Sepoltura di parti anatomiche ex DPR n.254/2003

L’attuale normativa italiana sui rifiuti tende ad inserire nella nozione di AGA rack room“scarto” anche tipologie per le quali non si è in presenza di volontà di disfarsene, ma basta unicamente che la legge imponga l’obbligo di seguire le procedure di smaltimento.

Con l’entrata in vigore del DPR 254/03 il regime autorizzatorio per le parti anatomiche riconoscibili, è affidato all’AUSL competente per territorio.

Il comune, dunque, non ha più titolo in materia se non in caso di sezioni di cadavere non “prodotte” da strutture sanitarie, per le quali, invece, varrebbe sempre l’Art. 6 comma 2 DPR 285/1990.

Nell’autorizzazione al trasporto deve esser indicata anche la destinazione finale di questi arti umani o sezioni di essi.

Di norma con la definizione di “parti riconoscibili” si fa riferimento a: arti e membra compiute, parti di viso e similari.

Viene spesso lamentato il fatto che le parti anatomiche riconoscibili da avviare a sepoltura in cimitero (quelle non riconoscibili ai sensi del DPR 254/03 debbono esser smaltite solo ed esclusivamente in impianti di termodistruzione e non in crematorio) vengano avviate alla fossa entro contenitori di varia dimensione, una volta dopo esser state trattate con formalina, al fine di evitare la decomposizione quando erano ancora conservate presso la struttura sanitaria che le ha “prodotte” come rifiuto ospedaliero.

Spesso i recipienti sono realizzati ancora con polimeri non biodegradabili o addirittura sono costituiti da sacchi di plastica, anche se è stata abrogata la precedente normativa enunciata dal punto 2.2 della deliberazione comitato interministeriale datata 27/07/84.

Poiché non si possono interrare materiali non facilmente decomponibili ai sensi dell’Art. 75 comma 2 DPR 285/90 sino a qualche anno fa si sarebbe dovuto procedere al travaso delle parti anatomiche oggetto di amputazione in cassette lignee, e le direzioni delle aree sepolcrali incontravano forti resistenze da parte del per necroforo, siccome l’esposizione ai vapori della formaldeide o il semplice contatto con essa possono rappresentare un notevole nocumento per la salute stessa dei lavoratori.

Questa prassi era tra l’altro causa di una grave diseconomia nelle gestione del ciclo cimiteriale, perché la materia biologica intrisa di formalina subisce un rallentamento o addirittura un’inibizione totale della naturale degradazione che la porterà alla completa mineralizzazione, ossia alla dissoluzione nelle sue componenti chimiche più semplici.

Altro errore, (in voga soprattutto in passato), da evitare nel modo più assoluto è la composizione delle diverse parti anatomiche in un unico “sacco impermeabile per raccolta salme, così da renderne più agevole lo spostamento, sino alla deposizione nella cassa o nella fossa, contenitori ermetici, infatti, rappresentano una violazione all’Art. 75 comma 1 DPR 285/1990, in quanto non assicurano in tempi certi la biodegradabilità.

Secondo lo spirito della nuova normativa il trasporto delle parti anatomiche, entro automezzo chiuso, alla volta del camposanto deve avvenire comunque in cassa di legno (o di altro composto sostitutivo autorizzato ai sensi degli Art. 31 e 77 comma 3 DPR 285/90) con spessori e caratteristiche analoghe a quelle usate per le normali bare, soprattutto se il trasporto (specie per parti anatomiche non richieste) sarà cumulativo, sino a raggiungere la normale massa di un corpo umano adulto.

Quanto individuato dal DPR 15 luglio 2003 n. 254 non costituisce cadavere (come non lo sono i resti mortali, le ceneri ed altro), con la conseguenza che non trovano applicazione (tutte) le norme sul trasporto di cadavere (ad es.: l’art. 20 DPR 285)
.
Il trasporto, allora, può essere effettuato anche con mezzo diverso da quello, appunto, individuato dal predetto art. 20.

Se, però, c’è il pericolo di percolazioni post mortali o sanguinamenti durante la movimentazione ci si potrà difendere da questo rischio biologico con l’adozione di un dispositivo impermeabilizzante di cui ai D.M. 7 febbraio 2007 e D.M. 28 giugno 2007, soprattutto se si sia in presenza di odori molto forti altrimenti potrebbe anche bastare un semplice lenzuolino con cui foderare il fondo e le pareti della cassa, lasciando, però, una certa continuità nella giuntura tra i labbri di contatto dell’involucro, così da favorire subito l’ossigenazione, funzionale all’attivarsi dei processi putrefattivi.

