Una volta, nei cimiteri, vi erano i c.d. “campi bambini”: vi erano, in quanto (oggi) la normativa cimiteriale prevede unicamente una diversa misura nelle dimensioni delle fosse per i defunti fino a 10 anni, rispetto alle ordinarie fosse. Nel passato (dal 1° luglio 1943 al 9 febbraio 1976), per altro, essa prevedeva come le fosse destinate ai bambini , fino a 10 anni, dovesse essere pari al 27% del totale delle fosse ad inumazione, cioè che ogni 100 fosse 27 fossero per i “bambini”, e le restanti 73 per adulti maggiori di 10 anni, previsione che spiega, congiuntamente alla riduzione della mortalità infantile, come i vecchi “campi bambini” appaiano sovradimensionarti. Prima ancora (dal 1891 al 30 giugno 1943), un tale rapporto era fissato nel 46% (cioe’ 54 fosse per adulti e 46 fosse per “bambini”), oltretutto considerandosi unicamente in bambini fino a 7 anni di età (e non fino a 10 anni), ricordandosi come nel 1891 fosse già vigente la legge che escludeva l’ammissibilità al lavori dei minori di 8 anni, per quanto osteggiata da senatore che era, al contempo, il titolare della maggiore industria italiana, sia in termini di dipendenti che di fatturato. Più o meno recentemente vi e’ stato il decesso, in eta’ perinatale, di un bambino appartenente a famiglia di altre tradizioni, inumato nell’apposita area cimiteriale destinata ai bambini, avendosi un contenzioso dato che i genitori asserivano che il proprio bambino non poteva stare nelle vicinanze di altri bambini, in quanto di tradizione diversa e reclamando la sussistenza di un obbligo per il comune di provvedere a destinare una specifica area cimiteriale, per i bambini di questa tradizione. Fermo restando – sempre – il rispetto del lutto, così come quello delle tradizioni e dei riti delle persone, pare che la questione dovrebbe collocarsi, più che sul piano dell’obbligo, su quello della facoltà, nel senso che, prevedendolo il piano regolatore cimiteriale, se vi sia eccedenza rispetto al dimensionamento determinato secondo i criteri dell’art. 58 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, possa anche aversi l’esercizio della facolta’ di istituire reparti speciali e separati (art. 100 d.P.R. 10 settembre 990, n. 285), previa debita concessione (e, in ogni caso, a titolo oneroso) dell’area a ciò destinata, salvo che il Regolamento comunale di polizia mortuaria (e il suo piano regolatore cimiteriale) non preveda la possibilità di concessione di aree per inumazioni singole, se disponibili, e a titolo oneroso. Ne consegue che non vi proprio alcun obbligo. In termini di “separazione” delle aree. La pretesa di una “separazione” ha, nella specie, portato il sindaco del comune interessato, Riese Pio X (TV), a dover, ricorrendo anch’egli ai mass media (avendo fatto ricorso i genitori alla stampa locale), precisare quanto non richiedeva punto di dover essere precisato: “Il cimitero non è riservato ai soli cattolici o cristiani: chiunque può essere sepolto qui, a qualsiasi fede appartenga, come già accade.” Non si parli di comportamenti discriminanti, salvo non voler introdurre discriminazioni “alla rovescia”. Per non considerare un altro aspetto, quello che queste distinzioni e differenziazioni, se possano essere presenti negli adulti (e andrebbero superate), mal si attagliano con i bambini per i quali (fortunatamente) questa o quella appartenenza sono estranee, trattandosi di impostazioni culturali, che si acquisiscono nel tempo (per influenza degli adulti). Gli atteggiamenti discriminatori sono sempre acquisti, con l’ambiente, essendo in loro stessi innaturali, Né trovano fonte (semmai, trovano esclusione) nei “Libri” considerati variamente sacri. La vicenda ripropone, anche in ambito cimiteriale, la questione, variamente posta, circa le sepolture di persone appartenenti a popolazioni aventi particolari usi e tradizioni, in termini di “separazione”, oppure di “integrazione” (in particolare considerando come i cimiteri non siano, in quanto tali, confessionali. Ma perché i bambini non possono stare con i bambini ?
