Ci è pervenuto il quesito seguente:
Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?
I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?
No, la risposta è negativa.
Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).
Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.
Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:
· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione
· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.
L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.
Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.
L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.
In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.
Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.
Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.
Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.
Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:
Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.
Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.
Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.
Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.
Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.
Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o speculazione
X Francesco,
Nel frangente in cui vi sia stata concessione di area per l’erezione di un sepolcro a sistema di tumulazione individuale o pluriposto, il rapporto tra Comune e concessionario ha quale obiettivo da perseguire la costituzione del diritto superficie, ossia lo Jus Aedificandi ex Art. 952 comma 1 Cod. Civile (o secondo parte minoritaria della dottrina il solo diritto d’uso, ex Art. 1021 Cod. Civile, e soprattutto art. 90 comma 1 D.P.R. 285/90 sul terreno cimiteriale), sul lotto di terreno allo scopo di fabbricare il manufatto che, una volta ultimato, diviene di proprietà del concessionario, per tutta la durata della concessione, stante la formulazione dell’art. 63 comma 1 D.P.R. 285/90 ed è a sua volta ontologicamente finalizzato al solo uso di sepoltura (art. 93 del D.P.R. 285/90), tant’è che la più erudita letteratura giuridica di settore parla di “vincolo di destinazione”, mentre qualora si ragionasse di manufatti sepolcrali a sistema di tumulazione elevati (ovviamente… se epigei, altrimenti bisognerebbe discettare in termini di scavo!) direttamente dal Comune, il provvedimento concessorio avrebbe per oggetto unicamente il diritto d’uso dei posti a tumulazione. In entrambe le figure giuridiche, testé tratteggiate, è attribuito al concessionario il diritto di sepoltura, lo Jus Sepulchri, inteso come diritto ad essere tumulato (o tumulare altri) nel sepolcro; l’unico elemento di differenziazione tra le due possibili circostanze è la mancanza, nella seconda ipotesi, ovvero nella concessione del semplice diritto d’uso, dell’elemento intermedio e strumentale relativo alla mera proprietà del manufatto.
Il diritto d’uso, cioè la c.d. “riserva”, delle sepolture private nei cimiteri comunali è disciplinato dall’art. 93 comma 1 D.P.R. n. 285/90, con disposizioni, di carattere generale, da seguire non solo per sepolture innalzate (..se epigee!) su aree avute in concessione ma altresì per posti salma a sistema di tumulazione realizzati direttamente dal Comune. Quindi, in ambedue le ipotesi (nella fattispecie di sepolcro famigliare, cioè sibi familiaeque suae, e non ereditario) sono titolari del diritto di sepolcro il fondatore del sepolcro stesso ed i suoi famigliari, questo novero di persone portatrici dello jus sepulchri attivo e passivo è dato dal combinato disposto tra due fonti aventi carattere normativo, cioè: 1) l’atto di concessione. 2) il regolamento municipale di polizia mortuaria indispensabile per delineare compiutamente il nucleo famigliare degli aventi titolo e la definizione stessa di “FAMIGLIA” ai fini sepolcrali.
In difetto, o nel silenzio, di questi due strumenti giuridici opererebbe pur sempre di default l’Art. 93 comma 1 D.P.R n. 285/1990, con implicito rimando agli artt. 74 e segg. del Cod. Civile, il quale riconosce, nei legami famigliari, sino il sesto grado di parentela.
Se il comune concede un’edicola funeraria e/o cappella, costruita dall’ente stesso, quindi non sepoltura privata costruita dal concessionario, a chi spetta essere sepolto in detti manufatti?
X Sandro,
tralascerei, per mia acclarata incompetenza, eventuali risvolti penali (mercimonio di loculi vietato dalla Legge?) e preferisco, quindi, soffermarmi sugli aspetti, a me più consoni, del procedimento amministrativo volto ad accertare, preliminarmente alla tumulazione vera e propria, il diritto del defunto ad esser accolto in quel dato sepolcro secundum legem e non in modo “clandestino”.
L’istruttoria sullo Jus Sepulchri da parte dei preposti uffici comunali si basa sì solo sui titoli formali prodotti su impulso delle parti interessate (altrimenti si sconfinerebbe nell’attività giurisdizionale) ma da essa, se ben condotta, deve emergere chiaramente il rapporto di consanguineità che intercorre tra il de cuius ed il fondatore del sepolcro, altrimenti, se non si dimostra questo legame, si perpetrano un abuso ed un ingiustizia privando del proprio di un proprio diritto chi sia legittimamente titolare dello Jus Sepulchri stesso.
