La funeral home rappresenta sicuramente un elemento di sintesi dove si possono riunire piu' servizi funerari ed operazioni di polizia mortuaria.
Si tratta, pero', di una soluzione estrema, ancora molto lontana dalla nostra cultura popolare.
Nella mentalita' dellitaliano medio, la stessa di tante famiglie dellalta borghesia, con notevoli capacita' di spesa per eventi socialmente rilevanti, come appunto un funerale, il morto preferibilmente deve rimanere a casa dove tra le mura domestiche i famigliari potranno vegliarlo nellintimita' di un nido daffetti e struggenti memorie.
In tante regioni pur di trasferire la salma al proprio domicilio si fanno addirittura carte false, ma queste piccole bugie sono ampiamente comprensibili e giustificabili agli occhi delle autorita' sanitarie per la loro fortissima componente emotiva.
Poche famiglie, poi, salvo casi demergenza logistica, chiedono di trasferire la salma per avere un accesso piu' facilitato da parte d amici e parenti alla visita della camera ardente.
In questa scelta, molto comune in altri paesi europei, si rileva una notevole componente estetica, del tutto estranea alle tradizioni funebri dellItalia.
Nel nostro contesto nazionale una casa funeraria acquisirebbe piena legittimita' solo se pensata come un luogo in cui poter garantire prestazioni daltissima qualita' che in un domicilio privato o in un servizio mortuario pubblico, data la generale fatiscenza della morgue nei nostri ospedali, non potrebbero esser assicurati ai dolenti.
La gestione pubblica, davvero scadente, degli obitori potrebbe indurre molti utenti alla decisione di affidare la celebrazione delle esequie ad una casa funeraria, ma occorrera' molto tempo perche' questa scelta di valori sappia imporsi sulle pratiche funerarie della popolazione italiana.
Sono poi dobbligo alcune osservazioni sulla funzione strategica delle case funerarie:
1. I notevoli investimenti necessari per allestire camere ardenti a capitale privato non sarebbero sostenibili da parte delle piccole imprese. Una deregulation confusa e selvaggia, allora, renderebbe il tessuto dellimprenditoria funeraria italiana subalterno alle decisioni ed alle politiche monopolistiche dei grandi gruppi, anche esteri, che si stanno affacciando con cospicui interessi sul mercato nazionale.
2. Le camere ardenti rappresentano un momento istituzionale per la societa' italiana, il deposito dosservazione per i cadaveri deve mantenere la sua rilevanza di pubblico servizio, soprattutto per garantire lutenza dai rischi di una gestione corsara e spregiudicata da parte damministratori troppo sbilanciati verso laspetto mercantile e del businness che pure e' una componente fondamentale nellesercizio dellattivita' destreme onoranze.
3. LItalia presenta un territorio gia' densamente popolato, soprattutto se pensiamo ai grandi centri urbani, ed anche ledilizia cimiteriale, con tutte le difficolta' e le proteste ogni qual volta i comuni deliberano sgradevoli ampliamenti nei pressi delle zone abitate, sembra segnare il passo. Dove si potrebbe costruire allora una casa funeraria senza suscitare le ire della cittadinanza? La posizione deve esser fruibile anche per il pubblico piu' anziano quindi bisogna subito eliminare dallelenco dei posti possibili le periferie estreme e piu' lontane delle nostre citta'. Una casa funeraria costruita in un quartiere residenziale, pero', provocherebbe una sollevazione degli abitanti preoccupati per lingombrante vicinanza di una poco piacevole camera mortuaria.
4. Nei paesi anglosassoni, e negli States in particolare, le funeral homes sono pensate come polivalenti alberghi per i morti anche per ovviare alla mancanza di strutture periferiche territoriali che siano un punto di riferimento ed identita' rituale come appunto accade per le parrocchie italiane. In America, limpresario funebre vive una strana sovrapposizione di ruoli perche', in diverse occasioni, e' lui stesso ad organizzare anche la cerimonia religiosa. Importare questo modello rigido nel sistema italiano, senza una profonda rettifica, significherebbe aprire un rovinoso conflitto nei confronti delle autorita' religiose, con il paradosso allucinante di una casa funeraria, pur sempre soggetto di mercato, che compete con la chiesa, intesa comente morale e luogo di culto, contendendole la celebrazione delle esequie entro le proprie mura. Le indicazioni della Santa sede in materia di funerali sono molto chiare: la Messa in suffragio deve esser officiata nella parrocchia del defunto, in quella stessa chiesa dove il morto ha consumato tutte le esperienze piu' importanti della propria fede come i sacramenti e la partecipazione allEucaristia. Quante famiglie potrebbero davvero preferire la casa funeraria alla propria parrocchia, quando oltre lottanta per cento dei funerali si tiene in chiesa? Il problema e' complicatamente semplice e risiede in questenigma, altre interpretazioni sarebbero inutili, quasi dannose.
