Cara Redazione,
Gradirei conoscere il Vostro punto di vista in merito a questo problema:
- Un’erede ha titolo a chiedere operazioni cimiteriali su una cappella privata volte a recuperare spazio per nuove tumulazioni? non mi pare possa esercitare lo “jure sanguinis”, in quanto ha dichiarato essere nipote di X che non so chi fosse rispetto ai concessionari originari, cioè i signori Y e Z, eventualmente costei sarebbe appunto una erede. Il nostro Regolamento di Polizia Mortuaria Comunale datato 1939 (sic!) non prevede alcunché circa le successioni ereditarie delle cappelle di famiglia
- del R.M. sconosciuto tumulato in quella cappella privata chi può disporre?
Rimango in attesa delle Vostre autorevoli risposte corroborate dai riferimenti normativi, per risolvere questa singolare storia.
1) Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso. Il subentro, però, va valutato sempre alla luce del Regolamento comunale di cui ogni ente locale deve dotarsi sin dal Regio Decreto 8 giugno 1865 n. 2322, senza dimenticare gli Artt. 344 e 345 del REgio Decreto n.1265/1934, lo stesso regolamento 9 febbraio 2009 n.3 della Regione Marche e soprattutto l’Art. 117, comma 6 III Periodo Cost., cosi some riformulato dalla Legge Costituzionale n.3/2001. IL subentro, però, nelle singole quote di Jus Sepulchri, spettanti agli eredi riguarda la titolarità della concessione, anche per gli aspetti manutentivi ex Art. 63 DPR n.285/1990, ed il diritto patrimoniale sulla “res” ossia sul manufatto sepolcrale. Gli atti di disposizione su salme, cadaveri e loro trasformazioni di stato (resti mortali, ossa o ceneri) seguono sempre lo Jus Sanguinis e non lo Jus Hereditatis, se non è diversamente affermato nell’atto di concessione o nel Regolamento comunale. MI spiego meglio: una piccola regoletta, invero piuttosto maligna da inserire nel regolamento comunale potrebbe prevedere per defunti senza parenti sino al 6^ grado, come recita il Codice Civile (Artt. 74 e seguenti) una sorta di potere di disposizione supplente in capo al concessionario, tale ipotesi, invero piuttosto estrema è funzionale al recuperar spazio per nuove sepolture. Mi spiego meglio: io sono concessionario della tomba x in cui è tumulato il defunto y che non è a me legato da vincoli di consanguineità (forse si sarà trattato di una benemerenza riferita al vecchio concessionario cui io sono subentrato), così per ricavare nuovi posti feretro, ai sensi del combinato disposto tra i commi 2 e 5 dell’Art. 86 DPR n.285/1990, riducendo i resti ossei nella cassetta di cui all’Art. 36 DPR n.285/1990, chiedo la ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere e mi impegno a mantenere intatta ed integra la sepoltura per tutta la durata della concessione (se quest’ultima è perpetua il problema non si pone). Ovviamente la sepoltura è da intendersi in senso lato, non solo per feretri, ma anche per cassette ossario, urne cinerarie o contenitori per esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo ex risoluzione Ministero della Salute p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004 (si tratta di un banale cofano di legno, cartaceo in cellulosa finalizzato al solo scopo del trasporto e dell’occultamento del resto mortale.
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2) Al Congresso generale d’igiene svoltosi a Bruxelles nel settembre 1852 (quindi non proprio…l’altro ieri, ehh!), sulla Questione III, art. 2, si deliberava, tra l’altro, quanto segue: ‘ ‘ ‘ § 12. L’Autorità amministrativa dovrà tenere esatto registro del luogo, e della data di ogni sepoltura fatta, dietro un modello che verrà dato. ‘ ‘ ‘
La normativa nazionale, a partire dal RD 8/6/1865, n. 2322, ha costantemente previsto quelle registrazioni che oggi sono richieste dall’art. 52 dPR 10/9/1990, n. 285 e nella Regione Marche dall’Artt. 9 e 17 comma 3 del Regolamento Regionale 9 febbraio 2009 n. 3, con la conseguenza che dovrebbe risultare quali siano i feretri tumulati nel sacello mortuario, dirò di più: per ogni tumulazione dovrebbe essere stata documentato, ed autorizzato, l’accoglimento nel sepolcro, ossia lo Jus Inferendi Mortuum in Sepulchrum tuttavia, non sempre ciò realmente accade anche se la sola destinazione promiscua è rappresentata dall’ossario comune (Art.67 DPR n.285/1990) e dal cinerario comune ex Art. 80 comma 6 DPR n.285/1990.
Se non si vuole ricorrere al rischioso istituto dell’immemoriale (https://www.funerali.org/?p=1172), quando quest’ultimo sia contemplato dal regolamento comunale, Laddove si voglia far valere il diritto trova applicazione l’articolo 2697 C.C.. Si tratta, in altri termini, di ricorrere alle usuali procedure di accertamento del diritto. Bisogna, quindi, instaurare un giudizio in sede civile, ex Art. 2907 Codice Civile.
