Ci è pervenuto il quesito seguente:
Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?
I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?
No, la risposta è negativa.
Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).
Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.
Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:
· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione
· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.
L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.
Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.
L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.
In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.
Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.
Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.
Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.
Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:
Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.
Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.
Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.
Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.
Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.
Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o speculazione
Buongiorno le chiedo mio padre nel 1948 ,e nel 1949 ha comprato con scrittura privata una tomba di famiglia più un loculo per le ossa ..nel cimitero del comune di roccapiemonte (sa)..preciso che in queste due scritture oltre le firme dei testimoni è visibile anche la cifra dei soldi pagato in lire per le due diciamo proprietà. Ora con un censimento del comune ho portato le scritture al comune ,e nn sanno come regolarsi in merito ..vorrei sapere quelle scritture sono valide ,visto che in quella tomba e ossaio ci sono stati tt i miei parenti ed ancora ci sono ossa ..Grazie mi può anche scrivere privatamente se devo qlc mando subito la parcella
X Guglielmo,
alla fine degli anni ’40 vigeva il R.D. n. 1880/1942 – regolamento speciale di polizia mortuaria, il cui art. 71 commi 2 e segg. avrebbe permesso il trasferimento e la cessione del diritto di sepolcro per acta inter vivos o per atto di ultime volontà.
Bisogna, pertanto capire come Lei sia giunto in possesso di tale cappella gentilizia, se legittimamente o meno. I beni demaniali, quali sono i sepolcri tutti, ex art. 823 Cod. Civile non sono alienabili nè usucapiblili.
Di norma, senza il regolare atto di concessione (titolo cartaceo) la concessione non sussiste ed è da ritenersi, tecnicamente, abusiva.
Tuttavia non sempre la mancata stipula dell’atto concessorio è da imputarsi al privato cittadino, ragion per cui il Comune potrebbe proporLe di sanare la situazione pendente, regolarizzando, in modo formale, il rapporto concessorio, de facto, già in essere.
Vedrei bene, a tal proposito un atto ricognitivo, nella formula della determina dirigenziale, addotato dall’ufficio della polizia mortuaria, dopo un’attenta istruttoria sugli jura sepulchri che Lei dice di vantare su quella determinata tomba di famiglia.
Le consiglio, pertanto, di produrre al Comune tutta la documentazione disponibile.
Ai sensi dell’art. 2697 Cod. Civile il fondamento della Sua pretesa sul sepolcro con onere a carico suo, potrà esser, senz’altro, dimostrato in Giudizio. IL giudice potrà accogliere ogni mezzo di prova, compresa quella testimoniale.
La ringrazio per la risposta . Come dicevo nella domanda iniziale ,mio padre all’epoca li ha comprato da un privato ,che a sua volta era il concessionario legittimo…per cui con questa scrittura privata in carta da bollo del periodo ,mio padre ne è venuto in possesso ..preciso che in quella tomba di famiglia e ossaio ci sono state i reti sia dei miei nonni Paderno mio padre ,mia mamma ,mia zia ed a tuttora le ossa si trovano nell’ossaio.ho portato tt al comune ,dove mi dicono che nn trovano la concessione di quelli anni 48 e 49 …come mi devo comportare ? Visto che ci sono stati sepolti tt i miei parenti di 1 grado ed ancora ci sono i resti? Grazie
X Guglielmo,
allora:
il semplice uso fattuale del sepolcro (ed i sepolcri, in quanto beni attratti nella sfera del demanio cimiteriale, specifico e necessario, non sono, ad oggi, nè cedibili per atto inter-privatistico nè usucapibili ex art. 823 Cod.Civile)…della serie: “in quella tomba da sempre sono sepolti i miei antenati…ma non so come o perchè” non è di per sè un titolo legittimante l’occupazione dei loculi, occorre pur sempre un regolare atto di concessione, altrimenti il rapporto giuridico non sussiste e si avrebbe un possesso abusivo che il Comune dovrebbe sanzionare d’ufficio con la pronuncia di decadenza, l’estumulazione forzata delle spoglie mortali deposte in quel dato tumulo e la riaquisizione della cappella gentilizia nella piena disponibilità del Comune per una nuova assegnazione, previa, questa volta la stipula di un atto concessorio secundum legem.
