A pochi giorni dalla chiusura ufficiale di Tanexpo 2024 ecco alcune semplici riflessioni.
L’online del postumo irrompe in fiera, con appositi servizi commemorativi (necrologie su appositi siti) e di “gestione successoria” per profili, contenuti, foto e files postati dal de cuius.
Ma…mi sovviene spontaneo un dubbio: nel digitale non si ripone, forse, inconsciamente, il malcelato desiderio di immortalità dietro l’affidamento dei propri contenuti condivisi on line nell’ineffabile eternità del cyber spazio.
Ma quella sorta di obbligazione meta-giuridica di visita al cimitero che da tempo immemorabile unisce una comunità locale con i propri morti, non tende così a degradare a semplice atto dovuto per pura forma, giusto nelle vicinanze del 2 novembre.
In fondo, oggi basterebbe un qualunque device connesso per accedere ai cimiteri virtuali, per altro sempre più personalizzati nell’immagine.
E se questa miriade di frammenti di vita e ricorsi andasse, per malaugurata sorte, irrimediabilmente “dispersa” e perduta, poniamo un esempio, per un bug informatico?
Sarebbe, pertanto, doverosa una correlazione, culturale ed antropologica, prima ancora che giuridica, tra il mondo “virtualmente” vivo dell’on line, ed in qualche modo metafisico, con quello terribilmente reale e materiale dell’off line del cimitero, sempre più lontano dalla sua originaria impostazione ottocentesca squisitamente igienico sanitaria, per diventare, oggi – a tutti gli effetti – una sorta di innocua casa dei morti.
Per introdurre subito i lavori del principale seminario (tavola rotonda) subito successivo all’inaugurazione, si sono richiamati i principi della nostra legislazione funeraria vigente, ispirati ancora da quell’illuminismo che permeò il celebre Editto di St. Cloud, primo testo unico della polizia mortuaria, nell’evo moderno.
Allora Cimitero è:
- pubblico
- a-confessionale
- separato, con fascia di rispetto di opportuna estensione, dal centro abitato
- aperto ai visitatori.
Mentre le sepolture, seppur egualitarie, sarebbero state individuali, si vietarono così, implicitamente, le orrende (almeno per la nostra sensibilità contemporanea) fosse carnaie tipiche dei cimiteri medioevali.
Ho come la vaga sensazione (certezza per i posteri?) che questo modello, invero ben congegnato e capace di resistere oltre duecento anni) stia per essere consegnato agli archivi ed ai libri di manualistica specializzata.
Difatti i campi di inumazione, del c.d. fabbisogno minimo cimiteriale, sulla cui “rotazione” si struttura tutto il sistema basato sulla legislazione napoleonica, saranno sempre più sotto-utilizzati per la riduzione generale della richiesta di inumazione, fatte salve minoranze religiose, seppur numericamente molto importanti ed organizzate per cui è di rigore la sepoltura nella nuda terra.
Detti reparti a sistema di inumazione potranno cambiare destinazione d’uso (occorrerebbe comunque una variazione al piano regolatore cimiteriale) divenendo principalmente campi a prato verde o se manterranno la loro precipua funzione campi speciali per indecomposti, verso i quali gli aventi diritto (es. in caso di disinteresse) non abbiano provveduto a diversa sistemazione.
Laddove il Comune non avvii direttamente e d’ufficio a cremazione i resti mortali non richiesti.
In ogni modo molto spazio (superficie disponibile) potrebbe ben presto liberarsi…e non per nuove batterie di loculi o necessariamente corpi di fabbrica.
Il “Necroforo” (chi sarà mai costui?), in fiera ha udito cose sagge ed incredibili: c’è chi con prospettiva visionaria ipotizza, per il futuro (anche non troppo remoto) il cimitero monumentale parco, camposanto bosco urbano di pietra e marmi funebri, dove ai limiti invalicabili del sacro recinto si sovrappongono nuovi orizzonti di fruizione di questa area-impianto pubblico.
Perfetto, una seconda giovinezza per i nostri cimiteri (tutti post-napoleonici, come ampiamente dimostrato prima), ci sarebbe molto lavoro da sbrigare per riattare complessi architettonici (spesso fatiscenti o in cattivo stato di conservazione) importanti per una godibilità anche turistica, quindi di massa.
Qui, forse, bisognerebbe vincere le resistenze, pure comprensibili, delle mentalità più severe e conservatrici, meno acclini a questo impiego (per adesso) secondario del bene “cimitero”.