Sulla differenza sostanziale tra eredi e discendenti propongo queste due letture di approfondimento: https://www.funerali.org/?p=1091 e https://www.funerali.org/?p=283 con annessi commenti e quesiti cui si è dato risposta.
Il servizio della polizia mortuaria (da individuarsi attraverso il Regolamento interno di organizzazione degli uffici ex Artt. 48, 3 ed art. 89 T.U.E.L DECRETO LEGISLATIVO n.267/2000) alla richiesta di estumulazione, volta a ridurre il resto mortale di ignoto in cassetta ossario, così da liberare spazio per immettere nuovi feretri, deve manifestare il proprio rifiuto in forma scritta e motivata ex Legge n.241/1990, indicandoanche l’autorità di garanzia cui ricorrere, se si vuole impugnare l’atto, questo perchè quando dovessero esser decorsi 90 giorni dalla richiesta, l’operazione cimiteriale dovrebbe essere eseguita in quanto con la Legge 241/1990 si applica il principio del silenzio-assenso ex Art. 20. Il termine dei 90 giorni, tuttavia, può esser sospeso, quasi sine die, quando siano in corso ulteriori accertamenti, addirittura per via giudiziaria. BIsogna spiegare come i dirittidi disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri, attraverso l’ordine di poziorità (potere decisionale + priorità) possano esser esercitati solamente jure sanguinis se non diversamente stabilito dal regolamento comunale, il quale è pur sempre soggetto ad omologazione Ex Art. 345 Regio Decreto n.1265/1934.
Come extrema ratio si richiederà il prelievo di campioni biologici sul resto mortale per l’esame comparato del DNA.
Chi, allora, può disporre della spoglia mortale di ignoto? Secondo Jure Sanguinis teoricamente nessuno, se non a determinate condizioni il concessionario (debbono, però, mancare tutti gli aventi causa jure sanguini sino al 6^ grado di parentela e poi occorrerebbe una norma formale a tal proposito) quindi in via residuale il Comune, siccome il cimitero ex Art. 824 comma 2 Codice Civile appartiene al demanio comunale e comunale è l’attività di sorveglianza e supervisione sull’attività cimiteriale (Art. 51 DPR n.285/1990 ed Art. 14 comma 2 REg. REg. 9 febbraio 2009 n. 3). L’estumulazione si esegue normalmente allo scadere della concessione (Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990) ovviamente se la concessione stessa non è perpetua, siccome, per alcuni commentatori il vincolo del tempo indeterminato inibirebbe sul specie aeternitatis la possibilità di disseppellire il feretro, se non , almeno, in forza dell’Art. 88 DPR n.285/1990, atto che, comunque, produrrebbe la pronuncia di decadenza per esaurimento dei fini nel rapporto concessorio.
Tra l’altro se la tumulazione fosse illegittima, ossia “sine titulo” (https://www.funerali.org/?p=373) perchè il resto mortale ignoto non appartiene al novero delle persone riservatarie dello Jus Sepulchri si dovrebbe provvedere d’ufficio all’estumulazione, collocando il resto mortale in campo indecomposti (Artt. 58 comma 2 e 86 comma 2 DPR n.285/1990 e paragrafo 2 Circ.Min. 31 luglio 1998 n.10) oppure avviandolo a cremazione, se la cremazione è la destinazione d’ufficio stabilita per gli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo (Art. 3 comma 5 DPR n.254/2003 e Risoluzione del Ministero della Salute n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003. La collocazione di ossa e ceneri sarà rispettivamente nell’ossario comune ex Art. 67 DPR n.285/1990 e nel cinerario comune (Art. 80 comma 6 DPR n.285/1990) in quanto il resto mortale non identificato nè richiesto per una sepoltura dedicata, è una sorta di res derelicta.
Ai sensi dell’Art. 36 comma 3 DPR n.285/1990 se non è possibile identificare il defunto, attraverso i registri cimiteriali di cui all’Art. 52 DPR n.285/1990, sul contenitore sarà apposta l’indicazione di luogo e data in cui il resto mortale è stato rinvenuto.