Per la tumulazione occorre anche la cassa metallica; a differenza dei cadaveri umani (uno solo per ogni cassa, ad esclusione di madre e neonato morti in concomitanza del parto) possono esser traslate in un unica cassa più parti anatomiche, nel disinteresse degli aventi diritto, per il trasporto e la sepoltura o la cremazione collettiva, basta un unico feretro ed ovviamente una sola autorizzazione onnicomprensiva da parte dell’ASL ex Art. 3 comma 2 DPR 15 luglio 2003 n. 254.

Per ridurre al minimo i rischi derivanti dall’impiego di aldeide formica, converrebbe allora procedere in questo modo: le parti anatomiche in attesa di smaltimento debbono esser custodite in ambiente refrigerato, sino al momento del trasferimento, esse saranno confezionate entro casse soltanto lignee (se non saranno tumulate) di spessore non inferiore ai 20 mm foderate all’interno con un involucro flessibile di fibra plastica inizialmente impermeabile, ma poi, nel medio periodo, biodegradabile (Mater Bi o similari).

Questi piccoli feretri in cimitero non dovranno esser riaperti o squarciati per provocare soluzione di continuità sul coperchio metallico ed i necrofori si limiteranno a seppellirli.

Il ricorso a controcassa zincata potrà, così, esser circoscritto alla sola tumulazione.

Oggettivamente una cassa con tutti i dispositivi di cui all’Art. 30 DPR 295/1990 sembra sin quasi ultronea, in quanto è studiata per la sepoltura di cadaveri, tuttavia, nel silenzionio del legislatore le noeme di riferimento continuano ad esser quelle della tumulazione.

Dette parti anatomiche che sostanzialmente non sono cadaveri, poiché l’unità psicofisica cui appartennero (la persona amputata) è ancora in vita potrebbero, come i resti mortali, esser addizionate con prodotti a base enzimatica per favorire la loro rapida scheletrizzazione, senza più il bisogno di ulteriori turni di sepoltura nel campo indecomposti

La legge nazionale (Artt. 72 e 73) nulla dispone in merito ad ampiezza e profondità delle fosse, solo Lombardia (Art. 15 comma 9 Reg. REg. 9 novebre 2004 n. 6) ed Emilia Romagna (Art. 2 comma 10 REg. REg. 23 maggio 2006 n. 4 affrontano la questione in modo salomonico, rimettendo le norma di dettaglio ai regolamenti comunali, mentre richiedono semplicemente una profondità dello scavo di almeno 70 CM.

Per le parti anatomiche riconoscibili (da destinare a sepoltura) è, poi, previsto l’affido, la dispersione dentro o fuori il cimitero delle ceneri (laddove già consentito dalla legislazione), la inumazione, la tumulazione in celletta o in altro manufatto ove sia già presente un feretro. Ciò che conta è la volontà dell’amputato che, se lo vuole, può procedere alla cremazione (ed in questo caso decidere la destinazione delle ceneri) o alla sepoltura delle stesse. Si consiglia di prevedere tale circostanza nel regolamento comunale di polizia mortuaria.

Quindi: ) Se l’amputato chiede la tumulazione dell’arto nel loculo, questi ne ha diritto, fino alla capienza del loculo stesso. 2) L’autorizzazione alla burialtumulazione presuppone semplicemente la verifica del diritto alla sepoltura e il pagamento (in genere) di un diritto alla tumulazione, nonché il versamento di una somma per chi procede alla materiale tumulazione. 3) Se il loculo ha unicamente la dimensione per il contenimento di un feretro (se la dimensione è maggiore il problema non si pone in quanto arto e feretro stanno nello stesso loculo), la scelta è a carico dell’amputato/avente diritto, che viene posto a conoscenza delle possibilità: a) inizialmente può decidere la tumulazione dell’arto nel loculo vuoto. Al suo decesso si effettua traslazione dell’arto e se sono decorsi 20 anni questo è equiparato a resto mortale e come tale soggetto alle norme relative. se il decesso avviene prima dei 20 anni occorre tumulare l’arto amputato anche in un ossarietto o in un altro loculo; b) inizialmente può decidere la tumulazione in un ossarietto avente le dimensioni atte a contenere il feretrino. Nel loculo sarà tumulato il feretro e se il decesso avviene oltre i 20 anni si può tentare la riduzione in resti dell’arto e la ricongiunzione nel loculo della cassetta dei resti ossei; c) inizialmente può decidere per la cremazione dell’arto. L’urna viene collocata nel loculo e al momento del decesso questo consente di avere la riunificazione senza troppe difficoltà (stante la dimensione delle urne per ceneri). 4) Infine la “diversa modalità” è da intendersi quella differente da quanto prescelto in via ordinaria per gli arti amputati dalla struttura sanitaria. In altri termini se la scelta ordinaria è la cremazione, l’amputato potrà chiedere l’inumazione o la tumulazione.