2) Sin quando sia stato possibile il trasferimento del diritto d’uso sui sepolcri privati ex art. 71 commi 2 e segg. R.D. n. 1880/1942, tale trasmissione sarebbe stata oggetto di notifica al Comune, il quale, dunque, dovrebbe aver mantenuto traccia e memoria di questi passaggi di titolarità nei propri archivi…ma si sa,gli schedari, alle volte presentano pesanti sofferenze e non sono tenuti in maniera adeguata, con aggiornamenti costanti.
La soluzione è semplice e si articola in due sub-fattispecie:
a) Il Comune, preso atto dei versamenti monetari e delle scritture private esibite, fa salva la buona fede dell’acquirente e con un provvedimento di sanatoria regolarizza le situazioni pendenti (sostanzialmente le tumulazioni sine titulo) rogando un nuovo atto di concessione, e lo strumento potrebbe avere la forma di un atto ricognitivo adottato con determina dirigenziale, anche composita. Potrebbe, all’uopo porsi in essere un’apposita istruttoria che, magari sfoci in un procedimento amministrativo volto ad appurare l’esistenza del diritto di sepolcro, anche acquisendo agli atti testimonianze e documenti (foto d’epoca, iscrizioni tombali…)
b) L’attività amministrativa, per il principio della separazione tra i poteri dello stato democratico, non può sconfinare nell’azione giurisdizionale, ragion per cui se il Comune non vuole azzardare la formula presuntiva dello juris tantum (che poi, tendenzialmente, si tradurrebbe nell’istituto dell’immemoriale) sarà Lei, in un giudizio cognitivo in sede civile e con tutta l’alea che quest’ultimo pur sempre comporta, a dover dimostrare l’esistenza e la fondatezza del preteso jus sepulchri, l’amministrazione comunale si limiterà a mantenere inalterato lo status quo, sin quando non si sarà pronunciato il giudice di ultima istanza, con sentenza, cioè, passata in giudicato.
Posseggo un cappella nel cimitero di M… in Puglia di 22 loculi. A distanza di tempo , ho notato che i loculi sono pieni di persone defunte che non conosco. Praticamente li hanno tumulati all’interno della cappella senza mia espressa autorizzazione. Come posso ritornare in possesso dei loculi? In attesa di risposta distintamente la saluto
X Carlo (eh… oh…siamo omonimi!).
Alla turbativa di sepolcro (= sostanzialmente alle tumulazioni illegittime, in quanto sine titulo e perciò “ABUSIVE”) può esser posto rimedio attraverso l’azione civilistica della manutenzione ex artt. 1168, 1169 e 1170 Cod. Civile per ottenere la tutela del possesso sul bene sepolcrale.
Nell’ipotesi di spoglio o turbativa del possesso compiuti con più atti, l’anno utile per l’esperimento delle azioni possessorie decorre dal primo atto, senza che si possa, dunque, tenere conto di quelli successivi, anche se risultano obiettivamente collegati l’uno all’altro, sì da profilarsi come la progressiva estrinsecazione di un medesimo disegno e come manifestazioni di una stessa e unica situazione lesiva dell’altrui possesso. Qualora, viceversa, si pongano in essere atti distinti e autonomi, ovvero tali che ciascuno di essi, per la sua materialità e la sua portata, sia stato realizzato indipendentemente dagli altri e senza che concorra una situazione all’uopo precostituita, sì da esaurire in se stesso e da concretare uno spoglio o una turbativa a se stante, la tutela possessoria può essere domandata in relazione a ogni singolo atto. Ne deriva che anche l’ultimo episodio può e deve essere assunto come momento iniziale del termine suddetto.
