Rinnovare ex Art. 92 comma 1 DPR n.285/1990 una concessione perpetua?

Il Comune di XYZ sito in Regione Emilia Romagna, riferisce di un contratto, datato 30 settembre 1965 e relativo alla concessione cimiteriale per la costruzione di una tomba di famiglia, privo dell’indicazione della scadenza della concessione medesima, mentre la deliberazione del consiglio comunale, previamente adottata al riguardo (in data 30 agosto 1965), accogliendo l’istanza avanzata dal privato, ha disposto “di concedere in perpetuo l’area cimiteriale” di cui trattasi.

Innanzi tutto bisogna ricordare come il Regio Decreto n.1880/1942 subordinasse il rilascio della concessione amministrativa per impiantare un sepolcro privato a due condizioni: nulla osta prefettizio e conseguente deliberazione del consiglio comunale. Quest’ultima è particolarmente importante qualora si dovesse risalire al titolo di legittimità di una concessione “sine titulo”, perché l’originale atto di concessione è andato smarrito o distrutto vuoi per eventi bellici, catastrofi, separazione degli archivi…

Stante la rilevata lacuna nel testo del contratto, il Comune chiede se sia possibile redigere una presa d’atto, con cui fissare a 99 anni la durata della concessione in essere, anche se antecedente al 10 febbraio 1976.

Per il principio generale di irretroattività della norma giuridica si propende per una risposta tassativamente negativa, il comune, infatti, non può, in modo unilaterale, modificare una rapporto giuridico di concessione che ha liberamente posto in essere, in quanto in tutti i regolamenti di polizia mortuaria postunitari il comune ha sempre e solo facoltà e mai obbligo di far sorgere in capo ad un privato lo Jus Sepulchri in una tomba data in concessione, in quanto ex Art. 337 Regio Decreto n.1265/1934, nei confronti della popolazione e del proprio territorio, il comune deve solamente disporre di un cimitero a sistema di inumazione in campo di terra.

Occorre, anzitutto, rilevare alcuni fatti sostanziali:

1) è ben vero che il contratto[1] stipulato tra le parti risulta privo di una specifica clausola di durata della concessione (omissione, questa, che non sembra potersi imputare al privato).

2) è altrettanto assodato come l’amministrazione comunale abbia palesato espressamente la sua volontà, adottando un atto deliberativo nel quale si è disposto – con riferimento alla specifica istanza a tal fine avanzata – “di concedere in perpetuo l’area cimiteriale”.

L’atto di concessione deve, quindi, essere interpretato, quanto a durata, nel senso puntualmente chiarito in sede deliberativa, qualora la disciplina normativa allora vigente – di cui si darà conto tra breve – non si opponesse ad una tale conclusione. Siamo, infatti, dinnanzi ad una caso di ultrattività del Regio Decreto n.1880/1942 secondo il brocardo latino del Tempus Regit Actum

Occorre anche evidenziare e ribadire questo aspetto: com’è noto, il rapporto giuridico formalizzato dall’atto di concessione e dal relativo contratto dovrebbe rimanere insensibile, stante i principi del tempus regit actum e dell’irretroattività della legge, alle successive modifiche normative[2], tranne ove, in sede legislativa, si disponessero innovazioni dichiaratamente applicabili anche ai rapporti sorti in precedenza.

Il contratto de quo è stato stipulato all’epoca in cui era vigente il regolamento nazionale di polizia mortuaria[3] adottato con Regio Decreto 21 dicembre 1942, n. 1880[4] il quale, all’art. 70, primo comma, disponeva quanto segue: [omissis] le concessioni cimiteriali “si distinguono in temporanee, ossia per un tempo determinato, e perpetue. Queste ultime si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo quanto è disposto nel seguente articolo 76[5]”.

