro una comunione solidale ed indivisibile, così almeno si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione.
    2) Nel merito del quesito posto occorre distinguere tra diritto ad essere sepolto nella tomba ed obblighi manutentivi della stessa. Il diritto ad essere sepolto nella tomba è iure sanguinis, cioè dipendente dal rapporto col fondatore del sepolcro ed indipendente dalla quota ereditata.
    3)La suddivisione in quote delle spese di manutenzione è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata fra gli eredi. Non è obbligo del Comune effettuare ricerche sugli aventi titolo, a meno che non debba procedere ad ingiungere specifiche manutenzioni o per procedere a decadenza della concessione.
    4) La retrocessione della propria quota di Jus SEpulchri produce un accrescimento di fatto in capo ai restanti eredi-concessionari nelle loro quote di jus sepulchri
    5) In definitiva, la tomba viene usata dai discendenti ancora in vita del fondatore. Questi si accollano tutte le spese di manutenzione nei modi che riterranno. Se tra loro si ha un accordo con scrittura privata circa la ripartizione di posti e spese manutentive, il Comune resta estraneo a questo patto
    6) Nelle sepolture perpetue l’estumulazione dovrebbe avvenire alla scadenza della concessione…ossia mai (Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990), l’estumulazione ex Art. 88 DPR n.285/1990, sempre possibile, nel silenzio del de cuius, su istanza degli aventi diritto jure sanguinis a disporne potrebbe (il condizionale è d’obbligo, provocare quale conseguenza l’estinzione della relativa quota di Jus Sepulchri (= decadenza) per esaurimento dei fini nel rapporto concessorio.

    No, quindi, se si presenta istanza di rinuncia e quest’ultima è accolta dal comune non sussiste più alcun obbligo manutentivo.

  10. dalla Liguria,
    Salve
    da una concessione perpetua di una cappella gentilizia fondata da mia nonna deceduta 10 anni fa e passata agli eredi (come da testo della concessione effettuata nel 1963) e quindi ai 7 figli tra cui mio padre deceduto da poco tempo e sepolto nella cappella.
    Purtroppo, avendo saputo che alcuni eredi di atri defunti sepolti nella cappella (fratelli di mio padre)
    non contribuiscono alle spese di manutenzione.
    Per questo motivo e altri personali, vorrei rinunciare con atto alla rinuncia della concessione da presentare al comune e contestualmente a sistemare la salma in altro loculo da acquistare a parte sempre nello stesso cimitero.

    La mia domanda è questa:
    facendo questo atto di rinuncia al comune e levando la salma di mio padre dalla cappella (tale atto accettato dal comune), posso essere tranquillo che sia da parte del comune sia da parte degli altri concessionari della cappella non possano un domani pretendere nessun importo in denaro per eventuali manutenzioni della cappella da addebitarmi, avendo chiesto la rinuncia alla concessione e alla rimozione della salma a suo tempo?

    Grazie mille e buon lavoro
    Bruno

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.