Ci è pervenuto il quesito seguente:
Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?
I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?
No, la risposta è negativa.
Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).
Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.
Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:
· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione
· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.
L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.
Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.
L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.
In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.
Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.
Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.
Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.
Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:
Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.
Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.
Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.
Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.
Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.
Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o speculazione
X Enzo,
E’ l’atto di concessione a costituire il titolo e, conseguentemente, è in questa sede che possono, se del caso, essere definiti i nominativi di persone che possano trovarvi accoglimento (a tempo debito, cioè il più tardi possibile!). fermo restando che, in difetto di specifiche indicazioni, opera l’art. 93 comma 1 dPR 10/9/1990, n. 285 ed i diritti della personalità, come, appunto, lo Jus Sepulchri, sono regolati solo dalla Legge Statale.
Se il regolamento comunale non dispone diversamente (ma nutrirei seri dubbi a tal proposito) solo e solamente all’atto della fondazione del sepolcro il concessionario primo stabilisce, nell’atto di concessione, ex Art. 93 comma 1 DPR n. 285/1990, i nominativi dei soggetti titolari dello Jus Sepulchri, dopo non è più possibile mutare un rapporto giuridico in sé già formato e perfetto e pienamente, produttivo, quindi, dei propri effetti, per tutta la durata della concessione, salvo non ricorrere ad una novazione consensuale delle obbligazioni sinallagmatiche scaturenti, appunto dalla concessione posta in essere, estinguendo il vecchio rapporto in modo da instaurarne uno del tutto nuovo avente come oggetto fisico sempre la stessa tomba, allora sì che si potrebbe integrare la “riserva”, aggiungendovi altre persone ma permarrebbe comunque, il vincolo della famigliarità e da definizione di “famiglia” è dettata dal regolamento municipale di polizia mortuaria.
In primis, poi, bisogna sempre ricordare come il concessionario autorizzi
sì l’ingesso nel sepolcro di un determinato feretro, ma autorizza non ad
arbitrio o capriccio (= non può autorizzare chicchessia, cioè un estraneo
alla rosa dei destinatari dello Jus Sepulchri) bensì sulla base di due
precisi elementi normativo-contrattuali:
a) del regolamento comunale di polizia mortuaria vigente all’atto della
stipula dell’atto concessorio che si pone come premessa necessaria a tutti i
procedimenti di polizia mortuaria che interessino, come parte contraente, il
Comune
b) dello stesso atto di concessione.
E’il combinato disposto tra queste due fonti del diritto a determinare la
cosiddetta “RISERVA” ossia il novero delle persone che, quali titolari dello
jus sepulchri, siano portatrici, quando ancora in vita, del diritto alla
tumulazione in sepolcro privato della loro futura salma (in realtà, mentre
si è in vita lo Jus Sepulchri, unico ed ultimo diritto da esercitarsi nel
post mortem, rimane una mera aspettativa, in attesa di concretizzarsi in
prospettiva postuma, fatta salva la raggiunta saturazione del sepolcro
stesso: se materialmente non dovesse esserci più posto per immettere nuove
bare (…e lo spazio sepolcrale non è dilatabile all’infinito…purtroppo!) lo
Jus Sepulchri spirerebbe di per sé, naturalmente senza più la possibilità di
esser attuato verso chi ne sia ancora astrattamente titolare.
L’unica soluzione legale per permettere l’ingresso nel sepolcro si salme “estranee” al nucleo famigliare del fondatore è rappresentata dall’istituto delle “BENEMERENZE” di cui all’Art. 93 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285, le quali costituisce l’unica deroga possibile al concetto di “riserva famigliare” del sacello mortuario, che non dimentichiamo, si configura, normalmente, pur sempre come privato e gentilizio, se escludiamo, per un momento, la figura giuridica del sepolcro ereditario. Le benemerenze, per esser implementate, richiedono necessariamente una disciplina di dettaglio da parte del regolamento comunale.
salve,
Le chiedo indicazioni in merito alla seguente problematica :
può una titolare fondatrice di concessione cimiteriale di una tomba
di 2 posti a cielo aperto del 1969, inserire con atto integrativo due nominativi di persone estranei (non di famiglia)?
