Seppellire i feti: giusto o no?

Si segnala il seguente articolo dal titolo Seppellire i feti: giusto o no, a firma di Paola Bacchiddu, pubblicato su l’Espresso, rintracciabil ein originale al segeunet link http://espresso.repubblica.it/dettaglio/seppellire-i-feti-giusto-o-no/2199028/25

Seppellire i feti: giusto o no di Paola Bacchiddu

In Lombardia ci sono preti che fanno il funerale religioso ai «bambini mai nati» senza nemmeno consultare le donne che hanno voluto o dovuto interrompere la gravidanza. Una questione brutta, complessa e da definire(29 gennaio 2013)Un’area del cimitero Monumentale di TorinoCimitero di Desio, venerdì 7 settembre 2012. Don Adelio Molteni spruzza, con l’aspersorio, acqua benedetta su alcune scatole che di lì a poco saranno seppellite. All’interno, i feti di bambini mai nati. Un timido rituale religioso che nessuno, però, ha richiesto. Né il comune lombardo, che s’affretta a smentire il patrocinio dell’iniziativa, né i genitori biologici dei feti stessi, cui non è stata richiesta autorizzazione in merito. Il prete della parrocchia di San Pio X replica, lapidario: “Non ci trovo nulla di strano. Anche loro hanno diritto ad una benedizione”.

Chi s’incarica della sepoltura è un’associazione cattolica, del tessuto ciellino, “Ora et labora. In difesa della vita”. La foto della cerimonia viene pubblicata su facebook. Travolta da una slavina di commenti. Scoppia il caso.

Chi pensa che l’episodio sia un’eccezione, nel panorama italiano, commette un errore marchiano. Negli ultimi anni vicende simili si sono guadagnate sempre più spazio nelle cronache locali, fino a deflagrare su quelle nazionali, e divenire un caso politico. Perché quando si parla di pance, di aborto, di morte e di bambini, le coscienze, i partiti, perfino le amministrazioni si spaccano.

E infilare la testa nel pieno di quell’area grigia dentro cui vita e morte si stringono, quando la testa si preferirebbe voltarla, è come toccare dei fili incandescenti.

Anche la terminologia è in imbarazzo di fronte a una realtà così complessa. Incongrua e inopportuna quando il tecnicismo medico esprime formule come “materiale abortivo” e “rifiuto sanitario speciale”, o indice puntato verso responsabilità adulte, quando si pronuncia quella locuzione che sanguina, e si preferirebbe nascondere sotto tappeti d’ipocrisia: “Bambini mai nati”.

La domanda, però, è netta, e rimanda alla pratica: dove finiscono, in Italia, i feti provenienti dagli aborti?

La legislazione in merito, nell’ultimo decennio, ha registrato un drastico svecchiamento. Una linea guida nazionale sulla quale, però, ciascuna regione legifera in modo autonomo, senza contare le delibere comunali che disegnano perimetri individuali ancora più circoscritti.

Il decreto 285 del 1990 – che aggiorna il regolamento di polizia mortuaria fermo dal ’39 – introduce, all’art 7, un passaggio rivoluzionario rispetto al passato: “A richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane”. Prima la prassi prevedeva la possibilità di seppellire solo i feti dalle 20 alle 28 settimane.

Oggi, invece, si possono tumulare anche embrioni (sotto la decima settimana) e tutto ciò che, con la norma precedente, veniva automaticamente considerato “rifiuto sanitario speciale”, e destinato all’incenerimento in un impianto di termodistruzione.

La legge che disciplina “lo smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo”, tuttora in vigore, è il dpr 254 del 2003. Con essa “i prodotti abortivi” (feti di qualunque età, per i quali i genitori non abbiano richiesto esplicitamente diversa destinazione) al pari delle garze sterili, del sangue e dei liquidi organici sono bruciati a spese degli ospedali. Alcuni, però, incenerivano tutto indistintamente, altri tumulavano d’ufficio, dietro autorizzazione delle asl, solo quelli “sopra le 20 settimane”. Di solito in fosse comuni, insieme agli arti amputati. I costi, a carico dei nosocomi o dei comuni.

IL CASO LOMBARDIA
MILANO

Il 6 febbraio del 2007, la giunta Formigoni approva, in materia di “attività funebri e cimiteriali”, un correttivo al precedente regolamento (n 6, 9 novembre 2004) che solleva una valanga di polemiche e segna un precedente importantissimo. Tutti i feti, gli embrioni e il materiale abortivo deve essere tumulato in fosse comununi, insieme agli arti, per obbligo di legge, salvo differenti disposizioni dei genitori. L’art 11 recita: “Per i prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle venti alle ventotto settimane complete e per i feti che abbiano presumibilmente compiuto ventotto settimane di età intrauterina, nonché per i prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle venti settimane, la direzione sanitaria informa i genitori della possibilità di richiedere la sepoltura. In mancanza della richiesta di sepoltura, si provvede in analogia a quanto disposto per le parti anatomiche riconoscibili”. Con quest’ultima locuzione si rimanda all’art 10 del vecchio provvedimento regionale (il 6 del 2004) che impone la sepoltura degli arti “per le quali il defunto, i suoi familiari o comunque gli aventi titolo non abbiano provveduto ad altra destinazione”. Le direzioni sanitarie debbono informare i genitori della possibilità di richiedere la sepoltura anche sotto le venti settimane ma, in assenza di esplicita richiesta, procedono comunque alla tumulazione. Dopo le 24 ore, infatti, tutto ciò che viene espulso non è più di “proprietà della madre”, ma risponde alla struttura sanitaria dove si è effttuato l’aborto, come spiega il direttore medico della Mangiagalli di Milano, Basilio Tiso: “Nelle strutture lombarde vi è un cartello che avvisa della possibilità del seppellimento, ed è citata la legge anche nel modulo che la donna firma per autorizzare l’aborto. Ma non vi è cenno esplicito del fatto che, a prescindere dal suo consenso, i resti verranno comunque inumati”.

Written by:

@ Redazione

9.180 Posts

View All Posts
Follow Me :

0 thoughts on “Seppellire i feti: giusto o no?

  1. Certo che è giusto! Sono persone come le altre, la cui vita è durata solo alcune settimane. È un gesto di civiltà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.