Affronto in problema affacciato da una diversa prospettiva, fors’anche estrema e più rarefatta:
Innanzi tutto si richiama l’attualissima centralità dell’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 sull’obbligo per il Comune, attraverso il proprio ufficio della polizia mortuaria, di verificare *SEMPRE* e *preventivamente* la sussistenza del diritto di sepolcro, mediante apposita istruttoria, anche se, invero, nemmeno troppo strutturata o articolata, in quanto basata sui titoli formali. Vale a dire bisogna valutare se il defunto abbia davvero diritto alla tumulazione, prima di render effettiva quest’ultima, con apposita autorizzazione amministrativa.
Il caso riguarda la pronuncia della decadenza sanzionatoria, della concessione cimiteriale a seguito di cessione onerosa, mediante atto notarile, di un sepolcreto privato da parte dell’attuale titolare in violazione del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria che prevedeva il divieto di cessione diretta tra privati.
Dalla pronuncia citata nel titolo – che conferma la legittimità dell’atto di revoca posto in essere dal Comune – si desumono i seguenti principi che potranno essere tenuti presenti dagli operatori per eventuali casi analoghi:
1. l’acquirente di un bene demaniale illecitamente trasferito in violazione del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria da parte di chi non era titolare di alcuna posizione legittimante circa la disposizione di quel bene non ha alcuna titolo ad ottenere la concessione di un bene demaniale, concessione che deve avvenire nel rispetto della procedura ad evidenza pubblica, e tanto meno può, pertanto, vantare un diritto all’indennizzo.
2. Lo ius sepulchri, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivatistici, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento. Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito sul terreno demaniale, lo ius sepunchri non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi da parte della P.A. concedente, sicché sono configurabili interessi legittimi quando sono emanati atti di autotutela.
3. L’art.92, 4 comma, del DPR 285/1990 prescrive: ” Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione”.
4. Se è vero che il diritto sul sepolcro è un diritto di natura reale assimilabile al diritto di superficie, suscettibile di possesso del bene relativo e di trasmissione sia inter vivos e sia mortis causa , nei confronti degli altri soggetti privati, è altrettanto vero che esso non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla P.A. concedente, sicchè nel caso di emanazione di atti di revoca o di decadenza spetta la tutela prevista per le posizioni di interesse legittimo.
5. D’altra parte, il titolare del diritto reale, nonché della coesistente posizione di interesse legittimo nel caso di emanazione dei atti autoritativi, è esclusivamente il primo concessionario, cui non può neppure essere assimilato né il richiedente la sub- concessione, in mancanza del formale provvedimento abilitativo, né chi abbia “acquistato” (solo apparentemente, in ragione della nullità del relativo contratto) il bene demaniale.
6. Risponde ai principi generali dell’ordinamento che la P.A. con un proprio provvedimento autoritativo riacquisti la disponibilità di un bene pubblico, dato in concessione ed oggetto di abusi o illeciti da parte del concessionario.
subentro a concessionaria fondatrice sepolcro defunta 1969
…mia madre era una degli eredi della zia concessionaria della cappella perpetua.Essa aveva stabilito nella Concessione che NON potessero essere tumulati oltre ad essa altre tre persone ben precisate.La manutenzione era stata attribuita al Vescovado,che pero’ a seguire declino’ l’impegno….Ora la direzione cimiteriale vuole ripristinare la figura del….manutentore per il futuro. La mia domanda e’:…se io mi assumo la figura del nuovo concessionario potro’ essere accusato di “usurpare” eventuali diritti degli altri figli dei coeredi di mia madre che addirittura praticamente non conosco!!! Questo mio intervento lo effettuerei per bloccare un tentativo di appropriazione ( con ampliamento) della Cappella da parte di terza persona NON discendente ne’ erede della Concessionaria ed in totale dispregio della volontà’ di essa,
X Antonio 2
Il tema è molto complesso, per non dire complicato (mancano, infatti, alcuni elementi chiave per giudicare rettamente il caso proposto) e meriterebbe una trattazione più estesa, impossibile su questo forum, per la quale si rinvia alla sezione PREMIUM, a pagamento, sempre di questo sito, dove lavora gente ben più brava di me, tuttavia, per puro spirito di servizio cercherò timidamente di inquadrare con alcuni flash normativi e di diritto la situazione rappresentata.