X Daniele,
porti pazienza: oggi sono particolarmente prodigo di consigli seri ed inopportuni! Ad integrazione di quanto riferitoLe nel precedente post “cumulativo”, muoverei queste osservazioni all’operato dell’impresa funebre, la quale, per inciso, dovrebbe astenersi da interessatissimi suggerimenti in ambito cimiteriale che, per altro, non le competono. Ogni loculo può contenere uno ed un solo feretro ex Art. 76 comma 1 DPR n.285/1990, mentre giusta l’Art. 94 comma 2 sempre del regolamento nazionale di polizia mortuaria il numero di posti salma disponibili in un sepolcro privato deve essere individuato e prestabilito all’atto di approvazione del progetto di costruzione. Anzi aggiungo anche questo dettaglio: spesso con l’atto di concessione ai sensi dell’Art. 93 comma 1 DPR n.285/1990 si pre-determinano, con tanto di nominativi, le persone titolari, nel loro post mortem, dello jus sepulchri. Mi spiego ancora meglio: se una cappella gentilizia nasce per ospitare 8 feretri è un’inutile furbata restringere a dismisura gli ingombri necessari alla muratura affinché essa ne possa contenere un numero maggiore. Questo stratagemma per guadagnare spazio, ad esser fiscali, potrebbe anche comportare la decadenza, appunto per violazione dell’Art. 94 comma 2 citato (…e io, si sa, sono molto cattivo, e quasi spietato con gli inadempienti!) Se, al contrario il loculo, ab origine, immagino con entrata laterale, cioè dal lato lungo della bara, fu concepito per accogliere 2 casse, a questo punto da collocare affiancate, si attiva la procedura di deroga di cui al Regolamento Regionale Emiliano-Romagnolo n.4/2006. La tomba, però, condicio sine qua non per avviare questo procedimento,, deve preesistere all’entrata in vigore del prefato atto normativo regionale. Ad ogni modo, applicando estensivamente, l’Art. 102 DPR n.285/1990 a tutte le sepolture private, anche intra moenia cimiteriales, il comune autorizza di volta in volta la tumulazione dei singoli feretri sulla base di una duplice verifica: deve, in effetti, sussistere lo jus sepulchri e il sacello mortuario non deve già esser completamente occupato, poiché in caso di sua saturazione ex Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n.285/1990 lo stesso jus sepulchri si estingue naturalmente… se non c’è più posto per ulteriori immissioni di bare chi prima muore meglio alloggia!
Abbiamo effettuato recentemente una tumulazione in un loculo laterale all’interno di una cappella privata.
Il loculo è di dimensioni abbondanti.
Ora il famigliare contesta l’operazione perchè l’onoranza funebre ( no comment ) ha affermato che occorreva effettuare la muratura molto all’interno del loculo al fine di tumulare due feretri nel medesimo loculo ( creando due spazi separati ).
Così facendo in caso di estumulazione del feretro tumulato per primo occorrerebbe estrarre anche il feretro tumulato per secondo.
La mia esperienza mi porta a dubitare su quanto affermato dalle onoranze funebri in ambito cimiteriale, ma non sono molto perplesso su quanto affermato.
Se riuscisse a chiarirmi le idee le sarei grato.
ricordo che scrivo dal suo feudo cimiteriale cioè l’Emilia Romagna.
La tenuta dei registri di cui all’Art. 52 DPR n.285/1990 (si veda anche il paragrafo 12 della Circ.Min. n.24/1993) è una pubblica funzione ed è esercitata dall’addetto al servzio di custodia e secondo alcuni commentatori costui (o costei) dovrebbe esser necessariamente dipendente comunale, anche se molto dipende dalle forme in cui ex Art. 113 Decreto Legislativo n.267/2000 il servizio è erogato (si pensi ad esempio alla formula di affidamento del servizio stesso).
L’Art.52 del DPR 10 settembre 1990, n.285, dispone che il responsabile del servizio di custodia debba annotare molto diligentemente tutti i movimenti in ordine alle salme, inumate ed esumate, tumulate ed estumulate, cremate, trasportate altrove.
Egli deve assicurare l’ordine, la vigilanza ed il buon andamento dell’attività cimiteriale gestendo al meglio l’archivio del camposanto (si veda anche la legge archivistica DPR 1409/1963, che impone tempi molto lunghi di permanenza agli atti del cimitero [40 anni] di tutta la documentazione).
Questa omissione, nel caso in cui il responsabile del servizio di custodia, sia intenzionalmente venuto meno ai suoi doveri, integra la fattispecie di reato di cui all’Art. 328 Codice Penale.
Se il fatto è stato causato da semplice trascuratezza o indolenza (deve comunque esserci l’elemento soggettivo della colpa) sarà passibile della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’Art. 358 REgio Decreto n.1265/1934, fatti salvi i termini di prescrizione di cui all’Art. 28 Legge 689/1981.
Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulchri si trasmettono solo tramite:
· Iure sanguinis (diritto di consanguineità) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione
· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulcrhi, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto.
Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in materia: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000).
Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.
Se è stato accertato lo stato di abbandono della tomba (degrado della stessa, mancanza dgli estremi anagrafici identificativi del De Cuius, si inizia la procedura di decadenza, dando adeguata pubblicità della stessa. Il procedimento termina con la riacquisizione al patrimonio dell’E.L. dell’area e della tomba o monumento che vi insiste. Le salme presenti ove necessario sono inumate in campo comune per pervenire alla completa scheletrizzazione (art. 86 del DPR 285/90) oppure cremate se l’ordinanza del sindaco con cui ex Art. 86 comma 1 con cui si regolano le estumulazioni prescrive la cremazione come trattamento d’ufficio per gli inconsunti. I resti ossei potrebbero essere collocati in ossario comune. È consigliabile, invece, collocare i resti ossei nelle cassette resti di zinco di cui all’art. 36 del DPR 285/90 e mantenerle, per un adeguato periodo di tempo (ad esempio 2-3 anni) in camera mortuaria o in specifica sepoltura, a disposizione di eventuali aventi titolo che fossero venuti a conoscenza tardivamente della pronuncia di decadenza (ad es. emigrati all’estero).