Come i gestori (tutti!) sanno bene, soprattutto nei cimiteri monumentali, la situazione è prossima allo stallo: non si seppellisce quasi più, e miriadi di sepolcri cristallizzati nella fattispecie della c.d. concessione perpetua di fatto risultano solo un peso finanziario di mantenimento per le amministrazioni, se poi aggiungiamo vincoli (sacrosanti!) storico-artistici per un altamente improbabile e molto diseconomico ri-uso di questi sepolcri, si capisce benissimo l’impasse dovuta all’immobilizzo “eterno” di questi posti feretro soprattutto.
È in atto una rivoluzione da governare, ad ogni modo, prima di esserne travolti, con esiti imprevedibili.
Se tutto il sistema cimiteriale non ripensa il proprio rapporto tra funzione e forma il rischio concreto è l’abbandono progressivo, con gravi costi anche per la stessa collettività.
Nel comune sentire del cittadino medio, i cimiteri, quindi, da mondo…”sepolto” …e per certi aspetti poco chiaro, debbono diventare un patrimonio della collettività da rivalutare, non solo nella funzione principale, ma anche come deposito di storia, memorie e ricordi del vivere associato, in ciascun Comune.
I cimiteri sono oltre 16.000 in tutt’Italia, troppa la frammentazione geografica, impostazione vecchia risente del 200 anni ed oltre di St. Cloud. No, allora, a nuovi cimiteri, o ampliamenti indiscriminati degli stessi, frutto del concetto ad accumulo, meglio una ragionata riqualificazione dei sepolcri privati, favorendo la rotazione dei posti feretro, una volta terminato il periodo legale di sepoltura, sempre laddove giuridicamente possibile.
Sulla criticità gestionale delle concessioni illimitate nel tempo si rinvia agli studi del Dr. Sereno Scolaro, proposti, nelle sue storiche rubriche, qui in home page.
Il Comunello sperduto si vanta del proprio bel cimiterino di affetti e malinconie struggente, ma la sua conduzione è disastrosa, sotto il profilo economico, attenzione però, perché il classico cimitero di paese, non è solo un presidio di urbanizzazione.
Infine qualche parola sulla Fiera. Tanexpo è tornata (post pandemia) l’evento mondiale leader per superficie complessiva adibita all’esposizione di articoli per addetti al post mortem ed arte commemorativa.
Essa si è sviluppata su tre aree ben collegate tra loro, all’interno del quartiere fieristico bolognese, ed ormai questa “biennale” è divenuta un appuntamento imperdibile, anche per figure professionali non direttamente riferibili ad imprese funebri o gestori di servizi pubblici (cimiteri e crematori in primis).
Notevole infatti è stato l’apporto di nuove discipline da applicarsi al mondo sepolto della polizia mortuaria, si pensi ad esempio al contributo di studio e ricerca architettonica per la realizzazione di case funerarie o strutture del commiato.
E sulla carente ritualità nei luoghi istituzionali del lutto (camere ardenti ospedaliere, ma pure impianti di cremazione…) causata dalla mancanza di idonei spazi non solo funzionali all’espletamento delle operazioni funebri, ma anche ad un decoroso ultimo saluto, molto vi sarebbe da ragionare, in prospettiva di questo appuntamento.
Quest’anno si segnala il notevole ruolo attivo di SEFIT, in una mostra in cui a campeggiare tradizionalmente sono soprattutto le imprese funebri private con annesse Federazioni, rappresentative del comparto.
Quale futuro per i gestori pubblici di servizi funerari, anche alla luce delle recenti novelle legislative? È una domanda a cui non è semplice dare una risposta e la giriamo a chi di dovere.
Infine, provocatoriamente, quale potrebbe esser lo slogan, la frase ad effetto per sintetizzare questa Tanexpo 2024?
Azzardiamo un’ipotesi: essa, storicamente, è sempre stata sbilanciata sull’evento “funerale”: poca necroscopia (per pura necessità!) ed ancor meno settore cimiteriale che, come noto, è monopolio dei Comuni.
Questa volta, invece, sono stati proprio i cimiteri con i loro enormi problemi di sostenibilità (soprattutto futura!) il tema centrale di questi tre giorni.
Quindi: “Cimiteri, che fare?”.
Per chi voglia approfondire si invita a seguire, il dibattito che si è svolto proprio nella tavola rotonda “il patrimonio cimiteriale italiano portato alla luce”, dopo l’inaugurazione, con articoli che verranno pubblicati su questo sito.