Dirò di più solo con l’attuale Regolamento Statale di Polizia Mortuaria (approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285) è stato introdotto (Art. 93 comma 2) l’istituto delle benemerenze con il quale si consente al concessionario (e solo a lui, una volta sentite le altre persone portatrici dello Jus Sepulchri per vincolo di consanguineità, le quali, poi, debbono esprimere il proprio consenso alla compressione del loro Jus Sepulchri) di autorizzare, in deroga al principio della famigliarità della tomba, l’ingresso, nel sepolcro, delle mortali spoglie anche di soggetti estranei al nucleo famigliare, ma uniti al concessionario da solidi ed ideali sentimenti affettivi (è il caso ad esempio delle convivenze more uxorio, mai tradottesi in regolare matrimonio). Orbene questo sistema normativo opera “solo” dal 27 ottobre 1990, di conseguenza è impossibile che già negli anni ‘60, in vigenza di diversa e più rigida disciplina statale, Suo suocero avesse acconsentito ad una tumulazione “straordinaria” di persona esterna alla cosiddetta “RISERVA” (leggasi rosa di individui destinatari dello Jus Sepulchri) solennemente statuita alla stipula dell’atto di concessione.
Quindi: stando a quanto mi pare di capire: nel sacello mortuario di cui Lei è co-intestatario si nota una strano “via-vai” di feretri ora in ingresso ora in uscita senza una Sua precisa autorizzazione in merito.
Mah…innanzi tutto il Comune dovrebbe pur sempre avvertire i concessionari sulle operazione che interesseranno la loro tomba, non fosse altro per permettere loro di intervenire su lapidi ed arredi votivi (murature, smurature, sostituzione di lastre sepolcrali…) con imprese di loro fiducia, tuttavia, a volte bisogna saper distinguere tra i diritti di gestione sul sepolcro (di stretta spettanza del concessionario) ed i diritti di disposizione su feretri, resti mortali, ossa o ceneri deposti in quel determinato sacello mortuario. Essi potrebbero anche non coincidere, concentrandosi nelle mani del concessionario, o peggio ancora divergere, anche pesantemente, con inevitabili conflitti e strascichi giudiziari
In effetti, il potere decisionale sulla destinazione di un feretro, da parte del concessionario si esaurisce con la sua autorizzazione all’ammissione del defunto entro un loculo della cappella gentilizia, ma non per questo la spoglia mortale è sottratta, in futuro al titolo di disposizione da parte dei più stretti congiunti.
Insomma: Indicazioni di ordine generale: il diritto di disporre delle spoglie mortali (uso questo termine per superare la questione se si tratti di cadavere, resti mortali od altro) è un diritto, personale, che spetta ai famigliari ed è, in sé, indipendente dal fatto che questi siano concessionario (o aventi titolo sul sepolcro privato).
Non si entra più di tanto nel merito di quali siano i famigliari che hanno questo diritto di disposizione, in quanto si tratta di un’elaborazione giurisprudenziale, formatasi nel tempo (e sostanzialmente in modo omogeneo) che trova la sua “scheletrizzazione” (piace il termine? Se non piaccia, lo si sostituisca con “sintesi” …) in sostanza nell’art. 79, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285: certo, la norma qui citata si occupa della volontà alla cremazione, ma la formula utilizzata per definire la poziorità (concorso di potere e di priorità) nell’esercizio del diritto di disporre delle spoglie mortali altro non se se non la “sintesi” di una costante giurisprudenza.
Nel caso di specie, va concordato, in larga parte (ma non del tutto, come si vedrà) con le considerazioni fatte, in particolare sul punto che le persone “nominate” dal concessionario laddove consideri – correttamente – che con questo atto di “nomina” il singolo defunto è stato rivestito di una posizione fortemente personale.
Per altro, i familiari conservano il proprio rapporto con il defunto (che non viene meno con la “nomina” da parte del concessionario) e, conseguentemente, il pieno diritto di disporre delle spoglie mortali, che poi si estrinseca nella sola richiesta di estumulazione, atta al trasferimento in altro sito del defunto.