Se si in che forma deve essere fatto quest’atto integrativo e
se al momento del decesso di uno dei due necersita un altra autorizazione del titolare di concessione alla sepoltura ?
grazie…
X Graziella,
Il fatto risale al 1947, nell’immediato periodo post bellico. Le norme di riferimento per inquadrarlo sotto il profilo normativo e storico sono il Cod.Civile (almeno lui è una certezza!) ed il Regio Decreto n. 1880/1942.
In quell’epoca ormai lontana stante l’Art. 71 commi 2 e seguenti dell’allora vigente Regio Decreto n. 1880/1942 (Regolamento Statale di Polizia Mortuaria), rimasto in vigore sino al 10 febbraio 1976, in quanto abrogato dal vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR n.803/1975, ora sostituito dall’attuale DPR 10 settembre 1990 n. 285, era perfettamente legittimo poter disporre dei sepolcri per acta inter vivos, cioè con atti negoziali di diritto privato, tra cui si annoverano, appunto, le donazioni. A dire il vero, non mancavano situazioni per me abbastanza border line (quindi di dubbia legalità) in cui s’assisteva ad una vera e propria alienazione, tramite semplice scrittura privata, non tanto del diritto d’uso, quanto della proprietà (in senso fisico e, quindi pieno del termine) dei manufatti sepolcrali da parte del comune o delle stesse imprese edili che realizzavano corpi di fabbrica (cappelle, batterie di loculi…) su suolo cimiteriale, all’interno del sacro recinto.
Per il principio generalissimo del tempus regit actum la donazione perfezionata sotto l’imperio della precedente disciplina, per una sorta di ultrattività di quest’ultima, anche se oggi incompatibile con quella odierna, continua a produrre tutti i propri effetti giuridici.
In ogni caso la libera possibilità di circolazione dei titoli di sepoltura, prima ammessa o, quanto meno tollerata a certe condizioni (quali ad esempio il vincolo di destinazione sepolcrale e l’obbligo di notificare al Comune, in quando titolare ultimo della funzione cimiteriale l’avvenuto passaggio dello Jus Sepulchri dal primo titolare ai suoi aventi causa) anche considerando l’avvenuta demanializzazione dei cimiteri comunali sancita dall’Art. 824 comma 2 Cod. Civile, con implicito rimando all’Art. 823, decade, per norma formale con l’avvento del DPR n.803/1975 il quale: a) abroga ogni precedente norma in contrasto con il suo impianto, regolando ex novo tutta la materia cimiteriale) b) vieta tassativamente il fine di lucro o speculazione nella trasmissione del diritto d’uso sui sepolcri. Secondo un certo filone della dottrina, invece, l’incompatibilità tra il regime giuridico cui sono sottoposti i cimiteri e:
a) la perpetuità stessa delle concessioni
b) la facoltà di cessione tra privati con atti a contenuto privatistico dello Jus Sepulchri (donazione compresa)
dovrebbe risalire al 21 ottobre 1942, quando, cioè entra in vigore il III Libro del Cod. Civile (Artt. 824 ed 824 comma 2), proprio perchè in forza di queste due norme i cimiteri (ed i sepolcri) sono considerati beni ed impianti afferenti al demanio comunale e come tali possono formare oggetto di diritti verso i privati solo attraverso l’istituto della concessione amministrativa.
Si noti, dunque, la discrasia tra le fonti del diritto, dovuta alle diverse velocità con cui III Libro del Cod.Civile e Regio Decreto n. 1880/1942 furono veicolati nell’Ordinamento Giuridico, siccome se accediamo a questa tesi così estrema l’Art. 71 commi 2 e segg del Regio Decreto n.1880/1942 sarebbe riuscito già inapplicabile addirittura prima di entrare in vigore, in quanto in contrasto con norma di rango superiore quale è il Cod. Civile: l’antinomia è stridente!
