Va, subito, precisato che l’area cimiteriale e, per attrazione, i sepolcri privati nei cimiteri, in essa sussistenti, fanno parte del demanio comunale, specifico e necessario; e tale condizione ne comporta l’inalienabilità, l’inespropriabilità, la non usucapibilità e la non commerciabilità.
Tuttavia la “trasferibilità” dello jus sepulchri , per atti tra privati, rinverrebbe il proprio, intrinseco limite in riferimento alla perpetuità o meno della concessione, a seconda delle epoche e delle discipline normative, sotto il cui imperio, furono stipulati gli atti concessori; infatti prima del D.P.R. n. 803/1975 (entrato in vigore il 10.02.1976) sarebbe anche stata prevista la trasmissione a terzi di tale diritto (1), ragion per cui per quelle concessione antecedenti, parte della giurisprudenza e della dottrina, considerando la alienazione del sepolcro un diritto acquisito, la consentirebbero.
Esistono opinioni, anche motivatissime, volte a sostenere che, in regime di concessione perpetua, la cappella gentilizia o di famiglia, se priva di salme ivi tumulate, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.
Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene tutto il gruppo redazionale di questo blog, , nega, invece, la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e speculazione. Visto e considerato che il concetto di lucro si riferisce ad ogni possibile incremento economico di un patrimonio, da ciò consegue il divieto per tutti i privati di conseguire tale vantaggio attraverso la cessione del diritto d’uso di un sepolcro. Si aggiunga poi, che, ai sensi dell’art.109 comma 2 del D.P.R.n. 803/1975, ogni disposizione contraria o incompatibile ad esso, è stata abrogata dalla data del 10.2.1976, quindi anche la possibilità di cessione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture. In conclusione, l’unica procedura che appare legittima consiste nella rinuncia alla concessione da parte del concessionario non più interessato, o dei suoi aventi causa, con il conseguente ingresso del bene nella disponibilità del Comune, il quale procederà a nuove concessioni seguendo i criteri di scelta stabiliti dal regolamento di polizia mortuaria comunale.
(1) Infatti l’art.71 commi 2 e segg. del R.D. 21/12/1942 n.1880 consentiva la cessione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture.
precisato che l’area cimiteriale e, per attrazione, i sepolcri privati nei cimiteri, in essa sussistenti, fanno parte del demanio comunale, specifico e necessario; e tale condizione ne comporta l’inalienabilità, l’inespropriabilità, la non usucapibilità e la non commerciabilità.
Tuttavia la “trasferibilità” dello jus sepulchri , per atti tra privati, rinverrebbe il proprio, intrinseco limite in riferimento alla perpetuità o meno della concessione, a seconda delle epoche e delle discipline normative, sotto il cui imperio, furono stipulati gli atti concessori; infatti prima del D.P.R. n. 803/1975 (entrato in vigore il 10.02.1976) sarebbe anche stata prevista la trasmissione a terzi di tale diritto (1), ragion per cui per quelle concessione antecedenti, parte della giurisprudenza e della dottrina, considerando la alienazione del sepolcro un diritto acquisito, la consentirebbero.
Esistono opinioni, anche motivatissime, volte a sostenere che, in regime di concessione perpetua, la cappella gentilizia o di famiglia, se priva di salme ivi tumulate, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.
Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene tutto il gruppo redazionale di questo blog, , nega, invece, la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del D.P.R. n.285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e speculazione. Visto e considerato che il concetto di lucro si riferisce ad ogni possibile incremento economico di un patrimonio, da ciò consegue il divieto per tutti i privati di conseguire tale vantaggio attraverso la cessione del diritto d’uso di un sepolcro. Si aggiunga poi, che, ai sensi dell’art.109 comma 2 del D.P.R.n. 803/1975, ogni disposizione contraria o incompatibile ad esso, è stata abrogata dalla data del 10.2.1976, quindi anche la possibilità di cessione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture. In conclusione, l’unica procedura che appare legittima consiste nella rinuncia alla concessione da parte del concessionario non più interessato, o dei suoi aventi causa, con il conseguente ingresso del bene nella disponibilità del Comune, il quale procederà a nuove concessioni seguendo i criteri di scelta stabiliti dal regolamento di polizia mortuaria comunale.
(1) Infatti l’art.71 commi 2 e segg. del R.D. 21/12/1942 n.1880 avrebbe permesso la cessione totale o parziale del diritto d’uso delle sepolture.
lavoro in un comune devo iniziare a stipulare contratti di concessione di cippi a terra , vorrei sapere se questi seguono le stesse regole dettate per i loculi e i loculi-ossario grazie