1) il subentro può essere ordinariamente jure sangiunis o jure coniugii quando il sepolcro sia sorto come famigliare (sempre, in difetto di una diversa volontà del fondatore, da formulare nella stesura dell’atto di concessione) o jure haereditatis, seguendo cioè le comuni regole del diritto successorio dettate dal Cod. Civile per il trapasso mortis causa dei beni patrimoniali. Secondo la Suprema Corte di Cassazione, però, il sepolcro originariamente familiare e gentilizio si tramuta in ereditario, quando si sia completamente estinta la famiglia di chi lo istitui appunto sibe familiaeque suae.
2) il primo subentro avvenne nel 1969, orbene in quell’anno vigeva ancora il vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con Regio Decreto n. 1880/1942, il quale con l’Art. 71 commi 2 e seguenti avrebbe ancora permesso la trasmissibilità dei diritti sui sepolcri sia per acta inter vivos, sia per atto di ultima volontà (= sostanzialmente nella forma testamentaria). Bisogna quindi attentamente valutare se pure la tomba sia rientrata nell’asse successorio.
3) alle volte si assiste ad un frazionamento, causa subentri plurimi, nel tempo, di soggetti parimenti legittimati, in quote dello Jus Sepulchri, questo “spacchettamento” dei diritti di sepolcro, produce tra i co-titolari una sorta di comunione solidale ed indivisibile, come spesso ci ricorda il Supremo Giudice della nomofilachia (= La Cassazione!). Per gli aspetti manutentivi i concessionari sono sempre da ritenersi obbligati in solido.
4) Per la Legge i concessionari debbono mantenere l’edificio sepolcrale di loro proprietà, laddove l’elemento patrimoniale della proprietà sul manufatto funerario è semplicemente funzionale all’esercizio dello Jus Sepulchri, in solido e decoroso stato per tutta la durata della concessione (se essa è perpetua l’obbligazione è da intendersi, salvo rinuncia, pronuncia di decadenza o soppressione del cimitero, sub specie aeternitatis, ossia senza scadenza).
5) Il subentro è anche strumentale al fine di cui al punto 4), poichè il Comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale, deve poter imputare, con precisione, eventuali oneri manutentivi o sanzioni (quella più grave è costituita dalla decadenza) in caso di omessa manutenzione.
6) Qualora vi fossero contemporaneamente più concessionari tali da vantare, in modo congiunto, gli stessi diritti sul medesimo sepolcro sarebbe opportuno, per maggior praticità, nominare un rappresentante che nei rapporti con l’amministrazione agisca quale nuncius (esso cioè riporta la volontà di tutti, concorrendo anche a formarla, nei modi e nei limiti entro i quali anch’esso sia titolare dello jus sepulchri.
7) Il subentro non è un capriccio, vale a dire non ci si può avvicendare arbitrariamente nella titolarità di una sepoltura, questo istituto, normato solo dal Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria si attiva di default, senza possibilità di scelta, poi le persone contemplate da questa successione nei diritti di sepolcro, se non interessate, possono sempre rinunciare con atto unilaterale ed irrevocabile, così, di conseguenza si avrà un accrescimento delle quote di Jus Sepulchri tra gli altri aventi diritto.
8) è principalmente l’atto di concessione, entro la capacità fisica e ricettiva del sepolcro (…chi prima muore meglio alloggia!) a definire la rosa di persone riservatarie dello Jus Sepulchri, ampliando o restringendo la cerchia famigliare (: famiglia allargata, mononucleare, patriarcale…) con questa statuizione il fondatore del sepolcro, può, per converso, anche inibire l’accesso al sepolcro alle salme di individui non graditi, ma pur sempre riconducibili alla di lui famiglia, almeno in senso legale, se non proprio affettivo, così come definita dal Regolamento Municipale di Polizia Mortuaria…a questo mondo si litiga… anche da morti, almeno così parrebbe dal tenore del quesito!