Solo con i successivi regolamenti nazionali di polizia mortuaria la previsione di perpetuità delle concessioni di aree cimiteriali è venuta meno[6] ed è stata contemplata la facoltà, per i comuni, di revocare le concessioni ‘a tempo determinato’, di durata eventualmente eccedente i 99 anni[7], rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803.
o di rinnovarne (di solito una volta sola) la durata per un lasso temporale non eccedente i 99anni.

Va, al riguardo, chiarito come la perpetuità costituisca elemento di ‘durata indefinita’, “sine die” e sub specie aeternitatis per nulla assimilabile (anzi, contrapposta) alla durata ‘a tempo determinato’, cui fa espresso riferimento la disciplina della revoca delle concessioni ultranovantanovennali, cosicché – come viene sostenuto dalla giurisprudenza prevalente[8] – l’istituto non sarebbe applicabile alle concessioni perpetue, le quali, così rimarrebbero tali.

Infatti, il Giudice amministrativo, ha rilevato che:

“nella vigenza del d.P.R. 803/1975[9], una concessione cimiteriale perpetua non può essere revocata e la sua cessazione può darsi unicamente nell’eventualità di estinzione per effetto della soppressione del cimitero[10]”;

” le concessioni perpetue non sono soggette alla trasformazione a tempo determinato, imposta dalla disciplina sopravvenuta e rimangono assoggettate al regime giuridico vigente al momento del loro rilascio[11];

> le concessioni perpetue non ricadono nell’ambito della disciplina di cui all’art. 92, comma 2, primo periodo, del d.P.R. 285/1990, il quale riguarda esclusivamente le concessioni cimiteriali a tempo determinato, di durata eventualmente eccedente i 99 anni. Pertanto, si deve ritenere che “le concessioni perpetue rilasciate in data anteriore a quella di entrata in vigore del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, si configurino quale situazione di diritti acquisiti e non siano soggette a revoca, se tale istituto non è contemplato con criteri più elastici ed “intrusivi” dal regolamento comunale di polizia mortuaria, di cui, come sempre si richiama la centralità, nella complessa gestione della “macchina cimiteriale”.

Dette concessioni, pertanto, mantengono il carattere di perpetuità”[12].

Alle medesime conclusioni perviene anche un autorevole Autore, secondo il quale la differenza tra le concessioni a tempo determinato e quelle a perpetuità è sostanziale ed implica che “i sepolcri privati sorti nel passato e regolati, per quanto riguarda la durata, in modo difforme da quelli che sono i limiti attuali (tempo determinato e termine temporale massimo), continuino ad essere assoggettati al regime temporale originario”[13].

Le considerazioni fin qui esposte inducono a ritenere che il Comune non possa comprimere – se non in virtù di un accordo pattizio con il privato[14] – il diritto, acquisito dal concessionario in via perpetua, all’epoca in cui ciò era consentito dalle previsioni normative vigenti ed è stato espressamente statuito da una formale manifestazione di volontà dell’Ente.

Si mediti, a tal proposito su questo pronunciamento del giudice amministrativo:

Consiglio Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505
La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è in contrasto con la disposizione dell’art. 93 d.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803, il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.

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[1] Attualmente, all’atto di concessione si accompagna una ‘convenzione’, nella quale le parti definiscono dettagliatamente le condizioni disciplinanti il rapporto giuridico.

[2] Al riguardo, si ricorda che la giurisprudenza amministrativa:
– ha rilevato l’illegittimità del provvedimento con il quale il comune sottopone una concessione di terreno pubblico, nel cimitero comunale, per l’uso perpetuo di privato sepolcro, rilasciata nel 1933, alle più restrittive prescrizioni in materia di tumulazione dei feretri introdotte da un regolamento di polizia mortuaria entrato in vigore nel 1990 (v. TAR Emilia-Romagna, Sez. II, 25 novembre 1993, n. 616);
– ha sancito che i principi giuridici del tempus regit actum e della generale irretroattività delle norme ammettono deroghe, da parte dell’amministrazione, solo nel caso in cui la norma subentrante sia diretta a migliorare la posizione giuridica dei suoi destinatari (v. TAR Sicilia – Catania, Sez. III, 24 dicembre 1997, n. 2675).