Sullo strumento della sola scrittura privata con cui si ottenne la donazione avrei qualche perplessità procedurale, mi sembra infatti titolo non idoneo in quanto la donazione di un loculo (sin quando essa sia stata lecita) sarebbe stata pur sempre un negozio solenne (Art. 782 Cod. Civile) ed avrebbe, quindi, richiesto, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico ad sustantiam (Art. 2699 Cod. Civile) soggetto, poi, a debita trascrizione (Artt. 2643 e 2644 Cod. Civile): infatti, con esso chi dona trasmette lo Jus Sepulchri che oltre ad esser diritto personalissimo ha anche la natura di diritto reale (d’uso, nella fattispecie ex Art. 1021 Cod. Civile) sull’avello mortuario in questione.
Carissimo sig Carlo ho bisogno del suo aiuto.
Ho un caso particolare e non riesco a venirne fuori.
Orbene, nel 1947 un prete ottiene la concessione x la costruzione di una cappella x la tumulazione dei propri familiari.
Dopo la costruzione con una scrittura privata dona un posto ad una signora che seppellirà il marito.
Oggi, morti tali soggetti, l’erede del prete vuole agire in giudizio x ottenere la dichiarazione di nullità della scrittura e l’estumulazione del morto da parte degli eredi di quest’ultimo.
La donazione riveste la forma della scrittura privata ed è fatta per ragioni sante!!
È prospettabile una azione giudiziaria??
Grazie attendo una sua risposta
No, no: Lei ha capito benissimo: è proprio così.
Lei, in altre parole, non può “sfrattare”, anche se gentilmente, i morti tumulati nella tomba a Lei intestata, richiedendone la rimozione dai rispettivi loculi.
E’ questa la più grande “fregatura” giuridica in cui, anche
se in buona fede, incappa spesso il comune cittadino, molte volte a digiuno di
questi concetti un po’ misteriosi. La polizia mortuaria è, infatti, materia
oscura e poco praticata, anche dagli stessi addetti a lavori.
Forse, si dovrebbero distinguere le posizioni del titolare del sepolcro
rispetto ai diritti di disposizione della salma/resti mortali. La proprietà
del sepolcro, con annessi oneri manutentivi, segue il regime patrimoniale
del bene, secondo le norme civilistiche, fatto salvo il vincolo di
destinazione esclusivamente sepolcrale impresso all’opera: per intenderci:
data la funzione precipua del sepolcro (= luogo chiuso e confinato in cui
tumulare cadaveri umani) non posso adibirlo volutamente ad un rifugio per
gatti randagi o ad un ritrovo per darkettoni impenitenti che sognano un
revivial metallaro entro il recinto del camposanto!
I diritti di disposizione, in quanto diritti della persona, sono
riconosciuti solo al coniuge o, in difetto, ai parenti secondo il grado di
prossimità e, quando i titolati siano più di uno, occorre necessariamente il
consenso di tutti.
Sempre facendo salve eventuali specifiche previsioni del Regolamento
comunale, specie per quanto riguarda gli aspetti del procedimento, il titolo
a disporre della salma/cadavere/resti mortali, in quanto diritto della
personalita’, prevale sulle posizioni giuridiche concernenti il sepolcro
(come manufatto) che sono ontologicamente strumentali all’esercizio del
diritto (personale) di sepoltura, sia attivo, sia passivo.
La salma che sia stata tumulata in un sepolcro privato (come sono tutte le
tumulazioni) in quanto appartenente alla famiglia del concessionario non
diventa, per questo, sottratta al titolo di disposizione dei familiari più
stretti.
Anzi, dirò di più: l’istituto del sepolcro privato e gentilizio, nasce appunto come famigliare sibi familiaeque suae come ci insegna il diritto romano, ossia per il fondatore dello stesso e per la sua famiglia, e poche, invero, sono le deroghe ammesse a quest’intima caratteristica (cioè: io nella mia tomba non posso accogliere le salme di chicchessia, perchè, magari, da vivo, mi stava pure simpatico, ma solo quelle dei miei famigliari, così come statuito nell’atto di concessione) e la sepoltura sine titulo di un feretro “estraneo” al novero delle persone riservatarie dello jus sepulchri, riuscirebbe come un abuso vero e proprio sanzionabile con la pronuncia di decadenza della stessa, intera, concessione.