DEVO COMPRARE UN LOCULO DA UNA SIGNORA CHE PER VARI MOTIVI PERSONALI NON NE HA PIÙ BISOGNO. CHE PRATICA ISTRUTTORIA BISOGNA REDIGERE? DA TENER PRESENTE CHE LA STESSA L’HA ACQUISTATO CIRCA 2 ANNI FA DA UNA COPERATINA FONDATA DA UNA CHIESA. QUALI SONO GLI ATTI AMMINISTRATIVI DA CONSIDERARE. GRAZIE
X Claudio,
Ai sensi dell’art. 824 comma 2 Cod. Civile i cimiteri comunali (e per attrazione i sepolcri privati a sistema di tumulazione, quale ne sia la tipologia o la capienza fisica, in essi insistenti) appartengono, appunto, al demanio comunale specifico.
Ai termini dell’art. 823 Cod. Civile I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili, non usucapibili, e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano, e solitamente ciò avviene con il provvedimento di concessione a titolo oneroso per il privato richiedente – si badi bene! – e non di compravendita.
Ormai su questo blog è un mantra, e non mi stanco di ripetere il concetto: i loculi tutti, quali sepolcri privati nei cimiteri, non sono liberamente acquistabili attraverso atto negoziale a contenuto privatistico, men che meno tra privato e privato. Sarò pure maalizioso, ma qui qualcuno mente sapendo di mentire!
La signora in questione non può cedere o trasferire un diritto (la presunta proprietà) del quale non è minimamente titolare, essa infatti sul loculo vanta solo un diritto d’uso ex art. 1021 Cod. Civile, tra l’altro fortemente mitigato e compresso dalle norme di diritto amministrativo cui il rilascio della concessione è subordinato.
E questo perchè:
a) La Legge che avrebbe consentito (Art. 71 commi 2 e ss. R.D. n.1880/1942), in epoche passate la trasmissione per atto inter vivos dello jus sepulchri è stata abrogata “SOLO” dal 10 febbraio 1976, cioè ben 41 anni fa, con l’avvento dei D.P.R. n.803/1975.
b) L’attuale normativa di settore, valida su tutto il territorio nazionale (Art. 92 comma 4 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 vieta, e punisce con la decadenza sanzionatoria, il mercimonio sui loculi, proibendo il fine lucro e la speculazione, da intendersi in senso civilistico come incremento del proprio patrimonio personale.
La signora, se vuole liberarsi del loculo, con oneri a proprio carico, può solo retrocederlo al comune attraverso l’istituto della “RINUNCIA” definito, nel dettaglio, dal regolamento municipale di polizia mortuaria, così l’amministrazione cittadina rientratane in peno possesso potrà riassegnarlo secondo tempi, modalità e procedure tipizzate nel regolamento comunale sui servizi cimiteriali.
X Antonio,
1) Tranquilli: indipendentemente dai passaggi mortis causa nell’intestazione del sacello mortuario e dagli avvicendamenti nella titolarità della cappella che qui non rilevano se non per l’eventuale imputazione degli oneri manutentivi, chi abbia già maturato lo Jus Sepulchri come, appunto le spoglie mortali dei Suoi nonni, continuerà a godere del diritto di sepolcro, in quella determinata tomba privata e gentilizia, appunto, per tutta la durata della concessione, quindi lo zio non può proprio sfrattare nessuno, in ossequio al principio di stabilità delle sepolture, si tratta infatti, di diritti perfetti ed acquisiti.