[3] Fonte di riferimento, dalla quale il regolamento comunale non può discostarsi.

[4] Rimasto in vigore fino al 9 febbraio 1976.

[5] L’art. 76, primo comma, del r.d. 1880/1942 stabiliva che “Gli enti o le persone fisiche concessionari di posti per sepolture private, con i quali i comuni siano legati da regolare atto di concessione, hanno soltanto diritto, salvo patti speciali stabiliti prima della pubblicazione del regolamento di polizia mortuaria approvato con regio decreto 25 luglio 1892, n. 448, ad ottenere, a titolo gratuito, nel nuovo cimitero, per il tempo che loro ancora spetta o a perpetuità, un posto corrispondente in superficie a quello precedentemente loro concesso nel cimitero soppresso ed al gratuito trasporto delle spoglie mortali dal soppresso al nuovo cimitero”.

[6] V. l’art. 93, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803 e l’art. 92, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, ai sensi dei quali le concessioni “sono a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo”.

[7] A condizione che siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero, rispetto al fabbisogno del comune, e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero (v. art. 93, secondo comma, del d.P.R. 803/1975 ed art. 92, comma 2, del d.P.R. 285/1990).

[8] Corre, tuttavia, l’obbligo di segnalare, in senso difforme, la posizione assunta da Consiglio di Stato – Sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884, secondo il quale, atteso che i cimiteri ricadono nell’ambito dei beni demaniali, i cui atti dispositivi non sono legittimamente configurabili senza limiti di tempo, la concessione, da parte di un comune, di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta a tali regole demaniali, indipendentemente dall’eventuale perpetuità del diritto di sepolcro, onde legittima è la revoca dell’atto concessorio rilasciato ‘sine die’.
Tale sentenza ha ritenuto legittima la revoca, operata dal comune ai sensi del d.P.R. 803/1975, di alcune concessioni perpetue, rilasciate negli anni 1940-1941, nella vigenza del regio decreto 25 luglio 1892, n. 448 (il cui art. 100 prevedeva le concessioni cimiteriali a tempo determinato e ‘a perpetuità’) e del codice civile del 1865, che non annoverava espressamente i cimiteri tra i beni demaniali.

[9] Ma, come si vedrà, anche del d.P.R. 285/1990.

[10] V. Consiglio di Stato -Sez. V, 8 ottobre 2002, n. 5316.

[11] V. TAR Sardegna – Cagliari, Sez. II, 30 gennaio 2006, n. 95, secondo cui l’art. 92 del d.P.R. 285/1990 “si riferisce esclusivamente alle concessioni cimiteriali esistenti a tempo determinato e non alle concessioni cimiteriali perpetue […]. Pertanto, queste ultime rimangono assoggettate al regime giuridico vigente al momento del loro rilascio, potendo essere modificate solo da espressa disposizione di legge, da novazioni consensuali o dal concretarsi dei casi di estinzione quali ad es. soppressione del cimitero”.

[12] V. TAR Lazio – Roma, Sez. II, 14 gennaio 2009, n. 138.

[13] S. Scolaro “La polizia mortuaria. Guida pratica alla gestione funeraria e cimiteriale”, Maggioli, 2007, pag. 291 e segg..

[14] Ossia, come puntualmente afferma la giurisprudenza citata in nota n. 11, da novazione consensuale.

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Carlo Ballotta

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28 thoughts on “Rinnovare ex Art. 92 comma 1 DPR n.285/1990 una concessione perpetua?

