‘Il culto dei morti, nella tradizione cristiana, non ha nulla di pagano o di naturalistico: il corpo non ritorna alla natura in modo panteistico, perche’ l’uomo viene da Dio e a Lui ritorna. Il nostro portarci presso le tombe nella terra benedetta, il camposanto, e’ un gesto ricco di significato e di fede: e’ come entrare in un grande tempio a cielo aperto dove le salme dei nostri cari sono raccolte insieme attorno alla Croce di Cristo per esprimere il grande popolo di Dio: un popolo non disperso, ma raccolto e unito all’altare della misericordia e della grazia come in questo momento”. E’ quanto ha affermato il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, card. Angelo Bagnasco nella sua omelia pronunciata al Cimitero di Staglieno, nel corso della messa in occasione della Commemorazione dei Defunti.
Il porporato ha voluto ricordare il senso cristiano del ricordo dei defunti che, quando necessario, deve contrastare anche una ”certa mentalita”’ che, ha aggiunto il card. Bagnasco, ”vorrebbe scrivere sull’ingresso dei cimiteri una parola invisibile ma chiara, la parola ‘fine’, come se l’uomo finisse qui, sotto un pugno di terra; come se la vita fosse una corsa verso il nulla, una corsa che si cerca di frenare disperatamente, di dimenticare in ogni modo. La fede, invece, vorrebbe scrivere un’altra parola: ‘principio’! La morte, infatti, – ha concluso il presidente della Cei – e’ il principio di una vita nuova senza fine, la vita eterna, la vita in Dio. Le due parole cambiano totalmente la prospettiva, l’orizzonte del tempo, del mondo, dell’esistenza”.