Sconto tariffario per l’igiene urbana consentito dal comma 12 dell’art. 3 del D.Lgs. 116/2020

Per favorire l’economia circolare il nuovo Testo Unico dell’Ambiente, all’art. 238 comma 10, prevede la esclusione della corresponsione della componente tariffaria (parte variabile, come specificato nella nota del MITE (Ministero della Transizione Ecologica) rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, per le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani e li conferiscono al di fuori del servizio pubblico.
Per ottenere lo sconto gli utenti non domestici, devono comunicare la volontà di non servirsi del gestore del servizio pubblico (per il 2021 entro il 31/5/2021), per gli anni successivi entro la fine di ogni anno per cambiamenti che producano effetti dall’anno successivo (si veda l’art. 30 comma 5 del D.L. 22/3/2021, n. 41).
Il MITE, nella nota (VEDI TESTO) precisa che:
«La comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico, deve riportare le tipologie e le quantità (NdR stimate) dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero».
E qui intervengono alcuni problemi interpretativi per il settore cimiteriale e di cremazione.
Difatti il Testo Unico dell’Ambiente, D.Lgs. 152/2006, modificato dal D.Lgs. 116/2020 (TUA), ha introdotto nuove definizioni di rifiuti urbani e speciali.
Tra queste si cita il nuovo art. 183 comma 1 lettera b-ter punto 6, che annovera tra i rifiuti urbani:
«i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5».
La classificazione delle varie frazioni di rifiuti prodotti nei cimiteri (e nei crematori che, obbligatoriamente, in Italia sono costruiti dentro i cimiteri) presenta alcuni elementi di incongruità tra la norma nazionale e quella comunitaria, che è alla base del D.Lgs. 116/2020.
Tanto da ritenere che l’interpretazione più corretta sia quella per cui tutti i rifiuti simili a quelli domestici prodotti nelle aree cimiteriali e nei crematori siano da considerarsi urbani, mentre i rifiuti residui, privi di tale caratteristica, anche se provengono da aree cimiteriali, continuano ad essere qualificati come rifiuti speciali secondo i relativi codici dell’Elenco europeo dei rifiuti.
Su questo aspetto si attende un chiarimento dal Ministero dell’Ambiente e nel frattempo si continuano ad applicare le indicazioni diffuse a suo tempo proprio dal Ministero dell’Ambiente con la nota ISPRA n. 31098 del 20/7/2009, trasmessa dal MATTM (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) con nota n. 1781 del 26/8/2009 (VEDI NOTA ISPRA).
Questo però potrebbe incidere anche nell’applicazione della scontistica sopra richiamata per l’avvio a recupero.
La citata nota dell’ISPRA classifica diverse frazioni di rifiuti provenienti da cimitero come segue:
– 20.02.01 (rifiuti biodegradabili) per i rifiuti del verde e per gli altri rifiuti biodegradabili derivanti dalla manutenzione delle aree cimiteriali
– 20.02.01 (terra e rocce) per il terreno proveniente da attività di scavo
– 20.03.99 (rifiuti urbani non specificati altrimenti) per i rifiuti misti, sia biodegradabili che non biodegradabili, provenienti da operazioni di esumazione ed estumulazione
È inoltre possibile ritrovare, provenienti da cimitero o crematorio, anche se non citati nella nota Ispra, ma pertinenti e per il quali si potrebbe avviare il recupero:
– 20.01.38 (legno non contenente sostanze pericolose)
– 20.01.39 (plastica)
– 20.01.40 (metalli)

In conclusione, laddove il gestore del crematorio o cimitero non intenda conferire i rifiuti urbani prodotti al gestore del servizio pubblico (azienda di igiene urbana), ma voglia provvedere a mezzo di terzi autorizzati, al recupero degli stessi rifiuti, dovrà comunicarlo al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva (per l’applicazione della TARI), entro il 31 maggio 2021 e tale scelta vale un quinquennio (scelta che comunque può essere rivista anche prima della scadenza quinquennale, vds. art. 3, co. 12 D.L.gs. 116/2020 sotto riportato).
Se la comunicazione viene effettuata successivamente al 31/5/2021, a valere come effetti dall’anno 2022 o anni successivi, essa dovrà pervenire rispettivamente entro la fine dell’anno 2021 o degli anni successivi.
Diversamente la competenza di tali rifiuti resta in capo al gestore del servizio pubblico di rifiuti che opterà per la soluzione più valida per lui, pur garantendo la raccolta.
Infine è lo stesso MITE a chiarire che:
«la norma non determina l’annullamento dei contratti di affidamento del servizio di raccolta a soggetti privati conclusi precedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 116 del 2020 che, pertanto, continuano ad essere validi, salvo il loro adeguamento alle condizioni specificate dalla norma».
La citata nota del MITE specifica inoltre, anche se riferito ad altra tipologia di attività, ma ritenendolo criterio generale, che:
«… in considerazione della modifica normativa intervenuta, che ha comportato per tali utenze, la possibile riqualificazione di alcune tipologie di rifiuti derivanti dalla propria attività, nonché della necessità di garantire la corretta gestione dei rifiuti, si ritiene che, nelle more dell’aggiornamento del rapporto contrattuale tra e utenze indicate ed il gestore del servizio pubblico, debba comunque essere assicurato il mantenimento del servizio.»


Art. 3, comma 12 del D.L.gs. 116/2020
12. Il comma 10 dell’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
«10. Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero, mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi, sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del ser-vizio anche prima della scadenza quinquennale.».

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