  1. Provincia di Trento
    La nostra tomba di famiglia è del 1966, costruita alla morte di mio nonno pagando 32mila lire, presumo con concessione perpetua. Dopo 19 anni, nel 1985 il comune ha ingiunto a mio padre di firmare una concessione 30ennale per “regolarizzare” la situazione, contratto registrato – la somma indicata in concessione era quella pagata nel 1966.
    Ora dopo 30 anni il comune chiede 1500euro (uno sproposito) per un rinnovo 50ennale, siamo vincolati a rinnovare dal contratto del 1985 o lo status della concessione rimane quello iniziale? (secondo me perpetuo, lo stesso comportamento del Comune lo fa supporre)

    1. X Daniele,

      questa apparente controversia mi pare invero molto strana, perché notoriamente In Trentino i Comuni lavorano molto bene con il proprio ufficio cimiteri, ciò nonostante possono presentarsi pur sempre situazioni di pesante sofferenza degli archivi.

      Nell’anno 1966, ossia quando con ogni probabilità fu posto in essere il primo rapporto concessorio, da Suo nonno, vigeva come norma quadro generale il Regio Decreto n. 1880/1942, secondo cui le concessioni cimiteriali avrebbero potuto esser tanto perpetue quanto a tempo determinato, in base alla scelta strategica operata dal singolo Comune con il proprio regolamento municipale di polizia mortuaria, quindi, la durata “eterna” della tomba (o presunta tale) deve esser ricavata dalla lettura a rime parallele tra il primitivo atto concessorio (ne disponete, per caso? Sarebbe opportuno consultarlo con attenzione) ed il regolamento comunale vigente all’epoca.

      Occorre premettere che la natura giuridica del contratto cimiteriale è quella della “concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale” (Corte di cassazione civile, Sez. unite, 27 luglio 1988 n. 4760). L’art. 92 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 prevede che le concessioni di sepolcri privati nei cimiteri (quale è quella concernente una tumulazione individuale, cioè il loculo) devono essere formalizzate mediante specifico atto di concessione che costituisce la condizione essenziale per la sussistenza di una concessione d’uso di sepolcri privati. Si tratta, pertanto, di un atto unilaterale con il quale il Comune attribuisce a un terzo il diritto d’uso di un bene demaniale per una determinata durata, sul quale si innescano condizioni di tipo contrattuale, di natura quindi bilaterale e pattizia (ad esempio, relativamente alle condizioni d’uso). Decorrenza e durata degli atti di concessioni cimiteriali non rientrano nella volontà pattizia delle parti, ma devono rispettare le norme regolamentari comunali in vigore al momento della stipula, ivi compresa la durata, pro tempore fissata dal dettato regolamentare vigente in sede locale

      Ora io rivolgo una domanda a lei: perchè nell’1985 la concessione è stata regolarizzata/sanata? Non si riusciva forse a reperire il regolare atto di concessione senza il quale quest’ultima, pur in presenza di un uso de facto del sepolcro, è da ritenersi insussistente.

      E’, a tal proposito, stato rogato un nuovo atto di concessione? Quello originario mancava o proprio non fu mai sottoscritto tra le parti contraenti.

      Appare di conseguenza evidente ed incontrovertibile come, nel caso sottopostoci, per gli atti concessori stipulati nell’anno 1985, con tutti i crismi di Legge la durata non possa più esser perpetua in forza delle disposizioni regolamentari pro tempore vigenti (l’istituto delle concessioni sub specie aeternitatis è stato abrogato con l’entrata in vigore del D.P.R. n. 803/1975, avvenuta il 10 febbraio 1976)

      Di norma, quando manchi un titolo, sarebbe necessaria una sentenza che ne tenga luogo, secondo i criteri generali dell’ordinamento giuridico italiano. Ma, se come presumo, la concessione non e’ recentissima non e’ stato possibile trovare la delibera (un tempo, sempre del consiglio comunale) di concessione o, se ancora piu’ lontana nel tempo, l’approvazione della G.P.A. e/o del Prefetto alla concessione.