Caro Carlo,
le confesso di non aver capito nulla della sua risposta!
ovviamente non per colpa sua, ci mancherebbe, anzi la ringrazio per l’attenzione che ha messo nella risposta, ma perchè non sono molto dentro al diritto funerario. molto probabilmente credo anche di aver formulato io male la domanda. molto probabilmente dovrei spiegare a voce cosa intendo. in soldoni, io sono il proprietario a tutti gli effetti di una tomba e da quello che lei mi dice non posso decidere di togliere dei corpi dalla mia tomba, ma devo chiedere il permesso ai figli delle persone che sono tumulate li, cugini con i quali, tra l’altro non ho rapporti…se ho ben capito, nonostante sia di mia proprietà e non ci sono carte che mio padre che l’ha acquistata e l’ha ceduta a me abbia scritto chi debba essere tumulato all’interno io non posso dare disposizioni di far togliere dei corpi che gentilmente ho fatto mettere nel corso di questi anni?
grazie ancora per la squisita disponibilità
Andrea Messina
X Andrea,
Ma l’estumulazione non dovrebbe aversi solo alla naturale scadenza della concessione, con l’ulteriore effetto che nei sepolcri perpetui (cioè senza scadenza) l’estumulazione, a regola, dovrebbe esser inibita, se non per trasferire i feretri in altra sede?
Ravviso nella Sua richiesta, un difetto di legittimità ad agire per ottenere la traslazione dei feretri in questione, in quanto spesso negli jura sepulchri si assiste ad un insanabile divaricazione tra il diritto sul sepolcro in sé (ossia sulla sua componente materiale di opere murarie, suppellettili ed arredi funebri) ed il titolo a disporre delle spoglie mortali in esso racchiuse. Il diritto di sepolcro inteso come duplice facoltà di esser sepolti o dar sepoltura a qualcuno è un diritto eminentemente personale, o fors’anche personalissimo al pari del nome, dell’onore… e non patrimoniale, esso allora si esercita in base alla consanguineità con i defunti da tumulare/estumulare ed è soggetto alla sola Legge Statale attenendo all’Ordinamento Civile dello Stato.
Vediamo perché:
Gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri seguono, come abbiamo visto, lo jus sanguinis ed in subordine il principio di poziorità (= potere di scelta coniugato con priorità nel decidere) enunciato dall’Art. 79 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Sulla destinazione ultima di un morto hanno titolo privilegiato a pronunciarsi:
1) il coniuge superstite in primis, anche se in stato di separazione
2) i parenti di primo grado, ascendenti e discendenti
3) i congiunti di pari livello sino al sesto ed ultimo grado di parentela riconosciuto dalla Legge Italiana
3) IN caso di pluralità di parenti dello stesso grado è richiesta l’unanimità.
In forza del suddetto principio di poziorità il grado superiore di parentela esclude di default quello di rango inferiore.
La mera titolarità della concessione non sempre procede parallelamente con il diritto di disposizione, cioè io posso anche esser concessionario di una tomba, ma non vantare lo jus sepulchri su tutti i defunti ivi tumulati.
Per ottenere la traslazione dei defunti di cui Lei mi parla si dovrà su ogni singola operazione di estumulazione formare il necessario consenso, da formalizzarsi in apposita istanza, in bollo, che verrà inoltrata all’ufficio comunale della polizia mortuaria, di tutti i soggetti di cui sopra titolati ex lege, ad esprimersi espressamente, l’opposizione o il silenzio di uno solo tra questi fa crollare tutto il castello istruttorio.
Poi, incidentalmente, se Lei ed i Suoi fratelli doveste esser gli unici soggetti, per poziorità, legittimati a richiedere la traslazione (ma nutro forti dubbi a tal proposito) il problema non si porrebbe proprio…almeno non in questi termini di potenziale conflitto.
Attenzione: prima di avventurarsi in una traslazione multipla bisogna consultare attentamente l’atto di concessione (o altra documentazione ad esso allegata e complementare) da cui estrapolare la cosiddetta Lex Sepulchri, ossia la più vera e profonda volontà del fondatore del sepolcro, il quale, stabilendo la riserva dei post feretro per sè ed i propri famigliari potrebbe aver dedicato un particolare loculo, tra quelli originariamente disponibili, alla sepoltura di una determinata persona: solo e solamente di quella, con questa logica conseguenza: la sua estumulazione per esaurimento degli stessi fini sepolcrali in forza dei quali la concessione sorse, dovrebbe, di diritto, produrre l’estinzione del rapporto concessorio (o di quote dello stesso, se lo Jus Sepulchri ha subito uno “spacchettamento”).