2) domanda preliminare: lo zio ancora in vita e con cui Lei intrattiene rapporti poco idilliaci, forse, tramite l’istituto del subentro è divenuto il nuovo concessionario? Chiedo questo perché l’unico caso in cui sia espressamente richiesta una qualche autorizzazione alla tumulazione da parte del concessionario è rappresentato dall’istituto delle benemerenze, con cui eccezionalmente si consente la sepoltura di persone non consanguinee con il fondatore del sepolcro, ma a lui legate da particolari vincoli morali, affettivi e di amicizia. Il sepolcro gentilizio originariamente sorge sibi familiaeque suae cioè per il concessionario primo e la di lui famiglia, lo Jus Sepulchri, allora, si consegue, nel momento genetico del diritto stesso, per il solo fatto di trovarsi con costui in un rapporto di parentela/consanguineità o coniugio, cioè di unione matrimoniale. Ad ogni modo valgono sempre le considerazioni di cui al punto 1), ossia se suo zio defunto, quale legittimo coniuge di Sua zia, anch’essa scomparsa, e senza dubbio titolare dello Jus Sepulchri, in quanto figlia del fondatore della cappella, era pure egli portatore dello Jus Sepulchri ha diritto all’accoglimento nella tomba a prescindere da eventuali “dispettucci” sepolcrali. In effetti il titolo di sepoltura, all’atto della fondazione del sepolcro è dato principalmente dal contratto di concessione, in cui sono nominativamente indicate le persone riservatarie dello Jus Sepulchri, ed in subordine, per gli aspetti non normati, dal regolamento comunale di polizia mortuaria solitamente vigente al momento della stipula dell’atto concessorio. Si consiglia, pertanto, di esaminare nel dettaglio queste due essenziali fonti, dalle quali origina lo stesso Jus Sepulchri.
Buongorno,
l’ oggeto della richiesta è una cappella costruita dal padre di mia zia ( la moglie del fratello di mio padre), lei ora è deceduta, come il marito, deceduto prima di lei e tumulato nella cripta della cappella. Ora dovremmo traslare lo zio in uno dei loculi della stessa, i funzionari ci chiedono il benestare del fratello della zia, con cui purtropo non abbiamo buoni rapporti. Ma essendo stata mia zia erede leggittima tra l’ altro la cappella era stata anche restaurata con spese metà mia zia e per meta al fratello e in quanto tale avendo gia deposto mio zio nella cripta lo stesso non ha diritto al loculo? glielo chiedo perche a suo tempo mio zio considerando che lui e la moglie avevano diritto su meta dei loculi ha deposto in uno di questi i nonni, non vorrei non solo non poter deporre mio zio nel “suo” loculo ma vedermi sfrattare i nonni.
X Alessandro,
prima il Comune, accertato lo stato di incuria ed abbandono dell’edificio funerario in questione (che deve eser reale e dimostrabile) pronuncia la decadenza della concessione, e, così, il manufatto deteriorato rientra nella disponibilità del Comune stesso, solo dopo l’ufficio comunale della polizia mortuaria, secondo modalità oggettive e procedure di trasparenza, fissate nel regolamento municipale, provvederà ad assegnarlo nuovamente a terzi o a chi sia davvero interessato ad ottenerlo in nuova concessione, una volta ultimati i lavori di ristrutturazione e riattamento. E’, comunque, da escludersi la trattativa privata.
Buongiorno
Nel mio paese in provincia di Pisa non vi e più posto per costruire cappelle gentilizie
ho visto pero che nel cimitero c’è una vecchia cappella, diciamo pericolante in totale stato di abbandono. Ho fatto una ricerca sulla famiglia e praticamente sono tutti estinti .
Mi chiedevo se era possibile acquistarla ? cosa devo fare e dove mi devo rivolgere !!
Sapete dirmi qualcosa ?
vi ringrazio …..
Alessandro
X Pecchiola,
Lei non ha acquistato, nel senso classico della compravendita, una porzione di terreno cimiteriale, semmai ha acquisito in concessione (a titolo, sì, oneroso) un lotto di suolo cimiteriale, e quindi DEMANIALE, ai fini di edificare una cappella privata e gentilizia con lo scopo esclusivo di costituire lo JUS SEPULCHRI per sé e la propria famiglia.
Orbene la Legge (Art. 823 Cod. Civile e Art. 92 comma 4 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria) vieta la circolazione dei titoli di sepoltura per acta inter vivos o mortis causa, con il cortocircuito tra privato e privato.