      Eventuali concessioni fatte in regime di perpetuità almeno dopo il 10 febbraio 1976 sono nulle di diritto.

      Resto sempre a disposizione per ulteriori chiarimenti.

    2. Senza dilungarmi in argomentazioni giuridiche devi sapere che una concessione cimiteriale perpetua non può essere modificata unilateralmente dal Comune. Però essa, ai fini della certezza del concessionario (esatta individuazione di chi sia l’attuale concessionario tra i tanti possibili eredi del titolare) il Comune può imporre una ricostruzione ricognitoria della concessione e del legittimo attuale concessionario. Tale procedimento di ricognizione può essere assoggettato ad un “canone ricognitorio della demanialità”, il cui importo non può essere rapportato a a quello del rinnovo delle concessioni temporanee, perchè non è un corrispettivo, ma un semplice riconoscimento che comunque quell’area è del demanio e non del privato, anche se al privato concessa fino a quanto ne avrà cura. Però ho letto che nel 1985 la concessione perpetua è stata sostituita con una temporanea a mezzo di atto consenseuale : tale concesualità le ha fatto perdere il diritto concessorio perpetuo.

      1. X Lorenzo,

        argomentazioni ineccepibili, le Sue, tutte basate sul logicissimo e granitico principio del tempus regit actum, almeno per noi indomiti fans (della vecchia guardia ormai in estinzione, per ovvie ragioni anagrafiche e di servizio) della polizia mortuaria old fashion.

        Tuttavia si sta formando soprattutto nel primo grado della giustizia amministrativa un orientamento piuttosto aggressivo sulle pregresse concessioni perpetue e sul loro regime di durata sine die.

        In effetti,con la sentenza n. 289/2014, il TAR Puglia, sez. II, si occupa della lite insorta tra un erede testamentario e un Comune, per avere l’Ente approvato, con una delibera consiliare del 2008, un regolamento di polizia mortuaria che ha previsto la trasformazione delle concessioni “perpetue” in concessioni a tempo determinato, con la possibilità dei concessionari di chiederne il rinnovo dietro pagamento di un canone.
        Ecco un problema di attualità, e che riguarda il sottile confine situato tra il diritto dei cittadini uti singuli e la potestà di governo dell’Ente locale.
        Come comporre una siffatta controversia nel rispetto delle regole fissate dall’ordinamento giuridico?
        Il soggetto ricorrente contesta la norma regolamentare dacché, a suo dire, la concessione originaria rilasciata dall’Ente per la sua tomba di famiglia mantiene il carattere perpetuo e – in quanto antecedente all’entrata in vigore del DPR n. 285/1990 – risulta assoggettata al regime giuridico vigente al momento del suo rilascio, che appunto prevedeva la modificabilità del titolo concessorio solo per espressa disposizione di legge, per contratto o per il verificarsi di casi di estinzione.
        Di qui l’istanza della parte attrice volta a ottenere l’accertamento giudiziale dei diritti violati, con la condanna del Comune al rimborso del canone concessorio versato all’Ente dal 2008 in avanti.
        In realtà lo ius sepulchri dà luogo a un “diritto affievolito” nei confronti della Pubblica amministrazione concedente, per il fatto che la gestione dei siti cimiteriali è permeata dalla disciplina pubblicistica demaniale.
        Il Tribunale, pertanto, non accoglie la pretesa del cittadino, ma riconosce le ragioni dell’Ente locale, adducendo la circostanza che la concessione dei siti cimiteriali soggiace ai poteri regolativi e di stampo pubblicistico.
        Consegue da ciò che la natura demaniale dei cimiteri è incompatibile con la perpetuità delle concessioni, le quali, proprio a causa della loro durata indeterminata, finirebbero per occultare (e radicare) un diritto di proprietà privata sul demanio, che, per sua natura, è un bene pubblico destinato al vantaggio dell’intera collettività locale.
        Conclude pertanto il giudice adito che “l’utilizzo di tale bene in favore di alcuni soggetti – che è ciò che si verifica attraverso una concessione – deve necessariamente essere temporalmente limitato (anche stabilendo una durata prolungata nel tempo e rinnovabile alla scadenza), venendo altrimenti contraddetta la sua ontologica finalità pubblica, al quale il bene verrebbe definitivamente sottratto (in termini, TAR Sicilia Palermo, sez. III, 2 dicembre 2013, n. 2341)”.
        Alla luce di tali considerazioni, non vi è nulla di illegittimo da eccepire nel regolamento comunale in questione, là dove esso ha disposto la trasformazione delle concessioni cosiddette “perpetue” in concessioni temporanee di lunga durata, imponendo al concessionario il pagamento di un canone concessorio nel caso di rinnovo.
        D’altro canto è pacifico che l’art. 842, comma 2 del codice civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale, per cui gli atti dispositivi, in via amministrativa, non possono gravare senza limiti di tempo su beni del demanio pubblico.
        In questo caso, come si vede, la giurisprudenza amministrativa viene in soccorso ai Comuni, che si trovano spesso alle prese con la perpetuità di concessioni rilasciate in epoca lontana.
        Si tratta, in definitiva, di un condivisibile riconoscimento alle Amministrazioni locali, tenute ad assicurare la gestione degli spazi cimiteriali in modo da soddisfare le delicate esigenze che il servizio funebre richiede, e tenuto conto del fatto che in questo settore gli utenti, loro malgrado,… non mancano mai!