Per queste ragioni posso spericolarmi in questa affermazione:
Lei, seppur in veste di nuovo concessionario non ha diritto ad opporsi:
a) alla tumulazione di persone ancorché non Sue parenti, considerate però nella “riserva” stabilita, ab origine, dal vecchio concessionario, si tratterebbe, infatti, di diritti già perfetti ed acquisiti, da esercitarsi nel post mortem. (a tal proposito, tanto per esser indiscreti: ha provato magari a risalire alla “RISERVA” consultando attentamente l’atto di concessione?)
b) all’eventuale traslazione di quest’ultime se richiesta dai parenti aventi titolo a pronunciarsi in materia.
Può, invece, agire, in tutte le sedi, contro la “TURBATIVA di SEPOLCRO” per sfrattare elegantemente eventuali feretri illegittimamente tumulati.
A stretto rigore, dovrebbe essere il concessionario che voglia “movimentare” le spoglie mortali ad acquisire un consenso (lo vedrei più come un consenso, che non come un’autorizzazione) da parte dei familiari, se del caso.
Tuttavia, quanto meno un intervento d’informazione nei confronti dei famigliari merita di essere assicurato dal Comune (salvo nel caso in cui il concessionario non abbia già provveduto ad acquisirne il consenso, meglio se documentandolo in qualche modo).
x Carlo Per prima cosa vorrei ringraziarla della sua disponibilità e chiarezza di illustrare la risposta al mio quesito , che ho scritto in modo ambiguo. In risposta alla sua domanda non sono molto bravo a distinguere a quale appartengo delle sue risposte, le farò un quadro chiaro della mia posizione. Mio suocero, vedovo, primo concessionario (fondatore del sepolcro) è venuto a mancare circa 6 anni fa, mia moglie è morta per una grave malattia nel 2001, siamo subentrati in successione legittima io e i miei due figli,( credo che sia per diritto di consanguineità). Le voglio spiegare che è successo in quella tomba. In un loculo giaceva una salma di un uomo (persona estranea della famiglia) morto negli anni 60. Nel mese di novembre 2014 recandomi nel cimitero mi sono accorto che in quel loculo non c’era più la vecchia salma ma cera una anziana donna, tumulata di recente, la lapide si notava che era stata modificata la scrittura. Il mio primo pensiero è stato di richiedere al comune un accesso agl’atti, riscontrando che l’interessato dell’ufficio preposto aveva dato il visto alla tumulazione della attuale salma, dietro una richiesta della moglie dell’uomo che era tumulato in precedenza, premetto che non so che fine abbia fatto la salma che cera in precedenza. Ora le chiedo se il comune può autorizzare l’apertura di una tomba gentilizia far asportare una salma e farne seppellire un’altra, in oltre vorrei chiederle se ci sono i presupposti per una denunzia penale perché questo non è il primo caso che succede al mio paese, oltre che a tutelare i miei interessi vorrei porre fine a questo modo di fare di questa persona responsabile del procedimento adottato. Spero che lei riesca a capire il filo di come le ho cercato di spiegare la cosa. La ringrazio della sua disponibilità e della sua gentilezza,
X Sandro,
occorre chiarirsi sui termini linguistici per una preliminare disambiguazione: Lei ha ereditato quota di tomba gentilizia secondo le consuete regole della successione mortis causa (di tipo, quindi, patrimoniale) oppure è subentrato, seppur per una frazione sola del cosiddetto Jus Sepulchri, nella titolarità di una concessione cimiteriale jure sanguinis, ossia per diritto di consanguineità?
Sarebbe importante appurare questo aspetto perché essendo lo Jus Sepulchri un diritto prettamente di natura personalissima dove la componente materiale e fisica è teleologicamente finalizzata e, dunque strumentale rispetto al nobilissimo fine (etico, religioso e quasi, per certi versi, metagiuridico) di dare o ricever sepoltura, di solito l’avvicendamento nella titolarità di questo diritto è avulso dalle procedure che governano il trapasso del patrimonio (jure haereditatis), in quanto segue solo il criterio della consanguinietà (o del rapporto di coniugio) che s’instaura tra il concessionario primo (= fondatore del sepolcro) e chi gli subentrerà legittimamente.
