Recentemente, la Direzione Centrale per le Autonomie Locali del Ministero dell’Interno ha formulato, in risposta a preciso quesito, un’analisi articolata sulla disciplina della sepoltura fuori dalle aree cimiteriali nell’ordinamento legislativo italiano, anche in considerazione di quest’aspetto sistemico: il quesito proposto non avrebbe teso ad ottenere una soluzione particolare ad un solo caso specifico, quanto un inquadramento dogmatico della disciplina nel suo complesso, quindi di grande valore didattico per noi tutti.
Nella risposta al soggetto istante (un Comune), per altro, in materia di tumulazione privilegiata (art. 341 T.U.LL.SS. ed art. 105 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), non si fa cenno al fatto che oggi, per tali autorizzazioni, la titolarità ad emanare il provvedimento costitutivo sia stata oggetto di conferimento alle Regioni, con questa ulteriore puntualizzazione: in effetti, alcune Regioni a statuto normale, ex art. 3 comma 5 D.Lgs n. 267/2000, hanno autonomamente provveduto, con proprie norme di rango legislativo, ad attribuirne la competenza direttamente ai Comuni.
Nel parere si rileva una possibile contraddizione per quanto riguarda la fascia di rispetto che debba essere assicurata all’eventuale sepolcro privato autorizzato al di fuori dei cimiteri.
Prima, infatti, si prevede come il relativo raggio possa essere riducibile secondo le norme generali previste per i cimiteri (art. 338 T.U.LL.SS., come novellato dall’art. 28 L. 1° agosto 2002, n. 166).
Di seguito, però, così si afferma: “Proprio per tale valore minimo, la distanza è quella ordinaria contemplata normativamente per i cimiteri, non avendo alcun effetto un’eventuale compressione di quest’ultima che il cimitero sia stato autorizzato ad adottare, atteso che tale riduzione risponde a pubbliche esigenze, ed esse sono del tutto ininfluenti quando si parla di sepolcri privati fuori dai cimiteri”.
Con ciò si addiviene all’opposta conclusione secondo cui tale perimetro, sottoposta a vincoli di inedificabilità ed inalienabilità, sia escluso dalle procedure di possibili avvicinamenti dei sepolcreti extra moenia, al centro abitato. Questa trasgressione comporterebbe, oltretutto, la decadenza sanzionatoria della “concessione” (art. 104, comma 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), conseguenza punitiva per altro richiamata più tardi.
Dal punto di vista della definizione di tali sepolcri autorizzabili al di fuori dei cimiteri, nel parere si esprime l’avviso, fondato sulla rubrica del Capo XXI D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e sul testo del suo art. 101, che l’accezione di “cappelle private” vada intesa sia con riferimento a “cappelle di proprietà di famiglie sia di enti e corpi morali.
Da tale argomentazione discenderebbe logicamente che non si possa escludere, in via meramente ermeneutica, come possano sussistere cappelle private, poste al di fuori dei cimiteri, le quali rientrino nella titolarità di persone giuridiche. Detta indicazione, tuttavia si troverebbe in contrasto con l’espressa statuizione (all’art. 104, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) per cui l’area circostante il sepolcro debba proprio essere di proprietà delle famiglie che ne chiedono la concessione.
Va, altresì riscontrato, come il riferimento al riconoscimento della personalità giuridica degli “enti” non possa essere considerato alla luce dell’art. 12 c.c., in quanto norma oggi ormai abrogata (art. 11 D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361).
Di particolare interesse le raccomandazioni sulle necessarie funzioni di vigilanza, oltre che di autorizzazione, presenti in capo ai Comuni, in particolare con riferimento all’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, sull’accertamento della sussistenza del diritto di sepoltura, questa istruttoria ricognitiva opera, al pari dei sepolcri privati all’interno dei cimiteri, in tutti i casi.
Mancano, invece, cenni in relazione all’art. 103 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, la cui ratio (o, se si voglia, origine) sorgeva dal fatto che, specie in epoca pre-Unitaria, l’utilizzo delle sepolture private, tanto nei cimiteri quanto al di fuori di essi (per quanto poco diffusi ne siano i casi concreti), era collegato ad oneri di manutenzione del cimitero posti a carico ai titolari di sepolcri privati, frequentemente non sulla base di criteri periodici, ma in relazione alle sepolture da eseguirsi in loco.