Leggiamo sulle pagine del sito ufficiale di CONFCOMMERCIO alcune valutazioni sugli orientamenti degli italiani in merito ai servizi pubblici locali che il comparto funebre dovrebbe valutare con molta attenzione ed obbiettivita', senza pregiudizi ideologici o inutili settarismi.
Dall'indagine emerge uno spaccato sul feeling che lega gli italiani ai servizi pubblici.
Sono state intervistate 2mila famiglie ed un elemento importante emerge subito e chiaramente: siamo un Paese affezionato al pubblico, anche se molti si stanno convertendo al privato.
Il 30% degli intervistati, infatti, e' convinto che i pubblici poteri, nell'erogare prestazioni, funzionino meglio del privato e li considerano un punto di riferimento.
Il 27,5%, invece, preferisce il privato.
Una buona fetta, il 22%, esprime la massima sfiducia nei confronti di imprese ed istituzioni e da' un parere negativo dei servizi pubblici.
Un 13,7%, rappresentato soprattutto dalle casalinghe, ha dichiarato di non utilizzare i servizi e ha preferito non rilasciare dichiarazioni di merito.
Sono gli anziani ad esternare una maggiore fiducia nei confronti delle istituzioni e una maggiore soddisfazione per la qualita' dei servizi pubblici, soprattutto nel Nordest, dove la macchina amministrativa, nel bene e nel male, continua funzionare.
Tra i servizi piu' apprezzati, vengono promossi a pieni voti le forniture di acqua, luce e gas e le farmacie comunali.
Guadagnano la sufficienza i servizi che riguardano la scuola, la formazione e la cultura, quelli socio-assistenziali, i cimiteriali, la gestione dei rifiuti. Sono invece risultati meno soddisfacenti i servizi che riguardano gli ospedali (anche per il post mortem?) e il trasporto pubblico.
Altro dato curioso e' che gli italiani sarebbero disposti a pagare qualcosa di piu' per avere una maggiore qualita', ma nello stesso tempo il 57,8% dichiara che il servizio pubblico 'non vale quello che costa'.
Insomma, si critica il servizio pubblico, ma non si arriva ad augurare la privatizzazione, visto che il 70,9% si e' dichiarato totalmente contraria quando gli e' stato chiesto se e' meglio che tutti i servizi siano privati.
La sfera dell'iniziativa privata viene ritenuta piu' affidabile per quanto riguarda le relazioni con il cliente, i tempi contenuti di erogazione del servizio, la capacita' di risolvere i problemi e la competenza.
Il pubblico, invece, 'vince' in fatto di trasparenza e di contenimento dei costi.
Anche nel settore funebre questi rapporti di forza tra pubblico e privato paiono abbastanza in linea con il dato tendenziale appena esaminato.
C'e', pero', una possibile criticita' del nostro sistema funerario su cui occorre soffermarsi in modo piu' diffuso e puntuale.
Lentamente si sta imponendo nelle varie leggi regionali sulla materia funeraria (si pensi alla caso dell'Emilia Romagna con l'atto legislativo n. 19 del 27 luglio 2004) un principio piuttosto critico secondo molti analisti: l'obbligo di separare entro dodici mesi le societa' che svolgono il servizio pubblico cimiteriale da quello di onoranze funebri e illuminazione votiva.
Molti operatori del settore, soprattutto quelli di area pubblica, continuano a pensare ad estreme onoranze, trasporto mortuario e sepoltura come ad un servizio unico ed articolato; questa distinzione, allora, sarebbe assurda perche' il servizio pubblico cimiteriale e' importante, ma oneroso per l'erario comunale.
Gli introiti delle onoranze funebri, dunque, consentirebbero la copertura dei costi di gestione delle normali attivita' cimiteriali, quasi sempre in perdita, siccome su di loro prevale pur sempre l'aspetto tecnico di tutela dell'igiene, rispetto ad una filosofia piu' imprenditoriale e, magari, piu' spregiudicata.