Per necroforo.
Risiedo in lombardia, vorrei sapere se da PRIVATO cittadino posso aprire una casa del commiato con tutti i requisiti e autorizzazioni del caso da “affittare” alle imprese di pompe funebri che ne facciano richiesta per l’esposizione della bara al pubblico prima del funerale o della cremazione. Grazie.
X Roberto,
NO! Tecnicamente proprio no: perchè comunque solo un’ impresa funebre, rispondente a determinati requisiti e standards qualitativi, autorizzata alla gestione di case/strutture/sale del commiato, può esercitare la funzione di funeral home, cioè di deposito d’osservazione privato che, alla fine, si configura pur sempre come un presidio igienico-sanitario.
Cortesemente potrebbe dirmi se esistono normative specifiche riguardanti i luoghi in cui possono essere costruite le case funerarie?Pare sia normato solo dove NON possono essere costruite. Esiste un regolamento ad hoc tipo distanza da esercizi , negozi, giardini di villette private,case di abitazione ? Lei stesso cita la necessità di una grande attenzione alla sensibilità delle persone che si troverebbero a vivere accanto.
Parlo per regione Friuli Venezia Giulia. La ringrazio.
X Nico,
Recentemente vi fu una norma regionale, nelle Marche che sembrava sostanzialmente impedire la realizzazione di case di commiato all’interno di centri abitati. La querelle è finita avanti al giudice amministrativo il quale così argomenta sulla corretta ubicazione di una casa funeraria, all’interno del tessuto urbano.
Ecco la tesi ermeneutica cui il Giudice, convintamente aderesce, con queste argomentazioni, in diritto:
[…omissis] L’indagine disposta dal competente Tribunale con l’ordinanza n. 526 del 2017, ha permesso di verificare l’assenza, nelle regioni oggetto della relazione depositata dalla Regione Marche, di qualsiasi disposizione simile. Difatti, così come per altre attività simili, nelle regioni oggetto dell’indagine le distanze minime sono stabilite so-lo per le strutture di rilevanza pubblica e non per le case private.
1.4 Com’è noto, di norma con riguardo agli atti regolamentari – in quanto atti normativi – non è richiesta la mo-tivazione, alla luce della specifica esclusione prevista dall’articolo 3, comma 2, della legge n. 241 del 1990. Va però ricordato che l’impugnato regolamento deve essere conforme alla legge n. 214 del 2001, che ha stabilito il principio della libertà di apertura degli esercizi commerciali. Con riguardo ai poteri della regione, l’articolo 31 di tale legge stabilisce che possono essere previsti contingenti, limiti territoriali o altri vincoli solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso, l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Ciò comporta la necessità che, nel regolamento che introduce tali limiti, siano individuabili le ra-gioni della scelta della Regione.
1.5 Pur riconosciute le particolarità dell’attività di cui trattasi, non sembra rinvenibile alcuna giustificazione rela-tivamente al limite previsto dalla delibera impugnata, che introduce un limite particolarmente severo, non pre-visto in alcuna regione italiana (secondo l’indagine fatta dalla stessa Regione Marche) per un’attività che si svolge, presumibilmente, al chiuso, in regime di discrezione e raccoglimento. È pur vero che nelle sale di com-miato possono essere svolte attività di imbalsamazione e tanatoprassi, ma non è dato di intuire alcun motivo per cui tali attività –certamente soggette al previo rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative e sani-tarie – dovrebbero essere situate a più di 100 metri dalle abitazioni private.
1.6 Ad avviso del Collegio, pur considerata la discrezionalità che connota il potere esercitato con l’adozione del regolamento in esame, la deliberazione impugnata – nella parte in cui modifica in senso fortemente restrittivo le limitazioni precedentemente previste dal citato articolo 20 del regolamento n. 3 del 2009 (sostanzialmente ana-loghe a quelle previste per case di commiato e attività similari anche nelle altre regioni) – non risulta rispondere ad una specifica finalità, di salute pubblica o altro, riconducibile ad una criticità specifica dell’attività in esame, che consenta di superare il richiamato principio di libertà di apertura degli esercizi commerciali, sancito dalla legge n. 214 del 2001. Non sono infatti sufficienti – a giustificare le limitazioni introdotte – i riferimenti alla tutela della salute dei singoli e della salubrità dell’ambiente contenuti negli atti preparatori della delibera impugnata […omissis…].
