Con il comma 1, lett. b) dell’art 3 D.P.R. n.254/2003, è stata introdotta apposita norma per dettare la definizione “ufficiale” di “resto mortale”, dopo che il legislatore aveva già tentato a più riprese, con due diversi atti di tipo istruttivo come la Circ. Min. Sanità n. 24/1993, la successiva Circ. Min. Sanità n. 10/1998, cui seguì, sotto il profilo giuridico la ben più importante Legge n. 130/2001, di fornire un’identificazione in via amministrativa, basata sul criterio cronologico, della complessa fattispecie medico-legale conosciuta dagli addetti ai lavori come “esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo”.
Nel frattempo, entrano in vigore le due normative regionali, in materia di servizi necroscopici, funebri e cimiteriali, più innovative, varate da Lombardia ed Emilia Romagna. Anche esse, proprio grazie al loro impianto più moderno rispetto al solo D.P.R. n. 285/1990, affrontano esplicitamente la questione dei resti mortali provenienti da operazioni massive di esumazione ed estumulazione.
Le originarie disposizioni di cui all’Art. 20 commi 8 e 9 del regolamento regionale lombardo n. 6/2004 così recitavano:
“8. Sul contenitore di esiti dei fenomeni cadaverici trasformativi conservativi utilizzato per il trasporto sono riportati il nome, il cognome e la data di morte del defunto.
9. Nel trasporto fuori del cimitero di esiti di fenomeni trasformativi con parti molli, o comunque in condizioni da rendere necessaria l’adozione di misure precauzionali igienico-sanitarie, il contenitore di cui al comma 8 viene racchiuso in una cassa di materiale facilmente lavabile e sanificabile, quale metallo, vetroresina o similari, il cui coperchio è collegato al fondo con guarnizioni a tenuta. La cassa è tolta prima della successiva operazione cimiteriale, sia questa l’inumazione, la tumulazione o la cremazione. In caso di tumulazione si applica l’articolo 18.”
Con la correzione apportata dal successivo regolamento regionale n. 6/2007 (art. 1 comma 1 lett. h) il legislatore lombardo si accorge – nemmeno troppo tardivamente – della intrinseca macchinosità di questa procedura, e quindi, detta una norma più snella ed “aperta”, di questo tenore:
“Gli esiti di fenomeni trasformativi con parti molli o comunque in condizioni tali da rendere necessaria l’adozione di misure precauzionali igienico-sanitarie sono riposti in contenitori idonei alla destinazione. Per i trasporti al di fuori del cimitero, detti contenitori o i loro rivestimenti devono essere fatti in modo da evitare perdite di materiale organico.“.
La formulazione delle norme sul trasporto di resti mortali contenute nella determinazione emiliano-romagnola n. 13871 del 6 ottobre 2004 è, invece, la seguente:
“…omissis… Per il trasporto di resti mortali che non presentino parti molli si deve utilizzare un contenitore in materiale combustibile e biodegradabile, chiuso, di spessore e portata sufficiente in relazione al peso trasportato, riportante all’esterno nome, cognome, data di morte del defunto.”
Per il trasporto, fuori del cimitero, di resti mortali con parti molli, o comunque in condizioni da rendere necessaria l’adozione di misure precauzionali igienico-sanitarie, il contenitore di cui al precedente comma viene racchiuso in una cassa di materiale facilmente lavabile e sanificabile, quale metallo, vetroresina o similari a chiusura ermetica. Detta cassa deve essere tolta prima della successiva operazione cimiteriale, sia questa la inumazione, la tumulazione o la cremazione.
Abbiamo, di seguito, cercato di individuare – attraverso alcune parole chiave – le possibili criticità di queste nuove metodologie di trasporto per resti mortali:
Trasporti da una sepoltura all’altra ma entro il recinto del cimitero di prima sepoltura (esempio: trasferimento in campo indecomposti, oppure all’ara crematoria, che insista nello stesso camposanto…): non serve il decreto di trasporto, essendo sufficiente l’annotazione sugli appositi registri (Artt. 52 DPR 285/90 e Art 5 Reg. Reg. Lombardia n. 6/2004).
Per la tenuta dei registri cimiteriali la Lombardia deve ancora emanare apposita regolamentazione ai sensi dell’Art. 10 comma 2 L.R. 22/2003, poi confluita nel T.U. n. 33/2009, recentemente riformato.
Dati identificativi del de cuius: la Circ.Min. Sanità 10/1998 e la stessa risoluzione ministeriale p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004 richiedevano di individuare l’identità del defunto attraverso nome, cognome data di nascita e morte, in Lombardia ed Emilia Romagna per una maggior semplificazione bastano, invece, solamente nome, cognome e data di morte. La scritta con gli estremi deve essere facilmente leggibile, meglio se su targhetta di materiale inalterabile.
Tipologia del feretro per inconsunti: per trasporto di resti mortali con parti molli, la necessità di garantirsi dalla percolazione non è solo possibile con l’uso di cassa esterna (sia essa di zinco, vetroresina, ecc.), ma anche con l’uso singolo o congiunto di un apposito lenzuolino che ricopra il fondo interno del contenitore o con apposite sostanze assorbenti e biodegradanti.