  2. X Pamela,

    Nell’anno 1954, quando, cioè venne fondato il sepolcro, vigeva, come legislazione quadro, in materia di polizia mortuaria, il Regio Decreto n.1880/1942.

    Il R.D. 21/12/1942, n. 1880 ammetteva che le concessioni di aree cimiteriali potessero essere tanto perpetue quanto a tempo determinato, con questa conseguenza: non può a priori, affermarsi che le concessioni di lontana data siano, solo per la data in cui sono sorte, perpetue, ma e’ necessario verificare il singolo atto di concessione (a volte, anche altra documentazione allegata) per poter conoscere se una data, singola concessione, sia stata rilasciata in regime di perpetuità, oppure a tempo determinato e, in tal caso,bisogna appurarne la durata effettiva.

    Specie al Nord, ma anche in altre aree geografiche del Paese, più o meno, erano, nel passato, presenti fenomeni regolamentari in cui i Regolamenti comunali di polizia mortuaria, anche molto risalenti nel tempo, consideravano, un’ipotesi di rinnovo, definita, a volte, quale conferma, spesso trentennale, delle concessioni anche perpetue (o, meglio, a tempo indeterminato), formula che, prescindendo dal nomen juris, si sarebbe potuta ricondurre ad una sorta di canone ricognitorio, dette previsioni regolamentari in un caso, sono state pure dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. 5^, sent. 5505 del 11/10/2002).

    Ma, mi domando, la manutenzione dei manufatti sepolcrali eretti su area avuta in concessione non dovrebbe già, ab origine, esser a completo carico dei concessionari ai sensi dell’Art. 63 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285? Mi parrebbe, pertanto, fuori luogo ragionare di una tassa manutentiva, poiché l’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per i logicissimi principi giuridici della buona fede e del tempus regit actum. In altre parole il Comune non può modificare il rapporto concessorio, in modo unilaterale, stabilendo o introducendo nuovi oneri, non precedentemente contemplati nell’atto di concessione.