Il sepolcro gentilizio si configura appunto come famigliare (sembra sin quasi tautologico, ma giova ripetere questo concetto) se non diversamente stabilito nell’atto di concessione per espressa volontà del concessionario primo, di conseguenza, a rigore, alla morte di quest’ultimo, dovrebbero essere i più stretti famigliari ad avvicendarsi al de cuius nella titolarità dello Jus Sepulchri.
Certo, come rilevato dalla Suprema Corte di Cassazione, il sepolcro da famigliare si tramuta in ereditario e rientra nell’asse successorio quando si si sia estinto l’ultimo consanguineo del fondatore del sepolcro stesso, cosicché questi (se sopravvive ai propri parenti) possa liberamente disporne tramite atto di ultima volontà, ma c’è un punto oscuro sul quale tutta la dottrina ancora s’arrovella senza aver ancora individuato una soluzione condivisa: chi eredita il sepolcro diviene a sua volta titolare in pieno dello Jus Sepulchri, quale nuovo concessionario, oppure sarà unicamente titolare del diritto sul sepolcro in sè ovvero, in negativo, degli oneri manutentivi che gravano sull’edificio funerario senza esser portatore del diritto di sepolcro?
La differenza tra queste due filosofie interpretative è abissale, siccome nel secondo caso dalla voltura della concessione a favore di un erede non sorgerebbe il potere di dare o ricever sepoltura in quel determinato sacello mortuario (appunto ereditato…repetita juvant) ma solo il dovere di mantenere, con spese a proprio carico, lo stabile in decoroso e solido stato, anche se saranno altri a godere materialmente di quella tomba, nel tempo successivo alla propria morte, poiché i diritti personalissimi non sono mai successibili.
lo Jus Sepulchri, quale unico diritto da esercitarsi in proiezione del nebuloso post mortem, quando, dunque, cessa la capacità giuridica, è assoluto ed imprescrittibile e trova il suo unico limite nella capienza ricettiva del sepolcro esso, infatti, spira naturalmente solo quando si sia raggiunta la saturazione del sepolcro, con l’esaurimento di ogni posto libero, in quanto già occupato da un feretro di avente diritto alla tumulazione.
Questa lunga, ma necessaria premessa mi consente di insinuarLe, tra le righe, un dubbio sottile, però, per come è posto il quesito Lei parrebbe avere dannatamente ragione. Molto più semplicemente (ma l’errore, così macroscopico, sarebbe persino pacchiano, tanto…forse troppo dozzinale da suscitarmi ben più di un diabolico interrogativo su come stiano realmente le cose) il comune nell’autorizzare l’immissione del feretro estraneo alla Sua famiglia ha commesso una sbaglio marchiano, omettendo di verificare, attraverso apposita e strutturata istruttoria se il defunto in questione avesse davvero titolo ad esser accolto nella cappella gentilizia e l’Art. 102 del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria a tal proposito non può esser facilmente obliterato oppure dimenticato, se non incorrendo in una grave inadempienza, in effetti esso prescrive tassativamente un controllo su ogni entrata di feretro in un dato sepolcro, proprio per evitare abusi e situazioni di patente illegittimità, anzi in realtà le autorizzazioni “incrociate” dovrebbero esser due: difatti, autorizza, implicitamente il concessionario (non arbitrariamente o ad libitum, ma sulla base della riserva statuita nell’atto di concessione) presentando apposita domanda di tumulazione all’ufficio comunale della polizia mortuaria ed in ultima istanza autorizza il comune solo dopo aver “ponderato” attentamente i titoli di sepoltura prodotti agli atti cioè, tanto per capirci, il morto deve vantare veramente lo jus sepulchri, altrimenti la stessa tumulazione gli sarebbe inibita ab origine, riuscendo essa stessa contra legem sepulchri. E la Lex Sepulchri altro non è se non il novero, la rosa delle persone, famigliari del concessionario, riservatarie dello Jus Sepulchri, così come sancito solennemente nell’atto di concessione o nella convenzione stipulata tra le parti contraenti che sovente l’accompagna.
