Può il Comune, con propria norma cogente, obbligare ad uniformare gli arredi funebri nei sepolcri a sistema di tumulazione?
In questo frangente, dove la Legge dovrebbe esser dettata dall’intelligenza e dal buon senso, norme troppo capillari ed intrusive rischiano di esser criminogene, perché troppo esposte alla discrezionalità del singolo. E poi: chi controlla, soprattutto dentro una cappella privata, e con quale metro di giudizio? Dov’è il giusto e lo sbagliato? A volte il confine è così labile!
Senz’altro il regolamento comunale di polizia mortuaria può e deve disciplinare l’apposizione di fiori ed arredi votivi nelle parti comuni del cimitero (campi di terra e file di loculi in batteria) al fine di render maggiormente fruibili e decorosi gli spazi, ma oltre non è consentito spingersi per ovvie ragioni di effettiva opportunità.
In linea di massima, queste controversie si risolvono nel far valere – anche avanti il Giudice Ordinario – il cosiddetto diritto secondario di sepolcro, ossia la facoltà personalissima di godimento verso un bene sepolcrale, di compiere sullo stesso atti di pietà e devozione, in onore dei propri morti nonchè di opporsi a gesti che creino grave ed ingiusto pregiudizio verso la sacralità di quell’ambiente.
Sarà il Tribunale – nella sua prudente ponderazione e MEDIAZIONE tra gli interessi contrapposti – a stabilire il confine invalicabile da osservarsi scrupolosamente.
Generalmente, questi problemi sarebbero ragionevolmente risolvibili, rectius: (prevenibili!) con gli strumenti attuativi del piano regolatore cimiteriale, in limine litis, ma occorrono, da parte dell’Amministrazione Cittadina lungimiranza ed acume, siccome norme troppo stringenti, e dirigiste, quasi oppressive, rischiano di trasformarsi in affliggenti, così i giudici amministrativi territoriali, avverso queste – secondo me – erronee previsioni, altro non possono se non rilevare la loro illogicità manifesta, cassandole, in quanto la scelta degli arredi funebri di complemento (bronzi, iscrizioni, foto-ritratti, dediche, vasi portafiori…) si estrinseca in un gesto di pietas, cordoglio e devozione verso i propri morti, tutti sentimenti di rilevanza giuridica che la Legge tutela, promuove e protegge.
Attenzione, però: un diritto non può mai degenerare nell’abuso e nel capriccio sfrenato: alle eventuali disposizioni comunali, mirate a preservare l’integrità degli apparati architettonici e la sacralità del luogo si deve, comunque, ottemperare, specie se si stia intervenendo sul corpus decorativo di edificio sepolcrale, sottoposto a vincolo, per interesse storico.
Sub lege libertas, come dicevano gli antichi romani, ma, naturalmente, la normativa deve essere sottesa da quei valori e principi di cui sopra, lasciando un certo margine di libertà ai dolenti, nella scelta delle suppellettili funerarie, purchè, sempre, queste ultime non siano eccessive o di cattivo gusto: dove inizia il genio artistico, nell’oggetto commemorativo, capace anche di trasgredire, destando stupore ed emozioni, e, invece, comincia il kitsch? Ma questa disputa è materia da critica d’arte ed esorbita dagli angusti confini dell’oscura polizia mortuaria, mi dichiaro, quindi, soggettivamente incompetente a dirimere la diatriba.