“Tumulazione privilegiata” e devolution amministrativa: le ultime evoluzioni procedimentali

(18/05/2023) [Nota della Redazione: questo articolo è da ritenersi superato, in quanto esso è confluito in uno studio di più ampio espiro e trattazione sempre sull’istituto della Tumulazione Privilegiata].

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L’istituto della “tumulazione privilegiata” trova, attualmente, fonte normativa nell’art. 341 TULLSS – R.D. n.1265/1934 – ed ha mantenuto, per la sua rarissima applicazione, un’essenza misteriosa, di spiccata eccezionalità, in quanto il suo stesso nomen juris introduce ad un privilegio per il post mortem (ossia ad uno status di cui altri, al pari, non possano legittimamente godere, pure in un assetto sociale di carattere democratico) in senso tecnico-giuridico, che forse sarebbe anche ora di rinverdire o attualizzare, senza, però, trasformarlo in uno sguaiato fenomeno di massa, magari per eccentrici milionari in cerca di emozioni forti… anche da morti.

Le statuizioni di principio, implementate, poi, dell’art. 105 del D.P.R. 285/90 e, per la procedura di dettaglio, dalla Circ. Min. San. Dir. gen. Servizi igiene pubblica, n. 206 del 4 dicembre 1970, n. 400.5, furono pensate in un’organizzazione dello Stato centralistica e piramidale, (il TULLSS è addirittura di epoca fascista!) oggi, allora, mutatis mutandis, debbono esser lette alla luce del D.P.C.M. 26 maggio 2000, con il quale sono state trasmesse alle Regioni le attribuzioni in materia di autorizzazioni contenute nello stesso D.P.R. 285/90.  De jure condito.
Il D.P.C.M. 26 maggio 2000 (in G.U. dell’11 ottobre 2000, n.238), con cui il Legislatore determina le risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle Regioni in materia di salute umana e sanità veterinaria ai sensi del titolo IV, capo I, del D.Lgs. n.112/1998, ha disposto la destinazione alle Regioni, fra i tanti altri atti amministrativi, delle autorizzazioni, prima ministeriali, annoverate dal D.P.R. 285/90.

Il D.P.C.M. 26 maggio 2000 appartiene alla categoria delle misure contemplate dall’art. 7 del D.Lgs. 112/1998.
Ai termini della Tabella A, lettera c), le autorizzazioni, prima di inerenza statale, considerate dal D.P.R. 285/90 vengono assegnate alle Regioni a statuto ordinario a far tempo dall’01.01.2001. Sul punto specifico si richiama anche la Circ. Min. (Min. Salute), del 21.05.2002 n. 400.VIII/9L/1924 secondo cui, dovendosi affrontare, il frangente, del tutto particolare, della c.d. “tumulazione privilegiata”, di cui all’art. 105 del D.P.R. 285/90,  sulla scorta dei principi desumibili dagli artt. 113 e 114 del D.Lgs. n. 112/1998 sembra indubbio l’automatico conferimento, di volta in volta, alle Regioni dell’autorizzazione per la facoltà di tumulare cadaveri o resti mortali in luoghi diversi dai cimiteri, quando si verifichino determinate situazioni di altissimi riconoscimenti da tributare al de cuius.

Questo orientamento è confermato anche dalla Circ. Min. Interno n. 4 del 12.3.2003.
Detta autorizzazione alla tumulazione privilegiata, un tempo statale e di pertinenza addirittura governativa ex art. 105 D.P.R  285/90 (quindi in capo al vertice gerarchico assoluto della Pubblica Amministrazione – superiorem non recognoscentes – poiché, in una Repubblica Parlamentare come la nostra, tra il Parlamento e l’Esecutivo il rapporto è basato sulla fiducia), tramite il faticoso processo di decentramento di poteri ed esercizio d’autorità, dallo Stato Centrale agli enti locali, sarebbe divenuta, ex D.P.C.M. 26 maggio 2000, almeno secondo parte della dottrina, nella progressiva graduazione dei trasferimenti giù “per li rami” ed i plessi della macchina amministrativa italiana, un atto prettamente gestionale, la cui titolarità generale, ed anche residuale, sarebbe da ascrivere ex art. 107 comma 3 Lett. f) T. U. Ordinamento Enti Locali – D.Lgs n. 267/2000 – alla persona del Dirigente; e per la dirigenza – oggi – la normativa di riferimento è il D.Lgs n.165/2001.

Da una piccola indagine tematica, condotta sul web, diversi Comuni, soprattutto di grandi dimensioni, paiono aderire a quest’interpretazione, almeno sulle loro pagine istituzionali, per quanto riguarda la modulistica.
Al di là del giudizio di merito sulla biografia dell’estinto, in cui non m’addentro, e sull’osservanza delle prescrizioni tecniche o igienico-sanitarie seguite nella realizzazione del sepolcro, aspetti entrambi rimessi all’accorto esame delle Autorità preposte a pronunciarsi; Si vera sunt ea quae complexa es, ossia se ragioniamo eminentemente sul punto di diritto, in tema di legittimazione a rilasciare la prefata autorizzazione  (vero nodo da sciogliere!) dopo il D.P.C.M. 26 maggio 2000,  da una breve ricerca risulta che  alcuni Comuni, investiti, ormai, di tale incombenza, attraverso sub-delega regionale, ex art. 3 comma 5 D.Lgs. n. 267/2000, come, per altro, accade anche in Toscana, ad esempio, con l’art. 4  della L.R. 25 febbraio 2000, n. 16, da cui logicamente discende la D.G.R. Toscana 22 aprile 2002, n. 395, identifichino tale spettanza negli organi di governo a rilevanza politica (sindaco?).

Altri, invece, designano di tale titolarità il semplice dirigente di settore, come per quasi tutte le autorizzazioni amministrative di polizia mortuaria, laddove il Sindaco non sia chiamato ad agire in veste di Ufficiale di Governo o Autorità Sanitaria Locale (vedasi, ad es., l’art. 10 D.P.R. 285/90).

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Carlo Ballotta

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