    Questa tassa, poi, per godere di un minimo di liceità, dovrebbe esser contenuta nell’articolato del regolamento municipale di polizia mortuaria, il quale per produrre appieno tutti i propri effetti, anche sulle concessioni pregresse (Jus Superveniens?), a questo punto, deve superare l’omologazione da parte del Ministero della Salute e qui incontriamo un primo nodo critico nella rigida gerarchia tra le fonti del diritto, siccome ex Art. 23 Cost. nessuna prestazione patrimoniale può esser imposta se non attraverso una Legge, ed il regolamento comunale è norma di rango secondario ed amministrativo, essendo sì un atto a contenuto normativo, ma subordinato rispetto alla Legge Ordinaria (non parliamo, poi, di quella costituzionale). E qui potremmo lungamente discettare su un possibile (o probabile?) vizio di legittimità.

    Statuire un congruo canone manutentivo è invece, senz’altro corretto e sin anche doveroso per le nuove concessioni, anche alla luce dei criteri contabili dettati dall’Art. 4 comma 2 D.M. 1 luglio 2002 per le quali si può prevedere un canone composto di due voci di calcolo (una tantum + canone periodico, anche se riscosso in un unica soluzione, magari all’atto della stipula dell’atto di concessione. Va tenuta anche presente la risoluzione dell?’Agenzia delle entrate n. 149/E dell?8 luglio 2003 con cui è stato ribadito, ove necessario, che le concessioni cimiteriali hanno decorrenza dalla stipula del relativo regolare atto di concessione oppure da quella, eventualmente, successiva che sia, espressamente, prevista nell?atto di concessione. ).

    E’ comunque preferibile per il Comune, al fine di evitare spiacevoli contenziosi dinanzi al T.A.R. seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione”, questo sì legittimo ai termini dell’Art. 103 DPR 10 settembre 1990 n. 285 anche differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.

    Nel caso rappresentato, è per altro difficile ogni ulteriore indicazione, non disponendosi di elementi sufficienti, tra cui la specifica previsione del Regolamento comunale di polizia mortuaria assunto a riferimento, che, oltretutto (sembrerebbe), non e’ stata oggetto di impugnazione nei termini, con la conseguenza che una sua eventuale illegittimità potrebbe essere eccepibile in sede giudiziale, eccezione che se accolta dal giudice, potrebbe essere oggetto di disapplicazione, la quale avrebbe effetti solamente nel caso concreto oggetto del singolo giudizio o, addirittura di pronuncia d’illegittimità con effetti “demolitori” e caducativi sul regolamento in parola validi erga omnes. Vale a dire la norma cassata termina definitivamente d’ora in avanti, di produrre i suoi effetti verso tutti i cittadini, non limitando la portata della decisione del Giudice, al singolo fatto motivo di giudizio.

  3. Mio nonno edificò una cappella di famiglia nel 1954.

    A dicembre 2014 mio padre è venuto a mancare e il comune (provincia di Roma) per tumularlo mi ha detto che la concessione risaliva a 60 anni fa e così avrei dovuto pagare € 450.00 al mq altrimenti avrebbero collocato mio padre nel deposito del cimitero finché non avessi pagato.

    Dopo avermi fatto firmare un foglio dove io mi impegnavo a versare questa cifra, mi hanno accordato le necessarie autorizzazioni

    Mi hanno inoltre detto che questi soldi dovranno essere corrisposti ogni 10 anni sotto la dicitura di tasse per la manutenzione altrimenti la cappella transiterà nel pieno possesso del comune.

    E’ possibile questa cosa?

  4. X Lucio,

    per ottenere l’annullamento dell’atto, presumibilmente viziato, con cui si muta la titolarità dell’intestazione nella concessione cimiteriale, portandola, però, a tempo determinato, occorre adire il giudice amministrativo.

    Va subito precisato come l?’area cimiteriale e i sepolcri ,che in essa insistano, fanno parte del demanio comunale, e ciò ne comporta l?’inalienabilità, l?’inespropriabilità, la non usucapibilità e la non commerciabilità ex Art. 803 Cod. Civile.

    Eventuali atti di disposizione di natura privatistica, sono, così, nulli di diritto.

