Socrem Varese propone bare ecologiche di cartone

Una bara che salvi le foreste, biodegradabile, che non lasci tracce sul terreno.
E’ la nuova frontiera dell’inumazione. A proporla, a pochi giorni dal due novembre, è la società di cremazione varesina, la Socrem di Varese.

Per questo, il presidente Ambrogio Vaghi pensa che sia venuto il momento di una nuova liberalizzazione, quella relativa ai materiali di costruzione delle bare.
Basterebbe mettere mano alle leggi di polizia mortuaria, che oggi, di fatto, limitano la possibilità di utilizzare materiali alternativi quali il truciolato, gli scarti di riso, e persino i cartoni pressati (come in Olanda) o il vimini (come in Polonia).
Oggi, una cassa ha un costo medio, escluso il servizio, di circa 1000 euro, anche se ve ne sono per ogni tasca.
Secondo Vaghi il risparmio sarebbe anche per l’ambiente.
In Italia sono morti nel 2005, 567.304 persone. “Mezzo milione di bare tutte in legno che procurano una dissipazione ambientale da capogiro – spiega il presidente di Socrem Ambrogio Vaghi – abbiamo calcolato che nel 2005 sono andati persi circa 40mila metri quadri di foreste”.
L’ecobara è una richiesta varesina che rischia di diventare una campagna nazionale e appelli in questo senso cominciano a farsi strada in diverse parti d’Italia.
Liberalizzare le bare potrebbe anche risultare molto vantaggioso per le cremazioni.
Oggi, la legge, obbliga, in pratica, all’utilizzo delle stesse bare usate per la tumulazione. Ma la cremazione, è evidente, si presta all’uso di casse “low cost”, in fondo si tratta di bruciare tutto in pochi minuti, e con qualche accorgimento suggerito dai regolamenti: per esempio, niente pace-maker nella salma perchè scoppiano (tranne quelli di ultima generazione), e niente zinco sulla cassa perchè inquina. La riforma, inoltre, riguarderebbe molta gente.
A Varese, nel 2005, 283 residenti si sono fatti cremare (il 31% dei defunti locali), con gran risparmio di spazi e manutenzione per i 14 cimiteri cittadini.
Di fronte all’ecobara e alla bara low cost c’è però chi storce il naso e sono le imprese del settore caro estinto.
“Bisogna stare molto attenti all’utilizzo dei materiali delle casse perchè ci sono problemi di igiene che non possono essere affrontati con leggerezza- spiega Alessandro Bosi, segretario nazionale della Feniof, federazione nazionale imprese onoranze funebri di Confcommercio – Per la cremazione, invece, direi che bisogna salvaguardare il valore etico ed estetico del servizio”.
Socrem Varese, tuttavia, chiede che si mobilitino i partiti e si appella direttamente al Ministro della salute Livia Turco, per ottenere i regolamenti previsti dalla legge del 2001, su cui, da tempo, è calata una pietra tombale.
fonte www.varesenews.it

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25 thoughts on “Socrem Varese propone bare ecologiche di cartone

  1. In Italia (Art. 80 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n.285 recante l’approvazione del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria) nel forno crematorio deve obbligatoriamente esser inserito l’intero feretro (cadavere + cassa di contenimento), quindi la bara non può esser riciclata. Nell’esperienza di altri Ordinamenti, invece, se non ricordo male, nella cella crematoria può esser introdotto solo il cadavere, magari avvolto in un sacco tipo body-bag, per ovvi motivi di decoro e di pietas, senza bisogno del cofano. In quest’ultimo caso la bara ha solo funzione rituale e di trasporto e viene rimossa a monte del processo di cremazione, anche per ridurre l’inquinamento, può quindi esser semplicemente “noleggiata” e ri-utilizzata ad libitum per un secondo funerale. Ovviamente si tratta di una pratica BARBARA e RACCAPRICCIANTE, ben lontana dalla nostra civiltà.

  2. in svizzera, mi risulta che per la cremazione le bare vengono noleggiate dalle imprese di pompe funebri. è vero?

