Nell’esperienza di altri Paesi, dove è parimenti diffusa la tumulazione stagna (https://www.funerali.org/polizia-mortuaria/tumulazionequestioni-aperte-e-problemi-irrisolti-581.html), con tutte le sue questioni irrisolte (appunto: lo “scoppio” delle bare o l’inibizione dei processi di decomposizione per efetto dell’ambiente ermetico) ad essa ancora connesse, non mancano norme che individuano una responsabilità dell’Impresa di onoranze funebri che ha proceduto, a suo tempo, al confezionamento del feretro, almeno per un certo periodo, in analogia alla responsabilità del costruttore negli edifici (di cui, in Italia, art. 2053 cod. civile.).
Nella disciplina italiana di polizia mortuaria, nazionale o regionale, non è – espressamente – prevista una specifica individuazione della responsabilità per questa fattispecie e, pertanto, occorre ricostruire il percorso normativo attenendosi ai principi di ordine generale.
Da un lato, si deve considerare che la chiusura del feretro è posta in essere, in linea di massima, dall’impresa di onoranze funebri commissionata, con apposito mandato, dalla famiglia.
Essa deve eseguire questa delicata operazione non solo “a norma”, (saldatura a fuoco o anche “a freddo”) cioè impiegando materiali che per consistenza e caratteristiche (quali lo spessore) siano rispondenti alle prescrizioni del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (nella specie, art. 30, per il rinvio fattone dal successivo art. 77), ma altresì eseguita a regola d’arte (ad es.: le saldature devono essere continue ed estese su tutta la zona di contatto; art.30, comma 3 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), e ciò conduce alla responsabilità di cui agli artt. 2049 e 2050 cod. civile.
Oltretutto, la corretta sigillatura della doppia cassa dovrebbe esser soggetta ad un’attenta verifica da parte di figure specializzate dell’Azienda Sanitaria territorialmente competente (C.D. Vigilanza Sanitaria/servizi ispettivi) giusta quanto ricordato dal paragrafo 9.7) della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, anche se tali controlli tecnici ormai sono- sempre più spesso demandati, a dispetto dell’art. 49 DPR n. 447/2000 (le certificazioni sanitarie non sarebbero surrogabili da soggetti terzi), all’incaricato del trasporto (https://www.funerali.org/attivita-funebre/verbale-sul-corretto-confezionamento-del-feretro-in-capo-alladdetto-al-trasporto-dichiarare-il-falso-costa-caro-46271.html), o non sempre sono effettuati puntualmente, oppure – ancora – proprio non avvengono (in certe realtà locali); tuttavia, il fatto che la valutazione del confezionamento del feretro vi sia stata (e se vi sia stata, sia avvenuta “seriamente” o meno) o non vi sia stata del tutto, non modifica minimamente le considerazioni attorno alla fattispecie sottoposta, anche in base a quest’ipotesi per nulla peregrina: nulla, infatti, esclude la possibilità di c.d. vizi occulti, cioè tali da non poter essere appurati al momento stesso dell’apposizione dei coperchi con relativa verbalizzazione (https://www.funerali.org/cimiteri/la-verifica-feretro-nelle-traslazioni-295.html)
Dal punto di vista cimiteriale, deve essere considerata la fattispecie dell’art. 2051 cod.civile: difatti il feretro da tumulazione è collocato in un sepolcro privato (in quanto in concessione), rispetto al quale i concessionari hanno, per l’intera durata della concessione, gli obblighi che sorgono dall’art. 63 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, oneri che non hanno riguardo unicamente alla manutenzione del manufatto sepolcrale, ma si estendono anche alle modalità del suo uso (dato che la concessione conferisce principalmente un diritto d’uso), il quale va esercitato in relazione al suo fine (tumulazione del feretro), ma altresì in modo tale da non determinare alterazioni all’assetto della tomba (in cui rientrano anche le emissioni di odori e/o liquidi ammorbanti ex art. 674 Cod. Penale) verso terzi rispetto al concessionario, cioè sia nei confronti di altri concessionari (per il pregiudizio che la fuoriuscita dei liquami post mortali può avere determinato sugli altri loculi in prossimità di quello direttamente interessato dai fenomeni percolativi, specie se allocati in posizione inferiore) e dei fruitori, in generale, e visitatori (per gli odori) del cimitero, sia nei confronti del comune o del gestore del cimitero.
Ne discende che il concessionario risponde civilmente, per l’intera durata della concessione, del buon stato del manufatto e delle normali condizioni d’uso, nonché della idoneità del feretro, con questa conseguenza: il Comune, o il gestore del cimitero, quando sia stato chiamato a far fronte alle lesioni alle parti comuni del camposanto derivanti dal cattivo (o non conforme) uso, o dall’impiego di materiali non a norma, senza osservare le modalità atte a prevenire il sorgere futuro (per tutta la durata della concessione) di problemi di qualsivoglia natura (senza qui entrare nel merito della “qualità” del confezionamento del feretro o dell’impiego di dispositivi opportuni, quali le c.d. valvole di neutralizzazione dei gas prodotti dal cadavere), agisce nel quadro delineato dagli artt. 2028 – 2032 cod.civile. (c.d. “gestio negotii”).
Pertanto, il servizio cimiteriale sia stante la presumibile urgenza ed indifferibilità a provvedere, sia per la tipologia stessa delle operazioni richieste (sanificazione del loculo e rifascio della cassa ex art. 88 D.P.R. n. 285/1990) dall’intervento che la situazione di grave anomalia verificatasi ha reso necessarie, non può che rivolgersi al concessionario, in quanto soggetto responsabile, per la durata della concessione, dell’uso del manufatto e della “regolarità” del feretro.
Resta salva in capo al concessionario la possibilità di rivalersi nei confronti di terzi che egli assuma essere stati responsabili di comportamenti, od omissioni, o cattive prestazioni di attività precedenti alla tumulazione, tale azione risarcitoria attiene ad una fase successiva all’adempimento da parte del concessionario delle obbligazioni che sorgono con la concessione stessa.
Buongiorno.
A noi è successa una cosa strana:mio suocero ha voluto essere cremato e sepolto con la madre (loculo comunale concesso alla famiglia del marito).
A 3 anni dalla tumulazione è arrivata richiesta da parte della famiglia concessionaria (che noi non conosciamo) di risarcimento danni per la lapide che è stata non solo rotta ma rifatta in modo errato.
Ora, visto che materialmente il tutto è stato causato dalle pompe funebri, ci rivaliamo su di essi o ne rispondiamo noi?
Grazie per l’ aiuto.
Marilena
X Lena,
vi potrete rivalere sull’impresa funebre e di marmeria che, materialmente, ha provocato il danno.
Insomma…chi rompe, paga!
Grazie 🙂
X LORIS,
prima di una risposta approfondita ad hoc, si consiglia caldamente la consultazione del seguente link:
https://www.funerali.org/cimiteri/scoppio-della-bara-e-sanificazione-del-loculo-chi-paga-46735.html
Rimaniamo sempre a disposizione per ulteriori chiarimenti e delucidazioni.
Proprio pochi giorni fa è scoppiata la bara di mio suocero deceduto 3 anni fa vorrei sapere chi ci risarcisce .grazie