Salve, volevo sapere, se, nella sala del commiato, in caso la famiglia richiede di trasportare la salma dalla propria abitazione in tale sala per fare la veglia,(per motivi di non idoneità nella propria abitazione) dopo che la stessa sia già stata vestita in abitazione? bisogna essere autorizzati dall’asl locale?
X Necroforo,
molto dipende dalla legislazione regionale in materia di trasporto a cassa aperta che può esser:
1) disposto d’ufficio dalla pubblica autorità (anche per causa di inidoneità dell’ambiente domestico a fungere a luogo deputato all’osservazione, ovvero alla veglia funebre. In questo caso parliamo di trasporto necroscopico, per motivi di ordine pubblico o igienico-sanitario.
2) liberamente richiesto dai famigliari per diversi ordini di ragioni, data anche l’opportunità di allestire la veglia funebre nella casa funeraria. In quest’evenienza, invece, si ragiona pur sempre di trasporto funebre in quanto commissionato dagli aventi diritto, per loro scelta.
Il trasporto necroscopico (se il trasferimento ricade entro questa casistica) necessita sempre di una disposizione della pubblica autorità (AUSL compresa).
IN molte Regioni, ormai, anche il semplice gtrasporto funebre, purchè a cassa aperta necessità di una legittimazione medica: il sanitario intervenuto sul luogo del decesso (non necessariamente il medico necroscopo) rilascia un’apposita autorizzazione in cui si attesta che:
1) non vi sono sospetti di morte violenta o peggio ancora dovuta a fatto criminoso.
2) non sussistono pericoli per la salute pubblica.
In base a questo titolo si effettua il trasporto alla volta della casa funeraria, ad esempio o al deposito d’osservazione se la famiglia non intende usufruire di questo servizio innovativo della funeral home.
Ci sono Regioni che – a mio avviso indiscriminatamente – hanno completamente deregolamentato il trasporto a cassa aperta, eliminando ogni preventivo controllo medico, in quest’evenienza basterebbe una semplice comunicazione al Comune su cui insiste la struttura ricevente (se diverso da quello di decesso) ed all’AUSL territorialmente competente per l successiva attivazione della guardia necroscopica.
A tal proposito…Lei da quale Regione Scrive: bisogna infatti intendersi anche sulla terminologia tecnica spesso confusa e pasticciata: in effetti “SALA DEL COMMIATO” può avere almeno due accezioni:
1) la casa funeraria propriamente detta (= deposito d’osservazione/servizio mortuario sanitario gestito da privati e quindi NON luogo istituzionale dove allestire camere ardenti a cassa aperta).
2) spazio polifunzionale dove officiare riti di suffragio e commiato ma a feretro rigorosamente chiuso e sigillato, come si trattasse di una chiesetta.
Ci sono regioni che per il trasporto di cui al
X Bruno,
la normativa locale di riferimento per la Campania è la Legge Regionale 24 novembre 2001,n.12 così come modificata dalla Legge Regionale 25/07/2013,n.7: quest’ultima con l’Art. 1 comma 1 lett.) f, con cui si novella l’originario Art. 6 comma 2 della Legge Regionale n.12/2001 introduce e legittima la possibilità di impiantare ed esercire case funerarie e strutture del commiato, dettandone anche i requisiti tecnici e strutturali, i quali, poi, sono definiti, a livello nazionale dal DPR 14 gennaio 1997.
Occorre preliminarmente una disambiguazione di fondo, perché la Legge Regionale presenta almeno un punto di oscurità, dovuto ad una certa superficialità del Legislatore:
1) la casa funeraria corrisponde, sostanzialmente, nell’esperienza italiana, ad un deposito d’osservazione privato (equivalente al servizio mortuario sanitario delle strutture pubbliche) dove mantenere le salme “a cassa aperta” appunto per il periodo d’osservazione e la veglia funebre.
2) la sala del commiato, invece, è uno spazio rituale alternativo alla più tradizionale chiesa (o altro luogo di culto, purché autorizzato) dove tenere riti esequiali, ma a feretro rigorosamente chiuso, sigillato e già confezionato in base alla tipologia del trasporto ed alla forma di sepoltura prescelta.