  3. X Claudio

    Storicamente, almeno in Italia, la polizia mortuaria è stata sempre “pubblica”, in quanto servizio igienico-sanitario di rilevanza sociale. Prima, per lunghi secoli è stata appannaggio di Santa Romana Chiesa, attraverso le sue articolazioni locali, ossia le parrochie e le chiese plebane (meglio conosciute come pievi cimiteriali). Lo jus sepulchri di cui si parla tanto in questo sito, origina proprio dal Diritto Canonico, quando, all’alba dell’Europa, nell’Alto Medioevo, non esisteva più una normativa civile (mututa dal diritto romano) in materia di cimiteri e sepolture. La grande rivoluzione avviene con l’Editto Napoleonico di Saint Cloud, nel 1804, con cui si trasferisce dall’Autorità Ecclesiastica a quella municipale la competenza sulla polizia mortuaria. nel carme “I Sepolcri” Ugo Foscolo, pur con qualche rammarico èlitario, rispetto agli afflati egualitari e giacobini esportati dalla rivoluzione francese, rivendicherà, in una prospettiva del tutto laica, la sottrazione dei funerali al monopolio culturale e liturgico esercitato dalla Chiesa Cattolica sul post mortem e sul culto della memoria.

    Per tutto l’Ottocento, quindi, anche in periodo post-unitario, la polizia mortuaria è materia innanzi tutto comunale (quindi pubblica). Un retaggio di questa scelta filosofica, e politica è rintracciabile nel anche nel DPR 10 settembre 1990 n. 285.

    Parlo da cattolico, residuato bellico del Concilio di Trento (anche se ho “solo” 34 anni… e, per me, sono già troppi!) che sancì la controriforma. Mi chiamo Carlo, proprio come San Carlo Borromeo, grande esponente della Chiesa Cattolica Italiana nel ‘600, proprio dopo la Riforma Tridentina. …”In nomen omen”, dicevano i Latini, ossia nel nome di battesimo è, implicitamente, insito un significato, ancorchè simbolico e figurato.

    Domine Iddio, nelle multiforme specie in cui si manifesta, essendo Egli Eterno e Necessario, di certo non vuole la rissa, il conflitto gratuito o la baruffa volgare.

    Tanto, tutti noi tendiamo, in parte più…e meno altrove (come direbbe Dante), al principio nostro primo: ovvero Dio.

    Perchè allora questa conflittualità?

    Trascorrendo dalle alte vette liriche del pensiero teologico a cose più prosaiche, tipiche di noi beccamorti, il Ministero della Salute con D.M. 12 aprile 2007 ha parzialmente recepito le istanze più ecologiste della società italiana, autorizzando ai sensi del combinato disposto tra gli Artt. 31 e 75 comma 3 DPR n.285/1990 (approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria) l’impiego di un cofano con telaio autoportante in legno e pareti di cellulosa. Tale autorizzazione, non rientra nel DPCM 26 maggio 2000, è, dunque, statale ai sensi dell’Art. 15, comma 1, lettera b) DEcreto Legislativo n.112/1998, così come confermato dalla Circolare Ministeriale 21.05.2002 n. 400.VIII/9L/1924, vale, quindi, su tutto il territorio nazionale, ma, ironia della sorte, non in Lombardia, siccome la Regione Lombardia ha adottato per la costruzione di cofani funebri le norme speciali di cui all’Allegato 3 Regolamento 9 novembre 2004 n. 6 e successive modificazioni, dove non è previsto l’impiego di materiali alternativi rispetto alle essenze lignee.

  4. Buon giorno a tutti i lettori !!! debbo necessairamente constatare che, come affermato da più parti, che è vergognoso speculare sul caro estinto. Personalmente affermo che in qualità di medico di pronto intervento, ricevevo proposte molto allettanti dalle ” Spettabili Imprese” solo per comunicare loro il decesso . Era una vera vergogna che si tramanda da molto tempo. Conclusioni: sarebbe giunto il momento di municipalizzare questo “servizio” con notevoli risvolti esonomici. Concludo gridando WWW la SOCREm WWW le bare ecologiche !!!!

  5. Mi sento di dire che il futuro sta nelle grandi IOF, le piccole dovranno associarsi e consorziarsi ma soffriranno.
    Migliorerà o meglio aumenterà il servizio offerto, es. sale del commiato, per compensare i cali di questo tipo (bare ecologiche) così come oramai tutte le IOF si sono interessate all’attività del marmista tagliandolo fuori dai giochi che contano.