Lei, se non più interessato alla concessione potrà solo rinunciarvi, con atto personale, solenne ed irrevocabile, retrocedendola al comune, e solo a questo soggetto istituzionale, in quanto titolare esclusivo della funzione cimiteriale, il quale potrebbe anche prevedere, secondo il principio strettamente nominalistico di cui all’Art. 1277 Cod. Civile, una qualche forma di indennizzo, per gli anni residui di Jus Sepulchri non goduto né esercitato, sulla base di modalità di calcolo e procedure contemplate dalla fonte regolamentare comunale. In caso contrario nulla Le sarà riconosciuto.
Diverso sarebbe se Lei volesse associare Sua sorella nella costruzione del sepolcro, anche attraverso una novazione del rapporto concessorio, nulla osta, infatti, a che si faccia concessione a più persone, preferibilmente della stessa famiglia, avendo però cura di definire anticipatamente nell’atto concessorio la ripartizione delle quote di Jus Sepulchri e di eventuali oneri manutentivi cui sarete tenuti sino alla naturale scadenza, altrimenti da questa nuova stipula sorgerà una comunione indivisibile e solidale, lasciando alla cronologia ineluttabile degli eventi luttuosi il compito di regolare l’accesso al sepolcro delle spoglie mortali aventi in esso diritto d’accoglimento ex Art. 93 DPR 10 settembre 1990 n. 285.
X Fabio,
Rispondo, con la presente, in modo unitario ai due quesiti proposti, i quali, sostanzialmente vertono sullo stesso “petitum”.
1) la successione unicamente mortis causa, nella titolarità di una concessione cimiteriale è – di fatto – normata solo in sede di regolamento comunale di polizia mortuaria attraverso l’istituto del “SUBENTRO” (https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html).
2) Per queste situazioni, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria. Di norma, per altro, al decesso del c.d. fondatore del sepolcro dovrebbero subentrare i discendenti dello stesso. In ogni caso, eventuali controversie di questo ordine vanno risolte in sede giudiziale, lasciando estranea l’amministrazione comunale.
3) Inoltre, appare sostanzialmente improprio fare riferimento ad “eredi” in questo ambito, salvo che non si tratti di sepolcro sorto “ab origine” quale ereditario. Qualora si tratti, come potrebbe sembrare, di sepolcro di famiglia, la titolarità va valutata, alla luce del citato Regolamento comunale, sulla base dell’appartenenza alla famiglia e, occorrendo, sulla graduazione, giù per li rami dei vari livelli di parentela di tale appartenenza.
I diritti di sepoltura, né quelli sulla titolarità del sepolcro, non possono essere oggetto di trasferimenti “inter vivos” o “mortis causa” e, se questa avvenga, non solo la “transazione” è nulla, ma costituisce fattore di decadenza sanzionatoria dalla concessione.
Un sepolcro a carattere familiare si trasforma in ereditario, secondo abbastanza diffusa giurisprudenza, quando venga a cedere il concessionario, nel caso in cui non vi siano altre persone appartenenti alla famiglia che abbiano titolo a subentrare nella posizione di concessionario, secondo le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria. In altre parole, non basta l’assunzione della qualità di eredi (patrimonialmente parlando) per subentrare nei diritti concernenti un sepolcro, anche se, datale qualità conseguirebbe, in capo agli eredi, la persistenza degli oneri di manutenzione del sepolcro, senza la possibilità di esercitare lo JUS SEPULCHRI attivo o passivo.
4) Gli oneri di manutenzione dei sepolcri fanno riferimento, in termini solidali, tra tutti gli aventi titolo, inclusi quanti abbiano rapporti meramente patrimoniali (come nel caso di eredi che non siano appartenenti alla famiglia del concessionario e, come tali, privi del diritto di esservi sepolti).
Non si entra nel merito della ripartizione di tali oneri, essendo aspetti propri del diritto privato, anche se un buon criterio potrebbe essere quello della ripartizione per £rami” di discendenti e, all’interno di questo, per “sotto-rami”, criterio che, probabilmente, potrebbe essere seguito dal giudice nell’eventualita’ che la regolazione di cio’ venga rimessa ad un giudizio.