In merito al piano tariffario per la cremazione valgono i criteri del D.M. 1 luglio 2002, mentre per l’inumazione in re, si applicano tariffe della metà rispetto alla inumazione di un feretro, poiché le misure ed i pesi e le dimensioni delle fosse sono più piccoli. È però importante applicare già fin dall’inizio una tariffa comprensiva sia di inumazione che di ordinaria esumazione.

Written by:

Carlo Ballotta

804 Posts

View All Posts
Follow Me :

9 thoughts on “Sepoltura di parti anatomiche ex DPR n.254/2003

  1. Le parti anatomiche riconoscibili possono essere sepolte in cimiteri di comuni diversi da quello in cui si trova la struttura (privata)
    che ha effettuato l’amputazione?
    Se sì, quali autorizzazioni necessitano?
    Il trasporto in altro comune è autorizzato comunque dalla AUSL

    1. X Paolo,
      sotto il profilo procedural, centrale, in tutta l’architettura normativa riguardo alle parti anatomiche riconoscibili, è l’Art. 3 commi 2, 3 e 4 DPR 15 luglio 2003 n. 254, da leggere in modo congiunto all’art. 7 DPR 10 settembre 1990 n. 285 almeno per la competenza territoriale da esercitarsi d’ufficio.

      In brevis:

      1) autorizza smaltimento e trasporto l’AUSL (unico caso assieme a quello di feti o prodotti abortivi ovvero del concepimento), sollevando il Comune dal rilascio delle normali autorizzazioni amministrative per inumazione, tumulazione cremazione o trasporto di cadavere ex Capo IV del regolamento nazionale di polizia mortuaria.

      2) se non richieste per una destinazione privata e dedicata è la struttura sanitaria che ha “prodotto” le parti amputate a decidere la forma dello smaltimento con oneri a proprio carico presso il cimitero comunale, all’uopo individuato dal regolamento comunale di polizia mortuaria, nel caso il Comune disponga di più cimiteri, dello stesso distretto amministrativo ove trovasi la stessa. E’ ammesso l’avvio massivo ed indistinto a cremazione o inumazione, mai a tumulazione, la quale, come sepoltura privata, comporta il preventivo sorgere di un rapporto concessorio, per acquisire l’uso di un tumulo (loculo, celletta ossario…)

      3) la sepoltura in diverso cimitero rispetto a quello geograficamente titolato ad accogliere questo materiale biologico umano presupporrebbe, pur sempre, un atto di disposizione, ex art. 5 Cod. Civile, da parte della persona interessata dall’amputazione, con l’assunzione a suo carico di tutti i connessi oneri.

      Quest’ultima potrà scegliere liberamente cremazione (con conseguente conferimento delle ceneri) inumazione o tumulazione nel cimitero di proprio gradimento.

  2. Si rileva ancora una volta l’andamento “carsico” del DPR n.285/1990 rispetto alla normativa regionale la quale, ormai, ex Art. 117 Cost così come novellato dalla Legge Costituzionale n.3/2001, opera su un livello di pari odinazione rispetto al regolamento nazionale di polizia mortuaria: quindi laddove la Legge Regionale nulla disponga continua ad applicarsi, per inerzia il DPR 10 settembre 1990 n. 285.

    L’articolo 74 del D.P.R. n. 285, stabilisce che possano essere sepolti in una stessa fossa soltanto madre e neonato, morti in concomitanza del parto.

    La ratio di tale disposizione é da individuarsi nel fatto che, a causa della diversità di dimensione dei due corpi, anche in seguito alla mineralizzazione, essi non possono essere confusi.

    Se a ciò si aggiunge che ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del D.P.R. citato, le ossa umane e gli altri resti mortali assimilabili debbono in ogni caso essere raccolti in cassetta di zinco, recante il nome e cognome del defunto, oppure nel caso non sia possibile l’identificazione del defunto cui appartengono, la cassetta dovrà recare l’indicazione del luogo e della data in cui sono stati rinvenuti, appare evidente l’intenzione di conservare l’identità e l’individualità dei resti mortali anche in un momento successivo alla sepoltura, cosa che risulterebbe estremamente complessa in caso di cassetta resti non individuale.

    Come extrema ratio, magari, vedrei bene la soluzione di un’unica cassetta ossario, però formata da due distinti scomparti muniti di relativo coperchio recante gli estremi anagrafici di ogni defunto le chi ossa siano ivi raccolte.