Tale accorgimento evita che, una volta eliminata la cassa esterna da trasporto, vi siano percolazioni nei luoghi di deposito temporaneo in attesa della cremazione o nei luoghi di tumulazione. Alcuni impresari o gestori dei cimiteri lamentano una certa fragilità dei dispositivi ad effetto impermeabilizzante, alternativi al rifascio del feretro con il nastro metallico.
Basterebbero le semplici schegge della cassa lignea o gli stessi spigoli piuttosto taglienti a provocare strappi e, quindi, soluzione di continuità sulla superficie del manufatto plastico, compromettendone la tenuta stagna.
Per scongiurare questo rischio, allora, è invalsa, presso molti operatori, l’abitudine di foderare il fondo della cassa con un feltrone assorbente o con quel particolare materassino di cui all’Art. 30 comma 2 DPR 285/90 prima di applicare il sostitutivo dello zinco di cui all’art. 31 D.P.R. n. 285/1990.
Neutralizzazione del percolato cadaverico quando si rimuove il cassone esterno: se si evidenziano parti molli, anche per tragitto inferiore ai 100 KM, il contenitore adatto a reggere il peso del resto mortale e celarlo alla vista di estranei va inserito dentro un altro (ad es. un cassone di avvolgimento di zinco o di vetroresina o di altro metallo).
Giunti a destinazione il cassone viene recuperato e si consegna la cassa interna al crematorio. Si consiglia di utilizzare degli abbattitori di odore a base batterico-enzimatica o a base di sali quaternari di ammonio per asciugare il liquido che ristagna sul fondo del cofano o in prossimità dell’inconsunto ed eliminare la sgradevole percezione olfattiva.
Meglio però i primi, perché naturali e non chimici. Per il resto, sono sufficienti guanti da lavoro (in relazione al fatto che vi sia o meno il rischio di taglio, anche quelli in maglia metallica).
Ovviamente occorrono stivali o scarpe con suola antichiodo e con puntale per salvare le dita da schiacciamento (ma questo perchè, se si opera in fossa, sono rischi da cui proteggersi). Si consiglia l’utilizzo di visiera e occhiali (da preferire alle maschere) e di tuta usa e getta, particolarmente utili quando si ravvisino pericoli di schizzi.
Ritumulazione del resto mortale: inizialmente la seconda parte del punto 3 della circ. Min. Sanità 10/98, in cui si affermava che, dopo l’estumulazione “… È altresì consentita la tumulazione nella stessa … sepoltura“, suscitava diverse perplessità interpretative poiché tale possibilità non appariva completamente in linea con quanto effettivamente stabilito dal regolamento nazionale.
L’art. 86 c. 2, in effetti stabilisce che i feretri estumulati siano da inumare per favorire la ripresa della scheletrizzazione. L’art. 88 c. 1 DPR 285/90, però, contempla pur sempre l’eventualità di un’estumulazione finalizzata al trasporto in altra sede.
La ri-tumulazione nella stessa sede non è stata presa in considerazione dal legislatore, almeno se ci atteniamo alla lettera del DPR 285/90. Anche il regolamento lombardo n.6/2004 contempla, però, espressamente, la facoltà di ritumulare gli inconsunti, e rinvia al proprio Art.18 recante norme sul confezionamento delle casse da tumulazione.
La circolare ministeriale n. 10/1998, però, con il paragrafo 3, subordinava la necessità rifascio al solo caso di esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo interessati dalla percolazione di fluidi post mortali, altrimenti sarebbe bastato il solo cofano (ligneo? oppure solo cartaceo?) con proprietà di semplice contenimento.
Il regolamento lombardo n. 6/2004, nel suo articolato non menziona esplicitamente la pratica dell’avvolgimento per gli inconsunti, solo nell’Art. 2 dove vengono fornite le definizione corrette ed istituzionali, afferenti al vocabolario tecnico della polizia mortuaria alla voce “cassone di avvolgimento in zinco” si parla di un rivestimento esterno al feretro per ripristinare le condizioni di impermeabilità per le tumulazioni (solo se si verifica durante il periodo di sepoltura legale la rottura della vasca zincata?).
All’Art. 16, tuttavia, nella norma che, di fatto, introduce il concetto di cimitero a rotazione il legislatore lombardo, ampliando la portata del paragrafo 13.2 Circ. Min. 24 giugno 1993 n.24, ammette la tumulazione in loculo di più urne, cassettine per ossa, contenitori per esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, in relazione alla naturale capienza del sepolcro a prescindere dalla presenza o meno di un feretro. Questi elementi, sono poi stati ribaditi dalla regione Lombardia con il paragrafo 5 della circolare esplicativa n. 21 del 30 maggio 2005.
In assenza di una posizione ufficiale da parte delle autorità locali, preposte alla supervisione sull’attività cimiteriale, sembra del tutto superfluo imporre sempre il rifascio anche quando all’atto dell’estumulazione o dell’esumazione il personale necroforo, in servizio presso il cimitero, possa escutere con assoluta certezza, attraverso apposita attestazione, il pericolo per la salute pubblica, cagionato dalla perfusione dei miasmi cadaverici all’esterno del feretro o del tumulo.
Si ribadisce la centralità del responsabile del cimitero sulla corretta applicazione della normativa statale applicabile giusta l’art. 17 dello stesso D.P.R. n. 254/2003.