Diversi sono i percorsi autorizzativi per accedere a questi due edifici: la casa funeraria comporta la movimentazione del defunto a cassa aperta (dal luogo del decesso sino a quello individuato per l’esposizione della salma) la sala del commiato, al contrario, necessita della classica autorizzazione comunale al trasporto funebre, con sosta intermedia per la celebrazione dei funerali, religiosi o laici che essi siano.
Una casa funeraria comporta un investimento di qualche milione di Euro, ragion per cui spetta a Lei ponderare attentamente sull’entità dell’investimento da sostenere.
Salve volevo sapere in campania se è possibile la casa funeraria, poi quali sono i requisiti per costruirla, consideri un paese di circa 4000 mila abitanti tasso di mortalità sui 50 decessi annui.
cordiali saluti
X David,
Per quale ragione, in Italia, non c’è stata, sino ad ora, la diffusione di case funerarie come in altri paesi europei?
Qualcuno ha individuato nella forte e radicatissima azione della chiesa cattolica un formidabile freno allo sviluppo delle sale per il commiato, siccome il rito delle esequie, secondo il canone romano, deve esser preferibilmente celebrato nella chiesa parrocchiale o nella cappella presso il deposito d’osservazione (camera ardente) in cui il feretro sosta prima del trasporto verso la sepoltura e non in un luogo terzo, come, appunto la casa funeraria.
Il ragionamento in sé non è certo privo di una sua logica, persino accattivante, bisognerebbe, però, chiedersi come mai in Spagna, paese da sempre cattolicissimo e molto tradizionalista, le imprese di servizi esequali abbiano costruito un valido sistema funerario incardinato sulla presenza, ben articolata nel territorio, di moderni “tanatori” (nel vocabolario tecnico il termine “tanatorio” identifica proprio la casa funeraria)
Il vero motivo, allora, è da ricercare nello stesso ordinamento giuridico italiano.
Esiste, infatti, una normativa sanitaria che prevede per ogni presidio ospedaliero pubblico o privato un servizio mortuario, tale struttura predisposta per l’accoglimento delle salme durante il periodo d’osservazione e la loro esposizione, secondo una disposizione legislativa del 1997 dovrebbe anche garantire anche opportuni e decorosi spazi per la ritualità.
Questa riforma ha completamente fallito nei suoi obiettivi strategici con il con il brillante risultato che tutt’oggi, sull’intero territorio nazionale noi italiani vantiamo camere ardenti degne di qualche novella repubblica delle banane funerarie.
Dobbiamo, infatti, sorbirci ancora ambienti inadeguati, con commistione alla partenza dei funerali fra cortei diversi, senza stanzette individuali di veglia, le condizioni di igiene spesso sono riprovevoli, mentre sussiste sempre la pericolosa tendenza delle direzioni generali degli ospedali, per risparmiare, ad affidare ciecamente in gestione la pulizia o la stessa camera mortuaria ad agenzie di onoranze funebri o a ditte ad esse collegate, con tanti saluti alla “mitica”concorrenza ed al tanto sbandierato quanto inesistente diritto del cittadino alla libera scelta dell’impresa funebre.
Di fronte alla frustrazione di quest’intento modernizzatore, affossato e disatteso dall’inerzia di molte AUSL, il bisogno pressante di maggior qualità nei servizi funerari è stato intercettato dall’imprenditoria privata che ne ha sostenuto l’importanza e l’ha promosso sino ad un formale riconoscimento nei disegni di legge attualmente in discussione presso le sedi legislative.
Quali sono gli elementi logistici, architettonici e medico-legali per allestire un degno servizio mortuario?
La domanda è piuttosto interessante perché, con ogni probabilità, nel nostro paese anche la case funerarie privata dovranno rispondere ai criteri di cui al DPR 14 gennaio 1997
Come abbiamo appena spiegato la legge italiana nazionale di settore (eccetto l’ordinamento locale delle Regioni che abbiano già legiferato in merito) non prevede espressamente la creazione di impianti assimilabili a case funerarie, perchè i luoghi deputati alla presentazione anche estetica dei defunti a feretro aperto rimangono, per la legge italiana, un presidio igienico sanitario esclusivamente PUBBLICO!
A quanto ci risulta non esiste normativa specifica in materia di casa funeraria in Basilicata. Pertanto valgono le sole norme di cui al D.P.R. n. 285/90.