I rimedi a questa anomalia da Lei segnalata sono diversi: se Lei ritiene sia stato violato un suo interesse legittimo (per un’autorizzazione alla tumulazione viziata nei suoi presupposti fundamentali) si può esperire un ricorso al T.A.R. avverso la concreta autorizzazione di cui sopra, ma lo stesso risultato potrebbe esser conseguito con un ricorso gerarchico presso la stessa autorità comunale affinché essa, in autotutela, riconosciuto il problema procedurale, annulli l’autorizzazione da cui è discesa la tumulazione sine titulo, altrimenti, nell’evenienza sia stato leso un suo diritto soggettivo bisogna adire il giudice ordinario per porre in essere le azioni, previste dal Cod. Civile contro la cosiddetta turbativa di sepolcro, poichè lo Jus Sepulchri si atteggia anche, verso i privati, quale diritto perfetto di natura reale e patrimoniale, oltre ad esser personalissimo, tutelabile, per questo, in via possessoria.
Rimango a disposizione per ulteriori delucidazioni.
x Carlo vedo la sua disponibilità e competenza nel regolamento cimiteriale vorrei esporre il mio problema, recentemente nel 2005 io e i miei figli abbiamo ereditato una quota parte di una tomba gentilizia il giorno dei morti recandomi al cimitero mi accorgo che da qualche mese era stata tumulata una salma in un loculo libero della stessa tomba ho contattato tutti gli eredi ma nessuno sapeva niente al riguardo le chiedo se e possibile aprire un loculo di una tomba di proprietà senza che i proprietari vengano avvertiti vorrei sapere di chi è la responsabilità e a chi mi dovrei rivolgere per tutelare i miei diritti faccio presente che questa salma non ha nessun grado di parentela è estremamente estranea dalla nostra famiglia nell’attesa la ringrazio anticipatamente
X Antonio,
in estrema sintesi: no! La possibilità da Lei ventilata non è ammissibile.
La Legge, infatti, proibisce il…”cortocircuito” della cessione dei titoli di sepoltura tra privato e privato. I sepolcri, infatti, sono extra commercium.
Il Legislatore, in effetti, vede con diffidenza la libera circolazione dei diritti d’uso sui manufatti sepolcrali, anzi pare proprio volerla impedire con diverse norme con le quali statuisce:
La demanialità delle aree cimiteriali e, quindi, dei sepolcri in essa edificati (Art. 823 ed Art. 824 comma 2 Cod. Civile)
il rapporto tra concessionario e comune, quale ente concedente, che appunto si configura come una CONCESSIONE amministrativa (è quasi tautologico, ma giova ripetere questo concetto!) e non come un diritto di proprietà liberamente trasferibile. (Capo XVIII del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR n.285/1990)
Il divieto di lucro e speculazione sulle concessioni cimiteriali (Art. 92 comma 4 DPR n. 285/1990).
L’abrogazione esplicita di tutte le vecchie disposizioni (Art. 71 commi 2 e segg. Regio Decreto n. 1880/1942) che avrebbero permesso la trasmissione per atti negoziali a contenuto privatistico dello Jus Sepulchri, ora divenute incompatibili con il nuovo ordinamento di polizia mortuaria introdotto con l’avvento del DPR n.803/1975 e ripreso, quasi in toto, dall’odierno e vigente DPR 10 settembre 1990 n. 285.
La personalità e familiarità dello Jus Sepulchri che si trasmette unicamente jure sanguinis o, a certe condizioni anche jure haereditatis, ma mai per acta inter vivos, men che meno a contenuto patrimoniale.
L’unica soluzione esperibile e LEGALE è la retrocessione al Comune dei 5 loculi liberatisi a seguito dell’estumulazione, essi rientreranno in possesso del comune che potrà, quindi, riassegnarli con una nuova concessione, in base a modalità e procedure dettate dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Attenzione: l’estumulazione, ex se, potrebbe implicitamente comportare l’estinzione della concessione a causa dei naturale esaurimento dei fini (dar sepoltura a quei 5 particolari defunti) per i quali essa stessa era sorta, così senza bisogno di un atto formale di rinuncia da parte del concessionario i 5 loculi ritornerebbero automaticamente nella disponibilità del Comune, il quale prenderà conoscenza della situazione prodottasi con un atto meramente ricognitivo sulla cessazione degli effetti giuridici del rapporto concessorio.
X Enzo,
Il Regolamento se correttamente omologato dal Ministero ex Art. 345 Testo Unico Leggi Sanitarie, è fonte del diritto cui bisogna ottemperare, i mie dubbi, sono pertanto da archiviare, in quanto irrilevanti.