Non entro sui giudizi di merito, per quanto condivisibili, considerando come un “criterio di accoglimento” (a carattere d’obbligo) puo’ essere individuato nell’art. 50, lett. a) d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Confesso che le notizie mediatiche (se fondate) sulla sepoltura in un cimitero all’interno di un carcere hanno sollevato i medesimi dubbi, anche in relazione all’Ordinamento penitenziario, ipotizzando (accademicamente) che la sola ipotesi ravvisabile potrebbe essere quella che si tratti di un cimitero particolare, pre-esistente all’entrata in vigore del T.U.LL.SS. (art. 104, comma 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (e norme corrispondenti della precedente normativa), dal momento che non riesco ad individuare una diversa prospettiva.
Per altro, gli elementi concernenti il caso appaiono del tutto imprecisi (non potendosi escludere che vi sia stata una “forzatura” per ragioni di vario ordine. Non dimentico che alcune indicazioni giornalistiche hanno parlato di un cippo con indicazione numerica, che sarebbe nota solo ai familiari, cosa che indurrebbe a pensare che si tratti di un cimitero “visitabile”, il che non dovrebbe essere se si trattasse effettivamente di un cimitero particolare pre-esistente (ecc.) all’interno di un carcere).
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X Sereno (Dr. Scolaro, è Lei?)
da inguaribile querulo e postulante, quale sono, vorrei sottoporLe questa domanda. I cimiteri italiani hanno vocazione ed impostazione universalistica, secondo il retaggio culturale della Rivoluzione Francese formalizzato, poi, nell’Editto di Saint. Cloud, tant’è vero che, ad oggi, se non ricordo male, le uniche eccezioni al camposanto comunale sono:
1) Cimitero di Guerra (di proprietà statale)
2) Cimitero “privato” e particolare, purché preesistente al R.D. n. 1265/1934
3) Tumulazione Privilegiata
4) Sepolcro privato e gentilizio posto fuori del perimetro cimiteriale.
In tutti gli altri casi, ex Art. 340 T.U. Leggi Sanitarie, è vietato dar sepoltura all’esterno del cimitero, e trattasi di norma tassativa, categorica ed inderogabile, in quanto di ordine pubblico.
Ma, allora, mi chiedo, dove vanno seppelliti i “mostri”, cioè quanti siano marchiati con lo stigma della Bestia (come direbbe l’Autore dell’Apocalisse!), ossia, fuor di metafora, i supercriminali, non pentiti e morti in peccato mortale? Non certo in terra consacrata si sarebbe detto tempo addietro, ma si la legislazione civile e quella religiosa spesso divergono, avendo finalità del tutto differenti e non sovrapponibili.
Pare, infatti, che il corpo di un ex capitano nazista della SS, recentemente scomparso a Roma, senza alcun titolo di accoglimento in un cimitero per umani, data la sua massima infamia, sia stato inumato addirittura, extra moenia, in apposita fossa ricavata all’interno di un penitenziario, nei pressi sempre della Capitale. E’ possibile, sotto il profilo giuridico? Ho appena controllato la normativa di settore e nel diritto vigente (Legge sull’ Ordinamento Penitenziario con relativo regolamento di dettaglio) non si menzionano mai cimiteri speciali per carcerati e detenuti. Mi potrebbe aiutare in questa mia folle ricerca storica? Su tale dubbio mi arrovello: ma i CA(ro) DA(ta) VER(minibus) di dannati e maledetti, con sentenza della Storia già passata in giudicato, vista la loro manifesta indegnità, sono ancora titolari di qualche infimo jus sepulchri?
La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che, certo, saprà dedicarmi.