5) A volte si prevede che, a seguito del decesso del cofonatore del sepolcro, si via un rappresentante (che ha un ruolo di mero “nuncius” rispetto ai diversi co-titolari), altre volte è prevista una vera a propria nuova intestazione della concessione (a volte con la specificazione che i “nuovi” assumono essi stessi la qualita’ di concessionari, altre volte senza che vi sia questo effetto).
6)In linea generale, nei sepolcri privati nei cimiteri sono accoglibili (cioè: hanno il diritto di sepolcro) le persone considerate dall’art. 93, sopra citato salve norme regolamentari che amplino o restringano il diritto di sepolcro), fatta salva la possibilità per il concessionario, esplicitandolo nell’atto di concessione, di indicare, od anche escludere, persone diverse, statuizione che rimane immodificabile di seguito, sia da parte del concessionario, sia da parte (deceduto questi di altri aventi titolo, se subentrati nella titolarità della concessione.
In tutti i casi, la tutela dei diritti spetta alla giurisdizione ordinaria, in sede civile.
E’, poi, utile, in ultima analisi riportare la massima di questa sentenza che ha il merito di risolvere, nel senso da Lei prospettato un caso analogo: Pretura di Niscemi, 5 dicembre 1985 “Ai fini dell’esclusività dello “ius nominis sepulcri” ovvero dell’intestazione della tomba familiare è irrilevante il mero fatto di essere, per ovvi motivi amministrativi e di semplificazione, il primo o solo intestatario della concessione di suolo cimiteriale, allorché risulti pacificamente da apposite convenzioni tra i privati che suolo e tomba siano stati rispettivamente acquistati e realizzati di comune accordo da due differenti famiglie, ciascuna contribuente in ragione della metà delle spese, e pertanto avente consequenzialmente diritto non solo a metà “quota” del sepolcro familiare, ma anche alla cointestazione dello stesso”.
Buongiorno,
La questione che mi preme sottoporle è questa: se, l’atto di concessione rilasciato in favore di due fratelli, Tizio e Caia (trasmesso agli eredi dopo la loro morte), e non al terzo fratello Sempronio, perchè al momento della firma per il rinnovo della concessione era residente in altra città per motivi di lavoro, possa ritenersi esteso anche a quest’ultimo, ed ai suoi eredi.
La storia:
Nel febbraio 1957 viene acquistata con lire 80.000 la concessione di un suolo presso il cimitero Agrigento per tomba privilegiata aprendo un mutuo da parte di Sempronio, in forza dello stipendio di lire 30.000 mensili percepiti in quel periodo.
Il giorno 10 settembre 1957 Tizio, fratello, presentava la richiesta al Comune di Agrigento di concessione ventennale del suolo presso il suddetto Cimitero.
Il giorno 27 ottobre 1957 Caia, sorella, presentava presso il Comune di Agrigento richiesta di autorizzazione per edificare sul suolo concesso una tomba privilegiata, specificando che sarebbe stata intitolata al padre dei tre fratelli, ossia al capo-famiglia, appena deceduto, e di conseguenza si intendeva a nome dei tre figli: Tizio, Caia e Sempronio.
Sempronio però era impossibilitato a formalizzare le richieste personalmente in quanto residente in altra città per motivi di lavoro. Le domande successive per il rinnovo di concessione ventennale, quindi, sono state firmate dai soli fratelli Tizio e Caia.
Ma che la volontà dei tre fratelli fosse quella sopra descritta si è confermata nel 1995 quando per la ristrutturazione dei marmi esterni della tomba di famiglia hanno contribuito in parti uguali, con la somma di lire 6 milioni a testa, Tizio, Sempronio d il marito di Caia, nel frattempo deceduta.
Posto tutto quanto sopra descritto ciò che mi domando è che, sebbene la concessione sia esclusivamente intestata agli eredi di Caia e di Tizio, (nel frattempo deceduto), la reale concessione può intendersi estesa, stabilmente per il futuro, anche agli eredi di Sempronio (deceduto anch’egli)?
Grazie mille!