Sette cimiteri di Trieste: patrimonio da valorizzare

Le radici e la storia delle città testimoniate dai cimiteri: luoghi dove il patrimonio artistico e monumentale può diventare un’attrattiva anche da un punto di vista turistico.
Questa la sintesi finale dell’incontro pubblico che si è tenuto il 17 maggio 2017 a Trieste nel Museo della Comunità ebraica e intitolato “I sette cimiteri di Trieste, un patrimonio straordinario da conoscere e valorizzare”, al quale hanno partecipato l’assessore regionale alla Cultura del Friuli Venezia Giulia Gianni Torrenti, l’assessore ai Beni culturali della Comunità ebraica di Trieste Livio Vasieri, la presidente dell’Association significant cemeteries in Europe (Asce) Lidija Plibersek, la responsabile comunicazione di Istituzione Bologna Musei Melissa La Maida, lo storico dell’arte Luca Bellocchi, Paolo Tomasella del Servizio catalogazione formazione e ricerca dell’Ente regionale patrimonio culturale (Erpac) e Giancarlo Carena presidente della cooperativa Agricola Monte San Pantaleone, co-organizzatrice dell’evento.
Partendo dal principio che ogni iniziativa realizzata all’interno di un cimitero deve essere rispettosa dei valori rappresentati in quel luogo, l’assessore Torrenti ha rimarcato la valenza storica e culturale di questo tipo di siti che “fanno capire molto di una città e delle sue comunità: dalle origini dei cognomi fino al tipo di architettura scelto per le tombe monumentali, due fattori che tracciano la storia di un territorio e consentono a chi viene da fuori di conoscerne a fondo il passato”.
In questo senso, secondo Torrenti, la singolarità di Trieste con i suoi sette cimiteri, a cui fanno riferimento le confessioni religiose nel corso dei secoli presenti in città, impone una riflessione su quelle che sono le potenzialità turistiche di questo capitale storico e culturale. “Un capitale – ha osservato Torrenti – che, anche con la scoperta delle tombe dei personaggi illustri, aiuta a comprendere l’identità cosmopolita di Trieste”.
Quindi, come ha detto ancora l’assessore Torrenti, “bisogna coniugare la conservazione del bene all’attrattività”.
A tal riguardo l’assessore ha manifestato la disponibilità della Regione ad accompagnare progetti che puntino al recupero di quelle tombe storiche che, in assenza di eredi, rischiano di finire nel degrado.
“Prendendo spunto da quanto accade già a Bologna – ha detto Torrenti – , nel caso di una tomba di famiglia abbandonata, il Comune potrebbe rilasciare la concessione ad un nuovo soggetto in cambio del pagamento dei lavori di restauro”.
E proprio l’esperienza di Bologna, testimoniata da Melissa La Maida, ha reso l’idea di come si possa valorizzare uno spazio cimiteriale, attraverso tre passaggi: la catalogazione dei beni storici, le pubblicazioni di guide e l’organizzazione di attività didattiche. Un sistema, ha spiegato La Maida, che si fonda in buona parte sul volontariato e su un pubblico disposto a pagare il biglietto per visitare un sito, nella fattispecie quello della Certosa, che ha le sue origini nell’antichità essendo stato un cimitero etrusco.
Da parte sua, la presidente dell’Asce Lidija Plibersek, ricordando i 22 paesi europei rappresentati nell’associazione, ha sottolineato come i cimiteri cominciarono a diventare patrimonio culturale delle città quando ad essere incaricati della loro costruzione furono i più grandi architetti della storia, conferendo all’opera finale quindi un valore paesaggistico di significativo rilievo.
Infine, in rappresentanza della Comunità ebraica triestina, Livio Vasieri ha ripercorso la storia del cimitero israelita ricordando che fu Napoleone Bonaparte, vietando l’inumazione delle salme nelle adiacenze delle chiese, a imporre che le necropoli venissero ubicate al di fuori dei centri cittadini.

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