  3. Buon giorno, scrivo dalla Regione Veneto , dipendente di un Comune.
    Una ditta di pompe funebri mi chiede di poter riunificare in un’unica cassettina due resti mortali.
    Secondo me questo non è possibile, in quanto ogni resto mortale deve essere conservato separatamente. Non trovo però il riferimento legislativo.
    Chiedo conferma di questo, e se può anche darmi la norma di riferimento.
    La ringrazio.

  4. Art. 74 DPR 10 settembre 1990 n.285: solo madre e neonato entrambi deceduti in concomitanza del parto (è tollerabile anche una lieve discordanza temporale) possono esser deposti nella stessa cassa e sepolti nella stessa fossa. Questa norma vale solo per l’inumazione e non per la tumulazione o la cremazione.

  5. Il trasporto di un infante nato-morto debba essere sempre svolto da un’impresa funebre con apposito veicolo o possa essere effettuato direttamente dai genitori con un mezzo proprio?

    Analogamente, i prodotti abortivi o del concepimento per i quali sia richiesto dai genitori l’accoglimento in cimitero (Art. 7 DPR 285/1990, ma anche Art. 11 Reg. Reg. Lombardia 6 febbraio 2007 n.1) possono esser trasferiti alla sepoltura con un normale automezzo viste le dimensioni molto contenute del piccolo feretro?

    No, la risposta è negativa.

    A norma dell’art. 7, comma 1, del DPR 285/1990, si eseguono per il trasporto di nati morti le medesime disposizioni, contenute negli articoli precedenti dello stesso DPR 285/90.

    Da questa constatazione di diritto consegue che pure per il trasporto si dovranno osservare le stesse modalità prescritte per gli altri cadaveri (carro chiuso con l’interno rivestito con superfici facilmente lavabili e disinfettabili) e quindi non potrà essere trasportato dai genitori.

    Il trasporto dei cadaveri, infatti, si esegue, ai sensi dell’art. 19. comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, unicamente a mezzo di carro funebre avente i requisiti di cui all’art. 20 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990.

    Il trasferimento dal deposito d’osservazione al cimitero o verso altro luogo autorizzato richiede sempre l’autorizzazione amministrativa, come ogni altro trasporto funebre.

    Se il feto di presunta età di gestazione superiore alle 28 settimane viene dichiarato come nato morto esso è soggetto alle procedure autorizzative di sepoltura e trasferimento come se fosse un cadavere, naturalmente si useranno casse rispettivamente per inumazione e tumulazione, con le caratteristiche costruttive di cui aagli Artt. 75 e 30 del DPR 285/90, in Lombardia, invece, per effetto del regolamento regionale n.6/04 valgono le disposizioni dell’allegato 3, naturalmente per trasporti e sepolture all’interno del territorio lombardo.

    Per la sepoltura dei prodotti abortivi occorre, invece, far riferimento all’art. 7, comma 2 e seguenti, del DPR. 285/1990 (G.U. n. 239 del 12/10/1990) ed al paragrafo 5.2 della circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 24/6/1993 (G.U. n. 158 del 8/7/1993) che prevede per i trasporti di prodotti abortivi un’autorizzazione da parte dell’ A.U.S.L.

    L’AUSL competente per territorio rilascia l’autorizzazione al trasporto ed al seppellimento, non è prevista, invece, da nessuna norma positiva il diretto avvio a cremazione con relativo conferimento delle ceneri su autorizzazione dell’AUSL, opzione invece espressamente contemplata dal DPR 254/03 per le parti anatomiche riconoscibili.

    Per l’inumazione dei prodotti abortivi, di solito, si impiegano contenitori di varia forma, realizzati in cellulosa, quindi facilmente biodegradabili e foderati all’interno con un involucro impermeabile, almeno per i primi tempi del confezionamento, così da trattenere eventuali perdite di umori organici o di materiale biologico durante la movimentazione.

    Sul veicolo da usarsi per il trasporto è bene si pronunci la stessa autorità sanitaria che autorizza il trasporto stesso; essendo, in ultima analisi, il prodotto da concepimento materiale biologico umano da smaltire in cimitero, non assimilabile ad ossa o ceneri, per i quali non valgono le precauzioni igieniche di cui agli Artt. 18, 20, 25 DPR 285/90, non pare opportuno che siano gli stessi famigliari ad eseguire personalmente il trasporto, anche perchè durante la movimentazione dei “feretrini” potrebbero verificarsi piccoli fuoriuscite di liquidi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.