Il defunto parte dal deposito di osservazione, dal servizio mortuario ospedaliero, dall’obitorio dall’abitazione, unicamente con l’autorizzazione al trasporto funebre “a cassa chiusa” del comune ed in bara confezionata in relazione alla destinazione (inumazione, tumulazione, cremazione).
Potete esporre nei vostri locali una bara (chiusa), se autorizzati al momento del trasporto dal Comune.
Non può essere esposto un cadavere a bara aperta, se non nei luoghi a ciò deputati (deposito di osservazione, abitazione obitorio, servizio mortuario di struttura sanitaria).
Nel caso concreto, se il sindaco del vostro comune regolarizza la possibilità di trasporto alla vostra ditta con l’ordinanza di cui all’art. 22 del al D.P.R. 285/90 e ogni volta che viene autorizzato il trasporto viene anche autorizzata la sosta nella vostra ditta (art. 24 al D.P.R. 285/90), l’operazione è possibile.
In sostanza è come se si trattasse di un trasporto funebre con sosta intermedia in chiesa.
Buongiorno vorrei sapere inf. in riferimento alla sala del commiato,
io ho un locale di 150 metri è il locale si trova in basilicata vorrei sapere quali sono le caratteristiche e le leggi da rispettare grazie.
X Alessandro,
senza sapere la Regione in cui Lei intenda aprire una funeral home mi è impossibile risponderLe, perchè le norme in questione variano troppo, appunto, da Regione a Regione. Ora, invero, solo poche autonomie territoriali, con norma di rango primario, ma pure regolamentare, hanno compiutamente disciplinato la fattispecie della cosiddetta “casa funeraria”. In regime di solo DPR n. 285/1990, senza cioè alcuna novella o riforma attuata con legge regionale gli unici locali in cui trasportare i defunti a “cassa aperta” per l’osservazione e la veglia funebre sono quelli di cui agli Artt. 12 e 13 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria ed al DPR 14 gennaio 1997, trattasi in altre parole del servizio mortuario sanitario (= camere ardenti ospedaliere) del quale ogni struttura sanitaria pubblica o privata accreditata che operi in regime di ricovero deve necessariamente dotarsi.
L’onere economico per impiantare ed esercire una casa funeraria, senza considerare, poi, i relativi costi di gestione, oscilla tra i 3 ed i 5 milioni di Euro: dipende infatti dalla capienza della stessa, dalle indispensabili attrezzature, dagli arredi, dalle rifiniture….
Ad ogni modo parto dal presupposto che nella Sua regione sia già applicabile la normativa locale sulle case funerarie, così azzardo una possibile interpretazione giuridica al Suo quesito. A mio avviso, almeno, non è possibile allestire o meglio costruire una funeral home nei pressi degli ospedali: questo divieto tassativo ed esplicito è, infatti, uno dei pochi tratti comuni tra tutte le variegare e fantasiose legislazioni regionali in tema di servizi funebri, necroscopici e cimiteriali. Il motivo è semplice: la funeral home è sì un luogo adibito deposito d’osservazione, ma essa rappresenta, pur sempre un momento privato, vale a dire un servizio aggiuntivo rispetto a quello istituzionale e gratuito delle camere mortuarie ospedaliere, erogato, per di più, in regime di libero mercato, al fine di ricavarvi l’utile d’impresa (= profitto).
Una casa funeraria nei pressi di un istituto ospedaliero, in effetti, monopolizzerebbe verso di sè il flusso dei funerali con grave turbativa della concorrenza e della trasparenza sui prezzi (alti strali si leverebbero da parte degli altri impresari competitors, perchè quest’ultimi si sentirebbero estomessi dal gioco senza poter, per altro, contrastare la forza attrattiva di una moderna ed accogliente casa funeraria rispetto alle di solito scalcinate camere ardenti dei nostri ospedali ) e darebbe adito a pratiche poco ortodosse per l’accaparramento degli stessi servizi funebri. La funeral home nel mercato del post mortem dà origine ad una posizione dominante, in quanto essa potrebbe davvero strangolare il corretto rapporto dialettico tra gli operatori del settore.
Volevo sapere quant’ è l’investimento per aprire una casa funeraria.
La mia intenzione è quella di aprirla vicino ad un ospedale in modo da poterla affittare alle varie imprese per l’utilizzo come camera ardente di livello superiore rispetto a quella ospedaliera.