  6. Trato dal sito di http://www.corriere.it: “BUENOS AIRES – Una bara di cartone riciclato per morti ecologiche e, soprattutto, economiche. Si chiama Restbox ed è un’idea che l’imprenditore argentino Mauricio Kalinov ebbe nel 1992 quando viveva a Madrid, e che solo ora è riuscito a trasformare in progetto industriale. Fabbricato in provincia di Buenos Aires utilizzando materiale acquistato dai ‘cartoneros’ (riciclatori di spazzatura nati dalla crisi argentina del 2001), il Restbox è leggerissimo (12 kg), del tutto simile ai modelli tradizionali; sopporta un peso fino a 225 chilogrammi, resiste all’acqua ed è privo di cere e solventi per assicurare una cremazione ecologica. Richiede uno sforzo minimo per il montaggio ma il suo punto forte è il prezzo estremamente economico. Costa, infatti, circa 60 dollari (43 euro) a fronte dei 160 minimi di un feretro tradizionale. Soprattutto in tempi di crisi economica come questi, Restbox mostra un’altra delle sue caratteristiche: un prodotto alla portata di tutti e comunque di chi non desidera spendere cifre da capogiro per il proprio funerale, senza rinunciare ad una bara tradizionale, che la ditta produce in vari modelli, compresi quelli per i bambini e per piccoli animali domestici. Kalinov spera di captare in due anni il 25 per cento del mercato argentino per poi espandersi in tutto il Sudamerica ma, fino ad oggi, i suoi principale clienti sono le organizzazioni internazionali e i governi, che richiedono le bare ecologiche per far fronte a emergenze, come attentati e terremoti. «Le consegniamo a lotti di 10 mila o 20 mila – ha dichiarato – perchè possano essere montate nel luogo della catastrofi». In linea con la sua filosofia eco-solidale il fantasioso imprenditore compra dai ‘cartoneros’ i 18 kg di carta necessari per fabbricare ogni singolo Restbox innescando, per sua stessa ammissione, «un circolo virtuoso da un’azione sociale». Inoltre, ha realizzato donazioni alla Croce Rossa sia nel 2001 dopo l’attentato dell’11 settembre a New York, sia nel 2004 in seguito allo tsunami che sconvolse il sud-est asiatico. Per rafforzare il suo messaggio – «ha senso nel 21/o secolo tagliare un albero per fare una bara?», ha detto di recente – Kalinov ha aperto una pagina web (www.restbox.com). In essa, dopo aver ribadito che con un albero si ottiene una sola bara tradizionale, ma ben 100 Restbox, l’imprenditore argentino sostiene che «siamo convinti che un mondo migliore è possibile. Sebbene non possiamo evitare la morte, possiamo potenziare la vita. L’attenzione per la natura e l’ambiente sono alla base della nostra proposta». (Ansa)”

  7. Sono un marmista del settore Arte funeraria.
    Il nostro settore è in forte crisi da tempo causa forte e veloce incremento di cremazioni e colombari, oltre che dalle stesse imprese di OF che oltre al funerale si accaparrano questi lavori “rubandoceli”.

    E’ la prima volta che in via ufficiale si potrebbe delineare una strada che andrebbe ad intaccare le OF considerate da sempre intoccabili sotto tutti gli aspetti e lontani da qualunque crisi.

    Sono dell’idea che se la cremazione è la strada “giusta” allora debba essere gestita nel migliore dei modi. Se si risparmi sul terreno dei cimiteri, allora è anche giusto “risparmi” sull’inquinamento !!!
    E poi che senso ha spendere un sacco di soldi per una cosa che viene bruciata dopo poche ore ? beh, no avrebbe nemmeno senso spendere tanti soldi per qualcosa che finisce sotto terra ma questo è un altro discorso…

  8. Con Decreto Ministeriale 12 aprile 2007 l’allora Ministero della Salute implementando i disposti degli Art. 31 e 75 comma 3 DPR 285/1990 ha già autorizzato l’impiego di un cofano ecologico in cellulosa da impiegare per inumazioni e cremazioni (infetti esclusi).

  9. Sono perfettamente d’accordo sull’uso delle bare ecologiche. Purtoppo in Italia comandano le imprese (comprese le funebri) che gestiscono grosse somme di danaro a discapito dei poveracci che debbono subire in ogni campo. Mi auguro che quando verrà la mia ora i miei eredi potranno risparmiare almeno sulla bara con beneficio per l’ambiente. Grazie G.C.C.

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