MI spiego meglio con quest’esempio: io titolare di una concessione, con la formula della “tomba chiusa” in sede di stipula dell’atto concessorio; riservo un loculo alla salma di mio padre ponendo il divieto di estumulazione, perchè, magari non mi fido molto dei miei parenti per il tempo successivo alla mia morte. Orbene se dopo il mio exitus da questa valle di lacrime della vita terrena, qualcuno, per dispetto, volesse estumulare il corpo di mio padre, su cui ho posto una clausola di salvaguardia, pure disponendo di tutti i titoli di legittimazione, secondo poziorità, la concessione cesserebbe automaticamente, venendo meno la sua intima ragion d’essere = accogliere le spoglie mortali di mio padre. Sono aspetti su cui bisogna lungamente ponderare, prima di innescare tragiche “guerre sepolcrali”.
buongiorno Signor Carlo,
approfitto della sua gentilezza per porre un quesito: io sono titolare da anni (non per testamento, ma per concessione comunale e come tale mi assumo tutti gli oneri) insieme ai miei due fratelli di una tomba nel cimitero monumentale di Roma. all’interno della tomba sono sepolti mio padre, la madre di mio padre, la sorella di mio padre, i cognati della sorella di mio padre, mio nonno e il marito della sorella di mio padre.
io posso, come proprietario, decidere di far rimuovere i corpi dalla tomba (che ha ancora spazio per accogliere altri corpi e immagino verranno messi nel deposito del cimitero) e lasciare solo quello di mio padre?
la ringrazio della disponibilità.
Andrea
X Ada,
Grazie per la fiducia: è quasi commovente, ma io, purtroppo non sono né un avvocato, né tanto meno il Giudice di ultima istanza titolato a dirimere definitivamente controversie di questo tipo. Non ho nessun potere per aiutarLa realmente.
Per come è posto il quesito, però mi sovvengono queste considerazioni procedurali, se rimaniamo su un piano di logica legalità, poi dinnanzi ad eventuali ingiustizie manifeste o soperchierie di chi spadroneggia con la forza bruta non rimane che o soccombere con cristiana sopportazione o armarsi di carta bollata, combattere in tribunale ed affidarsi alla Pubblica Autorità perché il diritto sia finalmente riconosciuto e protetto
La concessione cimiteriale, per sua intima natura, non è un contratto puramente privato gestibile in perfetta autonomia tra le parti con i soli strumenti del Codice Civile, essa comporta degli obblighi superiori ai quali la stessa società deve attenersi e si delinea come un rapporto asimmetrico, a geometria variabile in cui coesistono elementi di diritto privato ed aspetti preponderanti di diritto pubblico dove i privato cittadino (il concessionario) assume una posizione cedevole e subordinata rispetto all’interesse pubblico rappresentato dalla potestas imperii del Comune, tant’è che lo Jus Sepulchri se in capo al privato si atteggia come un diritto soggettivo perfetto di natura reale, seppur sui generis, opponibile erga omnes e tutelabile in sede civile con le azioni in difesa del possesso e della proprietà nei confronti della pubblica amministrazione affievolisce, degradando a mero interesse legittimo.
Nello Jus Sepulchri si riscontrano certamente profili patrimonialistici, perchè senza la “res” materiale, cioè il sepolcro inteso come oggetto fisico tale diritto per il post mortem non sarebbe esercitabile, ma non si tratta di un diritto solamente patrimoniale, in quanto esso si configura soprattutto come un diritto personale, o sin anche personalissimo legato a questioni di jus sanguinis, dove la proprietà del bene, cioè della tomba è unicamente intermedia e strumentale poichè ontologicamente ed in modo teleologico, orientata al garantire la sepoltura al fondaatore del sepolcro ed alla sua faamiglia, l’istituto del sepolcro privato nasce infatti come gentilizio, ossia sibi familiaeque suae.