L’atto integrativo citato è un provvedimento dirigenziale ex Art. 107 comma 3 lett. f) D.LGS n. 267/2000, e può avere avuto la forma dell’atto pubblico o, anche, della scrittura privata autenticata, per la quale la registrazione è prevista laddove l’importo della concessione sia stato superiore alla misura dell’imposta di registro in misura fissa, si veda a tal proposito il Testo Unico di cui al dPR 26/4/1986, n. 131 e succ. modif.
Al riguardo, vengono in soccorso gli articoli 2699 e 2703 c.c., nonché l’art.97, comma 4, lett.c), D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali).
L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato (art.2699 c.c.). La scrittura privata autenticata si ha, invece, quando la sottoscrizione di un atto non formato dal notaio (“o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato”) è da questi autenticata e consiste nell’attestazione “che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza” (art.2703 c.c.).
La sottoscrizione del segretario comunale é necessaria se si provveda alla
stipula dell’atto di concessione per atto pubblico (il segretario agisce
come ufficiale rogante); se si procede, invece, per scrittura privata
registrabile in caso d’uso è possibile la sola sottoscrizione delle parti
(concessionario e dirigente/responsabile del servizio).
2) La registrazione e’ necessaria (e, quindi, non é ammesso ricorrere
alla scrittura privata registrabile in caso d’uso) quando l’importo della
concessione sia pari o superiore a 6.455,71 euro (l’importo oggi è stato
elevato ad Euro 8.400).
x carlo
grazie sign.carlo per avermi risposto in modo celere.mi sempra di aver capito che tutto dipende dal regolamento comunale.Nel frattempo sono riuscito ad avere il regolamento cimiteriale del comune dove si trova la tomba.Il regolamento ad un certo punto dice:
art.73:
1-alla morte del concessionario fondatore del sepolcro,i beneficiari del diritto alla fruizione dello stesso,dovranno delegare per l’esercizio del diritto d’uso della sepoltura uno tra essi,nodiziando formalmente il settore tecnico e tecnico manutentivo che provvedera ad aggiornare la titolarità della concessione ed ad darne comunicazione direzione del cimitero;in difetto non si permettera l’esercizio.
2-Le prescrizioni di cui al primo comma si applicano altresi’ ai successori legittimi dell’ultimo avente diritto a fruire della sepoltura in base all’atto di concessione,ai sensi del articolo precedente,qualora succedano piu’ soggetti nello stesso grado di parentela.
3-Il concessionario fondatore del sepolcro potrà escludere dal diritto d’uso della sepoltura taluno di coloro che sarrebbero beneficiari a norma dell’articolo precedente;
analoga facoltà e’ riconosciuta al concessionario fondatore nel corso del rapporto concessorio ed avrà effetto da momento della ricezione dell’apposita domanda motivata da parte del settore tecnico e tecnico manutentivo,che predisporrà gli atti necersari per la stipula, a spese del richiedente, di un atto integrativo all’originale contratto di concessione.
4-IL concessionario fondatore ha anche facoltà di estentere l’uso della sepoltura ad altri parenti,affini o estranei, tanto all’atto della stipula quanto nel corso del rapporto concessorie;in quest’ultimo caso si procederà come previsto al comma precedente.
cosa ne pensa di questi regolamenti??
posso far inserire dalla fondatrice il nome di due estranei?Teniamo sempre in considerazione che la concessione e stata fatta nel1969 molto sicuramente con scittura privata tra fondatore e comune,percui l’atto integrativo con quale criteri dovrebbe essere fatto???
scrittura semplice?? atto pubblico??registrato al agenzia delle entrate??
Sconosciamo l’atto concessorio perche’ smarrito ma in quel periodo tutto si faceva, nel estremo sud dell’italia, con molta leggerezza e per conoscenza personale.
Torniamo ad oggi.cosa mi consiglia??
x Carlo
Salve,
il mio caso è questo:
mia cugina titolare di concessione ( o ereditiera) di 5 loculi comunali
richiede concessione per poter edificare una cappella gentilizzia .
una volta ottenuta tale concessione costruisce la cappella e quindi trasferisce le salme dai 5 loculi che aveva alla cappella appena costruita.
puo trasferire a me i l 5 oculi che non gli interessano piu’ avere???
grazie