    Tuttavia la “cessione dello jus sepulchri per acta inter vivos” ha un limite in riferimento alla perpetuità o meno della concessione, a seconda delle epoche e delle discipline normative in cui si perfezionarono gli atti concessori; infatti prima del DPR 803/1975 (entrato in vigore il 10.2.1976) era prevista la trasmissione a terzi di tale diritto (1), ragion per cui per le concessione antecedenti al sullodato DPR n. 803/1975 e sorte in regime di perpetuità parte della giurisprudenza e della dottrina considerano la alienazione del sepolcro un diritto acquisito, e, quindi, la consentono

    Pertanto esistono, in dottrina opinioni volte a sostenere che, in regime di concessione perpetua, la cappella gentilizia o di famiglia, se priva di salme, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.

    Un?’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene tutto il gruppo redazionale di questo sito, nega invece la possibilità di continuare a trasmettere totalmente o parzialmente il diritto d?’uso di tutte le sepolture fra privati, con atti negoziali tra vivi sulla base di quanto disposto dall’?art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall?art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e speculazione.

    Visto e considerato che il concetto di lucro si riferisce ad ogni possibile incremento economico di un patrimonio, da ciò consegue il divieto per tutti i privati di conseguire tale vantaggio attraverso la cessione del diritto d?uso di un sepolcro.

    Si aggiunga poi, che, ai sensi dell?art.109 comma 2 del DPR 803/75, ogni disposizione contraria o incompatibile ad esso, è stata abrogata dalla data del 10.2.1976, quindi anche la possibilità di cessione totale o parziale del diritto d?uso delle sepolture. In conclusione, l?’unica procedura che appare legittima consiste nella rinuncia alla concessione da parte del concessionario non più interessato, o dei suoi aventi causa, con il conseguente ingresso del bene nella disponibilità del Comune, il quale procederà a nuove concessioni seguendo i criteri di scelta stabiliti dal regolamento di polizia mortuaria comunale.

    Dirò di più: astrattamente una donazione, laddove possibile in quanto ammessa e contemplata, con norma positiva dal regolamento comunale di polizia mortuaria dovrebbe riguardare non tanto lo jus sepulchri (= diritto a fruire del sepolcro, ma il diritto reale e patrimoniale sul sepolcro in sè (o meglio sui materiali che lo compongono) con questa paradossale conseguenza: chi riceve la donazione subentra solo nell’intestazione non già dello jus sepulchri ma della mera proprietà indisponibile sul bene sepolcrale, assumendo, così, in prima persona, solo gli oneri manutentivi ex Art. 63 DPR n. 295/1990, senza, perciò mai acquisire anche il diritto di sepolcro da esercitarsi auspicabilmente… in un futuro remoto!

    (1) Infatti l?’art.71 del R.D. 21/12/1942 n.1880 consentiva la cessione totale o parziale del diritto d?uso delle sepolture.

  5. x carlo, innanzi tutto grazie x la risposta, che ho letto con una certa attenzione, ma non ho capito gran che, non perchè non chiara, anzi proprio preche estremamente tecnica, per cui la stampo la rileggo con calma, con tutti i documenti in mio possesso ed eventualmente richiedo aiuto.
    Posso solo anticipare che l’edicola mi è stata donata dagli aventi diritto (quindi non vi è stata revoca o decadenza della concessione) , donazione accettata dal comune in quanto prevista dal RCPM, ed io ho firmato il nuovo atto concessorio di 99 anni in quanto ero allo scuro del fatto che una edicola perpetua non possa essere modificata in determinata, consensualmente un cavolo, scusa l’esternazione ma se io ero al corrente di ciò di certo mi sarei opposto. domanda posso farlo ora a distanza di 4 anni? ripeto rileggo con calma la risposta ed eventualmente richiedo aiuto, ma x ora mi sarebbe di aiuto sapere se posso rimediare a tale errore.
    grazie anticipatamente, lucio.

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