Poiché la concessione di area cimiteriale, in quanto concessione di spazio demaniale e, in aggiunta, a fine determinato ed univoco (= quello di dare o ricevere sepoltura) è regolata secondo i principi che si traggono dall?art. 823, comma 1 codice civile, e, quindi, sottratta ai rapporti di diritto privato, è inconcepibile pensare che, senz’?altro successivamente al 10 febbraio 1976 (o dal 21 ottobre 1942) possa essere oggetto di qualsivoglia atto di disposizione da parte di chi ne sia titolare, così che va considerata nulla e tamquam non esset anche la richiesta dei soggetti agenti, e rivolta al comune, di concedere l?area a terzo determinato.
L?’insieme di norme che regolavano la trasmissibilità delle concessioni per atti inter vivos (Art. 71 commi 2 e seguenti del Regio Decreto n.1880/1942) secondo la dottrina più autorevole sarebbe comunque già stato inapplicabile in passato perché “abrogato” fin dal 21 ottobre 1942 (cioè da ben prima dell’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
L?incoerenza di alcuni regolamenti di polizia mortuaria comunali che contemplano ancora la commerciabiltà di manufatti ed aree (essendo essa dovuta alla vetustà di questi impianti normativi) non determina degli obblighi da parte della municipalità ad accettarla compravendita tra terzi di sepolture, in quanto ogni norma in contrasto con il regolamento di polizia mortuaria nazionale viene abrogata dal momento stesso in cui il nuovo regolamento nazionale acquista efficacia.
Le norme sulla possibilità di contratti inter vivos o mortis, causa di trasferimento di sepolture, erano contenute nel vecchio regolamento di polizia mortuaria nazionale approvato con R.D. 1880/1942.
Questo regolamento è stato novellato (e in particolare è stata cassata proprio la norma in questione) con il DPR 803/1975, che negli ultimi articoli stabilisce l?’espressa abrogazione di ogni norma incompatibile con il suo articolato.
Attualmente è vigente il DPR 10/9/1990, n. 285, che anch?esso non annovera la possibilità di compravendita diretta tra privati. Anzi permette l?uso di area per sepoltura in cimitero solamente a coloro i quali la ottengono in concessione dal Comune e vi costruiscono il monumento funerario entro un tempo determinato, questa norma sancisce chiaramente il divieto di lucro e la speculazione (art. 92 comma 4) limitando l?uso della cappella familiare alla sola famiglia e fino al naturale completamento dei posti disponibili, oltre il quale lo jus sepulchri si estingue naturalmente (art. 93).
É quindi interdetto al concessionario in questione vendere il manufatto o trasferire la concessione a soggetti terzi diversi dal Comune.
Questa è la Legge in materia di cimiteri e sepolture
Alla luce della vigente normativa nazionale il Comune può solamente procedere, se ritiene opportuno, all?’accoglimento della rinuncia di concessione cimiteriale già rilasciata
mi scusi, approfitto della sua disponibilità:
mio zio fratello di papà aveva dei loculi che poi con uno stratagemma di un marito della sorella di mio papà con carta privata si è accaparrato. vende i loculi a destra e a manca mentre mio padre (cosco)appena deceduto deve pagare.
so che è vietato il commercio ma lui dice che ne ha diritto tramite il pezzo di carta. mi da un consiglio, grazie ada cosco
era una richiesta del 2013.
mi ero dimenticata di dirle, avvocato e la ringrazio, che i loculi li aveva costruiti poi mio zio, marito della sorella paterna (cosco) per questo vuole arrogarsi la proprietà. lui continua a vendersele rifiutando il posto a mia madre che vorrebbe andare vicino a papa’ a tempo…legittimandosi con un pezzo di carta privata il diritto di fare quello che vuole. come mi devo comportare se lui arrogantemente non vuole sentire ragione perchè dice che le ha costruite lui e speso soldi? senza contattare gli eredi i cosco? che erano emigrati.grazie per l’attenzione e per trattare un argomento che spesso diventa materia difficile per gli stessi operatori. non parliamo poi degli operatori comunali…estranei alla normativa !