Il processo “Cemetery boss” si è concluso con 7 condanne e 3 assoluzioni per gli imputati. Sostanzialmente il gup Valerio Trovato ha accolto le richieste del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Sara Amerio. La sentenza è stata emessa a conclusione del processo con il rito abbreviato nato da un’inchiesta della Squadra mobile che ha fatto luce sulle frizioni tra la cosca Rosmini e gli Zindato per il controllo del territorio di Modena, un quartiere della zona sud della città dello Stretto. Complessivamente, il giudice ha inflitto pene per oltre 70 anni di reclusione.
La condanna più pesante, 14 anni di carcere, è stata decisa per Natale Crisalli. A 13 anni, invece, è stato condannato il boss Franco Giordano, ritenuto il “capo società” della cosca Rosmini. Di lui ha parlato anche il collaboratore di giustizia Pino Liuzzo definendolo “un generale dei Rosmini”, il “gestore di Modena” per conto della famiglia di ‘ndrangheta. Sono stati condannati anche Salvatore Claudio Crisalli (9 anni e 4 mesi), Giuseppe Angelone (11 anni e 8 mesi), Demetrio Missineo (8 anni), Rocco Richichi (8 anni) e Massimo Costante (7 anni e 4 mesi). Sono stati assolti, invece, Giovanni Rogolino, Giuseppe Casili e Cristina Pangallo. Coordinata dai pm Stefano Musolino e Sara Amerio, l’inchiesta “Cemetery boss” ha ricostruito gli assetti e le dinamiche criminali della cosca Rosmini, federata alla famiglia mafiosa dei Serraino. Nel maggio 2020 nove persone erano state arrestate con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nell’indagine è stato coinvolto, con l’accusa di concorso esterno con la ‘ndrangheta, anche Carmelo Manglaviti, l’ex responsabile del servizio cimiteri per il Comune di Reggio Calabria che ha scelto il rito ordinario. Per la Procura avrebbe favorito la cosca Rosmini nei processi di imposizione del monopolio sui lavori edili all’interno del cimitero di Modena.