Trasporto e sepoltura di nati morti e prodotti abortivi: quale veicolo e quali contenitori impiegare?

Pervengono a questa Redazione complessi quesiti su una materia alquanto spinosa e poco trattata, forse per la sua rarefazione: Il trasporto di un infante nato-morto, così come dichiarato all’Ufficiale di Stato Civile, con relativo certificato ex art. 37 D.P.R. n. 396/2000, deve essere sempre espletato da un’impresa funebre con apposito veicolo, o può essere effettuato direttamente dai genitori con un mezzo proprio?

Analogamente, i prodotti abortivi o del concepimento per i quali sia richiesto egualmente dai genitori l’accoglimento in cimitero possono esser trasferiti alla sepoltura con un normale automezzo viste le dimensioni molto contenute del piccolo feretro?

No, la risposta è negativa.

Il tema come al solito in modo disomogeneo ed a volte persino ideologico è affrontato anche da alcune Leggi, o Regolamenti Regionali che incentrano, maggiormente la questione sulla sussistenza o meno del diritto di sepolcro, quando non sia sorta ancora la capacità giuridica; in questo breve studio ci focalizzeremo, invece, sulle più asettiche e tecniche procedure di trasporto, come al solito muovendo dall’unico corpus normativo di riferimento valido, ancorchè residualmente, su tutto il territorio nazionale, ovvero dal D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.

A norma dell’art. 7, comma 1, del D.P.R. n.285/1990, si seguono per il trasporto dei nati-morti le medesime disposizioni, contenute negli articoli successivi dello stesso D.P.R. n285/1990.

Da questa constatazione di diritto consegue che pure per il trasporto si dovranno osservare le stesse modalità prescritte per gli altri cadaveri (carro chiuso con l’interno rivestito con superfici facilmente lavabili e disinfettabili) e, quindi, il nato-morto, cadavere a tutti gli effetti, non potrà essere trasportato dai genitori, anche se ricorrere ad un’auto-funebre in piena regola, potrebbe riuscire un po’ultroneo ed inutilmente dispendioso.

Il trasporto dei cadaveri, infatti, si esegue, ai sensi dell’art. 19 comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, unicamente a mezzo di carro funebre avente i requisiti di cui all’art. 20 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990.

Il trasferimento alla volta del cimitero o verso altro luogo, comunque, autorizzato richiede sempre l’autorizzazione amministrativa comunale (art. 107 comma 3 lett.f) D.Lgs n. 267/2000, come ogni altro trasporto funebre.

Il feto, di presunta età di gestazione superiore alle 28 settimane, se viene dichiarato come nato-morto sarà soggetto ai procedimenti autorizzativi di sepoltura e trasferimento come se fosse un cadavere a pieno titolo, naturalmente si useranno casse rispettivamente per inumazione e tumulazione, con le caratteristiche costruttive di cui agli Artt. 75 e 30 del D.P.R. 285/1990, in Lombardia, invece, per effetto del regolamento regionale n.6/2004 varranno le disposizioni dell’allegato 3, naturalmente per trasporti e sepolture all’interno del territorio lombardo.

Per la sepoltura dei prodotti abortivi o del concepimento occorre, invece, far riferimento all’art. 7, comma 2 e seguenti, del DPR. 285/1990 (G.U. n. 239 del 12/10/1990) ed al paragrafo 5.2 della circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 24/6/1993 (G.U. n. 158 del 8/7/1993) che prevede per i trasporti di prodotti abortivi un’autorizzazione da parte della locale A.U.S.L.

L’AUSL competente per territorio rilascia l’autorizzazione al trasporto ed al seppellimento (la cui forma istituzionale, e quasi naturale, di esecuzione sarebbe pu sempre l’inumazione) non è previsto, invece, da nessuna norma positiva (ma nemmeno vietato!) il diretto avvio a cremazione con relativo conferimento delle ceneri su autorizzazione dell’A.U.S.L., opzione invece espressamente contemplata dal D.P.R. n.254/2003 per le parti anatomiche riconoscibili…se quindi volessimo azzardare un ragionamento analogico…potremmo pervenire ad un risultato non dissimile, almeno nel merito.

Per l’inumazione dei prodotti abortivi, anche massiva (se questi non sono richiesti per una sepoltura singola e dedicata), di solito, si impiegano contenitori di varia foggia, realizzati in cellulosa, quindi facilmente biodegradabili e foderati all’interno con un involucro impermeabile, almeno per i primi tempi del confezionamento, così da trattenere eventuali perdite di umori organici o di anche esigue percolazioni durante la movimentazione.

Sul veicolo da usarsi per il trasporto è bene si pronunci la stessa Autorità Sanitaria che autorizza il trasporto stesso; essendo, in ultima analisi, il prodotto da concepimento materiale biologico umano da smaltire in cimitero, non assimilabile ad ossa (art. 36 D.P.R. n. 285/1990) o ceneri (Art. 80 comma 5 D.P.R. citato), per i quali non valgono le precauzioni igieniche di cui agli Artt. 18, 20, 25 D.P.R. 285/1990, non pare opportuno che siano gli stessi famigliari ad eseguire personalmente il trasporto.

Per il dimensionamento delle fosse (le misure debbono esser calcolate in base non solo all’ingombro fisico, ma anche in rapporto alla massa da “metabolizzare” con i processi putrefattivi) non esistono standards predefiniti, come recita il comma 8 dell’Art. 15 reg. reg. Lombardia n. 6/2004, ad esempio, bisognerà scavare buche con lunghezza, larghezza e profondità idonee ad accogliere di volta in volta il feretro.
Valgono, in via generale, alcuni criteri minimali come la distanza tra il fondo della fossa e la falda acquifera di almeno 50 cm, per preservare l’integrità della vena acquifera dalla lisciviazione cadaverica, mentre tra il coperchio della bara ed il piano di campagna deve essere posto uno spessore di terreno non inferiore ai circa 70 cm, per filtrare i vapori cadaverici ed impedire la profanazione del sepolcro da parte di animali randagi.

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Carlo Ballotta

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